Il teatro nell’era digitale

Le Théâtre à l'ère du numérique, Parigi, 24 ottobre 2003

Pubblicato il 03/11/2003 / di / ateatro n. 059

Emanuele Quinz, presidente dell’associazione Anomos e Stéphane Cagnot di Dédale hanno ideato e coordinato il convegno internazionale Création numérique, les nouvelles écritures scéniques di cui è stata presentata la prima tappa dal titolo Le théâtre à l’ère du numérique a Parigi, Centre Georges Pompidou il 24 ottobre 2003 nel quadro del Festival Résonances-IRCAM. Insieme a Quinz e Cagnot ha lavorato un qualificato gruppo di membri del comitato scientifico tra cui Armando Menicacci, direttore del Laboratoire Mediadanse, Ludovic Fouquet, ricercatore teatrale, Florence Laly, membro dell’equipe di Manège, Scène Nationale di Maubeuge e programmatrice del Festival Via, Clarisse Bardiot, ricercatrice del Laboratoire de Recherche sur les Arts du Spectacle al CNRS, e Franck Bauchard, ricercatore e responsabile del settore teatrale del Ministero della Cultura francese.
Il programma di Création numérique continuerà nei prossimi mesi alla Comédie Française: La scène des interfaces, 16 dicembre 2003; Les métamorphoses de l’acteur, febbraio 2004; Les questions professionnelles: production et diffusion, aprile 2004; Texte, dramaturgie, écriture, maggio 2004. Gli atti del convegno verranno pubblicati come volume monografico di “Anomalie”, la rivista di Anomos.
Gli incontri del 24 ottobre si sono articolati in tre momenti di approfondimento con relative tavole rotonde e dibattiti alla presenza di un numeroso pubblico di studenti, ricercatori, professionisti del teatro e artisti. Dopo una prima introduzione di Franck Bauchard sul tema della giornata di studio e di Bernard Stiegler e Andrew Gerszo, rispettivamente Direttore e responsabile della sezione pedagogica e del polo “Spettacolo” dell’IRCAM sulle attività e sui progetti intrapresi dall’Istituto di ricerca musicale, il programma prevedeva i seguenti ambiti di studio:

1. Les précurseurs
Scena e tecnologia: la creazione contemporanea in una prospettiva storica.
2.Le choc du numérique
Alcuni esempi di esperienze significative di teatro e nuove tecnologie dal 1960 ad oggi.
3. Les nouvelles formes scéniques, panorama européen.
La situazione in Italia, Germania, Polonia e Francia.

Al termine della giornata di convegno, una performance-dimostrazione del gruppo Konic thtr dal titolo Tools.
Nell’ambito della sezione dedicata ai precursori, la direttrice del Laboratoire de recherches sur les arts du spectacle del CNRS di Parigi Béatrice Picon Vallin (assente, ma la sua relazione è stata letta da una collaboratrice di Anomos) ha proposto come già nei volumi da lei curati, Les ècrans sur la scène e La scène et les images, una lettura della scena tecnologica odierna in continuità con le teorie e con le innovazioni delle avanguardie novecentesche, come un ulteriore contributo al tema della conquista di un “teatro della totalità espressiva” e di un nuovo spazio scenico generato a partire non dalla pittura o dalla letteratura ma dalla luce e dal movimento:

«La scena architettonica di Craig, la scena costruttivista o quella della Bauhaus, generano delle macchine di scena in grado di scomporre lo spazio tridimensionale in una serie di quadri in base ai quali gli attori devono controllare i movimenti scenici; l’azione si va a definire così, come una padronanza delle forme plastiche nello spazio. La luce tende allo stesso modo a eliminare la pittura per distribuirsi essa stessa nello spazio che fluidifica colori e movimenti. Oggi la macchina scenica diventa macchina di proiezione delle immagini e l’azione degli attori dovrà tener conto di queste immagini, fisse o animate che abitano contestualmente con loro, lo spazio. Immagini che possono “catturare” l’attore in diretta ed essere archiviate, immagini che appaiono “fantasmatiche”, sul punto di svanire, scomparire ed in forza delle quali l’attore è raddoppiato, ingrandito, esaltato, o cancellato e sotto sorveglianza.» (B.Picon-Vallin, Un stock d’images pour le théatre. Photo, cinéma, vidéo, in B.Picon-Vallin, a cura di, La scène et les images, Paris, Cnrs éditions, 2001, p.21)

La Vallin propone una suddivisione temporale in cinque stadi di questa storia del teatro tecnologico alla cui innovazione avrebbero contribuito in maniera diretta, fattori di crisi sociale, politica, ideologica ed economica.

