ateatro

n. 26 - 22 dicembre 2001
a cura di Oliviero Ponte di Pino
in collaborazione con Anna Maria Monteverdi
 

EDITORIALE

Mi sembra che la situazione tenda al pessimo.
Anche perché all'offensiva delle "pantere grigie" (Albertazzi, Ardenzi, Zeffirelli, che possono proporre solo modelli datati e parziali, rispetto all'articolazione e alla ricchezza della nostra realtà teatrale) l'Ulivo (o chi per esso) non ha in pratica nulla da opporre-contrapporre (se non forse difendere ancora per qualche tempo, a mo' di feticcio, il Piccolo-Ronconi e poco altro).
Raccogliamo il frutto di anni e anni di cialtroneria della sinistra politica sul fronte della cultura teatrale (e della cultura in generale, fatte salve alcune iniziative di promozione personale dalla dubbia utilità), di un clamoroso vuoto mentale sul ruolo e sulla funzione di un moderno teatro pubblico, dei mancati (e criminali) ricambi generazionali negli stabili.
Una immagine mi ha colpito: l'ultimo congresso dei DS a Pesaro, sul palco campeggiava un tavolo ovale in cui i leader si parlavano tra loro, pronti a cogliere ogni trasalimento degli "avversari interni". Il pubblico dei delegati vedeva solo le nuche e le schiene dei capi, e magari riusciva a intravvedere qualche volto. La perfetta scenografia di un naufragio politico e culturale. Se fossero andati più spesso a teatro, è probabile che non gli sarebbe venuta un'idea scenografica così bischera!

E' vero, in Italia si fanno senz'altro dei buoni spettacoli (che poi spesso non girano), ma sul piano non dico della riforma, ma della semplice gestione del sistema teatrale c'è stato solo il deserto, dall'una e dall'altra parte. Il piccolo cabotaggio, i compromessi lottizzatori, le parrocchiette litigiose della sinistra oppure l'arraffa arraffa (con clamorosi conflitti d'interesse, ma l'esempio viene dall'alto) della destra, con le sue frustrazioni e la sua voglia di rivincita (e di occupare spazi) senza alcuna reale progettualità.
E' questa la prospettiva in cui si muoverà nel prossimo futuro il nostro teatro. Vale la pena di tenerne conto. Perché forse in una situazione come questa la tradizionale politica dei teatranti italiani (cercare di salvarsi singolarmente la pelle, a prezzo di compromessi più o meno alti, se non di vero e proprio trasformismo) non dà più molte garanzie.
 

INDICE

L'aria umile, raggiante
Anagrammi per Mariangela Gualtieri
di Stefano Bartezzaghi

La leggenda dei figli cannibali
per l'eliminazione dell'aggettivo "giovane" dal sistema teatrale italiano
di Teatro Aperto/ Federica Fracassi

London calling
di Francesca Lamioni

DUE CONCORSI
Per cause accidentali che è troppo lungo spiegare, mi ritrovo coinvolto in due simpatici concorsi.
Il primo, Subway letteratura. I juke-box letterari, lo organizza il Settore Giovani del Comune di Milano ed è riservato a scrittori under 35: dovranno scrivere un racconto breve, indicando titolo, genere ("thriller", "storia d'amore", "racconto per bambini", ma sono ammesse etichette più fantasiose) e numero di fermate di metropolitana presumibilmente necessarie a completare la lettura. Tra i racconti pervenuti, ne verranno scelti 12 che saranno diffusi gratuitamente in un congruo numero di copie (oltre 15.000 a libretto, totale oltre 200.000 copie)  nelle stazioni della Metropolitana Milanese attraverso una serie di Juke-box letterari (appena ho la foto la metto online). Il bando lo trovate sul sito del Comune di Milano Settore Giovani. Ah, dimenticavo, i vostri capolavori devono arrivare entro il 20 febbraio 2002.
Il secondo concorso è invece rivolto a drammaturghi grandi e piccini. Si chiama Vicini sconosciuti e lo organizzano a Graz, che nel 2003 sarà Capitale Europea della Cultura. La giuria, composta da Carlo Bruni, Onofrio Cutaia, Elio De Capitani, Cristina Ventrucci e da me sceglierà tre testi inediti e mai rappresentati; i tre testi verranno tradotti in tedesco e uno di essi verrà rappresentato a Graz in prima mondiale nel corso del 2003. Il bando ufficiale lo trovate in questo sito nel forum sulla drammaturgia italiana; i testi devono arrivare a Graz entro il 31 marzo 2002.
Insomma, diffondete, diffondete...
 

