ateatro
speciale microdrammi

numero 15 - 7 luglio 2001
a cura di Oliviero Ponte di Pino
 

MILANO - CIVIDALE
SPECIALE MICRODRAMMI
con testi inediti di Claudio Magris, Slobodan Snajder, Lorenzo Vignando, Almir Imsirevic e Zanina Mircevska
(per gentile concessione di Mittelfest e degli autori)

Vanno in scena in queste settimane, a Milano e a Cividale, per il Mittelfest (sul sito il programma completo di quest'anno), due spettacoli - meglio, due eventi teatrali - che hanno una struttura simile, la Maratona di Milano (9-15 luglio) e 1991-2001 Dieci anni d'Europa (20-21 luglio).
Nei due casi il progetto prevede la commissione di una serie di brevi testi teatrali intorno a un tema unitario, per la Maratona di Milano le 24 ore di vita della città, per 1991-2001 Dieci anni d'Europa le recenti vicissitudini del Vecchio Continente (en passant, si tratta di teatro politico, che cerca di raccontare in forma teatrale il mondo contemporaneo nella sua frammentarietà - e in entrambe le occasioni il committente è pubblico; tra l'altro 1991-2001 verrà replicato a Trieste il 22-23 novembre in occasione della riunione dei Capi di Governo dell'INCE).
Sono due progetti assai ambiziosi. Basti pensare alla qualità degli autori coinvolti: per la Maratona Remo Binosi, Luca Doninelli, Edoardo Erba, Renato Gabrielli, Vivian Lamarque, Antonio Moresco, Valerio Peretti Cucchi, Marco Philopat, Giovanni Raboni, Giampaolo Spinato, Emilio Tadini, Patrizia Valduga & Michelangelo Coviello (per il Giorno) e Paola Capriolo, Piero Colaprico, Vincenzo Consolo, Matteo Curtoni, Rocco D'Onghia, Franco Loi, Alda Merini, Raul Montanari, Aldo Nove, Renato Sarti, Tiziano Scarpa, Roberto Traverso (per la Notte); per 1991-2001 Ismail Kadaré (Albania), George Tabori (Austria), Aleksey Dudarev (Bielorussia), Almir Imsirevic (Bosnia-Erzegovina), Elin Rahnev (Bulgaria), Vaclav Havel (Rep. Ceca), Slobodan Snajder (Croazia), Edoardo Erba e Claudio Magris (Italia), Zanina Mircevska (Macedonia), Dumitru Crudu (Moldova), Artur Grabowski (Polonia), Mircea Cartarescu (Romania), Viliam Klimacek (Slovacchia), Matjaz Berger (Slovenia), Yaroslav Stelmakh (Ucraina), Arpad Gönc e Peter Esterhazy (Ungheria), Biljana Sbrljanovic (Yugoslavia) e Lorenzo Vignando (Italia-Friuli)(in questo numero di "ateatro" si possono leggere le sinossi).
E poi al numero di persone necessarie a realizzarli: decine tra registi, attori e tecnici, coinvolte in una creazione collettiva di cui tutti, alla fine, sono autori allo stesso titolo.
Si tratta di due esperienze che cercano di rivitalizzare la scrittura teatrale: chiamando a collaborare autori che magari non avevano mai scritto per il teatro, creando situazioni favorevoli alla creazione artistica e all'incontro tra generazioni, esperienze e professionalità diverse, allestendo eventi - e inventando spazi - nei quali sia possibile creare un diverso rapporto con il pubblico.

Per quanto riguarda i testi di 1991-2001, in questo numero speciale "ateatro" ne presenta in anteprima quattro, con un ampio dossier sull'evento. Nel sito del Mittelfest, ulteriori info sull'iniziativa.
Tutti i testi della Maratona di Milano si possono leggere sul sito http://www.maratonadimilano.it
 

INDICE

1991-2001 DIECI ANNI D'EUROPA

Essere già stai
Omaggio a Luca Doninelli di Claudio Magris

Playback Sevdalinka
di Almir Imsirevic

La marilenghe (La madrelingue)
di Lorenzo Vignando
con la collaborazione di Ilaria Ponton

Melusina & il dottor Radice
Mini-fiaba politica di Slobodan Snajder

Due mondi
di Zanina Mircevska

IL PROGETTO

LA SINOSSI
 

Comunicazioni di servizio

Se non l'avete ancora fatto, per ricevere notizie e info iscrivetevi alla mailing list che si trova sulla homepage.

Un benvenuto a Pedane Mobili. Quaderni per la ricerca teatrale, la nuova collana teatrale della http://www.editricezona.itEditrice Zona di Rapallo diretta da Franco Vazzoler e Paolo Gentiluomo. Si tratta di agili monografie dedicati ai gruppi e ai registi del nuovo teatro made in Italy. I primi due titoli danno un'idea abbastanza precisa dell'area di interesse della collana: Teatro del Lemming di Marco Berisso e Franco Vazzoler (160 pp., lire 28.000) e Andrea Adriatico :riflessi Teatri di Vita di Stefano Casi (160 pp., lire 28.000).

Sempre nell'ambito dell'editoria teatrale, è uscito il testo di Kohlhaas di Marco Baliani e Remo Rostagno (80 pp., 9,50 euro), arricchito dalle foto di Tommaso Le Pera. Per i miei fan, è preceduto dalla conversazione con Marco che si trova nel sito. Il libro lo pubblicano le http://www.edizionicorsare.comEdizioni Corsare di Perugia, e-mail corsare@iol.it. Inaugura una nuova collana, scenica testi.

Per i fanatici delle nuove teknologie, può essere interessante notare che il Piccolo Teatro, per presentare la stagione 2001-2002 (dove un ampio spazio è dedicato a teatro & scienza), ha distribuito ai giornalisti un CD-rom (invece del solito mappazzo a stampa o in fotocopie).
 


Imperdibile: Chi non legge questo libro è un imbecille. I misteri della stupidità attraverso 565 citazioni, Garzanti, Milano, 1999.

Chi non legge questo libro č un imbecille



Essere già stai
Omaggio a Luca Doninelli
di Claudio Magris

E così Jerry è morto, pazienza, l'ho detto anche a sua sorella, e a Luca, che ha raccontato la sua storia quasi meglio ancora di come lui suonava quella sua chitarra, non questo il guaio, né per lui né per nessuno, neanche per me che l'ho amato e dunque l'amo, perché l'amore non si coniuga, diomio, in quel senso sì, certo, ci mancherebbe altro, però l'amore ha la sua grammatica e non conosce tempi ma solo modi verbali, anzi uno solo, l'infinito presente, quando si ama è per sempre e via tutto il resto. Qualsiasi amore, di qualsiasi tipo. Non è vero che ti passa, niente ti passa, e propri o questo è spesso una bella disgrazia, ma te la porti dietro con te, come a vita, che anche quella non è che sia proprio una fortuna, solo che l'amore passa ancora meno che la vita, è la, come la luce delle stelle, chi se ne frega se sono vive o morte, splendono punto e basta e anche di giorno non le vedi ma sai che ci sono.

Tre siringhe hanno fatto fuori il grande Jerry Olsen e quella sua chitarra da dio, Isabel mi ha raccontato tutto, come l'ha trovato e il sangue e il resto. Lei ha ancora più genio di suo fratello, quando parla straparla ma è tutta una poesia, solo che lei non lo sa e forse per questo è una poesia, perché chi crede di essere un poeta non lo è, ve l'immagine un vero poeta che dice petulante "Lei non sa chi sono io?". Ma perché, dico, tutti questi poeti smaniosi di alloro sulla testa, che è assai meno gustoso che sull'arrosto, vogliono tutti assomigliare a un capufficio?

Così non sentiremo più quella chitarra e pazienza anche per questo, si può fare a meno di tutto. Dio come la suonava, con quella sua mano! Lui aveva solo quella mano, poca testa e poco cuore, non capiva quasi niente, a parlargli, ma quando quella mano toccava la chitarra era come se capisse tutto per tutti. E quando la mano non ha funzionato più, ha tirato giù la saracinesca e addio baracca e burattini. Su questo, nulla da obiettare. Prima o dopo succede, deve succedere, chissà quanti di noi qua intorno stasera saranno vivi fra un mese, certo non tutti, è statisticamente impossibile, qualcuno che sta spingendo il vicino o fregandogli la sedia pieghevole gentilmente messa a disposizione dalla direzione del Mittelfest è già andato per l'ultima volta dal barbiere, ma pazienza, anno più anno meno fa poca differenza, non compiango chi sta per tirare i cracchi e non invidio chi tira avanti né m'interessa tanto sapere in quale gruppo sono.

