A proposito dei Premi Olimpici per il Teatro

Quattro mail

Pubblicato il 28/06/2003 / di and / ateatro n. 054

Sono in corso le votazioni per i Premi Olimpici del Teatro, indetti dall’’ETI e dal Teatro Stabile del Veneto, in accordo con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che verranno assegnati il prossimo 27 settembre in una grande Festa del Teatro, sul palcoscenico del Teatro Olimpico di Vicenza.
Il regolamento (e altre info) sulla faccenda, li trovate naturalmente nel forum Nuovo Teatro Vecchie Istituzioni.
Qui di seguito la corrispondenza tra uno dei 200 votanti del Premio e il Segretario Generale della manifestazione.

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Date: Wed, 18 Jun 2003 06:29:56 +0200
From: Oliviero Ponte di Pino
To: premi.olimpici@enteteatrale.it
Subject: PREMI OLIMPICI
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Gentile Maurizio Giammusso,
il 9 giugno scorso ho ricevuto la sua cortese missiva in cui mi chiedeva di prendere parte alla votazione dei Premi Olimpici del Teatro e mi invitava, quello stesso giorno, alla serata in cui si sarebbe conclusa la prima fase del premio, quella della scelta dei tre candidati nelle varie categorie.
Confesso di essere rimasto sorpreso nel vedere che della giuria selezionatrice facevano parte, tra gli altri, il direttore del Teatro di Roma, il presidente dello Stabile del Veneto, il direttore del Teatro di Genova e alcuni tra i maggiori impresari privati. “Non potranno votare i loro spettacoli”, mi sono detto. “Una gran parte del teatro italiano si è autoesclusa da questo premio”. Più malignamente, mi è anche venuto da pensare che lo sanno anche loro di fare spettacoli brutti assai, che nessuno si sognerebbe di premiare, più o meno olimpicamente…
In ogni caso, forte del senso critico (e autocritico) dei giurati, ho atteso fiducioso le nomination. Ho subito misurato la mia ingenuità, nella patria del conflitto d’interessi. Ma questo è un dettaglio.
Sono rimasto allibito quando ho visto la terna della categoria «Miglior spettacolo d’innovazione». Non certo per i tre registi candidati, che conosco, apprezzo e sostengo da molti anni. Quello che mi risulta assolutamente incomprensibile è come si possano inserire in questa categoria artisti come Federico Tiezzi e Pippo Delbono che lavorano ormai da decenni, con importanti successi anche all’estero. Non capisco perché, per esempio, Sabato, domenica e lunedì con la regia di Toni Servillo (che è più o meno loro coetaneo) debba di fatto essere considerato «non innovativo» (o regressivo?) rispetto all’Ambleto. La scelta di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi di lavorare su uno dei più importanti drammaturghi italiani copre il colpevole vuoto su questo fronte dei teatri stabili. Per certi aspetti Quel che sapeva Maisie (tra parentesi, uno spettacolo che ha debuttato la scorsa stagione) è un lavoro decisamente «innovativo» sul piano del lavoro sul personaggio: la regia di Antonio Latella, certo interessante, mi parrebbe assai meno «innovativa» di quella di Luca Ronconi (anche se almeno, rispetto a Tiezzi e Delbono, Latella ha dalla sua l’anagrafe), mentre sono certo più innovativi i suoi Trionfi testoriani, dal punto di vista del linguaggio teatrale. Soprattutto, Pippo Delbono e Federico Tiezzi hanno da tempo affinato gli strumenti del loro arsenale drammaturgico e registico: inserirli oggi in questa categoria mi sembra umiliare il loro percorso artistico.
Fermo restando che stimo e apprezzo (quasi) tutti gli artisti nominati ai Premi Olimpici, se queste sono le antenne che dovrebbero non dico cogliere, ma almeno registrare l’«innovazione», mi paiono del tutto inadeguate rispetto a quello che accade oggi sulle nostre scene.
I miei potrebbero essere considerati giudizi di valore, criticamente opinabili e discutibili, se presi singolarmente, uno per uno. Tuttavia mi sembra di dedurre, da queste scelte, una visione del teatro italiano che non condivido, che non posso condividere e che combatto da anni. Questa visione è fondata sull’equivoco che esista un teatro ufficiale, tradizionale, degno dei velluti e degli ori, e un teatro “altro” (di ricerca, di sperimentazione, d’avanguardia, o se si preferisce un termine più neutro di «innovazione»), che deve starsene nelle sue cantine. Il primo destinato al grande pubblico e ai grandi circuiti, il secondo alle élite e alle rassegne di fine stagione (aggiungo che, venendo dall’ETI, questa è una considerazione assai inquietante), con i suoi avanguardisti più o meno attempati. Salvo qualche (temporanea) eccezione, quando finalmente uno di questi fanatici si rassegna a fare uno spettacolo «normale», di quelli che si possono mostrare agli abbonati…
E’ una visione in base alla quale, dopo decenni di attività – e dopo numerosi riconoscimenti di critica e di pubblico – un certo teatro viene pervicacemente tenuto nel ghetto, e nuovamente marginalizzato non appena gli viene affidato qualche spazio e responsabilità: la vicenda di Mario Martone al Teatro di Roma e la degradante parabola dell’India restano esemplari.
Mi si potrà chiedere: “Perché invece di rompere le scatole non voti Antonio Latella, che ti piace tanto ed è pure giovane?”. Semplicemente perché con queste nomination i Premi Olimpici ratificano una situazione contro cui combatto (invano) da anni: uno stallo che ha portato il nostro teatro a una progressiva asfissia e a una drammatica involuzione creativa. Mi ritengo dunque costretto a declinare l’invito a partecipare a questa votazione, ringraziando ancora per avermi inserito nelle liste elettorali.
Cordialmente
Oliviero Ponte di Pino