COMUNICAZIONI DI SERVIZIO

Lo trovate nelle librerie Feltrinelli l'ultimo cut-up - magazine dell'immaginario ricchissimo di info e news su fumetti, cinema, libri, e persino teatro!!! In particolare, si parla di Lepage, Fura dels Baus, Publix Theatre Caravan e del libro di amm sul miticissimo Frankenstein del Living Theatre (di prossima pubblicazione, ma ne riparleremo). Costa solo 7,74 euro, ben 72 pagine fitte fitte - & in omaggio "Maccaroni Circus" di Igort...

Imperdibili i due CD pubblicati da Garzanti Libri: Marco Paolini interpreta Marco Calzavara e Sandro Lombardi interpreta Pier Paolo Pasolini. Intanto potete ascoltare due brani in anteprima: Marco Paolini interpreta l'irresistibile Can, Sandro Lombardi la struggente Supplica a mia madre.
Per altre info, leggete l'intervista sul progetto di "Alice" a Oliviero Ponte di Pino, oppure visitate la pagina del sito Garzanti dedicate ai due cofanetti. A questo punto sapete già cosa dovete regalare per Natale ad amici, parenti, innamorati... Anzi, potete richiedere i due cofanetti subito subito da internetbookshop: Paolini-Calzavara (prezzo di copertina 27.000 lire) & Lombardi-Pasolini (prezzo di copertina 25.000 lire). Insomma visto il rapporto prezzo-qualità, farete un figurone!!!



 
Imperdibile: Chi non legge questo libro è un imbecille. I misteri della stupidità attraverso 565 citazioni, Garzanti, Milano, 1999.

Chi non legge questo libro è un imbecille


L'aria umile, raggiante
Anagrammi per Mariangela Gualtieri
di Stefano Bartezzaghi

Ha debuttato di recente ed è in tournée il nuovo spettacolo del Teatro della Valdoca, Predica ai pesci. Inutile ribadire la forza del pensiero poetico di Mariangela Gualtieri e la coerenza del percorrso teatrale di Cesare Ronconi e del suo gruppo. Insomma, se capita dalle vostre parti...
Come assaggio & omaggio, queste variazioni del maestro Stefano Bartezzaghi.

"le sillabe io le sento scoccare ballare rider piagnucolar ma sempre in grande bellezza di tutte le bellezze sonore"
("Equestre", Chioma)
Dovevo parlare di due lavori di Mariangela Gualtieri, Chioma e Parsifal.
Mi inoltravo in quei testi e l'uso tanto strenuo della parola mortificava la mia, teneva a distanza ogni mio tentativo di descrizione, qualificazione, commento. Gioco una carta: ritaglio brevi brani e li chiudo anagrammando il nome di Mariangela Gualtieri.
Rimescolare, giocare e assaporare, riconoscere dopo uno smarrimento: l'anagramma è questo, e questo è stata anche la mia lettura.
 

(da Chioma)

1.
"Infine sono apparse tre lingue, come tre spade di fuoco, tutte e tre ben calzanti con i colori dell'attrice, indispensabili per coprire l'intera sua gamma, indispensabili per dare atleticità ad una parola affermativa.
La prima lingua è solenne, la seconda equestre, la terza terrigna"

Mariangela Gualtieri = la magia era trilingue
 

2.
"… Io tutto ho provato ho fatto
sempre le lotte, tutte le lotte
armeggiate alte solenni e scomposte
lotte d'amore e guerreggiate mani
e carezzature che facevano ustione
e colorazione rossa dell'amore spettinato"

Mariangela Gualtieri = lei, l'anima agguerrita.
 

3.
"Angelo, lasciami essere scherzevole, ero molto nervosa, molto senza casa in tutta la terra sofferentissima d'arsura vera e interiore che senza le parole io sono un emigrante o cane spellato mendicante scontento di sua vita. Meglio la ferita, te lo dico ora, meglio la ferita di questo vuoto"

Mariangela Gualtieri = lingua ilare, emigrata
 

4.
"Che vogliamo dire e dire dello strambetto mondo? Non c'è organo di comprendimento del mondino nostro che non possiamo avere quella comprensione del sottosuolo del senso, del fondale dove poggiamo con queste nostre cose e montagne molto belle,…"

Mariangela Gualtieri = ami un'ilare gergalità
 

5.
"Non lo sopporto il rumore della storia!
E la geografia è piena di spari!"

