(76) 14/11/04
I postumi delle Buone Pratiche

I postumi delle Buone Pratiche
L'editoriale di ateatro 76
di Redazione ateatro

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and1
 
Una cronaca della Buone Pratiche
La giornata del 6 novembre
di Anna Chiara Altieri

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and2
 
Le Buone Pratiche hanno davvero fatto BUM ma noi abbiamo fatto CRAC
Alcune notizie sullì'incontro del 6 novembre a Milano
di Franco D’Ippolito, Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and5
 
La lettera aperta al dottor Nastasi
Presentata al convegno sulle Buone Pratiche il 6 novembre
di Franco D'Ippolito, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino
Franco Quadri
Michele Trimarchi

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and6
 
La lettera di Paolo Aniello (Tedarco) al Direttore generale dello Spettacolo Nastasi
In risposta al comunicato ANSA dell'8 novembre scorso
di Paolo Aniello
Presidente Tedarco

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and7
 
Le esigenze del teatro e le funzioni dell'ETI
L’intervento del 6 novembre
di Marco Giorgetti, direttore generale dell'ETI

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and10
 
Il teatro, la legge e il territorio: a che punto è il rapporto Stato-Regioni?
L’intervento del 6 novembre
di Patrizia Ghedini (Regione Emilia-Romagna)

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and11
 
Per una analisi economica delle Buone Pratiche
L’intervento del 6 novembre
di Serena Deganutto

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and12
 
Le dimissioni di Carriglio e il futuro degli Stabili
I postumi del dossier di "Hystrio"
di Mimma Gallina

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and15
 
Pettegolezzeria. Albertazzi tiene in caldo la poltrona del Teatro di Roma fino al 2006: ma per chi?
Il toto-successione, con qualche candidato
di Perfida de Perfidis

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and20
 
Il Decameron di Porciano: le cento novelle del Boccaccio in dieci notti
Farneto Teatro
di Maurizio Schmidt e Elisabetta Vergani

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and50
 
Albertazzi resta direttore del Teatro di Roma
E nel 2005 si occuperà del Festival dei Teatri d'Europa
di Ufficio stampa Teatro di Roma

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and80
 
La Tagli: la lettera aperta della Tedarco al Ministro Urbani
Sulle difficoltà per la produzione di innovazione
di Tedarco

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and81
 
Una nuova zona d’azione
triangolo scaleno teatro
di Roberta Nicolai

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and82
 
Un campo di allenamento per piccoli gruppi di spettatori
Microcosmo. Esercizi sull’Orlando Furioso (Teatro Ippocampo)
di Rossella Viti, Roberto Giannini

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and83
 
Buone e cattive pratiche
Un mail dalla Grecia
di Giancarlo Nanni

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and84
 
Una scuola di formazione nei mestieri dello spettacolo
Benevento, ottobre 2004-febbraio 2005
di Progetto TECHNE’

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and85
 
Fuori dalle istituzioni, fuori dall'Italia, fuori dai teatri
Il metodo Xing
di Silvia Fanti

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and86
 
K4: nuove frontiere, formazione e scambio culturale
Una kermesse di eventi pensati e proposti in 4 città della Lombardia: Milano/Brescia/Cremona/Pavia
di Xpò/Lis e TeatroInverso

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and87
 
Il festicista alle Buone Pratiche: una ottima pratica
Una replica gratuita la sera del 6 novembre
di Redazione ateatro

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and90
 
Riapre a Milano il Teatro i
Sarà la nuove sede di Teatro Aperto
di Ufficio Stampa Teatro i

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and91
 
Nasce ARTIndipendenti
Una rete teatrale tra Calabria e Sicilia
di ARTIndipendenti

http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro76.htm#76and92
 

 

I postumi delle Buone Pratiche
L'editoriale di ateatro 76
di Redazione ateatro

 

Non puoi farne a meno: se frequenti questo sito, è tuo dovere acquistare questo volume che al prezzo di soli 15 euro per oltre 320 pagine ti offre una selezione dei testi più geniali apparsi su ateatro nei suoi primi tre anni di vita, in un percorso acutamente ragionato. Così potrai dirce se è meglio leggerci online o in un bel libro. Ma come faccio a comprarlo?, ci chiedi. Nulla di più facile. Se vai sul sito del principecostante lo puoi ordinare online o - se non ti fidi - trovi l'elenco delle librerie che lo vendono. Che aspetti? E' già un cult!
Sì, è stato un successo. Siamo gloriosamente sopravvissuti alle Buone Pratiche. Una partecipazione di massa (oltre 500 persone), rappresentanti di stabili e compagnie, enti locali e istituzioni, studenti e professori.
Al tramonto, eravamo tutti più ricchi dentro e qualcuno con le tasche più vuote: le compagnie e i teatri tagliati dal Ministero, ma anche gli improvvidi organizzatori delle Buone Pratiche.
Se volete saperne di più sulla gloriosa giornata del 6 novembre e sui suoi esiti, abbiamo prodotto a tambur battente questo ateatro 76, ricchissimo di info e dati, con la cronaca della giornata e le trascrizioni degli interventi di Giorgetti (ETI), Ghedini (le leggi), Deganutto (l’economia delle BP).
Per quanto riguarda le scandalose decisioni ministeriali, trovate notizie e appelli sia in ateatro 76 sia nel forum: le lettere della Tedarco, il documento dei gruppi tagliati, l’appello redatto da D’Ippolito, Gallina e Ponte di Pino, Quadri e Trimarchi. Ma stiamo sempre raccogliendo notizie e pareri, anche perché le notizie che filtrano da Agis e Ministero hanno un’altra caratteristica: l’incompletezza, la vaghezza, la mancanza di trasparenza.
Che fare, adesso? Il dibattito è aperto e servono IDEE. Perché è in gioco il futuro di tutti noi, l’ecologia di quello che resta dell’ambiente teatrale italiano – ammesso che non sia irrimediabilmente inquinato.
Se volete capire perché i tre ingenui organizzatori sono andati in malora, vi raccontiamo anche questo. Se vi sentite giustamente in dovere di soccorrerli (magari acquistando copia superdedicata e numerata di Il meglio di ateatro 2001-2003 – imperdibile!!!! – a 50 euro), ecco i dati bancari della Cooperativa Danny Rose, che cerca di tappare il buco:

Danny Rose S.C.
UniCredit Banca
N.Conto 40196601
ABI 02008
CAB 01741
CIN F

Nella Banca delle Idee trovate anche altre Buone Pratiche, ma potete (dovete) anche dire la vostra. Sono davvero tutte Buone Pratiche? E dunque lo rifareste anche a casa vostra? Magari si può anche migliorare qualcosa, qua e là, nessuno è perfetto... Oppure i relatori non ce l’hanno contata giusta e usano le loro BP per qualche inciucio? Se c’è il trucco, dov’è?
Insomma, molti di voi chi hanno chiesto – e ci chiedono – che sarà delle Buone Pratiche. Sono lì, in giro, nel teatro italiano; e sono qui, nel sito. Vediamo se c’è un rapporto tra come si predica e come si razzola, vediamo se ne arrivano altre...

Insomma, quello che vorremmo fare – anche perché siamo in un sito web – è seguire il metodo dell’open source. Nei nostri computer girano programmi costruiti in due modi molto differenti. Da un lato ci sono quelli – come il sistema operativo Windows – progettati da team di decine di programmatori e ingegneri stipendiati da grande aziende, che poi li vendono (a caro prezzo) ai consumatori, dopo aver criptato il codice sorgente: noi usiamo questi programmi, ma non possiamo leggere le istruzioni e sapere come funzionano. Poi ci sono i programmi open source, dove il codice sorgente – le istruzioni che esegue il nostro computer – è pubblico. Tutti possono leggerlo e tutti possono miglioralo, suggerendo soluzioni alternative, aggiungendo nuove funzioni e così via. Linux, uno dei sistemi operativi più utilizzati nel mondo, è il frutto del lavoro e della collaborazione gratuita di decine e decine di programmatori, che hanno contribuito e stanno contribuendo al suo miglioramento.
Ecco, le Buone Pratiche vuole essere un sistema open source per migliorare il teatro italiano.
Naturalmente a partire dal glorioso incontro del 6 novembre. Uno dei messaggi più signficativi che quella giornata ha lanciato al teatro italiano nel suo complesso e alle istituzioni è che non è più possibile - e non lo sarà nei nuovi progetti di legge nazionali o regionali - gestire il teatro secondo i pochi modelli che si sono affermati in passato e che sono stati cristallizzati attraverso circolari, regolamenti e convenzioni a cominciare dagli anni Settanta. Le tradizionali classificazioni e divisioni burocratiche del nostro teatro non sono più funzionali e non corrispondono più alla realtà. Dunque qualunque riforma - o normativa - dovrà partire dal basso e valorizzare la capacità di inventare nuovi modelli, aperti al cambiamento.
Le Buone Pratiche - più o meno significative, azzeccate, efficaci - che sono state presentate il 6 novembre rappresentano solo la punta di un iceberg, la fotografia di una fase di transizione: è dunque possibile cogliere gli spunti positivi di questo scenario, ma anche neutralizzare e annullare queste invenzioni creative riconducendole a modelli a loro estranei.

Nel frattempo la redazione di ateatro tiene a precisare che non siamo mica diventati buoni, anzi. Del resto, se si parla di Buone Pratiche, è perché in giro ci sono troppe Cattive Pratiche e ogni tanto ci sembra opportuno mettere il ditino sulla piaga. E anzi, se vedete qualche piaga, e se avete un ditino che vi cresce...

Dal prossimo numero ricominceremo a parlare di spettacoli.
Ma intanto correte a comprare Il meglio di ateatro 2001-2003: lo potete ordinare online al principecostante (e sul loro sito, se volete, c'è l'elenco delle librerie che lo vendono).


 


 

Una cronaca della Buone Pratiche
La giornata del 6 novembre
di Anna Chiara Altieri

 

La giornata del 6 novembre è stata affollata e intensa. Gli interventi si sono succeduti (salvo qualche defezione dell’ultimo minuto) secondo il programma. Per le relazioni sulle Buone Pratiche presentate nel corso del covegno, rimandiamo dunque alla Banca delle Idee per un nuovo teatro, dove sono pubblicati i testi delle relazioni.
Abbiamo anche inserito in questo ateatro 76 anche alcuni degli interventi del dibattito conclusivo, in particolare sono già online quelli del dottor Marco Giorgetti, direttore generale dell’ETI, e della dottoressa Serena Deganutto, che si è fatta portavoce delle considerazioni del gruppo di lavoro coordinato dal professor Michele Trimarchi.

1. LE BUONE PRATICHE DELLA PRODUZIONE
Gli interventi si sono susseguiti a ritmo serrato come da scaletta. Solo 2 domande sono state sollevate alla fine: una rivolta a Fanny & Alexander, cui è stato chiesto di precisare il senso di una poetica comune all’interno delle diverse esperienze creative del gruppo, che di fatto – ha precisato Marco Cavalcoli – sono accomunate non tanto da una linea comune quanto da un confronto e un dialogo serrato e continuo; un’altra rivolta a Paolo Zanchin dell’U.R.T., cui è stato chiesto se a fronte del sostegno produttivo offerto dal Teatro Stabile di Genova vi fossero state richieste o obblighi nei confronti della compagnia, domanda a cui è stato risposto negativamente.

2. LE BUONE PRATICHE DELLA DISTRIBUZIONE, DELLA GESTIONE E DELLA PROMOZIONE
Questa sezione (in cui è mancato solo, per improvvisi impegni, l’intervento di Federico Toni) è stata tra le più seguite, e si è chiusa con un paio di domande: la prima ad Adriano Gallina del Teatro Verdi, cui sia chiedeva ragione del mancato rinnovo della collaborazione con il Crt di Milano (peraltro assente all’incontro), imputato dallo stesso Gallina alla mancata condivisione di una reciproca ed effettiva condivisione di intenti e di progetti. Sempre a Gallina è stato chiesto se lo strutturarsi in "reti" sia una reale opportunità di crescita o non comporti piuttosto il rischio di ridursi a puro meccanismo di scambio: secondo Gallina la rete può rivelarsi una concreta ed efficace occasione di crescita solo se sostenuta da alcuni presupposti fondamentali, ovvero la condivisione degli obiettivi e la pari dignità di tutti i soggetti coinvolti.
Un’altra domanda è stata posta da Valeria Orani a Pierluca Donin di Arteven, chiedendo un parere sull’ipotesi eventuale di destinare una quota fissa dei contributi del circuito alle realtà più svantaggiate: la risposta è stata un deciso no, imputabile alla totale assenza di criteri qualitativi in una simile eventualità.

I CONTRIBUTI MINISTERIALI
Prima di proseguire con la terza sezione è stato dedicato qualche minuto alla preoccupante situazione delle assegnazioni di contributi decise dalla commissione ministeriale prosa. E’ stata letta pubblicamente la lettera-appello redatta e sottoscritta in prima battuta da Oliviero Ponte di Pino, Mimma Gallina, Franco D’Ippolito, Franco Quadri e Michele Trimarchi indirizzata al Direttore generale dottor Salvo Nastasi. Nella lettera, vista l’inopportunità di operare drastici ridimensionamenti dei contributi proprio a fine anno, si chiede di riesaminare i casi di tagli che superino il 50%.
La lettera è stata poi proposta alla sottoscrizione di tutti i partecipanti.
Sempre in questa occasione un rappresentante dei gruppi che hanno visto azzerati i propri contributi ha letto un’analoga lettera di protesta e di appello contro questi ultimi provvedimenti, frutto dell'assemblea del 3 novembre a Roma.