Amen per il grande Jerry Olsen. Però c'è una cosa, ed è per questa che sono qua, perché c'entra con questa sera, con questo fiume, con questo Mittelfest... una cosa che lui ha detto o che sua sorella mi ha detto che lui ha detto. Ecco, non so come spiegarmi. Come dicevo, non critico la sua decisione né le siringhe, quando uno vuole scendere dal bus è giusto che scenda e se preferisce fare un salto dal bus in corsa, prima della fermata, affar suo. Uno può essere stufo, stanco, non poterne più o che ne so io. Ma quando sua sorella, vedendolo giù perché non suonava più come prima, gli ha detto, così, per fargli coraggio, che era stato un grande della chitarra, lui ha risposto che non gli bastava essere stato. Voleva essere - poco importa cosa, un musicista, un innamorato, qualsiasi cosa, ma essere.

Ah, signore e signori, in quel momento ho capito che grande fortuna è nascere, come me, o avere uno zio o un nonno o chi ti pare, nato a Bratislava o a Leopoli o a Kalocsa o in qualsiasi altro buco di questa scalcagnata Mitteleuropa, che è un inferno, un vero cesso. Basta sentire quell'odore stantio, quella puzza che è la stessa da Vienna a Czernowitz, ma almeno non ti impone di essere, anzi. Ah, se Jerry avesse capito, quando la mano non gli ha funzionato più, la grande fortuna di essere stato, la libertà, la vacanza, la grande licenza di non dover più essere, di non aver piè bisogno di suonare, la libera uscita dalla caserma della vita!

Ma forse non poteva, perché non era nato né vissuto in quell'aria pannonica stagnante e spessa come una coperta, in quell'osteria fumosa in cui mangi male e bevi peggio ma stai bene quando fuori piove e tira vento - e fuori, nella vita, piove sempre e il vento è tagliente. Si, qualunque droghiere di Nitra o di Varaždin potrebbe insegnare a tutti la Quinta Strada - a parte quelli arrivati là magari da Nitra o da Varaždin o da un altro pezzo dì quel mondo - la felicità di essere stati. Forse parlo a vanvera, parlo ieri non oggi, Giorgio Pressburger, che viene ancora più di me dal fango pannonico, dice che le cose sono cambiate, che anche quel fango pannonico adesso è un'altra cosa e che questi sono ferri vecchi. Ma, appunto, io non sono, io sono stato.

Ah, la modestia, la leggerezza di essere stati, quello spazio incerto e cedevole dove tutto è lieve come una piuma, contro la presunzione, il peso, lo squallore, lo sgomento di essere! Per carità, non parlo di nessun passato e tantomeno di nostalgia, che è stupida e fa male, come dice la parola, nostalgia, dolore del ritorno. Il passato è orrendo, noi siamo barbari e cattivi, ma i nostri nonni e bisnonni erano selvaggi ancor più feroci. Non vorrei certo essere, vivere alla loro epoca, No, dico che vorrei essere sempre già stato, esonerato dal servizio militare di esistere. Una piccola menomazione talvolta è salvifica, ti protegge dall'obbligo di partecipare e di rimetterci le penne.

Essere fa male, non dà tregua. Fa' questo, fa quest'altro, lavora, lotta, vinci, innamorati, sii felice, devi essere felice, vivere è questo dovere di essere felici, se no che vergogna. Sì, ce la metti tutta per obbedire, per essere bravo e buono e felice come è il tuo dovere, ma come si fa, le cose ti cascano addosso, l'amore ti piomba sulla testa come un cornicione dal tetto, una brutta botta o peggio, cammini rasente ai muri per scansare quelle automobili impazzite, ma i muri sono sbrecciati, pietre aguzze e vetri che ti scorticano e ti fanno sanguinare, sei a letto con qualcuno e per un attimo capisci cosa potrebbe e dovrebbe essere la vita vera ed è uno schianto insostenibile, raccogliere i vestiti buttati a terra, rivestirsi, via, uscire, per fortuna li vicino c'è. un bar, che buona cosa un caffè o una birra.

Ecco, bere una birra, per esempio, è un modo di essere stati. Sei là, seduto, guardi svaporare la schiuma, ogni bollicina un secondo, un battito del cuore, un battito in meno, riposo e promessa di riposo al cuore stanco, tutto è alle tue spalle. Ricordo che la nonna quando andavamo a trovarla a Subotica, copriva con del panno gli spigoli dei mobili e toglieva un tavolo di ferro, così noi bambini non ci facevamo male quando correndo per la casa andavamo a sbattervi contro, e copriva anche le prese della luce elettrica. Essere stati è questo, vivere in questo spazio dove non ci sono spigoli, non ti sbucci le ginocchia, non puoi accendere la lampada che ti fa male agli occhi, tutto è fermo, fuori gioco, nessun agguato.

Ecco, signore e signori, egregia direzione e rispettabile pubblico del Mittelfest, è questa l'eredità che abbiamo avuto dalla Mitteleuropea. Una cassetta di sicurezza, vuota ma con una serratura, che scoraggia gli scassinatori desiderosi di metterci dentro chissà cosa. Vuota, niente che prenda il cuore e morda l'anima, la vita è là, già stata, sicura, al riparo di ogni accidente, una banconota scaduta di cento vecchie corone che appendi al muro, sotto vetro, e non teme nessuna inflazione. Anche in un romanzo, la più bolla cosa, almeno per chi lo scrive, è l'epilogo.

***

Tutto è già accaduto, scritto, risolto, i personaggi vivono felici e contenti o sono morti, è la stessa cosa, in ogni caso non può succedere più niente. Lo scrittore tiene l'epilogo fra le mani, lo rilegge, magari cambia una virgola, ma al riparo da ogni rischio.

Ogni epilogo è felice, perché è un epilogo. Vai sul balcone, un po' di vento passa tra i gerani e le viole del pensiero, una goccia di pioggia scivola sul viso, se piove più forte ti piace ascoltare il tambureggiare dei goccioloni sulla tenda, quando cessa. vai a fare due passi, scambi qualche parola col vicino che incontri sulle scale, né a lui né a te importa cosa dite ma è piacevole intrattenersi un momento e dalla finestra del pianerottolo vedi laggiù, in fondo, una striscia di mare che il sole, uscito dalle nuvole, accende come una lama. La settimana prossima andiamo a Firenze, dice il vicino. Ah sì, bello, ci sono già stato. E cosi ci si risparmia la fatica del viaggio, le code, il caldo, la ressa, la ricerca di un ristorante. Due passi, nell'aria della sera rinfrescata dalla pioggia, poi a casa. Non bisogna stancarsi troppo, se no va a finire che ci si agita e non si riesce a prender sonno. E l'insonnia, signore e signori. credetemi, è terribile, ti schiaccia ti soffoca ti incalza ti insegue ti avvelena - ecco, l'insonnia è la forma suprema dell'essere, essere = insonnia, per questo bisogna dormire, dormire è solo l'anticamera del vero essere già stato, ma intanto è già qualcosa, un respiro di sollievo...



Playback Sevdalinka *
di Almir Imsirevic
Traduzione di Alice Parmeggiani

Una stanza, un tavolo e due sedie. Piatti, una pentola, bicchieri, posate. Sullo sfondo un frigorifero, una radio, una TV e una grande finestra aperta.

Da OFF giunge un rumore forte di ricerca di stazioni radio, borbottii e una lingua incomprensibile.

LEI è seduta al tavolo, ha un'evidente pancia sporgente, è incinta.

LEI rimane seduta per qualche istante, poi si avvicina alla finestra e la chiude. In quel momento nella stanza si crea un silenzio assoluto.

LEI va al tavolo. Solleva il coperchio dalla pentola, da dentro escono suoni di coccodè. LEI riabbassa il coperchio - // rumore di una lama che taglia e percuote il legno.

LUI entra. Cammina per la scena, da OFF, invece dei suoi passi, si sente il rumore di traffico convulso, la sirena di un'auto, grida. Si sente "mondo esterno".

LUI tiene in mano una scatola con dei fiori. Le porge la scatola, LEI la apre. Dalla scatola - un canto di uccello.

LUI e LEI si baciano - il fragore di un tuono.

LUI si siede. LEI gli si avvicina, LUI appoggia il viso al suo ventre, ascolta - "il suono di un discorso politico" o di "comandi militari".

LEI lo aiuta a togliersi le scarpe.

LUI si alza e cammina. E' contento - ora i suoi passi non si sentono. Si è tolto i rumori del mondo esterno come fango dalle scarpe.

LEI gli versa la minestra dalla pentola. Di nuovo coccodè.

LUI inizia a mangiare. Ad ogni boccone il suono dei coccodè diminuisce sempre più.

Silenzio - il piatto vuoto.

LEI lo osserva. Avvicina una mano al viso di lui.

LUI le bacia la mano - il suono di un campanello.

LEI gli versa dell'acqua nel bicchiere - il suono di uno sciacquone.

LUI estrae una sigaretta, l'accende e fuma - il suono di un aspirapolvere che alternativamente si accende e si spegne, ad ogni aspirazione del fumo.

LUI fuma per un paio di minuti, il suono dell'aspirapolvere è insopportabile.

LEI reagisce, le dà fastidio il "fumo" (il suono).