Mariangela Gualtieri = guerra lima genialità
 

6.
"Ecco, ho visto tutti i miei cari temi assoluti venire a galla e pur restando ossessionanti e pulsanti, gettarsi a capofitto in un balletto sghembo, fra api e corolle, fra voli sbilenchi di gufi, quando fa notte, fra grilli che sentivo ridere forte"

Mariangela Gualtieri = grilli è natura è magia
 

7.
"Bisogna pure aver cura per il paesaggio bombardato delle menti e del mondo. …

Mariangela Gualtieri = alleggerirai umanità…

…Bisogna pur tentare una guarigione"

Mariangela Gualtieri = …a guarire le malignità.
 

8.
Questo nostro dialetto romagnolo è un gran ballerino della contentezza, una lingua così bella che si dovrebbe festeggiare.

Mariangela Gualtieri = la lingua è già ritmare
 
 

(da Parsifal)

1.
"Ma sù ma sù
angiulin, vieni addosso addosso
e canta, non parlare, non darmi
da mangiare che non ne voglio
assestami questa storta camera
questo indistinto vestito e riponi
la spada e cura le morsicature
e guarisci il piccolo me che
si lagna. …"

Mariangela Gualtieri = agile, guarirà lamenti
 

2.
"…in quello amore
grandissimo delle mancanti cose
uguale uguale. Uguale.

ancora via via gelo del cuor che mi
vinse lo gel che m'era attorno mi vinse al
cuor ristretto, lo gelo gel, lo gelo
…"

Mariangela Gualtieri = rari amanti eguali, gel
 

3.
"Io non so se l'amore sia una guerra o una
tregua, non so se l'abbandono d'amore
sia una legge che la vita cuce fino al
ricamo finale. …"

Mariangela Gualtieri = ami: lì la tregua regina

Mariangela Gualtieri = ami: lì la guerra ti nega
 

4.
"…io non so
e vorrei, vorrei, non so stare
fuori misura, fuori misura umana
fuori da questa taglia finita. …".

Mariangela Gualtieri = girerei l'umana taglia
 

5.
"Il mio Graal l'ho ritrovato e perso cento
volte".

Mariangela Gualtieri = graal, miei tenui graal

Mariangela Gualtieri = l'enigma, giara rituale
 

6.
"…non so se l'Attila del mondo ha
una forza che straborda le mie
dita pacifiche, non so se indurlo a
guerrigliare, non so se indurlo
se sedurlo se ridurlo a sagoma
di sogno, non so se alzare bandiera bianca…"

Mariangela Gualtieri = animate la guerriglia!
 

7.
"Io non so se la bellezza è questa accademia di
centimetri, se la bellezza, la bellezza è questa
carnevalesca decadenza di saltimbanchi
io non mi spiego la crocifissione
della grazia, e non mi spiego perché
mi trovo qui, in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perché stando ad occidente non si
ode quell'alleluia delle cose,
Io non so se in questa schiena
senza ali ci sono grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri".

Mariangela Gualtieri = aguglia a mali terreni
 

8.
"E alberi stanchi. E fatica di alberi
scarichi. E le tutte cose sento nello
scontento, come sforzo di crescita
nelle gabbie umane…"

Mariangela Gualtieri = e la natura mi è griglia
 

9.
"Nella desolata terra si venera merce
preziosa con rito mercantile solenne…"

Mariangela Gualtieri = liturgia manageriale
 

10.
"Il tempo ci inganna
e non sposta, non sposta.
Cadono le ore – ma non succede –
cadono ore di vari colori, si adombrano
…Operina del tempo
e dei suoi orologi di petto, tic tac penetrante".

Mariangela Gualtieri = minutaggi, ala irreale

Mariangela Gualtieri = eremitaggi, aria nulla
 

11.
"Oh! Bello! Bello! Resta caro, resta. C'è mia legatura con te
c'è dolore spaccato con me…"

Mariangela Gualtieri = l'agire in mia legatura
 

12.
"…e nel sonno
del sasso credo nel sasso e nel suo sonno
e nell'avvolto silenzio che lo tiene e
quel suo stare così perfetto come osso dentro
la terra…"

Mariangela Gualtieri = laggiù arate minerali

"…e credo che
loro animali, che sappiano
in modo come più strano
che sappiano il segreto e che
mai lo tradiscono…"

Mariangela Gualtieri = laggiù terra e animali
 

13
"- Qual è essa cosa che più ti avvicini
che più ti avvicini e più lei si allontana?
- che più mi avvicino e più lei si allontana?
- che più ti avvicini e più lei si allontana?
- …l'anima, è l'anima!
- mo' brèva!"