E’ poi intervenuto anche il direttore dell’ETI, dott. Giorgetti, il quale ha portato il suo saluto a tutti i presenti, prendendo atto delle difficoltà e delle emergenze descritte e delle richieste avanzate nel corso della giornata dai rappresentanti del settore teatrale. Ha promesso, da questo momento in avanti, il massimo impegno dell’Eti nell’intervenire, rispetto alle richieste, proprio rispondendo agli obiettivi costitutivi della missione stessa dell’ente.

Marco Giorgetti, Le esigenze del teatro e le funzioni dell'ETI (L’intervento del 6 novembre).

3. LE BUONE PRATICHE PER L’AUTOFINANZIAMENTO
Alla scaletta della terza parte si è aggiunto in coda l’intervento di Maurizio Schmidt che ha raccontato l’esperienza di una produzione sul Decamerone realizzata a Corciano (in Umbria) con Farneto Teatro: la produzione, ripetuta in una doppia edizione, consisteva in una serie di variazioni sulle novelle boccaccesche svoltesi nell’arco di 10 giorni, rivelandosi perciò di discreto impegno economico, creativo, organizzativo. L’iniziativa si è però potuto realizzare grazie al finanziamento della Pro Loco locale, poiché era inserita all’interno della tradizionale festa medievale del paese.
E’ saltato invece l’intervento sul Teatro Miela, il cui caso è stato però riassunto da Mimma Gallina.

4. LE BUONE PRATICHE DELLE RETI E DEI SERVIZI COMUNI
Anche la quarta sezione (introdotta e moderata dai ragazzi della cooperativa Denny Rose, neonata struttura sorta all’interno della Paolo Grassi) ha seguito l’ordine stabilito in scaletta; per Iris è intervenuto Pietro Valenti di Emilia Romagna Teatro, annunciando che nel prossimo incontro dell’associazione verranno stabilite le linee guida dell’azione comune.

5. LE BUONE PRATICHE DI NONSOLOTEATRO
Per la sua stessa natura interdisciplinare e aperta, l’ultima sezione è stata inevitabilmente la più aperta e frammentaria, ma sono emersi spunti interessanti sul rapporto tra teatro e nuovi media: per esempio quando a Marcella Nonni, che illustrava i progetti di produzione cinematografica di Lus, Oliviero Ponte di Pino si è chiesto se non fosse più opportuno misurarsi con il linguaggio della televisione. Una appassionata sollecitazione a una costruttiva collaborazione tra critici e operatori è venuta da Valeria Ottolenghi.

DIBATTITO CONCLUSIVO
Il dibattito conclusivo, inevitabilmente meno affollato alla fine di una intensa e faticosa giornata, si è aperto con alcuni interventi istituzionali, quelli della dottoressa Ghedini, funzionario della Regione Emilia Romagna e rappresentante del coordinamento delle Regioni, di Lori Dall’Ombra del Comune di Milano e di Paolo Aniello, Tedarco-Agis.
La dottoressa Ghedini - che ha parlato su sollecitazione degli organizzatori dell'incontro - ha riassunto in maniera efficace l’attuale situazione della recente riforma costituzionale che ha aperto le porte al passaggio di alcune competenze dallo Stato alle Regioni. Una certa vaghezza ha generato un contenzioso interpretativo sull’attribuzione delle competenze in materia di spettacolo, che parrebbero dover essere oggetto di legislazione concorrente di Stato e Regioni: sulla base di questo, la Regione Toscana ha esposto un ricorso per contestare la legittimità dell’emanazione di regolamenti ministeriali. La questione è tuttora aperta e sarà oggetto di dibattito a partire da diverse proposte di legge, quella delle Regioni, della Commissione Cultura e quella del Ministro Urbani.
La dottoressa Ghedini ha voluto sottolineare, come presupposto fondamentale affinché qualsivoglia proposta su questa maniera sia fondata, la necessità indispensabile di creare o potenziare laddove già esistono gli osservatori e i sistemi osservativi che possano monitorare localmente, territorio per territorio, le realtà che vi operano, in modo da conoscere davvero i diversi volti dei soggetti operanti (compagnie, teatri, associazioni, reti, circuiti eccetera) ed essere pronti a recepire problemi, richieste, proposte che dal sistema stesso provengono.

Patrizia Ghedini, Il teatro, la legge e il territorio: a che punto è il rapporto Stato-Regioni? (L’intervento del 6 novembre).

Lori Dall’Ombra ha illustrato il caso del Comune di Milano un esempio di "buona pratica" di un ente pubblico: negli anni infatti è stato costruito un "sistema-teatro" coinvolgendo diversi teatri milanesi, regolato dal principio della commisurazione dei finanziamenti rispetto al raggiungimento di determinati obiettivi.
La buona pratica, al di là della specificità del caso milanese, consiste in primo luogo nella capacità di un ente pubblico di "fare sistema" con il proprio territorio, attraverso un solido rapporto di dialogo, confronto, sostegno, etc. (siamo in attesa del testo dell'intervento di Lori Dall'Ombra, che pubblicheremo al più presto su ateatro).

Anche Paolo Aniello, presidente di Tedarco, è intervenuto dichiarando, data la gravità dell’attuale situazione, l’intenzione di indirizzare attraverso l’Agis una lettera aperta a Urbani ma anche a tutti i parlamentari della Camera, a tutte le Regioni e agli organi di stampa. La volontà è quella di tentare un intervento radicale bloccando l’attuazione del decreto sui contributi prima della firma del verbale da parte del Ministro. Aniello ha anche sottolineato come proprio il canale degli organi di stampa sia la via più difficile da percorrere, per la sordità che viene dimostrata rispetto ai problemi di questo settore. Aniello ha anche accennato alla possibilità che in caso di risposta negativa del Ministero la Tedarco possa abbandonare l’Agis, ormai eccessivamente condizionata da logiche corporative.

Il contributo del gruppo di lavoro coordinato dal professor Michele Trimarchi è stato esposto dalla dottoressa Serena Deganutto, che ha proposto una lettura in chiave economica dei progetti. Data la specificità del settore teatro, definibile come comparto produttivo flessibile, sembra poco praticabile, o quantomeno molto poco efficace, la strada dell’automatismo assistenziale: il sostegno al teatro dovrebbe invece tener conto della capacità propulsiva del settore stesso, che spesso genera da sé alternative, proposte, soluzioni. Per questo, ancora una volta, emerge l’importanza degli osservatori territoriali (su base regionale) per poter monitorare le realtà esistenti e definire le politiche di finanziamento.

Serena Deganutto Una analisi economica delle Buone Pratiche (L’intervento del 6 novembre).

Ci sono stati infine altri interventi piuttosto brevi, testimonianze di gente di teatro (tra cui quelli di Claudio Ascoli, Attilio Caffarena, Bruna Gambarella), che hanno proposto brevi spaccati su realtà diverse (Genova, Napoli, Bologna) o commenti su quanto ascoltato nel corso della giornata. La dottoressa De Donatis, docente dell'Università di Lecce, ha esposto ula buona pratica del corso di Storia del Teatro con dei laboratori realizzati anche con disabili, e del progetto di turismo integrato, sempre per disabili, che prevede per chi partecipa ai laboratori teatrali ospitalità in una struttura (Itaca) che organizza anche percorsi turistici.

A conclusione della giornata, Oliviero Ponte di Pino ha ribadito che l’incontro è stato solo un momento di confronto all’interno di un percorso più articolato. La Banca delle Idee potrà arricchirsi infatti di nuovi progetti, e quelli già presentati potranno essere oggetto di discussione e approfondimento.


 


 

Le Buone Pratiche hanno davvero fatto BUM ma noi abbiamo fatto CRAC
Alcune notizie sullì'incontro del 6 novembre a Milano
di Franco D’Ippolito, Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino

 

L'avevamo previsto: abbiamo fatto BUM. L'incontro sulle «Buone Pratiche. Una Banca delle Idee per un nuovo teatro» ha ottenuto un successo clamoroso. Sono stati oltre 400 (quattrocento) i partecipanti registrati, più un altro centinaio di «clandestini», tra cui numerosi direttori e rappresentanti di vari teatri stabili, decine di compagnie, teatri, circuiti e gruppi, e ancora numerosi giornalisti, critici, studiosi, docenti universitari, funzionari pubblici, organizzatori, e naturalmente attori, registi, scenografi, musicisti, autori e drammaturghi: tutti colori per i quali si organizza tutto questo. E poi numerosi allievi della Scuola e studenti di varie facoltà: una presenza che per noi è molto importante, e che ci dà la speranza che il nostro lavoro possa davvero servire a qualcosa (magari a farci mettere da parte come ferrivecchi, come dicono i giovani leoni della cooperativa Danny Rose, che ha seguito gli aspetti organizzativi della kermesse).



Se non ci credete guardate qua, il Teatro della Scuola Paolo Grassi superaffollato!!! (e se volete vi diciamo chi NON c'era...)

Nei prossimi giorni metteremo online altre info sulle otto intense ore di convegno. Per cominciare segnaliamo che sono intervenuti – oltre ai portatori di Buone Pratiche – il direttore generale dell'ETI Marco Giorgetti, la dottoressa Patrizia Ghedini del Servizio Cultura, Sport e Tempo Libero della Regione Emilia-Romagna, Paolo Aniello della Tedarco, Lori Dall'Ombra dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, e – in rappresentanza del professor Michele Trimarchi – la dottoressa Serena Deganutti.
E' già online anche la lettera aperta che abbiamo inviato al Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo, dottor Salvo Nastasi, affinché mediti sulle recenti proposte (e scandalose) della Commissione consultiva per la prosa. Primi firmatari sono Franco D’Ippolito, Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, Franco Quadri e Michele Trimarchi; ma a loro, già nel pomeriggio di venerdì, si è aggiunto un altro centinaio di firme. Abbiamo già ricevuto i messaggi di molti altri aspiranti firmatari: il forum Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni sarà a disposizione per raccogliere ulteriori adesioni.
Ripetiamo inoltre per l’ennesima volta che la Banca delle Idee resta un progetto aperto (continuiamo a raccogliere sedicenti Buone Pratiche) e che il forum NTVI resta sempre disponibile a ospitare i vostri pensieri, suggerimenti, pettegolezzi, critiche, divagazioni (e magari a sbugiardare qualche Cattiva Pratica che si è travestita da Buona Pratica: non basta venircelo a dire sottovoce nei corridoi con aria a metà tra lo scandalizzato e il cospiratorio: mandate dati e date, e noi verificheremo & diffonderemo...)
Se nel corso della giornata (quasi) tutto è andato bene, la generosità e la fiducia degli organizzatori non è stata ripagata dalla folla accorsa per l’occasione (e per il banchetto). I tre (dis)organizzatori hanno ideato il tutto, lavorato gratis per mesi, prodotto pensiero (almeno ci hanno provato), e per questo non pensavano certo di chiedere un compenso. Grazie alla generosità della Scuola d’Arte Drammatica, abbiamo potuto utilizzare gratuitamente il teatro, l’atrio, una serie di sale, il materiale tecnico e un preziosissimo aiuto tecnico-organizzativo (a proposito, grazie a tutto lo staff della Scuola per l'impegno e la generosità!!!!). Mimma Gallina è riuscita a far lavorare gratis i ragazzi della Danny Rose, di cui avete apprezzato cortesia ed efficienza. Poi abbiamo prodotto e distribuito pacchi di fotocopie, rifocillato centinaia di persone (senza un addetto alla moltiplicazione dei pani & dei pesci, purtroppo, ma con un apposito servizio di catering), pagato le pulizie della scuola. Nel corso della giornata con accenti sempre più drammatici abbiamo chiesto più volte ai partecipanti, nel corso del convegno, di sostenerci con un minimo rimborso spese, 15 euro. Non era necessario che tutti pagassero tutta la cifra richiesta, ma insomma...
INVECE SIAMO SOTTO DI OLTRE 1000 EURO
(sborsati di tasca nostra). Insomma, si deduce che nella media il teatro italiano non è solo povero: è anche assai poco generoso e tendenzialmente scroccone...



L'apertura dei lavori: da sinistra Massimo Navone, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino, Franco D'Ippolito: i primi tre sono avviati alla bancarotta...

Per cercare di ripianare il buco, & molto a malincuore, abbiamo deciso di METTERE ALL’ASTA il ricordo per noi più caro di questa memorabile giornata: IL PEPERONE DI ATEATRO (grazie a Elisa per il suggerimento).



Il peperone: malvagi, gli avete spezzato il cuore!

Le offerte per l'asta si raccolgono sul forum Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni. Mettiamo pure in vendita a 50 euro venti copie firmate dai curatori e numerate di il meglio di ateatro 2001-2003, un volume prezioso che sarà in vanto delle vostre biblioteche.


 


 

La lettera aperta al dottor Nastasi
Presentata al convegno sulle Buone Pratiche il 6 novembre
di Franco D'Ippolito, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino
Franco Quadri
Michele Trimarchi

 

Egregio dottor
Salvo Nastasi
Direttore Generale dello Spettacolo dal vivo
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
Via della Ferratella 51
00100 ROMA

Milano, 6 novembre 2004

Egregio dottor Nastasi,

le informazioni anticipate alle singole compagnie e alle associazioni di categoria relativamente ai contributi assegnati all'attività di prosa per l¹anno 2004 dalla Commissione Consultiva competente hanno rivelato scelte preoccupanti.

Ci riferiamo in particolare all¹azzeramento dei contributi alle compagnie e in generale ai pesanti tagli operati nell'ambito della cosiddetta area dell'innovazione, che ci pare ammontino a circa 350.000 euro, e al ridimensionamento di diverse compagnie piccole e giovani, a fronte di incrementi consistenti ad altre realtà.