LEI gli prende la sigaretta e la spegne - il suono dell'aspirapolvere che viene spento.

LUI si alza e prende una fisarmonica. Se la mette in spalla e inizia a "suonare", dilata la fisarmonica - il suono di un forte vento.

LEI dalla stanza accanto porta un neonato e lo culla fra le braccia. Il bebè dorme, gli piace la "musica" che suona suo padre.

LEI balla con il bimbo in braccio.

LEI mette il bimbo su una sedia.

LUI lascia la fisarmonica.

LEI gli si siede in grembo, lo bacia sul viso - il suono di un campanellino.

LUI le sbottona la camicetta, un bottone alla volta - il suono delle pioggia che cade, goccia per goccia.

LEI gli sbottona la patta - il suono dei tuono.

LUI la solleva e la mette sul tavolo.

LEI allarga le gambe - il cigolio di una porta.

LUI e LEI fanno l'amore - il suono di una macchina da scrivere.

Da OFF giunge i! suono dell'ezan **.

LEI va al telefono e solleva la cornetta. Gliela dà.

LUI ascolta la voce dall'altro capo del filo. Abbassa la cornetta.

LEI lo guarda interrogativa.

LUI gesticolando fa capire che non sa chi fosse, apre la bocca - il suono della linea interrotta.

LUI e LEI siedono in silenzio.

LUI si alza, apre il frigo - il - suono della Marcia funebre. Prende una birra.

LUI torna al tavolo, beve. Prende un giornale, nel momento in cui lo apre - una cacofonia di suoni animali (latrati, miagolii, starnazzi, muggiti...).

LEI prende anche lei una birra e la mette sul tavolo - il suono di una pallottola.

LUI arrabbiato prende la bottiglia di lei e la pone davanti a sé - il suono di una pallottola.

LEI la riprende - il suono eli una pallottola.

LUI prende nuovamente la bottiglia e la butta dalla finestra - il suono di una granata.

LEI va verso il frigo. LUI la ferma. LEI tenta di liberarsi dalla sua stretta.

LUI le appioppa uno schiaffo - il suono di uno schiaffo.

Il suono dello schiaffo si "moltiplica " e gradualmente si trasforma in un debole applauso.

LUI e LEI siedono immobili. L'applauso si placa.

LEI si toglie l'anello dal dito e lo mette sul tavolo - il suono di un'esplosione.

LUI e LEI si guardano, immobili - i suoni della guerra (granate, spari, grida, pianto...).

Il NEONATO inizia a piangere - // suono della sirena d'allarme.

LEI si avvicina al neonato e lo prende in braccio. Cerca di calmarlo. Il neonato smette di "piangere". Silenzio.

LEI prende la sua borsetta, il cappotto, e con il neonato in braccio esce dall'appartamento.

LUI è seduto.

LUI accende la TV. Sullo schermo si vedono terribili scene della guerra in Croazia e in Bosnia. Da OFF giunge un applauso molto forte, ovazioni, grida di "bravo".

FINE
 
 

* Tradizionale poesia d'amore dei musulmani bosniaci

** Invito alla preghiera presso i musulmani


La marilenghe (La madrelingue)
di Lorenzo Vignando
con la collaborazione di Ilaria Ponton

Nota
Le battute sottolineate rimangono in italiano anche nel testo originale in friulano
 
 
Intel mieç dal palc un taulìn, cun t'un cellulâr parsôre ch'al sune le meludîe di tintine-tintone. Marino al côr a rispuindi, fevele voltant la schene al public.

MARINO - Pronto? Bondì, o soj jò, sì. Altrochè so scrîf, o ài fin vinçût il concôr... sì, il concôrs...

Intant, al jentre un MATT cun t'un camisòt blanc, al à i lineaments tirâs e i voi fûr dal çhiâf. al fevele in mût concitât, al puarte cun sé une vore di çhiartatis e un cartelòn fat su. Al è une vore sospetôs.

MATT - O sin duçh condizionâs... jò, vualtris, duçh. Spetàit... (verifica di non essere seguito)

MARINO - Cui jsal lui... cui fevelial? Oh, nîe mancul che el siôr president!

MATT - Mi cìrin par vie di chesçh documents che o soj rivât a sgarfà fûr e che spieghin come che el Principi di dutt al sedi stât el Mittelfest. 

MARINO - Pal Mittelfest dal 2011? Bon, vulintîr.

MATT -E àn scomençât clamant artisçh di duçh chei stâts che cumò a son sotâns dal imperi: Bulgars, Cêcs, Rumens, Crucs... duçh! e Ju àn sparniçâs pa citàt a esibisi, al è dutt scritt ca. Daspo cualchi poêta sclâf al lassave el palc e al sparive par cualchi minût pui dal proviudût, o un violinist boemo al si poave intôr di une colone e al someave ch'al sprofondass dentri; ma prime o dopo a tornavin duçh: culis basetis un toc pui curtis, cun chell lusôr gnûv e trist tai voi; ma duçh a tornavin. E podopo vualtris, public, e pensavis dome: "Ce estrôs chesçh artists forests!".

MARINO - Un microdramma di vot seconds? Par chell co ài di fa! Ca mi spieghi un pôc ce-mût cal funzione. Sì... sì.

MATT - In tal lontan 1999 podopo el furlan al è stât ricognossut ufficialmentri come lenghe. E son rivâs mijars di milions di fonds pa so divulgazion e pandiment. Al è stât cun chei mijars che an produsût i cyborg: machinis dal diaulat progjetadis pa colonizzazion. Dutt al combàcie, al è dutt documentât. J artists a son stâs gambiâs cui cyborg, che si son insediâs tai paìs destinâs e planc a planc àn scomençât a installà microprocessors inguistics, platâs tas tiremolis che ofrivin a chei biâts ca passavin. Al è par chest che ormai, çhalait:

Su le çhartine a son piturâs i contornos di une strane Europe, spartide in regjons linguistichis, di diferents colôrs. Ce ca ulin dì, al è ripuartât in t'une liende da pîs: a corispuindin a duçh i dialets furlans fevelâs. Bulbos di colôr e partissin dal Friûl e si slargjn a duçh i paîs ca partecipin al Mittelfest. In somp une scrite a dîs: "Mitteleurope glottologjche 2011".

Di lung di dutis lis cuestis da Istrie, da Dalmazie, jù jù, fin n Albanie a si fevele maranês, in Polonie a si dopre el lengazz di Paulâr, in Slovachìe el resiàn al è lenghe nazionâl, in Lituanie i morôs a fasin l'amôr par cividalês, e Berlin a jè spartide tra el dialet di Buje e chell di Çhampfuarmid. Ma une volte no ere cussì. Par esempli: cà une vore di timp indaûr, a si Fevelave par talian.

El va fûr di corse.

Al centro del palco un tavolino sul quale è appoggiato un cellulare che inizia a squillare con la melodia di "Tintine Tintone", MARINO va a rispondere, parla voltando la schiena al pubblico.

MARINO - Pronto? Buongiorno.Sono io, sì. Altroché se scrivo, ho vinto perfino il concor... sì. il concors... 

Entra alla ribalta un PAZZO con un camicione bianco, ha i lineamenti tesissimi e gli occhi fuori dalle orbite, parla in modo concitato e reca con sé molte scartoffie e un cartellone arrotolato.

PAZZO - Siamo tutti condizionati... io, voi, tutti. Aspettate... (verifica di non essere seguito)

MARINO - Chi è lei... con chi parlo? Oh, niente di meno che il Signor Presidente!

PAZZO - Mi cercano per via di questi documenti che sono riuscito a trafugare e che spiegano come l'origine di tutto sia stata il Mittelfest.

MARINO - Per il Mittelfest 2011 va be', volentieri...

PAZZO - Cominciarono invitando artisti da tutti quegli stati che sono oggi assoggettati all'impero: bulgari, cechi, rumeni, tedeschi... tutti! e li sparsero ad esibirsi per la città, è tutto scritto qui. Poi qualche poeta slavo magari lasciava il podio e spariva per qualche minuto in più del previsto, oppure un violinista boemo si appoggiava ad una colonna e sembrava ci sprofondasse dentro, ma prima o dopo tutti tornavano, con le basette un po' più corte, con questo riflesso inedito e malvagio negli occhi, ma tutti ritornavano. E voi, pubblico, pensavate soltanto "Che bizzarri questi artisti stranieri". 

MARINO - Un microdramma di otto secondi? Per quello che ho da fare! Mi spieghi un po' come funziona. Sì... sì. 

