Drammaturghi da scoprire

InfoZachar di febbraio

Pubblicato il 02/02/2004 / di / ateatro n. 063

Con questo numero speriamo di iniziare la collaborazione con Zachar, cercando di dare maggiore diffusione alle news curate da Charlotte Menin da Berlino.
Fateci sapere se questo nuovo servizio vi può interessare.

Happy Birthday, Heiner!

Heiner Müller (9.1.1929 – 30.12.1995): Barcellona, Berlino, Budapest, Buenos Aires, Bukarest, Catania, Chemnitz, Coimbra, Cottbus, Dortmund, Dresda, Freiburg, Genova, Göttingen, Hannover, Hongkong, Istanbul, Köln, Konstanz, Kuwait, Leipzig, Lissabon, Ljubljana, Magdeburg, Milano, Marseille, Mexico City, Montevideo, Monaco, Münster, Nagoya, Parigi, Pforzheim, Porto, Praga, Recklinghausen, Regensburg, Rimini, Salvador Bahia, Senftenberg, Sevilla, Stuttgart, Sydney, Tokyo, Vienna, Weimar…

Un’immagine dal Filottete del Bayrisches Staatsschauspiel di Monaco, regia di Florian Boesch (foto: Oda Sternberg).

Di Heiner Müller sono pubblicati da Ubulibri quattro volumi di testi:
Teatro I: Filottete, L’Orazio, Mauser, La missione, Quartetto;
Teatro II: Hamletmaschine, Vita di Gundling, Germania morte a Berlino, Riva abbandonata Materiale per Medea Paesaggio con Argonauti, La strada dei panzer;
Lo stakanovista e altri testi: Lo stakanovista, Cemento, La battaglia. Scene dalla Germania, Pezzo di cuore, Descrizione di un quadro;
Germania 3: Spettri sull’uomo morto.

Henning Mankell

Conosciutissimo per i suoi bestseller, soprattutto gialli, pubblicati in Italia da Marsilio e Mondadori (i titoli più conosciuti concernono la saga del commissario Wallander, e poi Comédia infantil e Il figlio del vento, un tributo ai bambini africani). Sono tradotti in 31 lingue e finanziano le sue attività teatrali e umanitarie a Maputo. Nato nei pressi di Stoccolma nel 1948, Mankell vive infatti da diversi anni ormai tra la Svezia e il Mozambico, dove dirige una compagnia teatrale.
Sconosciuto in Italia è invece il drammaturgo Mankell, autore di diverse pièce molto interessanti tra cui un testo per due personaggi è disponibile alla lettura in inglese: Time of darkness.

Time of darkness
(1 D, 1 U)
In scena un padre e la figlia immigrati clandestini, nascosti in un’anonimo appartamento, nell’inutile attesa di sconosciuti che dovrebbero portare loro dei falsi documenti e una nuova identità. Rintanato in casa, il padre trascorre le sue giornate consumato dalla paura. Non solo la paura di essere scoperti, ma anche la paura di un nuovo incerto destino, del disfacimento della propria identità in una cultura estranea e che lo rifiuta. E se all’inizio la figlia rimane fedele al suo ruolo tradizionale di ragazza proveniente da una cultura fortemente patriarcale, accettando sottomessa ordini e sfuriate paterne, già intuisce che le cose stanno cambiando. Per mantenere le vecchie gerarchie familiari al padre manca un contesto sociale che legittimi tali comportamenti, com’era in patria. Mentre si sottomette alle crisi di nervi del padre, lacerato tra la paura dell’oggi e ripiegato sui dolori del passato, la figlia ne percepisce sempre più le debolezze esistenziali nel contesto mutato e specularmente la propria forza, anche perché è lei, ora, a portare avanti la famiglia uscendo a fare la spesa. La posta in gioco del necessario conflitto tra i due è alta: se il padre deve difendere la propria identità nell’unico ambito rimastogli, attraverso cioè il mantenimento del ruolo di autorità indiscussa nel rapporto con la figlia, è un’esigenza di sopravvivenza per lei l’autoaffermazione al di fuori dell’ordine paterno, in ultima istanza anche per affrontare un mondo nuovo in cui lei sola può eventualmente trovare il proprio posto. Il dramma sociale si sviluppa intrinsecamente legato a quello familiare. La forza del testo non si risolve quindi nella sola critica alla politica d’immigrazione della “Fortezza Europa”, facendone del resto un testo attualissimo e che ci concerne tutti, ma anche sulla messa a fuoco di un complesso rapporto familiare in una situazione limite. I due personaggi, prima ancora che possibili clandestini sbarcati sulle nostre coste, sono un uomo e una donna di fronte alla perdita di tutte le proprie coordinate culturali. Come la figlia aveva ben intuito gli sconosciuti salvatori non verranno ed è prevedibile che i due vengano rispediti in patria se identificati. Attanagliati dalla paura di perdere la propria identità e sfiniti dai loro scontri, rimangono alla fine in un disperato abbraccio in attesa del futuro.

A proposito di drammaturgia scandinava…..

Di Petter Asmussen (già sceneggiatore delle Onde del destino di Lars von Trier) ricordiamo il notevole Bruciati dal ghiaccio (3 D, 2 U) e vi invitiamo a leggere in inglese o francese il dramma Stanza con sole (2 U, 2 D) nonché, in inglese, la commedia Young Blood (3 D, 1 U).
Naturalmente Jon Fosse. Di uno degli autori contemporanei più rappresentati in Europa e non solo – attualmente di scena in Giappone – è in tournée Inverno per la regia di Valter Malosti (debuttato ad Asti luglio scorso) e si attende Canti della notte al Libero di Palermo, regia di Beno Mazzone. Molti sono i testi dell’autore ancora da conoscere, per esempio tradotto in italiano, il Sogno d’autunno (3 D, 2 U) ed altri testi, da leggere su richiesta intanto in traduzione francese o inglese.
Ma sono anche molti altri, i nuovi autori interessanti dal Nordeuropa, che vi presenteremo nei prossimi Infozachar (Lucas Svensson, Ulf Stark, …).