Considerata l'attuale situazione del sistema teatrale italiano, l'inadeguatezza e precarietà del FUS, nonché la transizione legislativa in atto, si porrà senz'altro la necessità di scelte strategiche, sia per quanto riguarda la distribuzione dei contributi, sia per quanto riguarda una attenta revisione dei criteri e dei parametri con i quali vengono assegnati.

Tuttavia, proprio perché si tratta di una esigenza generale, scelte così importanti non possono essere operate senza riferimento a un disegno complessivo. Contiamo sulla Sua sensibilità e reale volontà di riformare il settore, favorendone l'organico sviluppo e il rinnovamento dei linguaggi e del pubblico. Le proposte della Commissione lasciano perplessi anche per le modalità di applicazione dei criteri della normativa ministeriale, modalità che non possono essere condivise sia sul piano formale sia su quello sostanziale. Riteniamo comunque che decisioni di questo tenore, comunicate a questo punto dell¹anno, creino danni irrimediabili alle compagnie, portandole quasi inevitabilmente alla bancarotta.

La invitiamo quindi vivamente a riesaminare queste assegnazioni, come è nelle Sue facoltà.

Per quanto riguarda i gruppi ai quali sono stati azzerati i contributi (naturalmente se l'attività preannunciata sia stata regolarmente svolta), Le chiediamo di ripristinare assegnazioni in linea con la loro storia.

Le chiediamo inoltre di riesaminare i casi nei quali la Commissione ha operato tagli drastici (in alcuni casi pari al 50% del contributo dell¹anno precedente) e ripristinarli nel caso l'attività sia stata svolta.

Questa nostra missiva si aggiunge certamente ad altre richieste analoghe. Siamo certi che lo stesso Ministro Urbani comprenderà le gravi difficoltà e le esigenze delle realtà sopra citate e vorrà avvallare questa revisione, sensibilizzato da Lei in merito.

Con i nostri più cordiali saluti e i migliori auguri di buon lavoro


Franco D'Ippolito, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino
Franco Quadri
Michele Trimarchi




Questa lettera è stata presentata in occasione dell'incontro "Le Buone Pratiche. Una Banca delle Idee per un nuovo teatro" che si è tenuto a Milano il 6 novembre 2004 ed è sottoscritta da un centinaio di partecipanti (riportiamo qui sotto l'elenco dei primi firmatari).

Nel frattempo si raccolgono altre adesioni sul forum Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni: andate sulla lettera al dottor Nastasi, cliccate su "Rispondi a questo messaggio" e postate la vostra adesione.

ALTIERI ANNA CHIARA
ANDRIANI GIORGIO
ANGELI FRANCESCA
ANTINORI SONIA
ASCOLI CLAUDIO
BALZOLA ANDREA
BARTOLINI TAMARA
BERTOLINO VALENTINA
BETTUCCI SONIA
BIONDI FABIO
BLASI DANILA
BOTTIROLI SILVIA
BRUSCHI FABIO
CALO STEFANIA
CASELLATO ELISA
CASTELLANETA VALERIA
CATALDO CASSANO
CAVALCOLI MARCO
CIPICIANI STEFANO
CLEMENTINI ALESSANDRA
COMANA FABIO
COSCI ELISABETTA
COSTA VALENTINA
D'AGOSTINO FRANCESCO
DENTAMARO NICOLA
DI MATTEO PIERSANDRA
DI PIETRO LINDA
DI STASIO ARMANDO
DI STEFANO ELENA
DI STEFANO MARCO
FABIANI FEDERICA
FARINA FILIPPO
FERREIRA MANUEL
FRACASSI FEDERICA
FUMAROLA ANGELA
GABALLO GIUSEPPE
GALIMBERTI ARONNE
GENNUSO SALVO
GHEDINI ORSOLA PATRIZIA
GHIOZZI MELANIE
GIANLUCA MISITI
GRAZIANO FRANCA
GURI ANNA
LAMBERTI ELENA
LANDONI DAVIDE
LIGORIO DOMENICA
LO CASCIO CHIARA
MAFFEI GIOVANNA
MANSI ROBERTO
MARCHIORI FERNANDO
MARONI LUCIA
MAZZUCCATO LUCIA
MEGGIOLARO DEBORA
MERELLI MARIA
MILANI DANIELE
MOLDUZZI MARCO
MURADOR FRANCESCA
NATTINO LUCANO
NICOLINI COSETTA
NUZZO MARIO
ORANI VALERIA
OTTOCEMENTI VALERIA
PACI DALO ROBERTO
PALMI CRISTINA
PALMIERI GIOVANNA
PALUMBO CRISTINA
PIETROBONO DEBORA
PIZZIRANI LAURA
POLACCI FEDERICO
PREZZAVENTO NICOL
ROMANO LAURA
RONCARA MARILENA
ROSATI LUDOVICA
ROSSI LAURA
SALERNO SERGIO
SCALMANI GIORGIA
SERONI LAURA
TALENTI VALERIA
TOMEI ENEA
TORRELLI FRANCESCA
TRAINA ROSA
TRIMARCHI TIZIANA
VITTI ROSSELLA
ZOLO LUIGI


 


 

La lettera di Paolo Aniello (Tedarco) al Direttore generale dello Spettacolo Nastasi
In risposta al comunicato ANSA dell'8 novembre scorso
di Paolo Aniello
Presidente Tedarco

 

Riassunto delle puntate precedenti. Cominciano a circolare voci inquietanti sulle decisioni della Commissione Consultiva, dalle quali si deduce che l'area dell'Innovazione sia stata punita con pesanti tagli. La Tedarco risponde con una Lettera aperta al Ministro Urbani, cui fanno seguito una seconda Lettera aperta dei gruppi che hanno subito i tagli più pesanti e una terza Lettera aperta al Direttore generale dottor Nastasi (presentata nel corso dell'incontro del 6 novembre).
L'8 novembre è lo stesso dottor Nastasi a rispondere alla Tedarco, attraverso un Comunicato all'ANSA.
Questa la replica di Paolo Aniello. Ulteriori pareri e valutazioni nel forum Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni. E potete anche dire la vostra...


Nel ringraziare il Direttore Generale dott. Nastasi per la pronta risposta alla nostra lettera e in attesa di un prossimo incontro, credo che sia necessario, per avviare un confronto serio e misurato, evitare di equivocare sulle cifre e invece assumersi responsabilità sia tecniche che di scelte di politica culturale.
I "conti" che propone il dott. Nastasi sono quasi giusti se si considerano sia le assegnazioni alla produzione che quelle alla stabilità; ma sarebbe come dire, assommiamo le assegnazioni alle stabilità pubbliche e/o private con quelle della produzione privata e vediamo che conti tornano. Tutto potrebbe avere un senso, ma non in questo contesto normativo e contributivo, che è ciò su cui si esercitano scelte e si costruiscono progettualità.
Nella lettera al signor Ministro abbiamo chiaramente fatto riferimento alle compagnie di produzione di ricerca e di teatro per l'infanzia e la gioventù: man mano che si completa il quadro ufficioso delle assegnazioni si aggrava la situazione di questo settore. Infatti al momento, per i dati che ci sono stati comunicati, l'ambito delle compagnie di produzione che nel loro operare fanno riferimento all'innovazione dei linguaggi teatrali, hanno visto perdere (al saldo tra incrementi e decrementi delle assegnazioni) poco meno di 300.000 euro, per un valore di tagli complessivamente vicino ai 400.000 euro. Questi sono dati che, ancora prima di entrare nel merito di come e perché sono stati effettuati tagli, riduzioni o incrementi, parlano da soli, rappresentano una scelta precisa di disinvestimento su questo settore fondamentale del teatro italiano; semplicemente perché non sono stati nemmeno reinvestiti su altre compagnie di questo ambito teatrale. E' prima di tutto su questo piano, di politica teatrale, che ci attendiamo una risposta e una posizione chiara da parte del Ministero.
Trovo ancora senza risposta un'altra domanda che riteniamo importante: come ha potuto ritenere la Direzione Generale di operare questi tagli nel mese di ottobre? non ritiene che il ritardo con la quale sta operando (non mi interessano in questo momento le motivazioni che hanno portato il ritardo, il dato finale è che riceveremo le comunicazioni ufficiali a novembre inoltrato) avrebbe dovuto comportare un po' più di rispetto per decine e decine di operatori professionistici?
Rispetto alle scelte operate dalla Direzione Generale nel dettaglio, credo che si debba trovare lo spazio per una revisione di queste decisioni, che a noi, come a gran parte di chi opera nel teatro e conosce chi ha subito i tagli, risultano nella maggior parte dei casi incomprensibili e ingiustificati su un piano tecnico e artistico.
Paolo Aniello
Presidente
Teatri d'Arte Contemporanea


 


 

Le esigenze del teatro e le funzioni dell'ETI
L’intervento del 6 novembre
di Marco Giorgetti, direttore generale dell'ETI

 

Credo che sia necessario rubare qualche minuto sia perché l’Eti è stato più volte chiamato in causa, positivamente o negativamente, sia perché mi trovo in un ruolo nuovo. Come forse saprete ho assunto l’incarico di direttore generale dell’Eti dall’estate e quindi sto cercando di svolgere un compito di ricognizione, di revisione di alcune situazioni e di rilancio dell’ente. Ritengo quindi giusto cogliere quest’occasione per raccontarvi alcune cose.
Ringrazio moltissimo tutti, in particolare ovviamente gli organizzatori, ma anche tutti voi, perché mi trovo veramente illuminato da questo incontro e da tutte le osservazioni, e soprattutto perché sto verificando come da intervento a intervento tutte le nostre funzioni, cioè le funzioni che l’Eti dovrebbe avere e che avrà, si trovano coincidenti con le esigenze del teatro. Ogni intervento ha fatto presenti esigenze di coordinamento, di confronto, di sostegno, di rilancio, di critica, di finanziamento; in tutte queste funzioni l’Eti ci deve essere e io vi posso confermare, anche a nome del Consiglio di Amministrazione, che l’Eti riassume tutte le funzioni che ultimamente si erano un po’ affievolite. Queste funzioni fanno parte di un piano strategico che ,presentato al Consiglio di Amministrazione e da esso è stato approvato, sarà annunciato al pubblico alla fine di novembre o ai primi di dicembre: prima a voi, agli operatori, agli interessati, e poi anche al pubblico più vasto. Si tratta di un piano che parla di un Eti nuovo, che sulla base delle esperienze, può tornare a svolgere appieno i suoi compiti, elemento per me assolutamente prioritario e determinante. In questa veste vengo a dichiararvi e ad assicuravi che tutto ciò sarà fatto concretamente.
Non molto di più di questo se non il fatto che abbiamo ricominciato come "buona pratica" dai rapporti, stiamo riavvicinando le strutture, stiamo riavvicinando gli operatori e se possibile tutto il teatro; in questo abbiamo bisogno di voi, e che continui questa partecipazione alle occasioni di incontro a cui noi da oggi saremo sempre presenti. L’unità operativa incaricata del settore, che fa capo alla dottoressa Fabbri che è qui in sala, Ilaria Fabbri che tutti conoscete, è a vostra disposizione con Anna Selvi e Marilisa Amante. Sono loro la prima linea a cui vi prego di fare riferimento da oggi per ricominciare una relazione costante, se possibile quotidiana, dalla quale noi trarremo tutte le indicazioni utili per il lavoro che andremo a fare già fin dal prossimo anno con una strategia di lungo respiro, tre anni che il Ministero ci consente di progettare e programmare per recuperare i progetti sulle aree disagiate, sulla formazione, sul teatro internazionale e su quello italiano all’estero. Relativamente a quest’ultimo progetto abbiamo già ripreso contatto con le capitali europee di Praga, Berlino e ci stiamo rilanciando anche su Stoccolma per delle grandi stagioni europee che proporremo in tutti i teatri di queste città con una formula pilota.
Questo è quello che ci sentiamo di dichiarare oggi e vi ringrazio di avermi dato la possibilità di diffonderlo in anteprima rispetto alla comunicazione ufficiale, che ci sarà sicuramente a brevissimo non appena avremo acquisito tutte le caselle, diciamo, del nostro progetto di rilancio. Dico nostro – ripeto – perché non è solo mio ma è della struttura Eti.