PAZZO - Nel lontano 1999, poi, il Friulano venne riconosciuto ufficialmente come lingua. Arrivarono Miliardi di fondi per la sua divulgazione e diffusione. È stato con quei miliardi che hanno prodotto i Cyborg: macchine infernali progettate per la colonizzazione. Tutto combacia, è tutto documentato. Gli artisti vennero sostituiti dai Cyborg che si insediarono nei paesi destinati e piano piano cominciarono ad installare microprocessori linguistici, nascosti dentro a chewing-gum che offrivano agli ignari passanti. È per questo che ormai, guardate:

srotola la cartina sulla quale sono disegnati i contorni di un Strana Europa divisa in regioni linguistiche di vario colore. I vari colori sono riportati in una legenda e corrispondono tutti ai tipi di Friulano parlati. Bulbi di colore partono dal Friuli e si allargano verso tutti i paesi partecipanti al Mittelfest. In alto, un scritta recita: "Mitteleuropa glottologica 2011"

Lungo tutte le coste dell'Istria, della Dalmazia, giù giù fino all'Albania si parla Maranese, in Polonia si usa il dialetto di Paularo, In Slovacchia il Resiano è lingua Nazionale, in Lituania gli innamorati si dichiarano in Cividalese, e Berlino è divisa tra il dialetto di Buia e quello di Campoformido. Ma una volta non era così. Per esempio: qui, molto tempo fa', si parlava in Italiano.

Esce di corsa.

MARINO - Ce?! Par talian? Cal viodi...vulintîr, dutt ce cal ûl, ma jò el talian no lu feveli. No, un tic lu capiss, ma no ài le padronance. No puedi scrivilu par sandanelês, el microdramma?Ah... ogni autôr europeo lu puarte te so lenghe... çhiargnel, de basse... e vie disint. Ah, o ài capît. Po bèn bòn, ma el sandanelês a jè la me lenghe, vui dì...el talian al è un dialet in agunie. Lui lu fevelial? Eco, viodial? No, cal sinti, no val nje... mi displâs... Ce-mût? Ah, mi varess pajât, e tant par savè... trooop...?

In talian stentât e cun acento marçhadissim

"E alôra questo a cambîa tutto il discorso." ...sigûr, lu feveli di ribe jù, o disevi tant par ridi. Anzi mi vegnin di bot su un pâr di ideutis. Sì, grazie, ariviodisi. Ce-mût? Un matt cun t'un camesot blanc? Di chestis bandis? No, no crôt. Cal stedi in pâs. (distude il cellular, si volte) NEVERINA, DANILO!!

A jentrin

Alore, o vin di meti su un microdramma di vot seconds pal Mittelfest di chest an.
NEVERINA - Po bòn.
DANILO - Ce utu cal sedi?
MARINO - Spetait, par talian!
NEVERINA - Ce robe!?!
DANILO - Ma nissun al fevele pui par talian.
MARINO - Scolte, trops bês atu te sachete?
DANILO - Nançhe une palanche.
MARINO - E cuant sçhiadial el afitt?
DANILO - 15 dìs fa.
MARINO - Alore a vòre e no steit a rompi i cojons, ca nus pàin.
DANILO - Jo o cognoss un mût di dì par talian:

si puarte ala ribalte, declamant in talian stentât 

"Anche il musso a si disgôza per fare un çhianto alla morôza".

MARINO - Tu sês proprit un mone!!

J mole un scufiott e Danilo al spude un çuro. Neverina i và daûr cui voi.

DANILO - Deh, che accade?

MARINO - Cosa? In Italiano? Guardi, volentieri, tutto quello che vuole, ma io l'italiano non lo parlo. No, un po' lo capisco, ma non ho la padronanza. Non posso scriverlo in Sandanielese, il microdramma? Ah... ogni scrittore europeo lo porta nella sua lingua, Carniello, Della Bassa, e così via? Ah, capisco. Va be', ma è il Sandanielese, la mia lingua, cioè, l'Italiano è un dialetto in agonia. Lei lo parla? Ecco, vede... No, guardi, niente, va. Mi dispiace. Come? Mi avreste pagato?! e tanto per sapere... quantoo...? (in italiano stentato e con accento marcatissimo) "E alôra questo a cambîa tutto il discorso." Ma sì, lo parlo tranquillamente, dicevo per scherzare. Anzi, mi stanno già venendo in mente un paio di idee. Sì... grazie, arrivederci... Cosa? Un pazzo in camice bianco? Da queste parti? No, non mi pare. Stia tranquillo. (spegne il cellulare, si volta)

NEVERINA, DANILO!

Entrano

Allora, dobbiamo metter su un microdramma di otto secondi per il Mittelfest di quest'anno.
NEVERINA - Va be'.
DANILO - Che ci vuole...
MARINO - Aspettate... in Italiano.
NEVERINA - Come?
DANILO - Ma nessuno parla più in Italiano.
MARINO - Senti, quanto hai in tasca?
DANILO - Neanche un soldo.
MARINO - E quando scade l'affitto?
NEVERINA - Due settimane fa'.
MARINO - Perciò al lavoro e non rompete i coglioni, che ci pagano.
DANILO - Io conosco un proverbio in italiano:

Si porta alla ribalta, declamando in italiano stentato

"Anche il musso a si disgôza per fare un çhianto alla morôza".

MARINO - Ma sei proprio un mona!

Gli molla uno scappellotto e Danilo sputa un tappo di sughero

DANILO - Deh, che accade?

MARINO - Ma ce-mût cazzo fevelitu?
DANILO - La mia favella è ineluttabilmente mutata.
MARINO - Fermo lì, chell cà al è talian!
DANILO - Che proferisci? Non intendo il tuo idioma.

Neverina a çhiape su el çuro

NEVERINA - Ma chest al è un microprocessor linguistic! Marino, çhiale, lu à spudât fûr cul scufiott!
DANILO - Amici miei, il vostro interloquire mi suona babelico.
MARINO - Spete un moment...

J mole un scufiott ançhe a Neverina ca spude el çuro.

NEVERINA - Oh, sono oltraggiata! Mai mano sì cafona levossi sulla mia persona.
MARINO - Talian, al è talian! Vualtris o fevelais talian! Petaimit!
DANILO - Neverina, per quale arcano disegno il nostro buon Marino desìa esser percosso?
MARINO - Daimo, petaimit, STRONZS!
NEVERINA - O sboccato!

J mole un scufiott ançhe a Marino, cal spude ançhe lui el çuro.

MARINO - uno, due, prova... uno, due... Sì, funziona! Parlo italiano anch'io!
NEVERINA - Un momento,! Questo significa che per tutto questo tempo la nostra mente è stata condizionata, e in realtà non siamo quello che credevamo di essere.
MARINO - E no, signorina. Questo significa soltanto che possiamo allestire il nostro dramma e ricavarne il danaro atto al pagamento della pigione. Andiamo, orsù.
DANILO - Cielo, quale originale circostanza.

E van fûr duçh. Al jentre el matt di corse.

MATT - O sin duçh condizionâs... Jò, vualtris, duçh!

Fine

MARINO - Ma come cazzo parli?
DANILO - La mia favella è ineluttabilmente mutata.
MARINO - Fermo lì, questo è Italiano!
DANILO - Che proferisci? Non intendo il tuo idioma.

Neverina raccoglie il tappo di sughero

NEVERINA - Ma questo è un microprocessore linguistico! Marino, guarda, l'ha sputato con lo scappellotto
DANILO - Amici miei, il vostro interloquire mi suona babelico.
MARINO - Aspetta un momento...

Molla uno scappellotto anche a Neverina che sputa a sua volta un tappo di sughero

NEVERINA - Oh, sono oltraggiata! Mai mano sì cafona levossi sulla mia persona.
MARINO - Italiano, è Italiano! Voi parlate Italiano! Colpitemi!
DANILO - Neverina, per quale arcano disegno il nostro buon Marino desìa esser percosso?
MARINO - Forza, colpitemi, stronzi!
NEVERINA - O sboccato!

Molla uno scappellotto anche a MARINO che sputa a sua volta un tappo di sughero.

MARINO - Uno, due... prova... uno, due... Sì, funziona! Parlo Italiano anch'io!
NEVERINA - Un momento! Questo significa che per tutto questo tempo la nostra mente è stata condizionata, e in realtà non siamo quello che credevamo di essere.
MARINO - E no, signorina. Questo significa soltanto che possiamo allestire il nostro dramma e ricavarne il danaro atto al pagamento della pigione. Andiamo, orsù.
DANILO - Cielo, quale originale circostanza.

Escono tutti. Entra il Pazzo correndo 

PAZZO - Siamo tutti condizionati... io, voi, tutti.

Fine



MELUSINA & IL DOTTOR RADICE
Mini-fiaba politica
di Slobodan Snajder
Trad. dal croato di Alice Parmeggiani

Premessa
J.W. von Goethe trovò il motivo di Melusina in una fiaba francese: Melusina è una sorta di fata in forma di fanciulla, e ha la caratteristica, in presenza di ogni sgarbatezza, di diventare più piccola di un pollice. Goethe in Wilhelm Meister sviluppò tale motivo con il titolo "La nuova Melusina". Qui è stato ripreso solo il motivo principale.

Personaggi
Melusina, fanciulla incantevole
II Dottor Radice, di mezza età
Displaced Persons, ovunque.

Il dottor Radice e la fanciulla Melusina su una panchina.

