Due giorni con Judith Malina e Hanon Reznikov

Il Living Theatre alla Spezia e al Festival Portovenere Donna

Pubblicato il 08/10/2003 / di / ateatro n. 056

La Spezia-Portovenere 31 luglio

Oreste Valente, attore e regista nonché direttore artistico del Festival “Portovenere Donna” ha salvato l’estate spezzina 2003. La presenza di Judith Malina e Hanon Reznikov del Living Theatre, da lui chiamati il 31 luglio alla Spezia, ha lasciato un segno indelebile in un territorio sempre più stagnante quanto a creatività e progettazione culturale.
Tralasciando alcuni dettagli insignificanti (l’assenza non giustificabile del direttore artistico Antonello Pischedda e di molti teatranti locali, la pressoché nulla promozione dell’evento da parte del comunale Teatro Civico), la comparsa sul palco all’aperto in piazza Mentana di Malina-Reznikov ha rigenerato tutti noi presenti in quella serata dove poesia, argomentazioni politiche, sguardi e azioni sceniche si mescolavano all’aria salmastra proveniente dal vicinissimo mare.
Labirinto dell’immaginario è un reading poetico molto speciale con poesie di Reznikov, Malina e Beck; aveva debuttato a Napoli, Castel Sant’ Elmo, a luglio, in occasione della omonima mostra-omaggio a Julian Beck, ideata dalla Fondazione Morra (3 luglio-28 settembre).


Inizia una raggiante Malina con una sua poesia tratta dalla recente raccolta Love and Politics, in cui la visione libertaria della vita genera una nuova classicità:

While off the isle of Cyprus in a boat,
I saw the heaf of Aphrodite afloat,
And told her I’m an Anarchist and do not vote.
She answered, “That’s all right”.
(…)
“Oh stay!” I cried. “There are so many things
we should discuss: the power of unnecessary kings,
The sexual oppression of which Sappho sings…”
But she sank out of sight.

Ancora ricordi in forma di poesia di Julian Beck tratti dal suo testamento poetico e postumo, La vita del teatro, letti alternativamente da Reznikov e Malina.
Malina interrompe le letture per spiegare il significato del “teatro politico” secondo il Living e l’eredità che ha raccolto dal maestro Erwin Piscator, “il cui pensiero ha toccato le sperimentazioni sulle forme artistiche contemporanee”. Malina amava molto le costruzioni scenografiche “tecnocratiche” di Piscator, ricche di strutture a più piani, di pareti di proiezione per diapositive o film: “Oggi forse avrebbe fatto spettacoli con ologrammi!”. Il vero lascito di Piscator secondo Malina è che “oggi il teatro si può fare ovunque”; grazie alla sua idea di “teatro totale”,

tutto quello che facciamo nella nostra vita quotidiana è davvero un momento di teatro, ma non nel senso che è finzione ma che è azione drammatica, rinnovato e consapevole modo di essere.


Ancora sull’impegno dell’attore, seguendo il pensiero di Piscator Malina ricorda:

Il lavoro del regista è effimero, il lavoro dell’attore è nella testa; quando un attore entra in scena qualcosa succede, c’è un senso elevato in questo comunicare a teatro con altre persone, è un modo più intenso di vivere, è come vivere un più alto senso di realtà. Dobbiamo avere qualcosa di importante da dire, qualcosa di bruciante per noi, non ci deve essere culto della personalità né egoismo.

C’è una frase di Piscator che Malina cita nel suo diario datato 1947-1957 e che mi piace ricordare: “Vorrei fare di ogni attore un pensatore e di ogni drammaturgo un combattente”.
E racconta la scoperta “della bella storia degli anarchici” da cui ha appreso “come è possibile organizzare tutta la nostra vita da un altro punto di vista che non sia quello del potere e del profitto” e che ha portato lei e Julian Beck a quella forma di “rivoluzione permanente” che è il loro teatro, “teatro migliorativo”, “teatro della consapevolezza sociale”. Pochi minuti per sintetizzare una vita e un’idea di teatro ancora “living” da 56 anni. Vengono in mente le migliaia di riflessioni sul pacifismo, sulla libertà, contro la guerra e tutte le forme di oppressione e prigionia che animano i diari suoi e di Beck, le “notes” agli spettacoli, alcuni dei quali mai pubblicati o mai tradotti in italiano, altri resi pubblici da piccole case editrici anarchiche. Il diario 1947-1957 di Malina offre una testimonianza straordinaria sulle vicende personali e storiche, un interessante mescolarsi di letture interiori, riflessioni sugli eventi quotidiani, squarci degli avvenimenti dell’epoca. La ricerca del lavoro e la ricerca di uno spazio dove aprire un teatro, la scelta del repertorio, la nascita del figlio Garrick, la conoscenza di William Carlos Williams, Allen Ginsberg, Jackson Mac Low e ee cummings, l’uccisione di Gandhi il 31 gennaio 1948, il timore di un nuovo conflitto mondiale in pieno clima di guerra fredda, l’ondata anticomunista e le leggi restrittive di Joseph Mac Carthy sull’attività sindacale e sull’attività politica, la Bomba H fatta esplodere in un atollo del Pacifico che quasi convinse Beck a partire per l’Europa, il costante timore di arresti per il proprio credo politico, la guerra in Corea, l’arresto durante una manifestazione pacifista insieme con Doroty Day del sindacato dei lavoratori Catholic Workers, la descrizione delle condizioni delle detenute e del livello di solidarietà e di aggregazione.