Mariangela Gualtieri = l'anima è laggiù, ritrae
 

14.
"Péiman déiman hàram
scìcunam déiscem vèram
hìn hìn gòsham clàram
…"

Mariangela Gualtieri = a lui leggerai i mantra
 

15.
"Sono in parte d'accordo con Beckett.
Noi abbiamo ancora memoria della bellezza, sappiamo bene cosa non è lo sfacelo, cosa non è desolato o desolante. Lo sfacelo vero, se mai ci sarà, non saprà di se stesso, non saprà più nulla del non-sfacelo. Per questo credo che il sentimento della "mancanza" sia il nostro ultimo baluardo di umanità…"

Mariangela Gualtieri = a lei, muraglia integra
 
 

Epilogo

Mariangela Gualtieri
anguilla era mai tigre
l'ingiuria gela armate

Mariangela Gualtieri
mirare l'ineguagliata,
la miniatura leggiera

Mariangela Gualtieri
l'aria umile, raggiante

Mariangela Gualtieri
giullarate, mia regina.

(settembre, novembre 2001)


La leggenda dei figli cannibali
per l'eliminazione dell'aggettivo "giovane" dal sistema teatrale italiano
di Teatro Aperto/ Federica Fracassi

Marzo 2001/ C.S.Leoncavallo
In una video intervista realizzata da Teatro Aperto, che raccoglieva testimonianze illustri sullo stato del teatro, Oliviero Ponte di Pino coniava la puntuale espressione "il paese dei bonsai".
La struttura conservatrice del teatro italiano non permette un reale rinnovamento e uno scambio generazionale. Artisti promettenti sono tenuti ai margini della scena culturale per decenni, costretti a lavorare in ghetti, nei piccoli teatri, con un piccolo pubblico o in grandi teatri a condizioni economiche e promozionali ridicole e quindi senza pubblico.
Spesso, dopo i primi anni di fervore, cadono nell'autoreferenzialità e bruciano le loro risorse artistiche e finanziarie. Questa marginalizzazione trasforma ben presto le piantine in bonsai. Anche le migliori intenzioni e i migliori talenti non possono migliorare se vengono loro precluse possibilità di confronto e di assunzione di responsabilità e di investimenti.
Un termine aleggia minaccioso sopra questo stato di cose: "GIOVANI".
I gruppi anche più agguerriti, anche quelli che più sperimentano, quelli che almeno da dieci anni stanno lavorando con serietà e hanno investito la loro vita in questo lavoro, scegliendolo, sono e saranno sempre giovani: adattissimi alle rassegne per giovani, vitali e scanzonati, ribelli e provocatori, perennemente giovani rispetto a qualcos'altro, giovani rispetto a fantomatici adulti che li accontentano ogni tanto per farli stare buoni, che li scoprono, che danno loro fantastiche opportunità e controllate visibilità… quando cresceranno prenderanno le redini della Nazione… ma appunto: le piante non cresceranno, resteranno bonsai. Continueranno a lavorare nei loro ghetti magari con meno fantasia e con proposte più scadenti e non più alla moda, oppure abbandoneranno il teatro e allora (beffa suprema!) sarà colpa loro, che non erano abbastanza temprati.
Al di là delle "ultime generazioni", "terza ondata" o come li si voglia chiamare (formate comunque da ultratrentenni), butto lì altri esempi…
La direzione della Schaubuehne di Berlino affidata a Ostermeier, Hillje e Walz che non avevano ancora trent'anni paragonate alle recenti illuminate direzioni artistiche di Corsetti alla Biennale di Venezia e di Martone al Teatro di Roma, che sono state accolte come sconvolgenti eccezioni: finalmente largo ai giovani!!!! Con tutto il rispetto per Martone e Corsetti entrambi hanno felicemente superato i 40. Ma in Italia si ragiona così e lo dimostrano le prossime venute: Albertazzi, Zeffirelli…