DOTTOR RADICE Ecco, l'ho incontrata un'ora fa' e non mi ha detto ancora il suo nome.
MELUSINA Dato che il Big Bang, da cui è nato tutto, e quindi anche lei, signore sconosciuto, con il suo bastone, i baffetti e il cappello, è durato meno di un decimo di secondo (Dio lavora veloce quando vuole), un'ora è un'eternità.
DOTTOR RADICE Questa sì che ha lingua! Io le ho detto come mi chiamo nel primo decimo di secondo. Dottor Radice. Io sono saldamente ancorato al suolo, con queste due mie gambe. E tu? Svolazzi? Qua e là?
MELUSINA Per ora ci diamo del lei.
DOTTOR RADICE Mentre io - non sono all'altezza?
MELUSINA Mentre io non vedo che cosa vuole da me. Del resto, è esatto: io di tanto in tanto vivo nelle chiome degli alberi.
DOTTOR RADICE Donna-farfalla, donna-uccello?
MELUSINA Donna. Per lei, caro dottore, sempre qualcosa a metà.
DOTTOR RADICE Ma sì. Donna-cavalla, donna-pesce, ninfa, amazzone, fata. E quali sono i suoi punti di fascino - a parte quelli che vedo?
MELUSINA Melusina. Io mi chiamo Melusina, come mia madre. Fiammetta, come mia nonna. Silvani, famiglia Silvani. Noi tutti viviamo sugli alberi. Quindi, sempre al di sopra delle radici, in lato, in alto... Inoltre nonna Fiammetta leggeva i fondi di caffè, e mio padre, il signor Silvani, volava da indipendente. Un imprenditore. Mia madre nella sfera di cristallo ha visto Chernobyl. Ora sa tutto.
DOTTOR RADICE Signorina Melusina...
MELUSINA Fata. Io sono una fata. Signorina va bene in società, ma fra noi, nel morbido fogliame, mio caro dottor Radice, sempre fata!
DOTTOR RADICE La trovo così dolce che me la divorerei!
MELUSINA Lei mi mangerebbe?
DOTTOR RADICE Come se fosse tutta di marzapane.
MELUSINA Lei sa che con questa mia bacchetta potrei trasformarla... in una pulce?
DOTTOR RADICE Allora salterei subito su di lei e questo non le farebbe piacere.
MELUSINA Allora... un bassotto che si vende a metro? Quello che vive in un tubo dell'acquedotto?
DOTTOR RADICE Pietà! Allora è meglio un topo, è possibile un topo?
MELUSINA Perché proprio un topo?
DOTTOR RADICE Non so. Un cane non mi piacerebbe essere. I cani fanno tutto in pubblico, anche nel parco. E poi perdono il pelo.
MELUSINA Ma essere un cane in braccio a qualche ragazza?
DOTTOR RADICE Non sono così fortunato.
MELUSINA Va bene. Allora rimanga quello che è: dottor Radice.
DOTTOR RADICE Anche a me questa sembra per ora la cosa migliore. Forse per lei non è così interessante: sii te stesso! Sii una radice! Sii ciò che sei! A uguale ad A! Il dottor Radice è sempre uguale al dottor Radice. Melusina è sempre Melusina. Una bella, anzi bellissima, giovane donna. Sempre uguale a se stessa. Di sera, di mattina, con un po' di make-up, a mezzogiorno, in autunno, d'estate... di martedì, di sabato...
MELUSINA No. Lei non è sempre uguale a se stessa. Lei sa... rimpicciolirsi.
DOTTOR RADICE Rimpicciolirsi? Perché dovrebbe diventare più piccola? Lei è effettivamente abbastanza alta. Ma comunque, non troppo alta.
MELUSINA E' una cosa molto semplice, anche se inspiegabile.
DOTTOR RADICE Ora ha detto tutto sulle donne.
MELUSINA Quando succede qualcosa di brutto lei diventa più piccola. Quando qualcuno è sgarbato lei si rimpicciolisce talmente da diventare più piccola di una sorcetta!
DOTTOR RADICE Io per natura non sono un villano.
MELUSINA Quando qualcuno la delude... lei non sa far di meglio che rimpicciolirsi.
DOTTOR RADICE Io non la deluderei mai... io non sarò mai sgarbato, né permetterò che qualcuno lo sia in sua presenza...
MELUSINA Lei sarà allora il mio cavaliere, il mio difensore, il mio dottor Radice?
DOTTOR RADICE Non aspiro a niente di meno.
MELUSINA Potrebbe essere una cosa così difficile da essere quasi impossibile.
DOTTOR RADICE Sono tutt'orecchi.
MELUSINA Mai una parola sgarbata?
DOTTOR RADICE Sì, sì, la prego, mi metta alla prova.
MELUSINA Sempre dalla parte dei più deboli?
DOTTOR RADICE Io ho sempre aiutato i deboli e gli infermi. Io non sono mai passato davanti a un mendicante senza dargli qualcosa. E' una specie di gioco? Qualcosa come "guardie e ladri", o "rimpiattino"? Lei è meravigliosa, ma anche così infantile.

Melusina sta per andarsene.

DOTTOR RADICE Dove posso trovarla?
MELUSINA ride: In tasca. Nel suo cuore. Nella tasca della sua giacca che copre il suo cuore.
DOTTOR RADICE Questa ragazza parla per indovinelli. Ma comunque, voglio proprio vedere!

Un uomo sistema una porta davanti a Melusina che si è messa sulla sinistra, al limite del palcoscenico. Il dottor Radice non può più vederla.

MELUSINA off: Eccoli. Sono già alle porte della città e della fortezza. Vengono con le loro disgrazie!
DOTTOR RADICE Ma noi qui di disgrazie ne abbiamo a sufficienza! Si batte sulle labbra. Che entrino, benvenuti, ma chi sono? Dove sono le loro... radici?
MELUSINA Sono... sradicati! E ora bussano al tuo cuore, signor Radice!

Arrivano cinque o sei ''displaced persons", fra loro una donna incinta, degli arabi, delle rumene, dei balcanici. Con i soliti sacchetti di plastica. Si vede che tutti hanno dovuto lasciare in gran fretta le loro abitazioni.

DOTTOR RADICE Noi qui siamo già abbastanza carichi, siamo come una barca troppo piena! (Si batte sulle labbra. Guarda davanti a sé, loro gli stanno alle spalle, lui li vede solo con il suo "occhio spirituale".) Entrate, miei cari, su, entrate... Fate come a casa vostra. Come a casa vostra? No, questo proprio no. Noi siamo già molto stipati. Tuttavia: quando ci si vuol bene, la casa non è troppo stretta! Qual buon vento vi porta da noi?
DISPLACED PERSONS in coro: Le disgrazie, la miseria.
DOTTOR RADICE Ma sì. Nessuno di sua spontanea volontà lascia le sue radici, i suoi antenati. Ma siete in tanti. Vedo che sarete anche di più. Si dice che vi moltiplicate molto in fretta. Sicuramente sapete amarvi meglio di noi. Ma queste sono sciocchezze. Noi siamo tutti uguali. Ma non abbiamo pari diritti. A voi serve aiuto.
DISPLACED PERSONS A noi occorre aiuto di ogni genere.
DOTTOR RADICE E dove dormirete?
DISPLACED PERSONS Noi non dormiamo più.
DOTTOR RADICE Dove vi laverete? Ma voi vi lavate? (Si batte sulle labbra.) Ma dovete proprio nascere in tanti? Fra un po' ci sommergerete. Che ne sarà delle nostre radici? Che cosa direbbero i nostri gloriosi antenati di tutto questo? Oltre a tutto sarete naturalmente anche abbastanza affamati.
DISPLACED PERSONS Noi moriamo di fame.
DOTTOR RADICE Ma qui da noi le cose stanno così: chi lavora, mangia.
DISPLACED PERSONS Noi vogliamo lavorare.
DOTTOR RADICE Questo no. Oggi il lavoro, domani la scuola, dopodomani la chiesa o la moschea. So bene come va a finire! Un passo alla volta, tutto cambia, noi cambiamo, voi cambiate noi, e noi, che qui abbiamo le nostre radici millenarie, dobbiamo già andarcene. Oltre la Pozzanghera Grande!
DISPLACED PERSONS Noi vogliamo essere utili.
DOTTOR RADICE Queste sono frasi vuote! Ma io... il dottor Radice, che sto saldamente su questo suolo millenario con queste due mie gambe, io non sono mai passato davanti alla disgrazia con il cuore sbarrato. (Estrae il portafoglio.) Non ho molto con me. Andate, compratevi una pizza! (Butta loro delle monete.) E' come se le gettassi in una fontana come portafortuna! Non mi pesa. Io faccio questo per la mia buona sorte. Faccio questo sforzo per la mia Melusina. (Sembra riscuotersi.) E lei dov'è? Alla fine mi ha dato del tu, dopo un'ora intera e quasi 14 minuti, il che è davvero un'eternità. Nessuna donna mi ha rifiutato così a lungo. E lei oltre a tutto è anche una fata. Ma cosa è questa storia del rimpicciolimento? Che cosa voleva darmi a bere? (Si volta verso i profughi.) Siete ancora qui? Vi è stato dato quel che si è potuto!