Con Hanon dànno poi, sul palco, corpo e voce attraverso la poesia, all’immagine anarchica di Utopia che “non sta in nessun luogo perché non è un punto ma una linea dove dirigersi” e sorprendono il pubblico con la decisione di mettere in scena anche alcuni brevi frammenti dell’Antigone, considerato universalmente lo spettacolo-manifesto del pacifismo. Vengono in mente i recenti bombardamenti sull’Iraq in nome dell’Impero.
Ci piace riportare la sequenza del dialogo tra Creonte e Antigone nella traduzione di Judith Malina (New York, Applause Theatre Book Publishers, 1990) recitata in inglese alla Spezia:

KREON
Do you admit or you deny that you did it?

ANTIGONE
I say that I did and I don’t deny it

KREON
Now tell me, and be brief:
are you aware of what was announced
in the open city about this particular corpse?

ANTIGONE
I knew it. How could I help you. It was clear enough.
(Guarda intensamente il pubblico e coglie il singolo sguardo dello spettatore)

KREON
And yet you dared to break my law?

ANTIGONE
Just because it was your law, a human law,
that’s why a human being may break it – and
I am just as human as you and only slightly more
mortal. And if
I die before my time, I think it’s
because it has its advantages; when you’ve lived
the way I have, surrounded by evil, isn’t there some
slight advantage in death? And further, if I had my mother’s
dead son lie unburied
that would have made me unhappy; but this
does not make me unhappy. And if seem crazy to you
because I fear the judgement of heaven,
which hates the bare sight of mangled bodies,
and I don’t fear your judgement,
then let a crazy judge judge me.

KREON
The toughest iron yelds
and loses its stubbornness, tempered
in the ovens. It happens every day.
But this one here enjoys
making fun of the laws of the land.
And to top this impertinence, now that
she’s done it. I hate that: when somebody’s
caught in a crime and tries to make it look pretty.
And yet, though she insults me in spite of our family ties,
I’ll be slow to condemn her because of our family ties.
Therefore I ask you: since you did it in secret
and now it’s out in the open, wouldn’t you say,
to avoid severe punishment, that you’re sorry you did it?
Tell me why you’re so stubborn.

ANTIGONE
To set an example.

KREON
Doesn’t it matter to you that I have you in my hands?

ANTIGONE
What more can you do to me, since you have me, than kill me?

KREON
Nothing more. But having this, I have all.

ANTIGONE
What are you waiting for? I don’t like
what you’re saying and I won’t like what you’re going
to say.
And I know you don’t like me either.
Thought there are those who do, because of what I did.

KREON
So you think there are others who see things as you do?

ANTIGONE
They see it too and they are moved by it
(indicando il pubblico)

KREON
Aren’t you ashamed to claim their support without asking?

ANTIGONE
There’s nothing wrong in honoring my brother.


Malina termina con il ricordo in forma di poesia, dell’incontro con il suo principe, Julian Beck, quando ancora diciottenne lavorava in una lavanderia e sognava l’Arte del Teatro:

Every one of the cleaning women
dreamt of something else
when she was seventeen.
They smile, they joke, they sigh,
in their smocks and comfty shoes –
They try not to recall the plans
for a miracle or a marriage.
(…)
When I was eighteen and worked
in the laudry counting
the dirty wash, I dreamed
that the prince would come.
And he come. And that my talent and ardor
woud rescue me from listing:
Five napkins – 8 pieces underwear –
rescue, and lead to a privileged life.