 


 

Il teatro, la legge e il territorio: a che punto è il rapporto Stato-Regioni?
L’intervento del 6 novembre
di Patrizia Ghedini (Regione Emilia-Romagna)

 

Spero di non stancarvi troppo con un intervento che si pone da una prospettiva istituzionale e che viene alla fine della giornata, ma alcune informazioni su ciò che sta avvenendo in sede nazionale nel rapporto tra Stato e Regioni possono essere utili.
Sapete ovviamente quello che sta succedendo, ma vale la pena ricordare che è la conseguenza della riforma della Costituzione. Siamo davanti a una nuova legge costituzionale, approvata nel 2001 ed emanata alla fine di un percorso abbastanza lungo, dove vengono ridisegnati i poteri e le relazioni istituzionali tra Stato e Regioni. Ovviamente la riforma riguarda anche lo spettacolo, anche se non esplicitamente, dal momento che quest’ultimo non è nominato esplicitamente dalla legge. Questo è stato uno dei nodi che hanno determinato un conflitto molto forte nelle relazioni tra Stato e Regioni. Nella legislazione precedente lo spettacolo veniva esplicitamente nominato, mentre nella nuova legge costituzionale non viene nominato, mentre vengono citate in modo abbastanza generale le attività culturali. In questa legge si dice che tutto ciò che è nominato come oggetto di poteri esclusivi dello Stato spetta alle leggi dello Stato, ciò che viene nominato come oggetto del potere legislativo delle Regioni spetta alle Regioni, ciò che non viene nominato spetta anch’esso alle Regioni. Poiché lo spettacolo non viene nominato ma vengono citate le attività culturali in generale, è nato un contenzioso: lo Stato ha sostenuto che lo spettacolo fosse materia sua, le Regioni hanno fatto altrettanto, ed è nato la discussione su che cosa fosse compreso tra le attività culturali. Dopo che entrambi hanno sostenuto posizioni radicali, le Regioni hanno preferito fare i conti con la tradizione di questo paese, con le sue esigenze, con la necessità comunque di guardare al territorio nazionale nel suo complesso, e hanno così accettato di considerare lo spettacolo tra le attività culturali. All’interno della nuova riforma della costituzione, le attività culturali sono – perdonatemi il gergo – "oggetto di legislazione concorrente": ciò significa che lo Stato ha il compito di definire principi di carattere generale, le regioni di legiferare per quello che riguarda i loro territori all’interno di quei principi. I principi di carattere generale sono quelli che devono improntare l’attività nel suo complesso, senza entrare nel dettaglio: ad esempio le competenze di carattere generale dello Stato e quelle delle Regioni, la definizione di quali siano le attività culturali, se comprendano la prosa e quale, il cinema e cosa, l’individuazione delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni, della sede per decidere la programmazione dei fondi, eccetera. E poi le Regioni su queste basi hanno il compito di fare le loro leggi: "legislazione concorrente" vuol dire dunque che lo stato non può fare regolamenti, norme di dettaglio.
A questo punto è nato il contenzioso, che ha prodotto ricorsi alla Corte Costituzionale da parte della Regione Toscana e, relativamente al cinema, anche della Regione Emilia-Romagna, e comunque conflitti in sede di conferenza Stato-Regioni. Le Regioni hanno accettato un’interpretazione meno estensiva delle loro competenze, facendo rientrare lo spettacolo nelle attività culturali, dicendo che esso è oggetto di legislazione concorrente, purché però il Governo non si arrogasse il diritto di fare i regolamenti. Io sono consapevole tuttavia, come coordinamento delle Regioni, che siamo in una fase transitoria e che non possiamo cambiare le regole strada facendo. Ci sono molte regioni però, compresa la mia, che hanno dei programmi di investimento molto consistenti e rivolgono molta attenzione allo spettacolo e quindi non hanno voglia di sentirsi dire che il Governo, benché la nuova legge gli impedisse di fare i regolamenti, li avrebbe fatti ugualmente. I regolamenti sono stati fatti lo stesso e da lì sono nati i ricorsi. Rispetto al ricorso della Toscana la Corte Costituzionale a luglio ha detto due cose, anche se come sempre le interpretazioni sono state diverse. Innanzi tutto la Corte ha distinto tra una situazione contingente e una situazione a regime: nella attuale situazione contingente è legittimo, considerato che ci sono comunque dei soggetti in piena attività, che essi hanno diritto ad avere i finanziamenti per quello che stanno facendo, e che quindi il Governo deve comunque dare i contributi – lasciamo stare il dibattito sulle modalità della loro erogazione, non è questa la sede per discuterne.
In una situazione a regime, operando all’interno delle nuove norme costituzionali, la legislazione è concorrente e quindi lo Stato non può fare regolamenti e deve andare a una ridefinizione complessiva delle sue leggi nazionali. Oggi siamo a questo punto.
Quali leggi nazionali? Come devono essere riformate? Chi se ne occupa? Le Regioni hanno presentato un loro progetto di legge nazionale sui principi fondamentali: abbiamo fatto un convegno a Bologna il 9 di luglio, lì è stata presentata una proposta di legge nazionale. Questa proposta ha l’obiettivo di non costringerci ad esprimere pareri, negativi o positivi, o ad astenerci, rispetto a ciò che fa il Ministero, e di esplicitare una posizione nostra. Un’altra proposta di legge è quella alla quale sta lavorando un comitato ristretto della Commissione Cultura della Camera, presieduto dall’onorevole Rositani, all’interno del quale sono comprese tutte le forze politiche. Da lì uscirà un nuovo progetto di legge. Il Governo ha annunciato recentemente che, per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo, così come è avvenuto per il cinema, ci sarà una nuova legge espressione del Governo, attraverso una delega del Governo al Ministero, e cioè vi sarà un decreto legislativo fatto da Urbani; questo sarà il terzo testo. Da questi tre testi partirà il confronto.
A tutto ciò io volevo aggiungere un’altra cosa. Questi temi potranno anche sembrarvi lontani, a meno che uno non sia laureato in giurisprudenza, anch’io, che faccio la dirigente della cultura per la regione Emilia Romagna, non sono un’appassionata di atti amministrativi, di leggi. Però qui sono in gioco parecchie cose, è in gioco non solo il futuro dello spettacolo, perdonatemi, ma la forma di Stato del nostro paese, la democrazia, il nostro rapporto di cittadini con le istituzioni, la nostra possibilità di incidere o meno a livello locale, di contrastare o meno la burocrazia. Capisco, cosa che mi è stata detta subito – io è da poco che sono alla cultura, prima mi occupavo di altre cose – tutte le diffidenze che i teatranti hanno nei confronti delle istituzioni, che nell’immaginario comune sono altro, sono quelle che danno soldi, magari sono lì per fregarti, per ascoltarti o non ascoltarti; io non penso che sia così, oppure può anche darsi che in parte sia così, però noi abbiamo dei rapporti molto stretti con i nostri operatori, stiamo cercando anche di lavorare a un sistema diverso di erogazione dei finanziamenti, in modo condiviso, più trasparente, e io credo in queste cose, non ve le vengo a raccontare qui solo perché sono davanti a un’assemblea, o comunque a una platea di operatori. Penso che magari sia un problema di linguaggio; credo che uno sforzo comunque vada fatto in questa direzione, perché non posso pensare, da cittadina prima che da funzionaria pubblica, che il problema del teatro sia soltanto una cosa che riguarda una forma creativa e basta che si consuma in uno spazio nel quale io sono soltanto spettatrice. C’è bisogno oggi, tanto più in una situazione come quella che stiamo vivendo, di alleanze di linguaggi che si sforzano per essere condivisi, per incontrarsi e per fare delle cose fatte da persone che vogliono fare delle cose insieme.
Allora – e qui parlo per l’Emilia Romagna – se noi scriviamo nel nostro documento di programmazione economico-finanziaria che la cultura e lo spettacolo che ne è componente fondamentale è un fattore primario di coesione sociale, di creatività, di aggregazione, di competitività economica, è un elemento di civiltà per le nostre comunità, allora, se scriviamo tutte queste cose, sappiamo però anche che lo spettacolo così come tutti gli altri settori è ovviamente oggetto di scelte politiche, di risorse, di strumenti amministrativi, di relazioni istituzionali a livello locale, a livello regionale, a livello nazionale. Allora avere consapevolezza di queste cose vuol dire anche poterle contrastare o condividere. Allora, le relazioni Governo-Regioni che si stanno sviluppando in questi giorni fanno parte di questo processo. Sapere queste cose ci aiuta anche a capire meglio la ridefinizione dei poteri, ma non in una accezione negativa, bensì in una accezione di consapevolezza e possibilità, partendo dalla conoscenza del territorio, di decidere, ad esempio, se dare più o meno contributi a Masque. Vogliamo poter lavorare con strumenti che se sono troppo burocratici possono essere modificati, vogliamo poter discutere con i cittadini se le risorse devono andare più verso il consolidamento o l’innovazione. Non vogliamo dipendere da Roma per poterlo fare.
Poi è chiaro che se io abito a Milano o a Bari e sono un’impresa che si occupa di teatro devo poter avere gli stessi diritti sul territorio nazionale, devo poter avere le stesse opportunità, devo poter credere quanto meno, o essere sicuro, che mi trattano in modo equo dal punto di vista finanziario; ma questo fa parte di quelle regole, per l’appunto, che si possono contrastare, condividere e sulle quali si può incidere. Allora io credo che tutto ciò alla fine diventi importante; noi in sede di coordinamento delle regioni stiamo cercando di fare questo; poi è chiaro che ci sono regioni e regioni, l’Italia è a macchia di leopardo, c’è chi ci crede di più, di meno, chi lavora di più, di meno, ma questo succede in tutti i settori. Noi adesso abbiamo fatto questo progetto di legge nazionale, abbiamo detto che dobbiamo farne uno regionale tipo, cioè dobbiamo dare certezze agli operatori. Se diciamo che Mario e Giuseppe che stanno a Milano e a Bari devono essere trattati allo stesso modo, bisogna che lavoriamo su un progetto di legge regionale tipo. Se noi non sappiamo quanti soldi ci mettiamo come regioni, come enti locali, come comuni, come province, perché non abbiamo osservatori, sistemi informativi che possano dialogare tra loro, non andremo da nessuna parte.


 


 

Per una analisi economica delle Buone Pratiche
L’intervento del 6 novembre
di Serena Deganutto

 

Il lavoro del professor Trimarchi e dei suoi collaboratori verte sull’analisi dei progetti dal punto di vista economico. Quello che traspare da un primo esame è che l’economia conferma e rafforza la validità di progetti, o meglio, di "buone pratiche", che nascono dall’unione di capacità creativa e di innovazione organizzativa.
Il teatro è da sempre un comparto produttivo flessibile e vitale, capace di assorbire le trasformazioni della tecnologia e del mercato, ma anche in grado di elaborare e proporre idee e paradigmi inediti.
Paradossalmente, è proprio in questa fase di crisi finanziaria e di limbo politico che il teatro dimostra, con la sua reazione costruttiva, la sua solidità come sistema creativo e culturale e come comparto produttivo dotato di risorse eccellenti. Questa assunzione di responsabilità si rivela ancora più importante in un periodo in cui sarebbe opportuno che ciascuna istituzione del sistema, e soprattutto il legislatore e il governo, superasse la visione obsoleta dell’azione pubblica in campo culturale basata su automatismi assistenziali, scommettendo sulla capacità propulsiva della cultura e dello spettacolo attraverso un serio ridisegno dei meccanismi di sostegno e garantendo una massa critica di risorse finanziarie adeguata all’importanza del settore.
L’adozione di nuove leggi in materia di spettacolo sul piano regionale, infatti, costituirebbe un’occasione straordinaria
per sottolineare la centralità, la rilevanza e il ruolo guida che lo spettacolo, e quindi anche il teatro, potrebbe rivestire all’interno delle politiche regionali di valorizzazione culturale.
All’interno di queste riflessioni è scaturita la necessità di creare uno strumento che sia in grado di mettere a disposizione dati quantitativi e qualitativi sui quali impostare politiche di valorizzazione e di finanziamento efficienti: l’osservatorio regionale dello spettacolo.
In questa direzione ci si sta lentamente muovendo anche sul piano legislativo, con la riforma del Titolo V della Costituzione, che sancisce il principio della competenza concorrente tra Stato e Regioni, e con la stesura, da parte del Coordinamento Interregionale in materia di spettacolo, di una proposta di legge sui principi fondamentali. All’articolo 6 di tali principi, infatti, è richiamata la necessità di "attività di monitoraggio e di osservatorio".
Attualmente in Italia gli osservatori dello spettacolo sono ancora un caso raro: esiste, dal 1997, quello della Regione Emilia-Romagna, mentre altre regioni, quali Toscana, Puglia e Calabria, che hanno da poco modificato le proprie leggi in materia di spettacolo, stanno procedendo alla sua attivazione.
Quello che più importa è che gli osservatori dello spettacolo non vengano considerati come puri serbatoi di dati quantitativi, bensì come vere e proprie "infrastrutture informative".
Tale strumento si rivelerebbe quindi fondamentale per valorizzare un settore, quale quello dello spettacolo, che ancora non è valorizzato fino in fondo.
Infatti, secondo una recente indagine, l’Italia possiede e valorizza una proporzione molto bassa di professioni creative: poco più del 15% della forza lavoro, contro il 30% degli Stati Uniti.
Accrescere le risorse per la cultura e migliorarne i meccanismi di erogazione significa generare benessere diffuso e qualità della vita per tutta la comunità. In questo senso, le esperienze presentate oggi rappresentano un patrimonio di grande rilevanza anche nella prospettiva degli economisti.