1. Gli anni Venti in Russia
2. Gli anni Venti-Trenta in Germania
3. Gli anni Cinquanta-Sessanta a Praga
4. Gli anni Sessanta in America
5. Gli ultimi vent’anni del secolo in Europa e in America

Particolare attenzione viene rivolta dalla Picon-Vallin al “teatro della totalità” di Moholy-Nagy, all’attore-marionetta di Oskar Schlemmer e al suo celebre Balletto triadico e a Josef Svoboda, lo scenografo ceco inventore della Lanterna magika e del sistema di poliproiezioni Polyécran presentati all’Esposizione Universale di Bruxelles (1958). Vengono mostrati anche alcuni frammenti del documentario biografico di Denis Bablet Josef Svoboda scènographe (1983); il frammento riguarda Intolleranza 1960, spettacolo-manifesto per un’idea multimediale del teatro (avente non poche implicazioni politiche) creato nel 1961 insieme con il musicista Luigi Nono su libretto di Angelo Maria Ripellino per la Fenice di Venezia prima (ma le immagini furono censurate) e successivamente per Boston (1965). Quest’ultima versione prevedeva la sostituzione dell’immagine cinematografica con un sistema di riprese televisive a circuito chiuso: era in gioco, come ricorda lo stesso Bablet “una nuova forma di opera, un nuovo tipo di teatro totale”.

Sylvie Lacerte, direttrice del Find Lab (Laboratoire international de recherche et de developpement de la danse) di Montréal, ha proposto l’esempio pionieristico di EAT-Experiments in Art Technology, l’organizzazione fondata nel 1966 da Billy Kluver, Fred Waldhauer e dagli artisti Robert Rauschenberg e Robert Whitman. La nascita è dettata dall’evento 9 Evening: theatre and engineering a New York. Si trattava di performance che mettevano insieme danza, teatro, musica e video. Tra gli artisti: J. Cage, S.Paxton, D. Tudor, R. Rauschemberg, L. Childs. Sylvie Lacerte ha lavorato alla ricostruzione dettagliata di queste operazioni artistiche che sposavano in maniera inconsueta le tecnologie. Come ricorda la studiosa nel suo testo sulla storia dell’EAT on line su http://www.olats.org/pionniers/pionniers.shtml, sito che è parte del progetto Pionniers & Précurseurs dell’OLATS-Observatoire Leonardo des Arts et des Tecno-Sciences, editore anche della rivista «Leonardo» – per una documentazione sugli artisti del Novecento le cui opere e il cui pensiero sono stati determinanti per l’arte tecnologica:

«Pour la mise sur pied de cet événement, un système électronique environnemental et théâtral fut inventé par l’équipe des ingénieurs. Le THEME-Theater Envirnmental Module-fut mis sur pied pour répondre aux besoins des dix artistes, en fonction de situations théâtrales bien spécifiques. Le THEME, qui n’était pas visible de la salle, permettait, entre autres, le contrôle à distance d’objects et la possibilité d’entendre des sons et de voir des faisceaux lumineux provenant de sources multiples et simultanèes».

La Lacerte ha mostrato un frammento di una delle 9 performance, Open score di R. Rauschemberg e J.McGee (ing.) con Franck Stella e Mimi Kanarek che giocavano una partita a tennis con racchette nei cui manici erano inseriti microfoni senza fili che amplificavano il suono della pallina.

Nella seconda sezione Christopher Balme, docente di Teatro e Direttore del Dipartimento dello Spettacolo di Mayence (Germania) ha proposto un intervento dal titolo Contamination and Deployment: Theatre and Technology 1960-2003.
Balme traccia tre traiettorie del rapporto tra teatro e tecnologia:

1. video arte
2. teatro multimediale
3. performance digitale e performance attraverso internet.