And I was the fortunate one,
leading a privileged life – rescued
from smock and broom, and now my friends
ask me why I’m so sad when I see the cleaning women
laughing as if it were nothing.

“You and your Jewish guilt”
“But somebody has to do it”.

But every one of the cleaning women
dreamed that it wouldn’t be she.


Alla fine dello spettacolo Judith e Hanon raggiungono il foyer interno del teatro dove sono stati ricavati i camerini e dove sono raggiunti da una telefonata in diretta da Radio 3 per un’intervista.

Portovenere-Le Grazie, 1° agosto 2003

Abbiamo appuntamento alle 19 all’Hotel Paradise a Portovenere, che ha una splendida terrazza sul Golfo; porto il liquido per le lenti a contatto che Hanon mi aveva chiesto per telefono la mattina; il personale dell’Hotel chiede loro il permesso di fare una fotografia. E in disparte a me, di scrivere i loro nomi su un foglio.
Dico a Judith e Hanon che la serata della Spezia era stata davvero emozionante per tutti e che il pubblico aveva partecipato con passione sincera: “Molti ci hanno detto questo, c’era in effetti un clima particolare”.
Iniziamo a parlare dell’attualità dell’Antigone, per rilanciare il significato urgente della pace. Sull’attualità del testo di Sofocle Malina ci dice che

è sempre il tempo giusto per fare Antigone perché le guerre sono sempre in corso. Era il tempo giusto per l’Antigone quando ci avevano chiamato in Israele nel 1982 e scoppiò la guerra in Libano; era il tempo giusto per un’Antigone «clandestina» quando negli anni Ottanta eravamo in Polonia ad appoggiare il gruppo di Solidarnosc e Havel era in prigione. Con tutti i problemi del mondo non c’è però motivo di perdere la speranza.

Mi parlano con entusiasmo della grande mostra di Napoli, del catalogo “grande come un elefante” che la Fondazione Morra ha realizzato per l’occasione. Oltre ai materiali storici ci sono installazioni visive e sonore di artisti contemporanei, mentre fino a settembre il programma prevede performance, concerti legati alla memoria, diretta o indiretta, del Living Theatre e di Julian Beck. Porteranno alcune di queste opere anche a New York, nel nuovo spazio che stanno costruendo:

Abbiamo comprato il terreno per costruire un nuovo teatro, avrà 200 posti; i lavori sono già cominciati, lo inaugureremo tra marzo e maggio prossimo. E’ a Manhattan nella 49a strada. Nel cuore di New York a pochi passi da Broadway. I soldi li abbiamo avuti da sovvenzioni ma soprattutto da un’eredità dei genitori di Beck.

Malina si illumina nel volto a sentire raccontare questi dettagli, come se prefigurasse nella sua mente il teatro già terminato. Chiedo allora se si allontaneranno definitivamente dall’Italia. Ci risponde Hanon:

Judith dice: «L’Italia mi ama ma l’America ha bisogno di me». Così staremo otto mesi là e quattro in Italia e non il contrario come abbiamo fatto finora.

Parlare della situazione di Rocchetta Ligure, dove sono ancora ospiti in residenza a Palazzo Spinola, mette tristezza a Judith. Spiega Hanon:

Abbiamo una intimazione di sfratto. La situazione non è chiara. Sin dall’inizio il Comune non aveva risorse, ma dal primo anno la Provincia di Asti ha approvato un protocollo per il sostegno di queste spese. Il Comune non era però soddisfatto e ci ha detto che non poteva permettersi di sostenerci. Abbiamo avuto un incontro duro col Sindaco che ci ha fatto capire che non eravamo desiderati, ma la Provincia invece tiene molto alla nostra presenza.

Chiedo del nuovo progetto di spettacolo dal titolo Enigmi che inaugureranno il 27-28 settembre prossimo a Napoli, nello spazio di Castel Sant’Elmo (per poi partire immediatamente per l’America). Ci spiega Malina:

E’ basato sulle notes che ha lasciato Julian Beck e abbiamo iniziato a discuterne collettivamente da marzo. Ma prima ancora ne avevamo discusso con Julian, era un discorso aperto, ne abbiamo parlato per un anno e lui ha scritto queste notes. Si parte da un interrogativo: «Cosa è l’enigma della vita?» e ora ti dico tre parole su cui abbiamo lavorato: enigma, puzzle, riddle. Riddle è l’indovinello della Sfinge a Edipo. Allora discutiamo collettivamente su cosa è enigma, è un pensiero profondo, una sfida da cui non c’è uscita, che non ha soluzione: «Che cosa è la morte?» Discutiamo e ci chiediamo «Quale vogliamo che sia il soggetto di questo enigma?» E abbiamo chiesto a ciascun attore di pensare al suo proprio enigma e ognuno ha la sua teoria. Finora abbiamo raccolto certe azioni e alcuni movimenti. Ma è ancora molto vago.

