Dedicato a Marisa Fabbri

L'editoriale

Pubblicato il 01/07/2003 / di / ateatro n. 054

ateatro 54 è dedicato a Marisa Fabbri. Il perché lo spiega bene Andrea Balzola, nel ricordo che apre il numero: «Tra le molte cose che ho imparato, lavorando insieme a Marisa, la più rilevante è stata forse proprio la sua determinazione a rimettersi continuamente in gioco, a non sostituire mai la forma con la formula e la ricerca con il repertorio, anche quando, all’’apice della fama, della carriera e in un’’età avanzata avrebbe potuto limitarsi a gestire la sua “icona” pubblica».
Nel teatro italiano di questi anni, Marisa Fabbri ha rappresentato per molti un punto di riferimento, ma purtroppo anche una eccezione, una delle tante anomalie che faticano a incidere sul sistema. Però è anche grazie alla pratica artistica e alla carica umana di persone come Marisa Fabbri che le nostre scene, ogni tanto, hanno ancora qualche sprazzo di vita e di autenticità, e costruiscono occasioni di incontro e di scambio.
Uno degli obiettivi di ateatro (un obiettivo troppo ambizioso per le nostre forze) è di fare in modo che percorsi come il suo suscitino interesse e curiosità, possano essere meglio conosciuti e studiati, vengano inseriti in un sistema teatrale più aperto, trovino condizioni di lavoro più adatte alle loro necessità.
Pochi giorni dopo Marisa Fabbri è mancato anche Enrico Baj, patafisico e artista, ma anche scenografo teatrale e inventore di straordinarie marionette per Massimo Schuster. Nel mitico ateatro45, numero monografico sul Teatro di figura, lo stesso Baj ha raccontato la sua carriera teatrale, in una divertente e gustosa testimonianza intitolata Colui che mi fa giocare: un testo bellissimo, corredato da alcune fotografie che aiutano a cogliere la leggerezza del suo genio.

In ateatro 54 tiriamo qualche altro sasso nello stagno. Per prima cosa ricordiamo per l’’appunto Marisa, grazie a Andrea Balzola che con lei ha lavorato in diverse occasioni. Poi lanciamo qualche grido d’’allarme sulla’’involuzione dello scenario teatrale italiano: parliamo dei Premi Olimpici per il Teatro, con qualche gustoso “dietro le quinte” (ma nel forum NTVI trovate anche qualche gustosa info sul Premio Almirante); riprendiamo il grido d’’allarme lanciato a Prato, in occasione di Contemporanea 03, da un gruppo di operatori teatrali (al quale ateatro si associa); e rilanciamo la discussione sulle Giornate Professionali italo-francesi, che sul versante italico paiono attraversare una fase di stallo (e infatti si parla anche di questo, in giro per il festival…).
Da diversi mesi (o meglio, anni) i segnali che arrivano dal nostro teatro sono sempre più inquietanti. Sono il sintomo di un’involuzione e di una crisi che non riesce a trovare sbocchi, malgrado la qualità di alcuni spettacoli. Le risorse pubbliche sono sempre minori (e sempre peggio distribuite), e continueranno a diminuire (e verranno distribuite sempre peggio). I teatri stabili, l’’ossatura del nostro sistema teatrale, non fanno (quasi) nulla per ritrovare il loro ruolo e la loro funzione, e si trovano in evidente difficoltà: basti pensare che il Piccolo Teatro di Milano non riesce più a produrre gli spettacoli di Luca Ronconi se non attraverso complessi meccanismi di coproduzione. Le realtà del nuovo teatro continuano ad avanzare in ordine sparso, senza trovare comuni terreni di intervento, cercando di salvarsi singolarmente la pelle, al prezzo di compromessi sempre più al ribasso (ma è un copione già visto e rivisto). Non si vedono alternative agli attuali canali di distribuzione degli spettacoli, sempre più strozzati, sempre meno disposti al rischio. Basta guardare i cartelloni dei teatri, caratterizzati da un livellamento verso il basso, verso la banalità e la routine.
Ma l’’estate non è solo il momento dei Premi e delle polemiche: è anche la stagione dei Festival (trovate i programmi di decine e decine di manifestazioni estive nel forum apposito, e se non li trovate aggiunte le vostre segnalazioni).
A proposito di Festival, ateatro 54 offre un’’anteprima di alcuni degli spettacoli che debutteranno al Festival di Santarcangelo: In fondo a destra di Raffaello Baldini, regia di Federico Tiezzi con Silvio Castiglioni, Cinema Cielo di e con Danio Manfredini e I canti del caos di Teatro Aperto dal fluviale romanzo di Antonio Moresco.
Per tnm, Andrea Balzola recensisce il saggio L’incertezza creativa. I percorsi sociali e comunicativi delle performance artistiche, mentre Anna Maria Monteverdi intervista l’’autrice Laura Gelmini.
Si torna anche a parlare di quello che i britannici definiscono «in yer face theatre», con la recensione a Polaroid molto esplicite di Mark Ravenhill, regia di Elio De Capitani per i Teatridithalia, e con il saggio di Gaia Paggi su Amore e violenza nel teatro di Sarah Kane.

Redazione_ateatro




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