I profughi si ritirano di malavoglia.

DOTTOR RADICECosì. Anche questa è fatta. Abbiamo salvato la faccia, la città e lo stato. Un qualche tipo di ordine deve esserci. Ma che cosa voleva vendermi quella ragazza? Ed era ben fatta, l'avete vista. Anche se si rimpicciolisse un po', ne rimarrebbe di lei! Così com'è, per me è troppo alta. Tutte le ragazze di oggi sono come se avessero ingoiato una scopa. Come se fossero scese dal fregio del Partenone! Ma se si rimpicciolisse un po', mi andrebbe giusto bene! Signorina Melusina! Ma dov'è quella ragazza? Signorina Silvani! Tutto è stato fatto come d'accordo! Ma dov'è? La smetta di tormentarmi, sono stanco di questo gioco!

Vaga per il palcoscenico.

DOTTOR RADICE Dove posso trovarti?
MELUSINA sempre dietro la porta: Sono nella tua tasca, sono proprio nel tuo cuore, signor Radice, cercami là!
DOTTOR RADICE si tasta le tasche: Non c'è niente. Come potrebbe stare in tasca quella ragazza? Posso capire ancora ancora se si tira fuori un coniglio da un cilindro, ma una bellezza così grande nella mia tasca... Quella ragazza ha la tendenza di parlare per enigmi... Che sia in preda di un incantesimo?

Estrae e porta alla luce una piccola replica di Melusina, grande circa un palmo.

MELUSINAride: Ora puoi realizzare tutti i tuoi desideri, dato che vi sei abituato. Tu conti sul fatto che i tuoi desideri si realizzino. Ora mi puoi mangiare!
DOTTOR RADICE annusa la bambolina: E' marzapane?

Melusina dietro la porta ridacchia e annuisce.

Il dottor Radice divora la bambolina.

DOTTOR RADICE In realtà, da come si era messa la situazione, ancora ancora me la sono cavata bene! E' meglio che badi agli affari miei. Che ognuno badi agli affari suoi, e di marzapane ce ne sarà per tutti!

IL DOTTOR RADICE E MELUSINA CHE GLI STA ACCANTO Così finisce questa favola, felicemente come tutte.

DOTTOR RADICE Felicemente? Io non ne sono proprio sicuro. Dobbiamo rinforzare un po' la frase! Ad esempio così: Vissero felici e contenti, anche se non erano ancora nati! O così: Che a quelli che stanno bene vada ancora meglio!

Si inchinano, non ce n'è più.



Due mondi
di Zanina Mircevska
Traduzione di Maria Grazia Cvetkovska

Personaggi
L'Estraneo
La Guardia di Frontiera

Luogo dell'avvenimento
Davanti alle porte di una Unione
 
 

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Documenti. Dove è diretto?

L'ESTRANEO: A Calvino.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Per lavoro, in privato?

L'ESTRANEO: Stagionale (pendolare).

LA GUARDIA DI FRONTIERA: La lettera di garanzia?

L'ESTRANEO: È qua, prego.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Indirizzo di residenza?

L'ESTRANEO: Mi sistema l'azienda.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Il biglietto di andata e ritorno?

L'ESTRANEO: Eccolo qua.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: La ricevuta di effettuato deposito?

L'ESTRANEO: Eccola.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: La carta verde?

L'ESTRANEO: Eccola, è qui.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: La gialla?

L'ESTRANEO: È davanti.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Quanto denaro liquido ha con sé?

L'ESTRANEO: Prego?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Quanto denaro in contanti ha con sé?

L'ESTRANEO: Trecento, all'incirca...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Esattamente?

L'ESTRANEO: Trecentocinquanta. Più o meno.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Me li faccia vedere... Quando ha fatto il visto?

L'ESTRANEO: Due giorni fa.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Si metta da parte. Non ha tutti i documenti.

L'ESTRANEO: Prego?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Non ha tutti i documenti.

L'ESTRANEO: Come non li ho?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Così, non li ha.

L'ESTRANEO: Come no li ho, ho il visto...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Ha il visto, manca un certificato.

L'ESTRANEO: Cosa manca?!!!

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Un certificato. Manca un certificato.

L'ESTRANEO: Che razza di cetificato, adesso?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Il certificato A406.

L'ESTRANEO: Mi scusi. ma al vostro consolato nessuno mi ha detto niente di un altro certificato.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: E perché avrebbe dovuto dirglielo?

L'ESTRANEO: Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo, altrimenti come potrei sapere io...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Ma perché non l'ha letto?

L'ESTRANEO: Dove avrei dovuto leggerlo?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Sta scritto su un tabellone. In tutti i consolati. Su un tabellone...

L'ESTRANEO: Ho letto tutto ciò che era scritto sul tabellone...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: È evidente che non l'ha letto.

L'ESTRANEO: Modulo B-42, estratto di atto di nascita su foglio internazionale, certificato di visita medica, 6 fotografie, fedina penale, lettera di garanzia, biglietto di andata e ritorno, documento di deposito...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Li ha presentati tutti. Le manca però ancora un cetificato.

L'ESTRANEO: Ma dove sta scritto questo certificato?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Nella nota in fondo.

L'ESTRANEO: E che cosa notifica questo vostro certificato?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: È un attestato di abilità particolare. Ogni straniero che vuole quassù entrare, deve dimostrare di saper rimare.

L'ESTRANEO: Come, prego?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Deve saper rimare. Far la rima.

L'ESTRANEO: Che rima?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: La rima che combina per prima.

L'ESTRANEO: Ma, per favore, che cavolo di rima, cosa sono queste ridicolaggini?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Signore, queste sono regole da osservare, non sono stupidaggini. Regole unitarie, dell'Unione. Regole unitarie.
Se uno vuole da noi entrare
E nostro ospite diventare,
Ogni singolo straniero
Deve dimostrare
Le proprie abilità di fare la rima
Che combina per prima.
Ad ogni frase mia deve
Seguire una battuta tua, in breve,
In un verso rimato,
Però in un tempo limitato
Che non dovrebbe
Più a lungo durare
Di quanto ne occorre
Per inspirare ed espirare.
Ma chi indugia più del dovuto,
Anche se in ginocchio supplicasse,
Se tutta la carne via si strappasse,
Entrare mai potrà, bensì sarà perduto.
Tu, da dove sei arrivato?

L'ESTRANEO: Da un paese dove uomo
non sei calcolato.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: "Arrivato - calcolato". E questo luogo dov'è?

L'ESTRANEO: Là dove da mangiare
poco o niente c'è.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: "Dov'è - c'è". Ma la tua casa tu lasci così, alla mercé?

L'ESTRANEO: Quando uno vive negli stenti,
Anche se sa stringere i denti,
Per il mondo vagabondare è costretto.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Se tutto il mondo venir da noi avrebbe diletto,
Chi il focolare domestico vi manterrà,
Chi i vostri campi coltiverà?

L'ESTRANEO: Il focolare rimarrà col fuoco smorzato,
Il campo incolto e abbandonato.
Ma il giorno che io vi sarò ritornato,
Il cuore mio sarà come rinato.
Da ogni canto un canto si alzerà
Di giubilo e di gioia si riderà.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Credi forse che da noi non ci sia mancanza?

L'ESTRANEO: Abbondanza di mancanza. Mancanza di abbondanza.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Grosso muro.

L'ESTRANEO: Un osso duro.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Di qua noi.

L'ESTRANEO: Di là voi.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Crisi.

L'ESTRANEO: Tisi.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Rimedio.

L'ESTRANEO: Tedio.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Urgenza.

L'ESTRANEO: Sapienza.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Spingi.

L'ESTRANEO: Stringi.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Violenza.

L'ESTRANEO: Pazienza.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Offesa.

L'ESTRANEO: Difesa.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Protesta.

L'ESTRANEO: Contesta.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Tardi ormai.

L'ESTRANEO: Si sa, ahi.

(pausa

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Congratulazioni, bravo!

L'ESTRANEO: Posso avere adesso il permesso di ingresso?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Bene, bene, bene, per la tua bravura nel rimare, non solo io, ma ogni scuola nostra il diploma ti potrebbe dare. Ma c'è un però...mi dispiace... ancora non si può...

L'ESTRANEO: Com'è che non si può?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Beh, le ho già detto. L'accesso ancora non le è...

L'ESTRANEO: Com'è che non mi è concesso?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: ...Non è in possesso del certificato di idoneità a rimare.

L'ESTRANEO: Non sono forse riuscito la mia abilità a dimostrare?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Le do tutto il mio onore, ma...
Mi rincresce per il dolore,
Però nessuno da noi mai è entrato
Senza il certificato di esame superato.

L'ESTRANEO: Quindi, solo per questo esame dovrei ritornare laggiù?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Dove laggiù?