 


 

Le dimissioni di Carriglio e il futuro degli Stabili
I postumi del dossier di "Hystrio"
di Mimma Gallina

 

Come annunciato dalle news di ateatro, qualche giorno fa Pietro Carriglio si è dimesso da sovrintendente del Teatro Massimo, la fondazione lirica di Palermo.
Tutti i giornali riferiscono delle agitazioni sindacali interne ai diversi settori del teatro (che non è detto siano sempre prova di cattiva gestione). «Avvenire» riporta alcuni passaggi della lettera di dimissioni in cui Carriglio ringrazia «tutti, per i lavoro comune che anche con sacrifici ha raggiunto l’obiettivo prefissato del pareggio di bilancio e della sottoscrizione del mutuo».
«l’Unità» parla invece di incompetenza e conflittualità (con riferimento alla contestuale direzione del Biondo, lo stabile pubblico palermitano) e precisa: «Se i passivi salivano non ha mancato di scaricarne la colpa sulla precedente gestione di centro sinistra, collezionando due querele dall’ex sovrintendente Francesco Giambrone e da Leoluca Orlando». Prendiamo atto che ancora una volta l’aritmetica in teatro è un’opinione (ricordate il caso Martone?).
Gli elementi per analizzare la decisione restano scarsi e ambigui. Un dato però resta certo. La somma delle due cariche – la direzione dello Stabile e la sovrintendenza dell’Ente Lirico – si è rivelata di fatto impraticabile. Non sappiamo in quale misura abbia determinato le dimissioni, ma la sostanza è che Carriglio non ce l’ha fatta a gestire i due enti se non per pochi mesi, e ora il sindaco Diego Cammarata si trova a dover scegliere un altro sovrintendente, il terzo dall’agosto 2002, e la politica culturale della metropoli siciliana non ci fa proprio una bella figura.
Va precisato che la doppia carica non è incompatibile sul piano formale (il Ministero raccomanda infatti l’esclusiva per la direzione di uno stabile rispetto ad altre realtà di prosa sovvenzionate), ma lo è su quello della logica: sembra ovvio che tale incompatibilità – legata anche all’impegno necessario a mandare avanti organismi di questa dimensione – si debba considerare estesa anche a soggetti musicali, almeno quelli del livello di una fondazione lirica. Ma la logica, si sa, viene raramente applicata quando si effettuano o accettano nomine di una qualche rilevanza, che si tratti di Commissione Europea o di spettacolo.
Questa anomalia era già stata denunciata nell’articolo dedicato a Palermo nella seconda puntata del dossier Retroscena di «Hystrio» (n. 2/2004)., quella dedicata agli Stabili, in parte ripresa da ateatro 67. Per quell’articolo, intitolato Carriglio: oltre il Massimo consentito, il Maestro ha querelato «Hystrio» e l’autrice (Simonetta Trovato). Potete trovare ampi stralci della querela sul n. 4 della rivista, uscito di recente.
Nello stesso numero potete trovare anche una lettera alla rivista di Luca De Fusco, direttore del Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni, nonché presidente dell’Associazione dei Teatri Stabili, molto risentito dall’articolo apparso sul n. 3/2004 di «Hystrio», questa volta a firma della sottoscritta, in cui si criticava proprio questa nomina.
De Fusco considera le mie critiche poco serene e documentate, ancorate alle categorie di destra e sinistra, e si sente attaccato in quanto considerato direttore di destra (mentre ha perfino prodotto spettacoli con Besson). Ci invita inoltre a occuparci dei teatri stabili «con maggior serietà e spirito analitico». Insomma, con la stessa sensibilità e responsabilità con cui i direttori degli stessi mandano avanti «le strutture basilari della prosa italiana in uno dei momenti più difficili della sua storia».
Può darsi – non escludo – di avere qualche schema mentale antiquato, qualche residuo di ideologia e di considerarmi «di sinistra». Ma se De Fusco avesse letto con più attenzione i dossier (di cui l’articolo che lo riguardava era una coda), non credo proprio che il direttore dello Stabile del Veneto potrebbe accusarci di essere poco analitici: se esiste una analisi sullo stato del teatro italiano altrettanto ampia di quella pubblicata su «Hystrio» (2004, numeri 1/2/3), negli ultimi anni almeno, io non la conosco.
Penso che la verità sia un’altra: chi critica gli stabili si aspetta da loro molto di più dello sforzo, magari encomiabile, di mandare avanti la baracca. Si attende un salto di qualità all’altezza, appunto, dei tempi bui che vede anche De Fusco. E’ per un eccesso di generosità che siamo forse un po’ troppo irruenti: proprio questo atteggiamento dovrebbero apprezzare i direttori degli stabili e i loro presidenti e consiglieri.
De Fusco probabilmente non lo sa, ma credo lo sappia il suo vice all’Antad nonché direttore del Teatro di Genova, Carlo Repetti: tra i maggiori estimatori dell’analisi e delle critiche sugli stabili – non molto diverse da quelle di «Hystrio» – del mio libro Organizzare teatro c’era (con mia grande sorpresa e piacere, per telefono e per iscritto) proprio Ivo Chiesa. Mi cito (e mi scuso di questo) e lo nomino anche per invitare chi è guida oggi gli stabili a considerasi con discrezione interprete del pensiero dei padri fondatori (a cominciare da Grassi e Strehler). Forse un pensiero nuovo, una convinzione rinnovata e che rinnovi i teatri stabili deve fare i conti con critiche come le nostre e con quello che c’è oltre gli stabili. Forse loro – i padri – lo avrebbero capito.


Ho pensato che questa foto potesse offrire una suggestione alla riflessione sugli Stabili.
Così colgo l’occasione per invitare, almeno i milanesi, a non perdere la mostra di Anselm Kiefer alla Bicocca.


 


 

Pettegolezzeria. Albertazzi tiene in caldo la poltrona del Teatro di Roma fino al 2006: ma per chi?
Il toto-successione, con qualche candidato
di Perfida de Perfidis

 

ateatro, che ormai mi pare l’ANSA sfigata dello sfigato teatruccio italiano, ha subito rilanciato la notizia: grazie a un accordo bipartizan (come chiamano ora la lottizzazione), Giorgio Albertazzi è stati prorogato per un anno, resterà direttore del Teatro di Roma per tutto il 2005. Certo, meno spudorato della proroga veneta a De Fusco, ma insomma, che bisogno c’era di prorogare Albertazzi? Non sta certo lasciando un segno nella storia del nostro teatro pubblico – ma forse è proprio per questo che l’hanno messo lì.
Quelli che fanno finta di saperla lunga dicevano che l’accordo per le poltrone di Largo Argentina (il sinistro Forlenza alla Presidenza e il destro Albertazzi alla Direzione) sarebbe stato rivisto dopo le provinciali. Le ha vinte la sinistra e non è successo nulla. Ora si dice che il patto verrà rivisto dopo le regionali della primavera 2006.
Nel frattempo Albertazzi si gode il mega-festival dei Teatri d’Europa, previsto per il prossimo anno.
I più maligni – e io sono uno dei più bei fiori del mazzo – pensano che il buon Giorgio resti lì per tenere caldo il posto a qualcun altro. Allora mi son messa lì, mentre mi struccavo ieri sera, per vedere quale sarà il bel culetto che si godrà il teporino chiapporuto che Giorgio ha lasciato su quella poltrona.
Poi ho chiamato un mio amico inglese, che quelli come sappiamo scommettono su tutto, dal calcio alle corse di cani, dalle prossime elezioni ai giorni di pioggia nel Dorset, gli ho raccontato come stanno le cose e mi sono fatta dare le quote.

Massimo Castri, perché quando c’è da nominare il direttore di uno stabile, il suo nome gira sempre e comunque. E siccome ha da poco diretto un festivalone destinato a passare alla storia come la Biennale 2004, un festival all’anno sarebbe stato un po’ troppo. Dunque Roma sì, Festival dei Teatri d’Europa no. Ma tanto poi non lo nominano, e se lo nominano dura poco... Quota: 103.

Giovanna Marinelli, perché prima o poi Veltroni non sarà più sindaco, il Mercandante ha già dato asilo politico a molti profughi della sinistra romana e sulla poltrona di direttore c’è già il suo ex-collaboratore (all’ETI) Ninni Cutaia. Al Teatro di Roma farà certamente bene e magari rilancerà anche l’India. Quota: 16.

Walter Le Moli, alias «Walter Ego», il cui mandato allo Stabile di Torino scade proprio tra un anno e che potrà così coronare la sua resistibile ascesa fino alle vette del teatro italiano, passo dopo passo. Le malelingue (ma io non sono certo fatta così) dicono che a Torino dopo le Olimpiadi non potrà girare senza scorta: ma se non gli rinnovano l’incoraìico a garantire la continuità c'è sempre Bruno Borghi. Quota: 3.20.
Maria Giovanna Elmi o Sabina Negri, perché in genere quelli di cui sparla ateatro quando perdono il posto ne trovano uno migliore. Quota: 20.

Giuseppe Patroni Griffi, perché al Teatro di Roma dopo Albertazzi è ora di fare spazio ai giovani. Quota: 60.

Luca De Fusco
. Mi piace assai, è nu bravo guaglione, bello, buono e bravo. Il Veneto non può bastargli, anche se l’hanno già prorogato fino al 2009. Ma prima o poi, con gli appoggi giusti a Roma ci si arriva. E se gli appoggi sono davvero buoni, ci si arriva anche prima. Quota: 82.


 


 

Il Decameron di Porciano: le cento novelle del Boccaccio in dieci notti
Farneto Teatro
di Maurizio Schmidt e Elisabetta Vergani

 

un progetto di
Maurizio Schmidt e Elisabetta Vergani

Borgo di Corciano, 2 agosto -21 agosto 2003 / 30 luglio - 12 agosto 2004


L’idea di fondo

Nel Decameron un gruppo di giovani per resistere ad una grande calamità - la peste - fugge dalla città in un luogo di sopravvivenza sulle colline. Lì per passare il tempo essi cominciano a raccontarsi le storie che conoscono e quel luogo diventa spazio di emersione di una cultura sommersa e dimenticata, fatta di antiche e semplici novelle di piacere.
Il borgo di Corciano è parente prossimo della nota villa di Fiesole. E l’aria che tira nel mondo, non è poi tanto differente da quella della peste del Boccaccio.
E’ così nato il progetto di una festa teatrale che costituisca una metaforica e collettiva fuga dallo spaesamento, dal lutto della guerra e del rimbecillimento mediatico ad essa collegata, affermando la resistenza della memoria intorno al puro e semplice atto del narrare antiche storie di amore per la vita.
Il Decameron di Corciano ha costituito per i trecento partecipanti ed i cinquemila spettatori delle sue due prime edizioni (agosto 2003 ed agosto 2004) un’occasione di incontro intorno ad una immensa memoria collettiva. Il Decameron non è opera di uno scrittore, ma di un popolo; e l’immagine di un antico borgo che risuona delle cento storie che sono nate insieme a lui ha voluto riportare tutti allo stupore di come nasce una cultura, con l’apporto collettivo di tutti quelli che parlandola la creano. In un’epoca in cui sembrerebbe che da questo meccanismo di partecipazione siamo irrimediabilmente tagliati fuori.


Le forme del progetto

Non si tratta perciò di uno spettacolo, ma di cento piccoli spettacoli: il borgo di un paese come un altro è trasformato nella villa di Fiesole e riattraversa sera dopo sera le dieci giornate del centone che sta alla base della nostra lingua. Non c’è un regista demiurgo, ma cento attori e musicisti provenienti da tutta Italia: intorno ad essi si aggregano danzatori, cori, figuranti locali.
La musica e le soluzioni sceniche dei novellatori si cimentano con il materiale immaginario: l’incredibile quantità di luoghi della cultura mediterranea citati nelle novelle, le lingue, le situazioni comiche o tragiche, i mestieri, i personaggi che sono i progenitori di tutti i personaggi del teatro moderno.
La forma è quella del narrare. Gli attori e i musicisti sono chiamati a compiere variazioni in libertà sulle novelle: ognuno con la sua sensibilità, la sua cultura, il suo dialetto, utilizzando la forma teatrale a sè più congeniale (maschera, melologo, scena drammatica, cantata popolare, narrazione semplice...) Le prove avvengono in corso d’opera, giorno dopo giorno; e le diverse novelle creano differenti aggregazioni di attori, scenografi, musicisti ogni giorno.
Gli spazi più nascosti del borgo - gli orti, i cortili, gli oratori - offrono il corrispettivo scenico, trasformati dalle proiezioni del ricchissimo materiale iconografico che esiste sulle novelle. Unici vincoli per tutti: relazionarsi con il materiale iconografico, e rispettare la durata di 10’. Per il resto assoluta libertà di stile, di drammaturgia, nessuna finzione da festa medioevale
Ne deriva uno spettacolo itinerante in cui ogni sera tutto è differente tranne la struttura. Il pubblico attraversa il percorso a stazioni composto dal prologo, dalle dieci novelle e dall’epilogo di ogni giornata.
I partecipanti rappresentano generazioni ed esperienze assai diverse: si va da attori come Virginio Gazzolo, Angela Cardile, Gigi Dall’Aglio, Davide Riondino, Gigio Alberti, Marco Sgrosso, Elena Bucci, Marco Manchisi, Claudio De Maglio, agli attori di Farneto Teatro, ad attori provenienti da diverse compagnie milanesi, a numerosi allievi diplomati della Paolo Grassi e attori di gruppi umbri. Identicamente i musicisti rappresentano provenienze assai disparate: musica classica, jazz, etnica, antica: si va da Cristiano Arcelli a Patrizia Bovi (Micrologus) a Cristina Vetrone a Gianni Maestrucci (Tetraktis) a Nando Citarella (Tamburi del Vesuvio) alla Banda di Chianciano a vari cori locali. Il settore dell’allestimento scenico è diretto da Paolo Baroni, quello illuminotecnico da Loredana Oddone.
Il progetto ha attirato molti borsisti o partecipanti volontari da varie scuole ed università.


Riflessioni organizzative

Il Decameron è un possibile esempio di una iniziativa nata al di fuori del sistema teatrale che ha trovato con le sue forze le forme della propria realizzazione.
1) Si tratta di una iniziativa professionale (tutti i partecipanti sono stati pagati per le loro prestazioni) che nasce da un profondo rapporto progettuale di Farneto Teatro con il territorio.
2) L’iniziativa è finanziata dalla Pro Loco attraverso una capillare raccolta di sponsorizzazioni da parte delle piccole ditte locali ed una compartecipazione del Comune per le infrastrutture. Lo sbigliettamento arriva a coprire un terzo dei costi. L’occasione è data da una manifestazione culturale (l’Agosto Corcianese) che ha trovato in questo progetto un buon motivo per convogliare tutti i propri sforzi in una iniziativa unica. La capacità di ottimizzare i costi di allestimento da parte di Farneto è sicuramente un elemento importante del bilancio.
3) I motivi dell’interesse incontrato: il progetto evidentemente assolve una richiesta di "medioevo" da parte della comunità locale (pur differenziandosi nettamente dalle forme canoniche del genere); il progetto rivitalizza l’acropoli del paese, sostanzialmente abbandonata, creando un movimento di attori e musicisti che provano le loro novelle e circolano per il paese; il progetto integra al proprio interno la comunità locale (comparse, servizio d’ordine, protezione civile) e ne professionalizza una parte che da tempo segue le iniziative di Farneto Teatro (attori, danzatori, musicisti); il progetto ha incontrato un immediato interesse da parte delle istituzioni culturali regionali e del pubblico che è stato assai numeroso
4) In definitiva il progetto ha trovato una possibilità di realizzazione per la sua intrinseca capacità di convincere ed incontrare esigenze "locali" senza perdere la propria libertà. Si è insomma riusciti a costituire una stimolante zona franca per artisti sovrapponendo questa esigenza alle esigenze di una comunità.