Domenica 16 dicembre/ La Repubblica
Ilvo Diamanti firma l'ennesima riflessione sulla vicenda di Novi Ligure. Analizzando le reazioni mediatiche al massacro familiare ad opera dei fidanzatini Erika e Omar, al di là delle conclusioni a cui perviene, Diamanti offre all'adulto italiano uno specchio in cui guardarsi. Cito:

Evitiamo i conflitti. Dettiamo poche regole e pochi divieti. Ma applichiamo altre forme di controllo. Più sottili e inclusive. Impedendo loro di crescere davvero. Allungando la loro dipendenza – economica, residenziale – da noi. "Ritardando" la loro maturazione. "Adolescenti adultizzati" che convivono con adulti pur sempre giovani. Specchio di una società disorientata. Visto che la società adulta proietta sui giovani le proprie speranze, ma anche le proprie delusioni e le proprie paure.
…Ma in questi mesi li abbiamo visti, molti di loro: marciare per la pace, protestare nelle città. Soprattutto gli studenti. Fanno e sono molte cose diverse. Non sono più invisibili come si diceva qualche anno fa. Ma scompaiono e riappaiono ai nostri occhi. Intermittenti. E sono articolati, frammentati, diversi. Distanti e contrastanti rispetto al modello proposto dai media… E' questa distanza rispetto all'immagine che se ne dà e che se ne ha; è questa difficoltà di afferrarli, di coglierne il segno e il senso; è questa nostra paura di perdere il controllo su di loro; e di perderli, tout-court, lasciandoci soli, nelle nostre case vuote; è questa povertà di parole, di idee comuni; questa incapacità di offrire modelli degni di essere inseguiti; di guadagnare la loro stima; di aprire conflitti da condividere. E' tutto questo che ci allerta quando esplodono tragedie come quelle di Novi. E ci induce a dire che i "figli nostri" sono in realtà "figli mostri".
 

Domenica 16 dicembre/Il Sole 24ore
Renato Palazzi in un botta e risposta con il CRT di Milano (rintracciabile nel forum "fare un teatro di guerra?"), discutibile quanto si vuole, ma che ha il pregio, nello stile di Palazzi di parlar chiaro, a un certo punto mi sconcerta con questa affermazione

La verità è che il Teatro dell'Arte, coi suoi spettacoli replicati due o tre sere, con le sue stagioni impostate su gruppi giovani o giovanissimi ancora in cerca di un compiuto equilibrio espressivo, sta diventando marginale nell'assetto culturale milanese.

Palazzi è un critico che io stimo molto, uno dei pochi potrei aggiungere che non si schierano per partito preso, ed è liberissimo di giudicare marginali delle proposte che altri critici o spettatori dimostrano invece di apprezzare. Ma perché, mi chiedo, anche lui cade in questa trappola del giovane, in quest'etichetta dei piccolini che ancora non si sono ben formati? Conosco la stagione del CRT. Conoscendola, so che i gruppi ospitati non sono sedicenni come Omar e Erika. Sono i trentenni, i quarantenni di cui parlavo sopra. E allora perché un centro di ricerca non dovrebbe scommettere sul lavoro di questi gruppi? Non è proprio il luogo deputato a farlo? Non è proprio il luogo deputato a rischiare? E perché eventualmente se questi lavori non piaceranno si invocherà in molti casi l'attenuante della giovane età, mantenedoci in un recinto di potere che noi stessi alimentiamo? Perché non si faranno critiche circostanziate, critiche tra adulti?