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From: premi.olimpici
To: olivieropdp@libero.it
Sent: Wednesday, June 18, 2003 4:18 PM
Subject: Re: PREMI OLIMPICI
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Gentile Oliviero Ponte di Pino,
La ringrazio della bella lettera e delle articolate ragioni critiche con le quale declina l’invito a partecipare alla votazione dei Premi Olimpici. Proprio dal Suo scritto mi pare di cogliere delle ragioni culturalmente serie sull’organizzazione dei Premi e sul Teatro Italiano in generale, che in larga misura condivido io stesso. Per queste ragioni mi affretto a risponderLe, anche se brevemente, augurandomi di avere presto l’occasione di conoscerLa e parlarLe a voce.
Per chiarezza procedo per punti:
1 – Nel Paese del “conflitto di interesse” la presenza di tanti consolidati interessi artistici e produttivi nella giuria ristretta può giustamente sollevare sospetti. Ma lo spirito è esattamente il contrario: rendendo espliciti, visibili e addirittura portati su un palcoscenico davanti al pubblico di addetti ai lavori quei potenziali “conflitti di interesse” assumono tutt’altro significato; il significato di un insieme di competenze e responsabilità, che coralmente – e ripeto davanti ad un pubblico – vengono messe a disposizione dei Premi; Premi che – ci perdoni l’ambizione – puntano a rappresentare il teatro italiano nel suo insieme e nelle sue verità.
2 – Tale meccanismo è usato in quasi tutti i grandi premi. La stessa Accademy americana è formata – come sa bene – da alcune centinaia di persone che hanno diretti interessi nella produzione cinematografica. L’unica alternativa possibile credo sia o quella di formare una giuria tutta di critici (ma sono davvero al di sopra di qualsiasi conflitto di interesse?) o di incompetenti.
3 – Lei è rimasto “allibito” leggendo le terne finaliste, anche se mi dice di stimare ed apprezzare quasi tutti gli artisti nominati: perché allora tanta contrarietà? Forse perché il Teatro italiano ha una geografia diversa da quella che Lei preferirebbe? Se è così non so darLe torto: lavoro da 30 nel teatro, per 17 anni ho fatto il critico del “Corriere della Sera” a Roma, ho scritto sei libri, tenuto dozzine di conferenze e mostre. E quasi mai mi sono trovato d’accordo con la geografia del Teatro italiano.
A questo punto non voglio approfittare troppo della Sua attenzione, se vorrà dare un po’ di credito alle mie intenzione e di chi organizza Gli Olimpici ne sarò felice. Altrimenti spero che i fatti potranno nel futuro farLe cambiare opinione.
Con stima
Il Segretario Generale
Maurizio Giammusso