L'ESTRANEO: Laggiù. Nel vostro consolato. Per l'attestato...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: No, no. Laggiù tale attestato non viene rilasciato...

L'ESTRANEO: E allora, dove si può ottenerlo?

LA GUARDIA DI FONTIERA: C'è solo un luogo dove si può averlo.

L'ESTRANEO: Dove?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Solo noi abbiamo la facoltà di darlo.

L'ESTRANEO: Mi lasci entrare, allora, che vado a pigliarlo.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Si, certo, volentieri... in quanto le fosse permesso entrare da noi con questo difetto documentario... Vede, non avrei nulla in contrario, ma questo è il regolamento unitario... L'Unione sta già esaminando il problema... ma la soluzione ancora...

L'ESTRANEO: Un espediente, però, c'è e dovrei pur trovarlo.

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Certo che c'è. Dovrei forse svelarlo?

L'ESTRANEO: Quale?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Essere a me in tutto uguale, tale e quale.

L'ESTRANEO: Cos'è che ci fa diversi?

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Tu appartieni ad un mondo sciagurato,
Io a un altro, laborioso e fortunato.

L'ESTRANEO: Il tuo mondo laborioso e fortunato e pure mio, tanto quanto tuo è il mio mondo sciagurato. Se un mondo diventa due mondi, allora quell'uno è come nessuno, poiché se uno diventa due, l'uno non è più uno, ma è nessuno. Io. Straniero. Forestiero. Da lontano. Partito. Arrivato. Son qua. Sto qui. Sulle soglie di un mondo. Del tuo. Diverso dal mio. L'Unione. Qui v'è l'accesso. Vi stai di guardia. Tu. Forte. Inflessibile. Spietato. Lasciarmi passare. Non vuoi. Ma io passo lo stesso. Il mio intento e due volte più forte del tuo impedimento!

Lo Straniero si toglie i vestiti. Sul dorso gli spuntano le ali. Si alza in volo. Si libra sopra la testa della Guardia di frontiera. Oltrepassa volando la linea di confine...

LA GUARDIA DI FRONTIERA: Per quello che ne so io, nel registro dell'Unione non risulta un simile uccello... Nel nostro cielo non è ammesso volare a chi non sia stato notato nel nostro registro. Ora lo acchiappo...

La Guardia di frontiera si spoglia, anch'egli ha le ali sul dorso; spicca il volo, inseguendo lo Straniero. Dal cielo cade una pioggia di piume sanguigne - o di colore a scelta…

- fine -
 



1991-2001 Dieci anni d'Europa
IL PROGETTO

Brevi testi, caratterizzati da un tema comune, questi ultimi dieci anni in Europa, comporranno un unico grande spettacolo, un evento collettivo per inaugurare, secondo lo stile che è ormai diventato una tradizione di Mittelfest, il programma teatrale della decima edizione.
Come per i 5 "prologhi" che inaugurarono il festival nel 1991, abbiamo chiesto ad autori in ciascuno dei 17 paesi dell'Europa centro orientale con cui il festival collabora (per la prima volta riuniti in un unico progetto), e a un autore italiano-friulano, di scrivere un "microdramma" per il decimo anno di Mittelfest.
La scelta ha seguito un doppio criterio: si sono voluti affiancare alcuni degli scrittori più noti e rappresentativi che possano esprimere attualmente questi paesi, con altri giovani e emergenti. I materiali che ci sono pervenuti sono estremamente vari e di grande qualità e sono articolati in 18 microdrammi oltre ad un prologo ed un epilogo.
Vogliamo ricordare in primo luogo il Presidente Havel che ha aderito all'idea di "teatralizzare" i suoi discorsi di capodanno che costituiscono il prologo.
Contributi prestigiosi arrivano da narratori come Ismail Kadarè, certo il maggiore scrittore albanese, gli ungheresi Peter Esterhazy (già autore di un "prologo" nel '91) e Arpad Göncz (già presidente della Repubblica Ungherese) e come il nostro Claudio Magris. E torna a collaborare con Mittelfest George Tabori, direttore dell'edizione dedicata a Kafka del '92. Fra i massimi autori teatrali europei, collaborano al progetto Slobodan Snajder, dalla Croazia e la iugoslava Biljana Srbljanovic, che i lettori e il pubblico italiano hanno seguito con grande attenzione nei corsivi da Belgrado su Repubblica. L'ucraino Jeroslav Stelmakh e Aleksey Dudarev (dalla Bielorussia) a Jaroslav Veresak (dall'Ucraina) sono autori molto noti nei loro paesi ma per la prima volta approdano a un palcoscenico europeo occidentale.
Ma grandi sorprese arrivano dai giovani, individuati soprattutto grazie a una rete di contatti nei diversi paesi: una serie di collaborazioni che fanno di questo progetto indubbiamente il più condiviso, a livello internazionale, fra tutte le produzioni di Mittelfest. Sono: Almir Imsirevic per la Bosnia Erzegovina, Elin Rahnev per la Bulgaria, la macedone Zanina Mircevska, Dumitriu Crudu per la Moldova, il polacco Artur Grabowski, il narratore rumeno Mircea Cartarescu, Viliam Klimacek dalla Slovacchia e il giovane friulano Lorenzo Vignando. Infine, abbiamo chiesto dalla Slovenia un "atto senza parole", una "microcoreografia", composta da Matjaz Berger e Ivan Paternelj mentre all'italiano Edoardo Erba si devono alcuni testi di avvio dei percorsi.
Oltre al coordinatore Giorgio Pressburger, ideatore con Mimma Gallina del progetto, sono coinvolti nella produzione 5 registi, il polacco Tadeusz Bradecki, l'italiano Massimo Navone, lo yugoslavo Nenad Prokic (ciascuno dei quali metterà in scena più microdrammi), con il ceco Jan Kratochvil (per il prologo costituito da un montaggio dei discorsi del presidente Havel) e lo sloveno Matjaz Berger (per il microdramma in forma coreografica prodotto dal Teatro Mladinsko di Lubiana). Gli attori sono particolarmente numerosi, oltre trenta e ad essi si aggiungono i venticinque componenti del coro Smetana di Praga, musicisti e, come sempre, la gente di Cividale.
 

SINOSSI DEI MICRoDRAMMI

ZANINA MIRCEVSKA - DUE MONDI
Le pratiche burocratiche da svolgere perché un extracomunitario possa legalmente accedere ad un paese dell'unione paiono essere interminabili. Lo sa bene un  imprecisato "straniero", che le ha faticosamente portate a termine, ed ora si appresta a passare il confine. Non poteva certamente immaginare che gli mancasse un documento, e per di più un documento che attesti la sua capacità di parlare in rima. Le sue proteste non servono, il Poliziotto di frontiera è inflessibile: non gli resta che arrangiarsi e dimostrare sul campo la propria abilità. Ma sebbene la prova sia brillantemente superata, manca comunque il certificato che ne attesti la riuscita. E questo certificato viene rilasciato solo nel paese che si vuole raggiungere. E per raggiungerlo è necessario il certificato...
Niente da fare, la strada è sbarrata dal garbuglio burocratico. Non c'è modo d'entrare. Bisognerebbe forse avere le ali, per volare oltre il confine. Ma anche la via del cielo può rivelarsi rischiosa...

ARTUR GRABOWSKI - IL POZZO
Una studentessa di Cracovia è sulle tracce di un pozzo, della cui esistenza  ha letto nella sua guida turistica. Sul pozzo se ne sta seduto un uomo dall'aspetto disperato. I due intrecciano una conversazione dai toni surreali. Lei va alla ricerca di una fonte d'acqua pura alla quale dissetarsi, lui le spiega che quel pozzo è ormai asciutto. Niente però è come sembra: l'uomo sostiene d'essere lo spirito di Marcello Mastroianni e di poterle restituire quell'acqua che cercava. La ragazza pare credergli, ma vuole controllare di persona... si butta nel pozzo. Vedendola  sparire, l'uomo si fa prendere dal panico. Ma la voce della ragazza, che ora proviene da sopra di lui, cambia ancora una volta la prospettiva delle cose e noi non sappiamo più chi sia reale e chi no, chi sia sincero e chi invece stia mentendo.

PETER ESTERHAZY - FASE DI TRANSIZIONE
Un padre cerca di recuperare la propria identità messa in crisi dalla nuova Europa senza confini. Chiede aiuto al figlio, che si sta truccando da donna e non lo riconosce: non solo l'identità sessuale, ma anche il concetto della famiglia si vanno perdendo. Padre e figlio tentano tuttavia di immaginare la loro vita in questa nuova realtà, quando entra una bella donna che li avvisa che hanno frainteso il loro compito: avrebbero dovuto raccontare la storia degli ultimi dieci anni e non di quelli a venire. Dopo aver fatto alcune considerazioni sul preteso concetto di unione europea, la donna se ne va. Padre e figlio, come se cercassero di adeguarsi al nuovo stato delle cose, iniziano a recitare un dialogo da corso d'inglese per principianti. Il padre comincia a truccarsi da donna. Il figlio finalmente lo riconosce, ma il padre ora non comprende il suo avvicinamento e se ne va a passo di step sulle note di Sometimes I'm happy, sometimes I'm blue...