Caro Oliviero,
anche in riferimento al tuo dialogo con Luigi De Angelis della settimana scorsa, concludo dicendo che ho voluto segnalare questi frammenti di discorso, perché essi sono per me fin troppo collegati. Sono il sintomo di un tramonto e di una fiacchezza che si è insinuata nelle pieghe della cultura e della vita italiana. Il discorso di Diamanti, di per sé preoccupante in relazione alla nostra società invecchiata, diventa mostruoso se applicato al piccolo mondo teatrale dove i figli hanno 30/40 anni, con cugini di 50 anni e i padri sui 70. In quanto ai veri ventenni, dopo un improvviso interesse di qualche anno fa, sembrano scomparsi dall'interesse dei più.
Non mi chiamo fuori, non dico che noi "gruppi giovani" non abbiamo collaborato a questo stato di cose.
Nella lotta inizialmente lucida, spesso si perdono di vista gli obiettivi e pur di lavorare si accettano compromessi, si fanno errori e si alimenta inconsapevolmente questa macchina perversa. Ma le nostre responsabilità, se ci sono, sono onestamente le ultime di una lunghissima fila.
Concordo con te quando preferisci la scelta di fratelli e compagni di viaggio alla ricerca spasmodica e spesso frustrante dell'approvazione dei padri. Andrei oltre dicendo che bisogna fare un po' da soli, come, tra le altre, la storia di Teatro Aperto fin qui dimostra (mi permetto per una volta di parlarmi addosso). Per sfortuna o fortuna siamo sempre stati orfani e siamo ancora qui. I padri e i cugini d'altronde, nel teatro italiano così malato, hanno talmente faticato ad affermarsi, che non possono far altro che vivere i figli come cannibali pronti a mangiare i loro piccoli troni, i loro piccoli poteri. E al loro posto chiunque reagirebbe così.
Il mio non vuole essere un discorso giovanilista. Ci sono artisti che scelgono il teatro molto tardi e che hanno il diritto di avere uno spazio adeguato alla loro ricerca. E' contro l'incubazione incontrollata che mi ribello. L'incubatrice che se non rompiamo ci trasformerà in esserini gialli e ronfanti. Mi piacerebbe sentire il parere di altri miei colleghi, visto che le faccende quotidiane spesso ci tengono lontani. E ribadire, come monito, una frase di Diamanti a onorare la complessità e l'attenzione: "Non sono più invisibili come si diceva qualche anno fa. Ma scompaiono e riappaiono ai nostri occhi. Intermittenti. E sono articolati, frammentati, diversi".


London Calling
di Francesca Lamioni

PEOPLE SHOW STUDIOS

Pollard Row, Bethnal Green, London E2 6NB
+44 (0) 20 7729 1841 (tel.)
+44 (0) 20 7739 0203 (fax)
email: people@peopleshow.co.uk
Metropolitana: Bethnal Green (Central Line)
Bus: n. 8
Barriere architettoniche, cani guida benvenuti.
Parcheggio gratuito dalle 17.30 in poi
Per informazioni chiamare Heather allo 020 77291841

Situato nel cuore della comunita' arstistica dell' East End, Peopleshow.studios e' stata la dimora della compagnia PeopleShow dal 1983. Da quando lo studio e' stato inaugurato ha offerto residenza temporanea a molte altre compagnie teatrali dando opportunita' di generare prodotti artisitci, essendo una base ottima per il processo creativo. Infatti lo studio offre spazi luminosi, stanze ben conservate, riscaldamento e aria condizionata, facilitazioni per l'uso di musica e video, uffici, cucina, giardino, parcheggio e soprattutto un ambiente amichevole e caldo.

Lo spazio è suddiviso in tre vani:

The Main Hall
(38' lungh. x 27' largh x 13' altezza)
Ospita fino a 60 persone con possibilità di sistemazione flessibile dei posti a sedere in gradinate. Luci teatrali, pianoforte Yamaha, porte che danno sul giardino, larghe finestre, sipario su binari che ruota intorno al perimetro della stanza e permette totale oscurazione.
Impianto di ventilazione per purificare l'aria dopo l'uso.
Costo 550 sterline a settimana, con possibilità di accesso dalle 10 alle 22 da lunedì a venerdì e uso nel week end previ accordi con la reception. Accesso 7 giorni su 7, 24 ore su 24 per compagnie che affittino lo spazio per piu' di una settimana.

The White Room Studio
(21' lungh. X 25' largh. X 10 altezza)
Al primo piano. Luce naturale, pianoforte Yamaha. Poltroncine a muro, pavimento in cemento con possibilità di stendere tappeto in linoleum e materassini da yoga, lettore di CD e di cassette.
Finestre con veneziane per fare ombra.

The Long Room Studio
(26' lungh. X 16' largh. X 10 altezza)
Possibilita' di oscurazione, parete ovest della stanza predisposta per l'allestimento di pannelli fotografici. Pavimento in cemento con tappeto in linoleum e materassini da yoga, stereo portatile su richiesta.

Entrambe le stanze possono essere allestite con tavoli e sedie.

The White room: 275 sterline alla settimana e 50 al giorno
The Long Room Studio: 250 a settimana e 50 al giorno.
Dalle 10 alle 18 da lunedì a venerdì, accordi con la reception per week end. Affitto a ora per le compagnie che desiderino provare solo la sera.