Hanon:

Julian ha lasciato pochi appunti sotto la rubrica di Enigma: sono tredici enigmi in chiave poetica, per esempio L’enigma del lato destro del cuore, oppure L’enigma della domenica pomeriggio.
Noi abbiamo lavorato in modo collettivo; ogni attore è stato incoraggiato a realizzare ciascuno il proprio enigma e io ho cercato di legarlo a quello di Julian. L’idea è di coinvolgere il pubblico, presentare loro degli enigmi che li portino a porsi delle domande. Negli appunti di Julian c’era un’enfasi su questo punto. Stiamo ancora cercando una struttura dinamica, con momenti intrecciati, non singoli. Ci sarà anche Amleto!

Ricordiamo le parole di Beck in Domande: «Le domande di Amleto sono la sua gioia o la sua rovina?»
Chiedo di Resistance:

Lo abbiamo realizzato completamente senza parole, abbiamo lavorato sui resoconti dei partigiani e abbiamo formulato certe azioni. Le testimonianze provenivano da uomini della resistenza o carte (referti) di ospedali e io ho aggiunto diversi cori poetici. Ma è uno spettacolo che è stato rappresentato poco in Italia, niente al Sud, ne abbiamo fatto una versione Resistance Now per Genova al G8 creato con 30 artisti. Il nostro teatro pacifico ha invaso la città. Ci legavamo col pubblico con nastri rossi che tiravamo come una spirale che ci stritolava. Poi recitavamo Moods, la poesia di Allen Ginsberg. E’ stato realizzato anche un film documentario Resist diretto da Dirk Szuszies, girato nelle diverse situazioni, anche in Libano. Sarà presentato a Viareggio al festival europeo del cinema a settembre.

Judith e Hanon devono prepararsi per la serata. Prima di congedarsi Judith mi regala il suo libro di poesie Love and politics e mi scrive una dedica bellissima:

For Anna Maria
who has understood so much
of what we are trying to do

La serata ha per titolo Il tasto di Aladino ed è presentata al convento degli Olivetani alle Grazie. Oreste Valente ha inserito Judith e Hanon all’interno del progetto a cui ha lavorato quest’inverno a Ivrea per la Fondazione Olivetti sulla “memoria” e sugli “archivi olivettiani”.
Nella prima parte Sara Bertelà ha letto e interpretato un testo, Macchinerie ispirato alla macchina da scrivere Olivetti Lettera 22; nella seconda parte Judith e Hanon hanno raccontato la memoria del Living Theatre e l’archivio costituito di materiali di ogni genere che la stessa Judith sta raccogliendo da cinquant’anni. Un archivio dalle dimensioni enormi conteso dalla New York University e da Yale:

Bisogna conservare tutto. Non sai cosa è prezioso dopo. Io raccolgo ogni cosa perché non sappiamo cosa potrà trovarci qualcuno per capire cosa è questa cosa effimera che è il teatro, questa cosa inesplicabile e trascendente che è il teatro. Quando il teatro comunica qualcosa non sai cosa può diventare una piccola cosa. Serve per non ripetere gli errori del passato. Possiamo avanzare e possiamo capire dove vogliamo andare.

Malina spiega anche che

La gloria e la tragedia del teatro è che è una cosa effimera. Film e video tradiscono il lavoro dell’attore perché il video non è il teatro e non può rappresentarlo. Abbiamo bisogno di molti oggetti, testi, voci, storie per la memoria. Qualche tempo fa ho avuto il piacere di visitare la «sacra camera degli oggetti preziosi», ovvero i memorabilia shakespeariani di una delle più grandi collezioniste del mondo. Mi ha fatto vedere, tremando, un testo. C’erano al margine alcuni appunti scritti dagli attori. Possiamo immaginare che quando hanno raccolto questi preziosi testi per pubblicarli, forse avrebbero voluto eliminare le note degli attori ma quelle piccole notazioni, quelle visioni del teatro di quel tempo, per me erano la cosa più toccante.

Vengono infine letti brani poetici di Beck Malina e Reznikov e frammenti da Zero Method.

Anna_Maria_Monteverdi_con_le_foto_di_Enrico_Amici

2003-08-10T00:00:00




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