Non crediamo sia un modello ma solo una pratica che l’Associazione che l’ha organizzato percorre da 12 anni: rapporto col territorio, ricerca di forme di finanziamento di nicchia che permettano di realizzare progetti di eccellenza teatrale. Ciò non avviene tanto "al di fuori" del sistema, nè ai suoi "margini", ma semplicemente laddove le sinapsi del sistema non giungono. O non giungono ancora.


 


 

Albertazzi resta direttore del Teatro di Roma
E nel 2005 si occuperà del Festival dei Teatri d'Europa
di Ufficio stampa Teatro di Roma

 

Il Consiglio di amministrazione del Teatro di Roma ha confermato Giorgio Albertazzi Direttore del Teatro fino al 31 Dicembre 2005.
Nel corso del prossimo anno, il Direttore avrà il compito di curare – oltre alla consueta attività del teatro – l’organizzazione del "prestigioso" Festival dei Teatri d’Europa, che si svolgerà a Roma nell’autunno del 2005.


 


 

La Tagli: la lettera aperta della Tedarco al Ministro Urbani
Sulle difficoltà per la produzione di innovazione
di Tedarco

 

Ecco la lettera aperta che l’Associazione Teatri d’Arte Contemporanea, per firma del Presidente Paolo Aniello, ha spedito al Ministro per i Beni e le Attività Culturali Urbani. In essa sono stigmatizzati i risultati delle recenti assegnazioni decise dalla Commissione Prosa, e le conseguenze del grave taglio operato nei confronti delle Compagnie di Innovazione.

Egregio signor Ministro,
siamo venuti a conoscenza in queste ore, tramite gli stessi operatori, delle assegnazioni operate dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alle attività di prosa per il 2004.
Il dato che emerge e che vogliamo porre alla Sua attenzione è il secco e indiscriminato taglio operato sulla produzione che si sviluppa sul teatro per l’infanzia e la gioventù e sulla ricerca teatrale.
Taglio secco:
- perché si sostanzia nella perdita di circa 350.000 euro, pur in presenza di risorse aggiuntive rispetto all’anno passato che avrebbero permesso addirittura un incremento complessivo delle risorse destinate;
- perché avviene a due mesi dal termine dell’anno solare, quindi ad attività completamente svolte o impegnate, mettendo in crisi non solo le economie delle imprese, ma più pesantemente economie di lavoratori e di famiglie;
Taglio indiscriminato:
- perché è stato operato da parte del Ministero senza possedere quegli strumenti di conoscenza dell’azione teatrale e dell’impatto sugli spettatori di ciascuna impresa teatrale, necessari per qualsiasi decisione, nel momento in cui sono state ridotte o annullate le assegnazioni a Compagnie teatrali che esistono e operano molto concretamente sia in Italia che all’estero, con serietà e qualità riscontrabili pubblicamente;
- perché è avvenuto senza che sussistessero, nella maggioranza dei casi, elementi tecnici e quantitativi tali da sostenere tale riduzione o cancellazione.
Noi non vorremmo, Signor Ministro, che questi elementi in sé molto chiari, vogliano significare una volontà politica di penalizzare la ricerca teatrale, l’innovazione e l’attenzione all’infanzia e alla gioventù, di rallentare ulteriormente il ricambio generazionale, ma anche di favorire l’omologazione della cultura teatrale nel nostro Paese.
Le chiediamo di intervenire direttamente perché possa essere immediatamente recuperato il taglio operato e per avere le necessarie assicurazioni perché per il futuro, a partire dalle norme a valere sul 2005, si operi con la consapevolezza della complessità del sistema teatrale italiano, che ne costituisce ricchezza straordinaria e garanzia di sviluppo artistico.
Paolo Aniello
Presidente
Teatri d’Arte Contemporanea


 


 

Una nuova zona d’azione
triangolo scaleno teatro
di Roberta Nicolai

 

Roma. Compagnia teatrale.
Anni di lavoro facendo spettacoli per le scuole, anni di insegnamento nelle maglie invisibili e meno invisibili della città; anni di spettacoli autoprodotti e presentati in teatri e teatrini presi in affitto. Non è niente di nuovo. Siamo una moltitudine noi che facendo teatro a Roma investiamo sul nostro lavoro e l’iter della "cosiddetta" gavetta è per tutti più o meno la stessa; a volte i processi si arrestano, a volte, come nel nostro caso, si va avanti fino in fondo attraverso un radicale investimento personale.
Costretti ad una resistenza forzata, spinti al limite della sopravvivenza, in uno stato di perenne precarietà, ma convinti del proprio valore artistico e determinati a difendere il diritto a levare la propria voce, due anni fa abbiamo deciso di prendere parte attiva all’occupazione di un capannone industriale dismesso, in un’ex zona industriale della città, ora quartiere popolare.
In questo capannone, nei due anni di attività, abbiamo realizzato uno spazio teatrale intermittente, abbiamo prodotto i nostri spettacoli, ospitato compagnie note a livello nazionale, emergenti e realtà giovani del tutto sconosciute, abbiamo ricevuto un finanziamento dell’ETI, condotto e ospitato laboratori e stage e iniziato un percorso di tavoli di discussione sulla precarietà artistica e lo stato della politica culturale. Nello spazio in cui lavoriamo viene la critica, al pari di altri spazi teatrali romani e soprattutto viene il pubblico, un pubblico trasversale numeroso e deciso che attraversa la città e sceglie un luogo in cui sente di avere ancora un ruolo. Questa è per noi la prova tangibile di una buona pratica: un buon teatro.

La zona che stiamo sperimentando è ibrida, sospesa tra sistemi in decadenza e proprio per questo fa paura e crea attenzione. Da una parte il sistema teatrale vecchio e ormai fuori dal tempo e dal mercato; dall’altra la pratica romana dei centri sociali, diffusissimi sul territorio, ma che faticano a connettersi realmente con gli artisti, soprattutto di teatro. Noi che stiamo recuperando dall’abbandono un luogo teatrale per la città, combattiamo ogni giorno su due fronti, quello interno dell’occupazione e quello esterno del mondo teatrale. Il risultato attuale: la messa in discussione e l’analisi quotidiana della zona d’azione libera in cui "libera" non indica uno stato ma una tensione alla libertà di aprire relazioni e progettualità sia con il mondo istituzionale che con il tessuto urbano.
Chiaramente a livello di cifre non riusciamo ancora a vivere con questa nostra pratica. E se è vero che a Roma di teatro vive un’elite ridottissima, questo non ci esime dal mettere sotto indagine la nostra pratica e verificare quali possibilità ha di essere davvero buona.
La situazione teatrale e culturale di Roma è allarmante, e questo non può non tradursi in un problema per tutto il territorio nazionale. Roma è soffocata da una rete di controllo efficace su tanti livelli, talmente efficace che ha trasformato e continua a trasformare molte buone pratiche, al momento in cui arrivano fino a noi, in cattive pratiche.
Ci rendiamo conto quanto sia complesso l’attuale sistema teatrale e quanto contraddittorio il suo bisogno di nuovo e il suo attaccamento all’esistente. Ma dall’interno del nostro quotidiano sforzo di resistenza intravediamo un’unica possibilità: rischiare.
Rischiare è una buona pratica in disuso. Nella nostra città nessuno di quanti lavorano con, nel, per il teatro è disposto a rischiare. Qui sta l’origine dell’immobilità, dell’impossibilità di ricambio generazionale, dell’inaccessibilità degli spazi romani istituzionali (anche quelli nati proprio per dare visibilità a nuovi linguaggi ed espressioni). Di qui l’impossibilità di intrecciare le pratiche che rimangono isolate e quindi inutili. Del resto che senso ha una buona pratica o sedicente tale che ha avuto luogo in una qualsiasi località italiana, se non viene condivisa e diventa patrimonio collettivo?
Interi pezzi di territorio di questa terra lunga che è l’Italia hanno bisogno di maggior attenzione, disponibilità, rischio personale da parte di coloro che il teatro vogliono e possono salvarlo.
Sappiamo che per farlo c’è bisogno di uscire dalla propria sordità.
Il problema non è ottenere un finanziamento ma ribellarsi allo stato delle cose, ricreare nuovi scenari e nuove regole del gioco interrogandosi giorno per giorno su ciò che questo significa in termini pratici.


 


 

Un campo di allenamento per piccoli gruppi di spettatori
Microcosmo. Esercizi sull’Orlando Furioso (Teatro Ippocampo)
di Rossella Viti, Roberto Giannini

 

Che fare di uno spettacolo che appena nato sembra destinato ad entrare nella lista delle ‘unirepliche’? di certo non sarebbe la prima volta, ma diciamolo, ti senti contento e soddisfatto del lavoro fatto, pensi anzi che valga la pena approfondirlo ancora, vorresti rientrare in sala e sviluppare la ricerca e poi viverlo di nuovo fuori, dov’è giusto che viva uno spettacolo, tra gli spettatori. Ma dove? Sette persone e un pianoforte, prove e prove, chi paga? Rendiamoci conto, siamo una piccola realtà teatrale, e sul significato di ‘realtà’ si potrebbe discutere a lungo. In effetti siamo una famigliola teatrale, molti amici/parenti ci vengono a trovare, condividono con generosità un progetto di spettacolo, di pedagogia, poi, ognuno a casa sua, a cercare un impiego ‘vero’.
Allora restiamo in famiglia, e riduciamo, riduciamo, riduciamo…finché lo spettacolo non diventa un’immagine da libro di fisiologia: ecco i suoi sistemi interni, la circolazione del sangue, il respiro, poi lo scheletro, i muscoli e poco più. Questo è l’essenziale, questo è ciò che proponiamo allo spettatore come ‘campo di allenamento’: un organismo, e non una gara, da nutrire con esercizi quotidiani, spirituali, esistenziali, fisici, ma soprattutto con la pratica dell’incontro, la scelta dello scambio, la resistenza attiva e non nel senso motorio, di attori e spettatori.
La scrittura dell’Orlando Furioso ha movimentato la vita di Ludovico Ariosto per trentadue anni, e noi oggi sappiamo che se volesse riaprirlo, il libro, molto ancora avrebbe da scrivere, esercitando la sua poetica sulla guerra, l’amore, la follia e la magia. Sono proprio l’attualità e la necessità di questi esercizi a convincerci della strada da prendere: riaprire la parola fine dello spettacolo per farne un ‘allenamento’ che va in diverse direzioni. Una proposta più economica e agile che ci tiene in vita, uno spazio dove possiamo essere coerenti e ridurre le quantità ma non le qualità, un ‘fare teatro’ che cerca il gomito a gomito con lo spettatore, il rifiuto di meccanismi strozzini, infine la trasformazione di un senso di frustrazione in cellule di possibilità. Eravamo abituati a pensarci gruppo, ma evidentemente dobbiamo aggiornare il senso di questa parola, anche nel teatro.
Ogni ‘sessione di allenamento’, un’ora e 20 minuti circa, può essere realizzata in strutture private o pubbliche, case, teatri, scuole, municipi, ristoranti, musei, biblioteche, ospedali, comunità, carceri, e in qualsiasi altro luogo adatto ad accogliere e ad invitare ospiti, come per un incontro conviviale.
E’ messo in scena da tre ‘attori’ che nella precedente versione erano: attore, regista, musicista. A proposito, il pianoforte è rimasto, (e ce lo portiamo noi), perché al Microcosmos
 


 