La compagnia invita ad mandare manoscritti e sceneggiature inedite: rivolgersi a Denis (denis@peopleshow.co.uk)

In scena dal 27 novembre al 8 dicembre:

SECOND
A Performance Installation
People Show. 110

Ore 20.00; biglietti 10 £ (5 ridotti); lunedì 3 dic. paga quel che puoi

"…lo spettacolo e' un surreale, minuscolo, prezioso gioiello"
The Guardian ( People Show 107)

"Un incredibile, fastidioso, ammaliante capolavoro"
The Scotsman (People Show 107)

"Questa generazione di artisti e' riuscita ad essere originale senza montarsi la testa, a rimanere distaccata senza peccare di superficialita', a coinvolgersi emotivamente senza perdere la dignita'".
The Indipendent (People Show 108)

Interessante interpretazione e rappresentazione della vita a due.
Un uomo e una donna in un contenitore di tubi Innocenti, cornice ad un vano cucina; il televisore trasmette l'interno della stanza, uno schermo rientrabile cala ogni tanto sulla scena e proietta diapositive verso il pubblico, seduto ai due lati della scatola/ palcoscenico.
Uno sguardo "voyeuristico" sull'inferno della vita quotidiana: silenzi, insofferenze che esplodono in rapide zuffe sedate nel mutismo, improvvisi attacchi di risa e gioia isterica, barlumi di un'antica gioia soffocata ed esaurita, desideri di uno ricambiati da rifiuti dell'altra e consequenti sensi di colpa scaricati in aggressivita'.
Fattore di rottura: lo squillo del telefono, squarcio sul mondo "esterno", possibilita' di evasione non colta ma gestita con falsa allegria e con un patetico "va tutto bene".
Gag tracicomiche (bravissimi i due attori) mimate con sapiente padronanza della tecnica e trascinante partecipazione emotiva: la lite per il giornale, il lancio di cubetti di zucchero nel te' dell'altro, il gesto per prendere il pane interpretato come intenzione di uno schiaffo, la paura che l'altro si avvicini al coltello lasciato incustodito, il cambiare per dispetto la stazione radio, il sano pane integrale appena sfornato rifiutato per un sintetico e gommoso toast e un'infinita' di trovate per rendersi reciprocamente impossibile la vita dentro una casa/prigione.
Intelligente satira, amara ed ironica, sguardo fin troppo lucido e tagliente sull'ipocrisia delle relazioni e sul gap insanabile fra apparenza sociale e realta' del vissuto a due. Spietato atto di presa di coscienza per chi credesse ancora che chiudersi una porta alle spalle sia una possibile giusta via; risata fragorosa che riecheggia dalle viscere del palco e spazza via sogni preconfezionati e falsi sentimentalismi.
Sono uscita dal teatro "disturbata" (sono stata anch'io così?), "sollevata" (non l'ho accettato!), "incuriosita" (che cosa faro' quando mi ricapitera'…)
 

Il ritorno di NO MAN'S LAND
Pinter diretto da Pinter

Londra, National Theatre (Lyttelton Theatre), ore 20.00
Date:
29/11 – 8/12 2001
31/12 – 3/1 2002
7/1 – 10/1 2002
Fermata metropolitana: Embankment ( Circle & District Line)
prenotazione biglietti : 020 74523000
In tour:
19-23/2 2002 New Castle, Theatre Royal
26/2 – 2/3 2002 Oxford Playhouse
16-20/4 2002 Edimburgo
23-27/4 2002 Sheffield
Durata: due ore, inclusi 20 minuti di intervallo.

Regia: Harold Pinter
Cast:
Hirst (un uomo di 60 anni) Corin Redgrave
Spooner (un uomo di 60 anni) John Wood
Foster (un uomo di 30 anni) Danny Dyer
Briggs (un uomo di 40 anni) Andy de la Tour

Quest'opera di Pinter e' tra le meno rappresentate sulla scena londinese: forse per il confronto inevitabile con la regia di Peter Hall (1975) forse per la difficolta' intrinseca della piece.
Nella produzione del Almeida Theatre (1993), diretta da David Leveaux, Hirst era interpretato dallo stesso Pinter.