ALJAKSEJ DUDARAU - BUSJA E ROS
Ros (in piedi) e Busja (sdraiato) sono imprigionati l'uno all'altro con la stessa catena. Ciascuno indossa mezzo pantalone. Entrambi sono stanchi di stare in questo modo ma, naturalmente, non possono farci niente. Per passare il tempo si accusano a vicenda discutendo di economia, di politica e di problemi sociali. Infatti, i due personaggi rappresentano rispettivamente l'aspirazione ad adeguarsi all'ideologia capitalista (Ros) e il suo rifiuto e la nostalgia per il passato (Busja). Le due visioni politiche sono schematizzate e portate all'estremo, come, d'altro canto, simbolica è la situazione teatrale che costringe i due personaggi a rimanere indissolubilmente legati l'uno all'altro.

DIMITRU CRUDU - AMERICA UNO
George si è fermato a bere in un bar vicino all'aeroporto, ma non ha i soldi per pagare la bottiglia di vodka che ha già consumato. Il cameriere chiama un poliziotto per arrestarlo quando appare Stefan, un suo vecchio amico appena rientrato dall'America. Stefan paga il conto e distribuisce mance. I due amici avevano suonato insieme in un'orchestra, prima che Stefan emigrasse. Aveva promesso di tornare non appena fosse diventato sufficientemente ricco per poter finanziare il rilancio della band. Ma paradossalmente tutti gli amici, i genitori, la fidanzata di Stefan sono morti o in uno stato di irrecuperabile degrado. Persino George dice addio al vecchio amico ritrovato e si toglie la vita, buttandosi sotto una macchina. Ma la tragedia non è finita: Stefan deve ancora pagare per l'ennesima volta la stessa bottiglia di vodka.

VILIAM KLIMACEK - MADE IN SLOVACCHIA
Un insegnante tiene una lezione a quattro colombe imbalsamate sul degrado morale della Mitteleuropa che, a suo dire, si sta sciogliendo come una pastiglia effervescente in un bicchiere d'acqua... Irrompe un venditore ambulante che propone l'acquisto del casco retro-mirror, un elmetto munito di specchi per vedere davanti e dietro: chi guarda il passato, vede meglio il futuro... L'insegnante riprende la sua invettiva deridendo l'oggetto in questione e, scagliandosi contro l'inutile pratica di costruire chiese, contro l'idiozia televisiva e contro la banalizzazione del pensiero, esorta a mettersi in salvo dal prossimo Diluvio Universale, rifugiandosi su una torre e portando con sé cibo in scatola, una Bibbia e una mazza robusta per scacciare gli "indegni".

SRECKO KOSOVEL - DER SALZBERG (KONS - THE JAILED DANCER)
Kons is the constructivist poetic form developed by the Slovenian poet Srecko Kosovel. The Jailed Dancer is a poem by another Slovenian avant-garde poet, Anton Podbevšek; his poetry gives expression to the phenomena of the cosmos, war, negation, and man's will to change. The poetic form by Kosovel, an intimate poet longing for the cosmos, represents a highly distinguished, anthological contribution to world avant-garde poetry. Podbevšek, on the other hand, is an innovator of hymnic images of disintegration and risis of times and spaces.
The action Kons - The Jailed Dancer displays a triple discourse: that of Kosovel dealing with perspective in poetry, that of Podbevšek discussing the role of the avant-gardist in society, and that of Kosovel dealing with Podbevšek. Three individual languages, discourses, and states: the ballets of sign language, ecstasy and the jailed dancer.(sinossi di Matiaz Berger)

LORENZO VIGNANDO - LA MADRELINGUA
Nell'anno 2011 il sogno di una lingua comune che unifichi l'Europa si è finalmente realizzato: il friulano è ormai diffuso come idioma ufficiale pressoché ovunque. Lo scrittore Marino viene contattato dai responsabili del Mittelfest di Cividale per scrivere un microdramma della durata di undici secondi: il problema è che il testo dovrà essere in Italiano, un dialetto ormai in disuso di cui lui non ricorda gran che. Mentre lo vediamo accordarsi sul compenso che riceverà, un pazzo in camicia bianca, ricercato dalla polizia, ci informa di strani fatti avvenuti nel corso dell'edizione del Mittelfest di dieci anni prima. La straordinaria fortuna del friulano potrebbe essere dovuta ad un'operazione criminale, ad un complotto internazionale ordito con l'aiuto dei più avanzati ritrovati scientifici. Sarà proprio Marino a risolvere il mistero, ma per lui, come si dice, non tutto il male viene per nuocere...

ELIN RAHNEV - A FOGLIA MORTA
Due uomini sui cinquant'anni. Se ne stanno seduti in un bar, bevono birra in grossi boccali, a grandi sorsate. Parlano di calcio e, precisamente, di un gol sbagliato. Sbagliato, sebbene l'attaccante avesse stoppato la palla di petto, in modo perfetto...gli sarebbe bastato girarsi e calciare la palla, dritta in rete, di sinistro...all'89° minuto...la faccia del portiere, che si prende un gol all'89°!...neanche la forza di muoversi, avrebbe avuto...solo qualche anno prima l'attaccante avrebbe calciato in quel modo speciale, a foglia morta, col sinistro...quello è un colpo sicuro, loro se lo ricordano bene, ma ormai, non lo usa più nessuno. Dimenticato. E' così che si perdono le partite.

ISMAIL KADARÉ - IL PONTE D'EUROPA
Un uomo, sull'orlo di un precipizio, sta cercando un passaggio per raggiungere l'altra sponda. Quando alcuni sfaccendati tentano di dissuaderlo, cade in preda ad un attacco d'epilessia. Un costruttore, accorso in suo aiuto, interpreta il fatto come l'indicazione divina di costruire un ponte in quel luogo. Non appena la costosa impresa viene portata a termine, il ponte esplode: un attentato?...un bombardamento?... Il costruttore avrà tempo di invecchiare, in attesa dei fondi necessari alla ricostruzione. Infine, arrivato il denaro, il ponte viene ricostruito e sta per essere nuovamente inaugurato. Fra la folla riunitasi per la grande occasione, ricompare l'uomo dell'inizio, che chiede di poter passare dall'altra parte. Non appena gli viene detto di attendere qualche minuto, viene colto da una nuova crisi d'epilessia. Mentre il costruttore si interroga sul significato di questo evento, anche il ponte comincia a tremare, vibrando come se fosse vivo.

GEORGE TABORI - DIE SPRECHSTUNDE (LA VISITA)
Durante una seduta con il dottor Filz, il paziente Baksis rievoca il suicidio di Kleist e, mostrando apprezzamento per la sua perfezione estetica, elenca i propri progetti di suicidio, scartati l'uno dopo l'altro perché, dopotutto, più sgradevoli della sua stessa esistenza. Racconta alcune fasi della sua vita, dall'abbandono in tenera età da parte dei genitori alla sua non proprio esaltante vita sessuale. Il medico esprime il proprio parere: Baksis soffre perché reprime la propria naturale aggressività. La diagnosi è esatta, infatti Baksis strangola il dottore. Nonostante questo, la visita non finisce: dura tutta la vita, ma la vita è troppo seria per essere presa sul serio...
 

LA LOCANDINA
Un progetto di Mimma Gallina e Giorgio Pressburger
Drammaturgia dei percorsi di Massimo Navone
Regie di Tadeusz Bradecki, Massimo Navone, Nenad Prokic
con Jan Kratochvil (prologo dai discorsi di Vaclav Havel), e Matjaz Berger e Ivan Paternelj (per la coreografia slovena).
Coordinamento di Giorgio Pressburger
Elementi scenici di Antonio Panzuto
Costumi di Igor Pahor
Luci di Giuseppe Pizzo
Ha collaborato alle traduzioni la facoltà di Lingue e Letterature Straniere e il Centro Linguistico e Audiovisivi dell'Università degli Studi di Udine
Si ringrazia l'Istituto Austriaco di Cultura a Milano
Hanno collaborato al rapporto con gli autori o sostengono il progetto:
- gli Istituti Italiani di Cultura di Budapest e Zagabria.
- ll Festival di Nitra (Slovacchia)
- Il Festival MESSarajevo (Bosnia e Erzegovina)
- Slovensko Mladinsko Gledalisce di Lubiana (Slovenia)
- l'Istituto Polacco a Roma
- l'Ambasciata di Romania in Italia
- Il Premio Candoni Arta Terme (per la scelta dell'autore friulano)
e Rada Baraleva (Bulgaria), Jovan Cirilov (Jugoslavia), Mihai Fusu (Moldova), Helena Oporkova (Bielorussia e Ucraina)



 

Appuntamento al prossimo numero.

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