Dopo aver anticipato le posizioni antitecnologiche del teatro degli anni Sessanta in particolare quelle di Jerzy Grotowski e Peter Brook, Balme nota giustamente come questa querelle théâtre ou technologie sia ancora un argomento molto dibattuto. Per la sezione relativa alla prima ondata dell’innovazione tecnologica vengono ricordate le esperienze artistiche di Nam June Paik ma anche quelle di Jacques Polieri negli anni Sessanta, così come le opere video di Bill Viola e gli spettacoli di Giorgio Barberio Corsetti per il periodo relativo agli anni Settanta e Ottanta. Balme sostiene come tali artisti pur distanti quanto a pratiche artistiche, abbiano comunque in comune un’attitudine estetica che cerca di superare la tradizionale dicotomia tra arte e tecnologia. In riferimento al passaggio dalla video arte alla scena vengono citati alcuni artisti della cosiddetta “scena multimediale” statunitense tra cui The Wooster Group di Elizabeth LeCompte, pionieri dell’uso in scena del video, live e preregistrato. Ricordiamo lo spettacolo Brace up! (1993).

Brace up!, regia di Elizabeth LeCompte: Scott Renderer, Jeff Webster (sui monitor più grande), Paul Schmidt (sul monitor più piccolo), Kate Valk. (photo © Mary Gearhart).

Il loro lavoro è proseguito idealmente con John Jesurun e The Builders Association (in particolare si ricorda Everything that rises must converge, 1990). L’interazione tra azione dell’attore e video è l’importante precondizione secondo Balme per lo sviluppo della performance digitale e internet. Balme ha mostrato alcuni frammenti dallo spettacolo di Robert Lepage The Seven Streams of the River Ota, primo progetto teatrale realizzato con la compagnia multidisciplinare Ex Machina in cui il regista canadese sviluppa una trama visiva fatta di silhouette, corpi e immagini video letteralmente incrostati insieme a formare un muto teatro d’ombre, metafora visiva della condizione di persistenza della memoria di Hiroshima nel mondo occidentale e orientale. Nella seconda parte, relativa al digitale, Balme ha parlato della prima performance via Internet, Hamnet (1993) degli Hamnet Players di Stuart Harris. Si tratta di una perfomance realizzata via chat attraverso il canale Internet Relay Chat (IRC) #hamnet. Sull’esperimento si veda online il saggio di Brenda Danet.

Per il panorama europeo Izabella Pluta-Kiziak (Università di Silésie, Polonia) ha proposto l’intervento Entre l’Internet et la réalité postcommuniste con frammenti video dagli spettacoli della Komuna Otwock: Bez tytulu e Trzeba zabic pierwszego boga.
La ricercatrice ricorda come il fenomeno del teatro e nuove tecnologie assuma un aspetto particolare e decisamente differente in Europa dell’Est rispetto all’Ovest o all’America. L’attuale mutamento politico ne sarebbe un fattore determinante. Ci sono implicazioni economiche e forti legami con la tradizione teatrale che frenano una reale sperimentazione in questa direzione. La ricercatrice ha proposto:
– un quadro storico del cosiddetto Teatro alternativo dopo il 1989 e la direzione di ricerca del teatro polacco, a partire dall’interrogativo:”Peut-on vraiment introduire n.t. dans le théâtre polonais après Grotowski et Kantor?”,
– un panorama delle manifestazioni, festival, centri di ricerca. Tra gli altri: il Festival Internazionale di Teatro Alternativo Réminiscences Théâtrales, Cracovia; Malta-Festival de Théâtre, Poznan; WRO Centre des arts des médias, Wroclaw (organizzatore della Biennale des Arts des Médias).
– la generazione dei registi «plus jeunes, plus talentueux» che utilizzano video in scena: Grzegorz Jarzyna con Psychosis 4.48, Anna Augustynowicz, Mloda smierc, Balladyna.

Desing: Gropius / Dlaczego nie bedzie rewolucji del gruppo teatrale polacco Komuna Otwock.