Buone e cattive pratiche
Un mail dalla Grecia
di Giancarlo Nanni

 

caro ponte di pino, provo a comunicare quello che in maniera confusa mi attraversa la mente in relazione al convegno del 6 novembre. Io sto in grecia a lavorare sul progetto dedicato ad un artista che gia' dal 1960 applicava questo concetto nella sua vita di pittore,cantante,musicista,scrittore,uomo politico,sognatore.Un ebreo di Libia HERBERT PAGANI,CHE PROPORREMO AL TEATRO VASCELLO DI ROMA DAL 8 GENNAIO 2005. Sarebbe lunghissimo parlare di tutta la nostra vita di teatranti dal 1964 e per Manuela Kustermann ,dal 1962 ,caduta,pour cause ,tra le braccia di Carmelo Bene nella sua ricerca di una strada artistica verso il teatro (un Ofelia da impazzire d'amore).E' stata la creazione del Teatro La Fede,la cantina di Porta Portese,che ha portato ad un riconoscimento della sperimentazione come forma di teatro da sovvenzionare da parte del Ministero.Una graziosa signora dagli occhi azzurri,funzionaria appassionata di teatro,frequentava il Teatro La Fede ,ed era incredula dell'esistenza di artisti che lavorassero in condizioni di disagio,di fame,di incertezza,credendo in una forma cosi' antiartistica come il teatro.
Grazie al suo interessamento,alla sua insistenza presso il Ministero,ottenemmo 500.000 lire di sovvenzione annua.Col tempo,40 anni ,la somma si e' accresciuta,ma non di moltissimo,facendo le dovute comparazioni. Fu l'inizio della pena ?
Non so che dire.Non abbiamo mai pensato a quello che dava il Ministero,abbiamo pensato a quello che facevamo,inseguendo sogni e bisogni,attraverso i contatti e gli aiuti di quanti credevano al nostro lavoro.Abbiamo avuto quello che si potrebbe definire SUCCESSO, e come a tutti ,questo ha creato problemi,illusioni,maggiore fatica nel distinguere amici e nemici,anche se i nemici non li abbiamo cercati e pensiamo che nel mondo artistico siano una invenzione,tanto per non parlare sempre bene dei buoni e dei cattivi.Rispetto alle nostre idee il lavoro non ci e' mancato,e continuiamo a farlo.Il caso e la fortuna ci hanno aiutato,la rabbia e la rivolta ci hanno sostenuto,il dubbio e la difficolta' di esprimersi ci hanno accompagnato nel tempo e nella vita.Eravamo una compagnia di giro ,avevamo successo,230 repliche di casa di bambola,in 2 anni ,in tutta italia,ma anche altre 60 creazioni,anche fuori in Usa,francia,germania,poi, ad un certo punto ,il deserto della distribuzione ,1984, circa 20 anni fa,ci fermo' e ci pose la famosa domanda : che fare?
il desiderio e la felicita',l'angoscia e la sottile perversa sensazione di quando si fanno le prove della propria vita,ci convinsero a tentare,senza dimora fissa,abbandonata la fede,gli stabili pubblici di roma e genova,abbiamo tentato la costruzione della nostra casa, Il Teatro vascello,per noi e per gli altri.
Impresa titanica,senza soldi,con i debiti,fino a 3 miliardi di lire,tutti pagati dopo 15 anni di fatica ,di risparmi,di paghe fatte fluire nelle banche,ora il Vascello naviga a vista con problemi,ma senza incubi.Vorrebbe essere punto di riferimento,essere in rete,collaborare,sentire di essere parte di una comunita' che attraversa non solo l'Italia. Ma questo e' molto difficile,anche adesso.....
Ho insegnato all'Actor Studio di New York,ho fatto conoscere il mio modo di lavorare a loro, e in Giappone e a Mosca da Liubimov,alla Taganka,Insegno al Dams di Roma da quest'anno,cosa mi manca ?
Il Ministero ni ha attribuito questo anno 15.000,euro in piu' che sono andati(andranno) alla Compagnia Egum Teatro,altri soldi andranno a Tito Piscitelli che da 3 anni lavora con noi,ma in Brasile ,con i ragazzini della strada e delle favelas, ora anche con i ragazzi di napoli,sono andati alla Nuova Complesso Camerata,artisti randagi e dissoluti,ma pieni di poesia disseminati tra sardegna e sicilia , e vanno a tutti quelli che lavorano al Vascello,12 persone fisse e 10 attori,ma complessivamente arriviamo anche a 100 artisti ( intendo artisti tutti quelli che almeno una volta hanno pulito un palcoscenico,spontaneamente).
Leggendo tutte le letterine che arrivano per il grande evento sento che qualcosa mi manca,non so come definirlo,ma sento che qualcosa non funziona,ma credo che sia nella natura umana la finzione e l'ipocrisia e che nessuno si salva,nemmeno io,dalle cattive pratiche,e sento che le buone pratiche farebbero gemere carmelo bene >bene ho finito bene sono contento bene vi auguro un gran bene, bene e benissimo.
buon lavoro
giancarlo nanni
il greco e anche ,
o'mariuolo, per il mio amato leo de berardinis e per perla peragallo


 


 

Una scuola di formazione nei mestieri dello spettacolo
Benevento, ottobre 2004-febbraio 2005
di Progetto TECHNE’

 

Direzione artistica: Ruggero Cappuccio

La questione riguardante la pedagogia è centrale in questo momento storico perché rispecchia la necessità di ridisegnare un progetto artistico articolato che fornisca oggettive possibilità lavorative ai giovani che si accostano alle discipline dello spettacolo.
La risposta particolarmente felice ai progetti formativi proposti dalla nuova Direzione Artistica di Benevento Città Spettacolo diretto da Ruggero Cappuccio che prosegue l’impegno settennale del progetto Provocazione Teatro ha spinto ad una riflessione estesa sulla questione della formazione nell’ambito delle discipline dello spettacolo e alla progettazione di una Scuola di Formazione per i Mestieri dello Spettacolo.
Il progetto di formazione che presentiamo è dedicato alle discipline "tecniche" del teatro e del cinema.
Queste discipline partecipano della progettualità generale e si formano in base ad una visione globale dell’intero procedimento realizzativo di un’opera. Perciò analoga attenzione si deve porre alla formazione di quadri artistici e tecnico organizzativi, nell’ottica di una successiva collaborazione alla produzione.

Le iniziative formative riguardano perciò le competenze organizzative nel settore dello spettacolo affiancate alle competenze di carattere tecnico per ciò che riguarda il Teatro (TECHNE’ Teatro) ed il Cinema (TECHNE’ Cinema)
Un programma articolato di laboratori avviati parallelamente consente a più gruppi di allievi di accostarsi ad altre discipline tecniche dello spettacolo, scenografia, costume e musica (TECHNE’ Arte)
Infine un corso sperimentale (primo in Italia) verrà avviato e riguarda la formazione in mestieri emergenti relativi alla pedagogia in ambiti disagiati e in gruppi sociali specifici per i quali le possibilità di impiego sono particolarmente fitte (TECHNE’ Nuove Frontiere)

Questi i corsi attivati in TECHNE’

TECHNE’ Teatro
Corso per Organizzatori Teatrali
Corso per Tecnici Teatrali

TECHNE’ Cinema
Corso per Organizzatori Cinematografici
Corso per Tecnici Cinematografici

TECHNE’ Arte

Corso per Scenografi teatrali e cinematografici
Corso per Costumisti teatrali e cinematografici
Corso per Fonici e Ingegneri del Suono

TECHNE’ Nuove Frontiere
Corso per Operatori teatrali

Il percorso formativo tende ad inquadrare gli aspetti operativi propri a ciascun corso in una dimensione storica e culturale nella convinzione che preparare quadri tecnici significhi fornire una formazione consapevole in grado di elaborare e gestire progetti sia sul piano organizzativo che culturale con accrescimento di competenze e motivazione.
Collaborano alla scuola in qualità di Coordinatori di Corso:
Mauro Carbonoli (Technè Teatro)
Enzo Porcelli (Technè Cinema)
Nicola Rubertelli (Technè Arte- scenografia e Costume)
Marco Betta (Technè Arte- Musica)
Franco D’Ippolito (Technè Nuove Frontiere)

La scuola prevede un periodo di tirocinio da attivare con strutture teatrali e cinematografiche italiane della durata di 200 ore.
Si invitano le strutture interessate ad ospitare tirocinanti nelle discipline specifiche a contattare i nostri uffici a Benevento

Contatti:
infotechnè@italialavoro.it

Mariano Grimaldi
Direttore Organizzati vo

Nicoletta Robello

Di rettore Didattico



Il progetto Technè, al suo primo di anno di attività è realizzato dal Comune di Benevento ed è interamente finanziato dal Ministero del Welfare con il coordinamento di Italia Lavoro.


 


 

Fuori dalle istituzioni, fuori dall'Italia, fuori dai teatri
Il metodo Xing
di Silvia Fanti

 

Non esistono ricette e metodologie quando si profila il vuoto (di interlocuzione e di risorse), Anche gli ultimi fatti (tagli, comunicazioni a posteriori, blanda definizione di criteri qualitativi ecc da parte del Ministero dei Beni e Attività Culturali alle compagnie) mi/ci spingono lontano e lontano da questo sistema Italia in cui dobbiamo vivere. Sarà un dato orma inscritto nella pratica che da più di 15 anni porto avanti con le formazioni a cui ho dato vita assieme ad altri (da Damsterdamned a Link Project a Xing), ma nelle istituzioni non credo e non faccio affidamento. Possono essere sì dei clienti, ma non dei datori di lavoro (non si è mai verificato un caso pregevole nella mia esperienza, probabilmente per mancanza di intelligenze a livello dirigenziale del sistema pubblico culturale) né devono essere foraggiatrici di quelle presenze del sistema forti di soli diritti assistenzialistici.

Insomma non riesco a intravedere nessuna riforma se non la pulizia e il rigore di chi alimenta e realizza il proprio disegno con forze autonome (e non significa senza sostegni finanziari). Qui si sta parlando di progettualità, non di economia. Progettualità non è solo curatela e buono o cattivo gusto ma invenzione di strumenti adatti al proprio oggetto. Costruzione di questi, verifica, riarticolazione ecc.

Uno dei più importanti documenti che ho incrociato quest'anno è il testo di Romeo Castellucci pubblicato nel catalogo del festival di Santarcangelo (vi chiederei di metterlo a disposizione, Romeo permettendo) che ribadisce la forza delle energie progettuali che si autodeterminano. Isole di pluralità, e non circuiti come spesso si parla nel documento di introduzione a questo incontro (anche se si lascia spazio a un'idea di circuitazione underground, di alterità/marginalità, che invece in Italia non esiste: mi riferisco alla demagogia del centro sociale, oggi: 2004).

Per lavorare sulla contemporaneità ci sono altri luoghi (dalla sala teatrale, dalla scuola per l'attore) altri formati (dallo spettacolo, in una scatola teatrale, su un palcoscenico), altre relazioni (con lo spettatore o visitatore, al di là della mistificazione del vero/finto), altri tempi nei rapporti di esposizione della propria ricerca (dalla 'messa in scena'), altre durate (dai circa 60 minuti, seduti in poltrona), altri contesti (dal festival di 'teatro' o di 'danza' o dalla stagione teatrale), altri interlocutori (dal pubblico teatrale, in favore di un pubblico trasversale e non di settore), altri luoghi di espressione (dalla rivista di settore).

Purtroppo per realizzare tutto questo, con agio, siamo costretti a uscire dall'Italia. A trovare interlocutori in altri paesi (ci sono comunità internazionali, la cui base è una vicinanza di linguaggi e interessi, ma anche in questi casi di sintonia, sul versante economico è pressochè impossibile coprire disparità finanziarie tra organizzazioni, nel caso si voglia far partire partnership produttive).

Riprendendo il discorso di una nuova configurazione per praticare i linguaggi della contemporaneità, non condivido la linea di insistere per stare in delle griglie di lettura dell'esistente come ad esempio quelle ministeriali o nei disegni di circuitazioni da rivendicare (i teatri di innovazione che 'devono' aprire le porte alla nuova generazione teatrale, procurando poi delusioni perché ci si trova di fronte a un pubblico … del teatro e non della contemporaneità).
Parlo alle compagnie nostre compagne di percorso anche. Si è persa quella qualità rifondativa, che forse avevano dieci, otto anni fa? Penso che si debba mantenere, per essere soggetti attivi nel panorama culturale italiano, la forza di creare nuovi contesti. Anche temporanei. Progetti unici da valorizzare e su cui costruire complicità progettuale e supporti economici, con chi più è vicino (istituzioni locali, soggetti privati più flessibili, organismi esteri come gli istituti di cultura, ecc).

Una base progettuale variabile e modulabile, per dare uno spaccato mobile dell'evoluzione della produzione culturale, in uno scenario internazionale.
Costruzione di budget e ricerca di fondi su singole proposte. Modulazione progettuale che purtroppo so già essere incomunicabile a chi gestisce le borse della cultura in Italia. Ma se l'alternativa è rientrare nelle dinamiche di compagnia di giro ottocenteca, personalmente e professionalmente prendo le distanze… Prendo l'aereo e non torno più….

Ultima parola in questo intervento meterologico: il Teatro come ci viene presentato è oggetto morto, passato. Son convinta esista un'altra forma per esprimerlo, sicuramente FUORI.

5 nov 04

 


 

K4: nuove frontiere, formazione e scambio culturale
Una kermesse di eventi pensati e proposti in 4 città della Lombardia: Milano/Brescia/Cremona/Pavia
di Xpò/Lis e TeatroInverso

 



Un progetto dell’Associazione Xpò/Lis e TeatroInverso (Brescia),
in collaborazione con il Comune di Cremona e il Comune di Pavia.
Con il contributo di Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, Comune di Cremona, Comune di Brescia, Comune di Pavia, Provincia di Brescia
con il patrocinio di CreaMi, Comune di Milano

Spazio Xpò, a Milano, è un centro per l'arte e la creatività dei giovani. Un luogo dove produrre e presentare spettacoli, performances, mostre che, ormai da quattro anni, si distingue per l'innovazione e l' originalità delle sue proposte.
Oltre al consueto festival annuale "I Giardini di Xpò", l’incontro con Il TeatroInverso, compagnia operante a Brescia, in collaborazione con Attraversarte promosso dal Comune di Cremona - Area Politiche Giovanili,, ha sviluppato un circuito di espressività giovanile, un progetto itinerante in spazi della città e si è incrociato con la manifestazione Punta su Pavia organizzata da il Settore Cultura del Comune di Pavia con l’obiettivo di far scoprire Pavia come città d’arte e di ospitalità, propongono "K4, nuove frontiere, formazione e scambio culturale" una Kermesse di eventi, pensati e proposti nelle 4 città della Lombardia, dal 12 ottobre 2004 al 25 gennaio 2005.

La kermesse nasce per presentare un panorama di artisti che esprimono disagi ed emozioni della contemporaneità, attraverso uno scambio culturale tra le quattro città.
Un programma pensato come occasione di scambio, per permettere ad operatori e critici, artisti e media di confrontarsi attraverso incontri, workshop, conferenze e spettacoli.
K4 è divisa in quattro sezioni dedicate alla letteratura, alla street art,
all'arte e al teatro.

Kermesse deve avere la forza di FORMARE attraverso lo SCAMBIO di esperienze da condividere attraverso workshop, incontri, conferenze.