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Date: Fry, 20 Jun 2003 07:12:26 +0200
From: Oliviero Ponte di Pino
To: premi.olimpici@enteteatrale.it
Subject: R: Re: PREMI OLIMPICI
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Gentile Giammusso,
la ringrazio della sua cortese risposta.
Ma a mio modesto avviso il problema non è che il teatro italiano è diverso da quello che lei o io vorremmo.
Il problema è che la geografia del teatro italiano, così come emerge dalle scelte della giuria dei Premi Olimpici, è diversa da quello che il teatro italiano effettivamente è.
Il problema è che non capisco la logica culturale che sottende quelle terne.
Non capisco per esempio che cosa la giuria intenda per “innovazione”.
Il problema è che un premio indetto dall’ETI – un ente che avrebbe, tra le altre sue funzioni, il compito di cogliere e sostenere le novità che compaiono sulle nostre scene – non “vede” quello che sta accadendo (a differenza di molti enti e istituzioni straniere, che coproducono ormai molti giovani gruppi italiani, con maggiore curiosità e generosità dei teatri italiani).
Il problema è che scelte di questo genere rendono il teatro italiano – che già se la passa piuttosto male – sempre meno interessante, sempre più diverso da quello che vorremmo che fosse.
Ringraziandola ancora per l’attenzione, cordialmente
Oliviero Ponte di Pino

PS mi sono permesso di pubblicare la mail che le ho mandato nel sito “ateatro”, dove ai Premi Olimpici è dedicato ampio spazio. Se lei me lo concede, pubblicherei sul sito anche il nostro scambio.

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Date: Fry, 20 Jun 2003 20:43:13
From: Maurizio Giammusso
To: Oliviero Ponte di Pino
Subject: PREMI OLIMPICI
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Gentile Ponte di Pino,
le sue righe sono sempre tanto stimolanti, da smuovere la mia pigrizia a rispondere.
Le questioni che pone sono serie e bene argomentate. Provo a replicare telegraficamente, ma so bene che certe cose non si risolvono per telegrammi:
1) Può darsi che le scelte della giuria non rappresentino la geografia del Teatro italiano, quale essa è. Tuttavia un qualche credito a quei quattordici signori, fra i quali quattro nostri colleghi, io glielo darei. Certo può apparire sottovalutata un’area più innovativa, sperimentale o di nuovo teatro (lo chiami come vuole); certo la categoria del “miglior spettacolo di innovazione” non può bastare a chi come Lei l’apprezza in modo particolare. Proprio per questo una delle persone che contattai per prima per la giuria dei 14 fu un celebre e potente nostro collega, al quale offrì anche di indicarmi una persona di suo gradimento “per non sentirsi troppo solo” insieme agli altri. Lui accettò ed accettò anche l’altra persona. Era l’inizio di ottobre. Due mesi dopo, proprio la sera prima di comunicare alla stampa la composizione della giuria, il nostro collega mi telefonò e si dichiarò indisponibile. Dopo dieci minuti fece lo stesso l’altra persona. Peccato, con loro due in giuria, forse le terne sarebbero state più vicine alla sua sensibilità.
2) Lei dice che “un premio indetto dall’ETI – un ente che avrebbe, tra le altre sue funzioni, il compito di cogliere e sostenere le novità che compaiono sulle nostre scene – non “vede” quello che sta accadendo”. Ebbene io non sono l’Eti e giro al suo Presidente la sua osservazione. Quanto alla presunta “cecità” del Premio, le rispondo con un altro piccolo retroscena curioso, perché sono sicuro che apprezza il “dietro le quinte”. Fra i 258 artisti e professionisti invitati a partecipare alla giuria, solo sette o otto (fra i quali Lei) hanno declinato l’invito. Fra questi – e in modo piuttosto sdegnato, chissà perché – anche una giovane autrice, che forse non si fidava di una giuria così borbonica. Ignoro cosa avrà pensato la stessa autrice, quando ha avuto la notizia che il suo giovane nome compare ora nella terna dei migliori autori, insieme a Magris e Salemme. Mi chiedo se – con lo stesso sdegno – rifiuterà eventualmente anche il premio, caso mai vincesse nella votazione-referendum.
3) Infine il suo ultimo affondo: “scelte di questo genere rendono il teatro italiano – che già se la passa piuttosto male – sempre meno interessante, sempre più diverso da quello che vorremmo che fosse.” Caro Ponte di Pino, l’impegno è proprio di soccorrere il Teatro che se la passa male: magari anche attraverso questa nostra piccola polemica. Non credo invece che possa nuocere a nessuno, ma proprio a nessuno applaudire nella stessa serata tanti artisti, così diversi, compreso qualcuno che non mi saluta e che non andrei mai a vedere.
Con stima.

P.S. Davvero vuol pubblicare le nostre e-mail? Io non ho nulla in contrario, ma spieghi bene che non erano affatto scritte (le mie almeno) per essere pubblicate.

Oliviero_Ponte_di_Pino_e_Maurizio_Giammusso




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