No Man's Land e' un testo assai ermetico e l'incipit stesso ci ricorda di rinunciare all'urgenza interpretativa:

"As it is?"
"As it is, absolutely as it is."
(Cosi' com'e'? - Cosi' com'e', assolutamente come e')

I temi principali dell'opera sono due:

Paure sopite in fiumi di alcol, il mobile bar infatti e' uno dei personaggi e lo scorrere del tempo, il susseguirsi degli eventi sono percepiti attraverso le sensazioni rarefatte e l'ottica sfuocata dell'ubriaco.
Hirst, lo scrittore, andando a passeggiare nel parco di Hampstead Heath, in una calda notte estiva, incontra il suo doppio Spooner," the fool", il cui ruolo e' dire la verita' e mettere a nudo le piu' recondite paure: e la paura di ogni scrittore e' quella di non saper scrivere o di non saper piu' che cosa scrivere, che in un certo senso significa essere giunti al punto di morire - insuperabile, inevitabile, comune terrore dell'umanita'.

"… al momento non sto scrivendo niente e non riesco a scrivere niente. Non so perche'. E' una sensazione terribile, lo so ma devo dire che piu' di ogni altra cosa desidero riuscire di nuovo a riempire una pagina vuota e a sentire che avviene quella cosa strana, quella nascita attraverso la punta delle dita. Quando non riusciamo a scrivere ci sentiamo come banditi da noi stessi."
(Pinter, 1970, in occasione della consegna del German Shakespeare Prize)

Attraverso i quattro personaggi Hirst rivive flash back della sua vita: gli amori perduti ( se mai esistiti), volti racchiusi in un album di fotografie; la gioventu' che se ne e' andata, i viaggi ormai lontani

"A young poet should travel. Travel and suffer. Join the navy, perhaps and see the sea. Voyage and explore."
(Un giovane poeta dovrebbe viaggiare. Viaggiare e soffrire. Arruolarsi in marina, forse e mirare il mare. Vagare ed esplorare.)

La solitudine del poeta nella sua scelta di insegnare attraverso l'arte la virtu'

" There are places in my heart… where no living soul… has… or can ever… trespass."
(Ci sono luoghi nel mio cuore… dove mai anima viva… ha potuto… o potra'… entrare)

La morte che si avvicina con gelidi e inesorabili passi

" No. You're in no man's land. Which never moves, which never changes, which never grows older but which remains forever, icy and silent. "
(No. Sei nella terra di nessuno. Che non si sposta di un millimetro, non e' soggetta a mutamenti, non invecchia ma rimane per sempre identica, gelida e silenziosa.)

Magistrali le interpretazioni di John Wood e Corin Redgrave di cui ricordo brevemente e sinteticamente i curriculum:

John Wood ha debuttato sulla scena inglese nel 1953 nell'Amleto di Richard Burton. Esordio seguito da molteplici interpretazioni teatrali, fra cui The Invention of Love, The Provok'd Wife, Richard III, Undisocovered Country per il National; ha ricevuto il premio dell'Evening Standard come migliore attore in King Lear e i premi Evening Standard e SWET and Tony come migliore attore in Travesties , ha interpretato Sherlock Holmes (personaggio principale), Titus Andronicus, Julius Caesar.
Vanta una massiccia partecipazione a programmi televisivi nazionali e interpretazioni cinematografiche (tra le principali Victoria and Albert, Chocolat, An ideal Husband, The Gambler, Richard III, Sabrina, Young Americans, Orlando, Jumping Jack Flash, Ladyhawke)

Corin Redgrave ha interpetato Oscar Wilde in De Profundis/In Extremis al National Theatre, Gaev in The Cherry Orchard, Marat in Marat/Sade e Boss Whalen in Not About Nightingales, Brutus in Julius Caesar, Angelo in Measure for Measure.
Ha lavorato come regista ed e' direttore artistico del Moving Theatre insieme a Vanessa Redgrave e Kika Markham; e' inoltre direttore artistico associato dell'Houston's Alley Theatre.
Le sue apparizioni televisive includono Antony and Cleopatra, Measure for measure, Henry IV, Omnibus.
La sua carriera cinematografica conta film fra cui A man for all seasons, David Copperfield, Oh what a lovely war, The Red Baron, Excalibur, The Fool, In the name of the Father, Four weddings and a Funeral, The Opium wars, The man who drove with Mandela.
E' autore di Michael Redgrave – My Father.
 


Appuntamento al prossimo numero.
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