– il caso della Komuna Otwock, il giovane gruppo anarchico polacco di teatro alternativo, considerato la voce della nuova generazione: i suoi spettacoli hanno forma libera, tra la performance, il teatro e la danza e tratti di teatro politico; presenza in scena di schermi, proiezioni ed effetti stroboscopici.

Meike Wagner ricercatrice di Teatro all’Università di Monaco e alla Sorbonne Nouvelle di Parigi, ha presentato due progetti:
1. Alientje (2002) del gruppo olandese Wiersma & Smeets che lavorano con proiezioni, figurine di carta, oggetti ripresi da un semplice sistema audiovisivo. Si tratta di una proposta di teatro ragazzi.

Cyberpunch (2003) del gruppo teatrale di Thomas Vogel di Berlino. Si tratta di un progetto di “cyberstage” con personaggi virtuali in interazione con marionette e attori reali sulla scena. Il “cyberstage” di Thomas Vogel è un work in progress.

 
1. l’eredità del Teatro-immagine: il panorama del teatro di ricerca italiano arricchito della presenza dei media in scena e l’eredità del Teatro-immagine degli anni Settanta.
2. Videoteatro italiano: dalla Postavanguardia alla Nuova Spettacolarità: Barberio Corsetti-Studio Azzurro.
3. Teatri90 e la “terza onda”: la nuova generazione del teatro italiano.
E come casi-studio, Giacomo Verde dal Teleracconto a Storie mandaliche 2.0; e Motus, all’installazione al teatro (Twin rooms).

Motus
, giovane ma già storica formazione teatrale riminese ex Generazione Novanta diretta da Daniela Nicolò e Enrico Casagrande. Il loro teatro attraversa da sempre i territori più svariati della visione: cinema, video, architettura, fotografia; una visio eclettica e poliedrica, irrispettosa delle specificità dei generi che opera in scena sul cut up di burroughsiana memoria, sul découpage, sulla tecnica del mixer e del montaggio. Nel progetto Rooms culminato con Twin rooms mettono in scena De Lillo e l’incubo della videosorveglianza. La città quale mosaico di microvisioni: un’enorme “digital room” contigua alla scena-dispositivo che rappresenta una camera d’albergo, ospita un ammasso incontrollato di immagini e una tentazione psicotica al loro consumo.
Giacomo Verde, mediattivista, computer artist e technoperformer. Ha costruito la sua estetica sull’ideologia del low tech, per socializzare saperi tecnologici; anche a teatro sostiene la causa della democraticità e della accessibilità del tecnologico e solleva la questione politica delle immagini televisive. Il teleracconto ovvero la ripresa in diretta di oggetti in macro contestualmente alla loro visione su monitor, ironica critica all’universo mediatico, da modalità teatrale (techno)narrativa per ragazzi è diventato un procedimento chiave del suo teatro: immagini create live ed effetti digitali costituiscono i fondali video che si modificano seguendo il corso della narrazione in OVMM ispirato alle Metamorfosi di Ovidio (insieme con il gruppo xear.org). E’ un modo per affermare provocatoriamente che “La televisione non esiste” e che “Tutte le immagini sono astratte”. Storie mandaliche 2.0 (2003) creato con Zonegemma e Xear.org è uno dei primi esempi di spettacolo interattivo applicato ad una drammaturgia ipertestuale (testi di Andrea Balzola).

Konic thtr Fondato da Rosa Sanchez e Alain Baumann rispettivamente coreografa-performer e musicista- artista multimediale. Creatori di dispositivi, interfacce e ambienti per progetti artistici interattivi, installattivi e performativi (danza, teatro, concerto) realizzati per “aumentare le possibilità espressive di attori e danzatori”. A Parigi hanno presentato una dimostrazione-spettacolo dal titolo Tools in cui mostrano i molteplici dispositivi interattivi sviluppati per numerosi spettacoli dal 1990 ad oggi: sistemi elettronici per la creazione e la manipolazione in tempo reale del video, del suono e dell’immagine in 3D.

Anna_Maria_Monteverdi

2003-11-03T00:00:00




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