Le linee guida attraverso cui si programmeranno i singoli eventi sono:
- "scambio culturale e formazione": accrescere il potenziale creativo e rigenerativo legato all’arte contemporanea e ai giovani artisti attraverso lo scambio di esperienze e tramite l’utilizzo di spazi (utilizzati collettivamente) per creare "ad hoc" elaborati in work in progress.
-"la memoria dei luoghi" ovvero l’utilizzo di luoghi di interesse storico e culturale normalmente poco conosciuti e poco utilizzati per mostre e spettacoli
con la finalità di ampliare gli ambiti di intervento delle arti performative fuori dai comuni teatri.
- "circuitazione di eventi" nelle città coinvolte che permetta alle giovani compagnie o ai giovani artisti di avere un’utenza diversificata.

Inoltre l’intento è anche quello di permettere alle utenze di ogni città di conoscere le altre realtà partner del progetto grazie anche ad una strategia di rete.



Per programmazione attuale www.teatroinverso.it


 


 

Il festicista alle Buone Pratiche: una ottima pratica
Una replica gratuita la sera del 6 novembre
di Redazione ateatro

 

Sabato sera, per chi partecipa all’incontro Le Buone Pratiche. Una Banca delle Idee per un nuovo teatro» ci sarà alla Civica Scuola d’Arte Drammatica «Paolo Grassi» di Milano una replica straordinaria del Feticista di Michel Tournier, protagonista uno straordinario Ruggero Cara. E’ uno spettacolo insieme divertente e intelligente, simpaticamente perverso, una brillante prova d’attore, non dura molto, insomma, è un’occasione da non perdere. Le prenotazioni verranno raccolte alla Civica Scuola d’Arte «Paolo Grassi» allo 02-58302813, fino a esaurimento posti. Se non vi fidate di noi (che l’abbiamo visto e apprezzato) ecco quel che ne dice la Kritika...

"Il feticista" di Tournier monologo malinconico

Sono inoffensive e poetiche le attrazioni che Ruggero Cara, protagonista al Teatro Palladium del monologo"Il Feticista" di Michel Tournier, articola in un flusso verbale da alienato tenuto sotto chiave in un ospedale psichiatrico, e sono innocue, le sue esternazioni, anche se hanno per oggetto reggiseno e mutande femminili, lingerie morbida e tiepida, pizzi e merletti decantati più dei corpi di donna che pulsano sotto. Sono tragiche e ridicole le parole di questo signore vestito con eleganza anacronistica, animato da una verve incurante dell’internamento e dell’elettroshock cui è stato sottoposto…
Sono candide ed estetiche (nel senso ora contemplativo e ora tattile dell’estetica), le idee che Ruggero Cara sciorina con amore del contatto diretto con la platea, con una voglia di scomplessarsi, di ricondurre la morbosità ad una mappa degli indumenti-amuleti di cui alla fine si fregia lungo le braccia….
Sono piene di un malinconico humour, le tirate di questo bravo e anomalo attore… che ci blandisce con maniacalità e senso sereno della futilità.
Rodolfo di Giammarco,
Repubblica 19 dic. 2003


Solo, solissimo con un reggicalze.
Bravo, l’attore Ruggero cara ne "Il feticista", grottesco monologo di Tournier

Un pazzo in libero uscita ne approfitta per entrare in un teatro affollato e naturalmente non resiste alla tentazione di raccontare la propria insolita storia. Un banale pretesto per un brillante monologo, scritto da Michel Tournier e interpretato da Ruggero Cara… E’ la storia, tanto triste quanto ridicola, di un uomo con un destino, quelli dei pizzi e dei merletti"...
Ruggero Cara è molto bravo nell’interpretare l’alternanza tra l’entusiasmo e la prostrazione. Un intelligente tragedia umoristica, che fa pensare a Pirandello.

Il Tempo 20 dic. 2003 Simona Buonamano

Quel feticista è scandaloso o sventurato?

L…L’impatto con le qualità affabulatorie del protagonista, Ruggero Cara, rapisce lo spettatore col tempo, conducendolo da un avvio apparentemente sarcastico ad un finale dai tratti intensamente drammatici…
Stefano de Stefano
Corriere del Mezzogiorno 7 dic. 2003

Cara al Nuovo
Il feticista? E’ un essere supersociale

…Dunque Ruggero Cara…sottolinea come meglio non si potrebbe quello ch’è il tema profondo del testo… e un simile sistema di paradossi surreali e iperboli corrosive, venato di un umorismo altrettanto allusivo, trova in Ruggero Cara un interprete ideale, e per l’aspetto fisico, da florido conferenziere, e per la sapiente duttilità espressiva. Da vedere.
Fiore
IL Mattino NAPOLI 7 dic.2003



L’uomo innamorato dei merletti
Il racconto delicato ed ironico di una passione bizzarra
Coinvolgente prova dell’attore e regista

Ruggero Cara, attore dal curriculum trentennale e che dal 2000 collabora con Giorgio Barberio Corsetti, incarna il personaggio del feticista in un modo semplicemente esaltante: da solo nella scatola nera di un palcoscenico completamente spoglio- eccezione fatto per un’asta da microfono che serve soltanto a reggere un cappello- con le luci di sala lasciate accese in un chiarore che non diventa mai oscurità se non alla fine dello spettacolo, Ruggero Cara snocciola il monologo con un ritmo che cresce di intensità con il dipanarsi del racconto, senza mai rinunciare alla carezza dell’ironia. Fino all’orgogliosa affermazione con cui il feticista chiude il proprio racconto, tra i pezzi di lingerie che spuntano dalle tasche come conigli dal cilindro del mago:" Ognuno ha la sua bandiera: c’è chi ha il tricolore, io ho questi!"
Aurora Acciari
Corriera della sera


 


 

Riapre a Milano il Teatro i
Sarà la nuove sede di Teatro Aperto
di Ufficio Stampa Teatro i

 

Lo spazio di via Gaudenzio Ferrari 11, luogo storico delle avanguardie teatrali milanesi, di proprietà dell’Assessorato Demanio e Patrimonio del Comune di Milano, diviene la sede artistica e operativa di Teatro Aperto, compagnia diretta da Renzo Martinelli. In un ideale passaggio di consegne il regista riceve il testimone da Mario Montagna, fondatore di Teatro i, di cui fu allievo e amico.
Mercoled’ 17 novembre, alle ore 18.30 si terrà l’inaugurazione dello spazio dopo una prima fase di ristrutturazione iniziata nel 2003. Nel corso della serata, Federica Fracassi - ­cofondatrice di Teatro Aperto - e Renzo Martinelli illustreranno le linee guida della nuova direzione artistica e i primi eventi in calendario insieme a Oliviero Ponte di Pino. A seguire un rinfresco e interventi sonori a cura di Giuseppe Ielasi.
Il Teatro i, per la sua conformazione e per la sua storia, è una sala unica nel panorama milanese. La struttura è articolata in tre volumi: un piccolo foyer, la sala e una terrazza che si affaccia sulla Conca leonardesca. Novanta posti di capienza, uno spazio scenico di otto metri e mezzo di larghezza per nove di profondità rendono l’idea delle piccole dimensioni di un luogo che pure, negli anni, ha fatto di questa fragilità la sua forza. Dalle origini infatti Teatro i si è proposto come polmone d’arte e cultura per eventi e progetti alternativi alla programmazione dei grandi teatri: negli anni Ottanta con la coraggiosa serie di laboratori ideati da Mario Montagna ­celebri i suoi lavori su Antonin Artaud-, oggi con un gruppo di lavoro riconosciuto a livello nazionale nell’ambito della sperimentazione teatrale, che intende far crescere la propria vocazione alla produzione, dando però spazio e possibilità a nuovi incontri e confronti anche attraverso iniziative culturali «collaterali» quali convegni, incontri, laboratori.
Per questo il teatro sarà anche sede di appuntamenti ideati da altre realtà che collaborano con Teatro Aperto: ad oggi reading, performance e dibattiti a cura di Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com), un gruppo di scrittori e artisti fondatori dell’omonimo blog collettivo e iFringes, eventi sonori live di artisti italiani e stranieri dell’area della musica sperimentale, concreta, elettroacustica.
La prima opera presentata al pubblico sarà Addaura Woyzeck, esito di un laboratorio-studio co-diretto da Renzo Martinelli e Claudio Collovà (Cooperativa Teatrale Dioniso- Palermo), vicini nel tentativo di scoprire una percezione più intensa di se stessi e del proprio operare. Sulla scia di questo tragitto comune, il 2005 vedrà un sempre crescente confronto tra le due compagnie.
Addaura Woyzeck sarà presentato al Teatro i nei giorni 18,19,20 novembre alle ore 21.00 e domenica 21 alle ore 19.00, ingresso gratuito.

Informazioni:
Teatro i, via Gaudenzio Ferrari 11, 20123 Milano
Staff: Chiara Bagalà, Elena Cerasetti, Simona Colombo, Federica Fracassi, Jacopo Guerriero, Renzo Martinelli, Gianni Munizza, Beppe Sordi
Ufficio Stampa: Jacopo Guerriero cell. 340/2349810
Organizzazione: Gianni Munizza cell. 338/3742437
URL:www.teatroi.org
teatroaperto@yahoo.it


 


 

Nasce ARTIndipendenti
Una rete teatrale tra Calabria e Sicilia
di ARTIndipendenti

 

Il 15 di ottobre è stata costituita ARTIndipendenti, una rete di Associazioni teatrali che coinvolge quattro centri di produzione e promozione teatrali calabresi ed uno siciliano, e che si propone di condurre un esperimento di continuità, che caratterizzi il ³lavoro teatrale² dei diversi gruppi associati nella connessione dei fattoti ricerca - produzione - fruibilità della ricerca.
ARTIndipendenti
nasce nel tentativo di riempire il vuoto determinato dalla pressocchè totale mancanza nel meridione di un¹organica proposta unificante dei livelli su cui si configurano le specifiche aggregazioni della ricerca e della produzione teatrale.
E' proprio nell'instabilità meridione che si manifesta una costante incapacità di generare momenti di aggregazione e di espressione di una direzione programmatica generale. Si è imposta, ormai da troppi anni, una politica dell¹effimero che condanna all¹episodicità ogni tentativo di iniziativa organizzativa e gli sforzi rivolti alla fondazione di specifiche strutture di ricerca e d¹organici strumenti culturali.
In controtendenza a queta situazione i centri di produzione e promozione teatrali: APRUSTUM di Castrovillari; CENTRO TEATRO CALABRIA di Cosenza; SPAZIOTEATRO di Reggio Calabria; TEATROP di Lamezia Terme e TEATRO DEI NAVIGANTI di Messina, hanno scelto di portare avanti, ciascuno nel proprio specifico, un¹idea di stabilità nello spazio e nel tempo che ha determinato la nascita di luoghi da cui far partire ed in cui far convergere progettualità. Questi luoghi ed il loro territorio sono diventati, in un Sud dove gli spazi unicamente destinati alla produzione artistica sembrano oasi nel deserto, elementi privilegiati di progetti artistici ed organizzativi. La stabilità di questi luoghi e della loro progettualità è corredata anche da un rapporto produttivo / organizzativo di tipo nuovo di cui si deve auspicare una sempre maggiore solidità e crescita.
Alla luce di queste premesse questi centri hanno valutato l¹opportunità di sviluppare un¹attività associata di produzione e programmazione, e quindi di ³unire le forze², per rafforzare e promuovere il considerevole potenziale di professionalità artistiche e tecniche che essi esprimono per qualificarlo ai più alti livelli .Una tale scelta assume una rilevanza "politica" dirompente, in un panorama teatrale stagnante dove ogni realtà è arroccata nella difesa di piccoli privilegi che altro non sono che manifestazione di impotenza della loro "marginalità".
ARTIndipendenti si propone, dunque, di promuovere un¹azione che assuma gli aspetti qualitativi del fare teatro nel Sud come terreno di confronto e scontro con il mercato teatrale nazionale, configurando un'ipotesi di vero e proprio "teatro regionale o interregionale"..
Il Coordinamento artistico - organizzativo sarà assicurato dai responsabili dei centri, che hanno individuato il Centro Teatro Calabria, quale capofila della Rete, e nel regista Nello Costabile il loro portavoce.

L¹associazione è
- 5 centri di produzione teatrale:
Aprustum - Castrovillari
Centro Teatro Calabria - Cosenza
Spazioteatro - Reggio Calabria
Teatro dei Naviganti - Messina
Teatrop - Lamezia Terme
- 5 spazi teatrali:
Caffè teatro - Castrovillari
Imaga teatro - Cosenza
Spazioteatro - Reggio Calabria
Magazzini del sale - Messina
Sala Teatrop - Lamezia Terme
- Persone impegnate n.84
70 artisti (attori, registi, scenografi, musicisti)
7 tecnici
7 segreteria e amministrativi
- Coordinamento artistico - organizzativo:
Piero Bonaccurso, Nello Costabile, Domenico Cucinotta, Francesco Gallo, Basilio Musolino
- Portavoce: Nello Costabile
- Struttura capofila: Centro Tatro Calabria

APRUSTUM
Via G. Pace, 69 - 87012 Castrovillari (CS) tel/fax 0981 21376 - aprustum@tiscalinet.it
CENTRO TEATRO CALABRIA
Via Serraspiga,1-87100 COSENZA tel: 0984 390829 fax: 0984 821334 - info@centroteatrocalabria.it
SPAZIO TEATRO
Via Giudecca, 14 - 89125 REGGIO CALABRIA tel/fax 0965 324759 - spazioteatro@ spazioteatro.net
TEATRO DEI NAVIGANTI
C.da Campola 10 Grav. Sup. - 98122 MESSINA tel/fax: 090 712979 naviganti@katamail.com
TEATROP
Piazz.ta F. Renda,1 - 88046 Lamezia Terme (CZ) tel/fax: 0968.442714 - info@teatrop.it


 



Appuntamento al prossimo numero.
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