Igor Bauersima
69
Dell’autore del già fortunatissimo norway.today, una pièce che sembra un gioco oulipiano: sviluppato in forma di palindromo (i tre atti possono essere allestiti in ordine variabile) può dar luogo a tre pièces diverse che funzionano autonomamente e sono, leggere per credere!, tra loro decisamente differenti. Ciascuna versione, a seconda della sequenza, ha un sottotitolo: il Tribunale, Il bene, Il male. L’argomento è ispirato a una storia di cannibalismo realmente accaduta, nel 2002 fu arrestata una persona per aver ucciso e mangiato il suo amante col pieno consenso di questi. A partire dalle questioni di ordine morale e sociale sollevate dal caso, Bauersima sviluppa con un taglio ironico una storia d’amore che procede scivolando sui sottili confini delle nostre libertà e che affronta provocatoriamente i tabu legati ad amore e carne oscillando appunto tra ironia e noir. (1 D, 1 U, disponibile in tedesco)

A proposito di drammaturgia di lingua tedesca….

Di Roland Schimmelpfennig due nuove pièces: la domanda e l´offerta (1 D, 1 U) che con sensibilità affronta la storia di due disoccupati, lei intorno ai 30 anni, lui sui sessanta e la commedia per un mondo migliore un testo con evidenti riferimenti all’attualità, in cui 4-5 uomini e 4-5 donne si ritrovano in un umido e tropicale scenario di guerra parodiando pose da Lara Croft e Schwarzenegger in azione. Al di fuori dai bollettini ufficiali, dalle rappresentazioni mediatiche, esseri umani combattono per uscire dalla guerra, possibilmente vivi.

Fabrice Melquiot
Le gardeur de silences

Saéna (voix du dedans) : – Toute la vie
Il faudra faire avec ça
Apprendre à ne pas avoir peur
Des tout petits silences
Et des grands
La vie, elle commence là
Dans l’instant juste avant
Dans celui d’après
Où l’on est en soi
Et au plus près du monde…

Il silenzio e specularmente la parola sono al centro di questa pièce “tout public” del 32enne francese Fabrice Melquiot. In scena la piccola non vedente Saéna danza con le claquettes ai piedi per Seraphin Huppe, suo nonno, un tempo rumorista ora bloccato a letto da quando le gambe non camminano più. In un cartone sotto il letto, tutta la vita di Seraphin, un ammasso di cassette create per conservare i rumori, le parole, la vita, salvo poi scoprire che la vita sta nel silenzio, o meglio nell’interstizio tra il silenzio e la parola, nel passaggio dall’uno all’altro perché “c’est quand il n’y a pas de bruit qu’on touche à soi / Si tu ne touches pas à toi, pas la peine de faire du bruit / Faut que ça vienne de là / De la vie en soi”. Nel silenzio la parola si stacca aprendo gli spazi dell’immaginario e del passato. Nel testo le voci dei due attori, ritmati dalle claquettes della bambina si intersecano con quelle del passato registrate sulle cassette e coi monologhi interiori. L’atmosfera di vibrante intimità, che da spazio al dolore come al riso vitale della protagonista, è sostenuta dalla poesia di un linguaggio carico di immagini evocative e dal dinamismo di una sintassi spezzata a favore del ritmo.
La pièce si presta molto a un allestimento radiofonico. Per una messinscena in teatro dà molto spazio all’invenzione scenica del regista (1 D, 1 U, disponibile in francese).

Beaux Voyous
(1 D, 4 U in francese)
“A ceux qui se demanderaient « de quoi ça parle », je répondrais que c’est l’histoire d’une dictature baroque, capable de caresses et de baisers, de rires et de tapes dans le dos, l’histoire de la laideur en soi et au-dehors de soi, qu’on ne sait plus muer en grâce, l’histoire d’un enfermement et d’une haute surveillance, qu’on croit salutaires et inéluctables, à l’heure où les libertés en vente sur le marché sont plastifiées, codées, uniformes, à l’heure où l’on vend jusqu’à une certaine idée de la liberté.” Fabrice Melquiot.

Falk Richter
Electronic City
Come definirsi nella propria specificità negli ambienti globalmente omologati degli aereoporti di tutto il mondo? “Circondati da fiumi di stereotipi comportamentali, nessuno può ragionevolmente pretendere di reinventarsi tranquillamente una propria identità” è scritto a proposito dell´allestimento di Casa di bambola di Thomas Ostermeier (Patalogo 26, p.206). Proprio nel teatro di Ostemeier, alla Schaubühne di Berlino, ha appena debuttato in prima assoluta Electronic City per la regia di Tom Kühnel, già direttore artistico del rinomato TAT di Francoforte. L’autore Falk Richter, la cui scrittura da sempre sonda il confine labile tra realtà e virtualità, mette in scena una storia d’amore del 21. secolo tra due impiegati iperflessibili tra Berlino, New York, Singapore, Sydney e Los Angeles filtrata da uno sguardo ironico e da una struttura drammaturgica che incontra la soap opera e il videogame. Il finale è aperto, come un videogioco sempre da ricominciare. (1 D, 1 U, comparse ad libitum)

Felicia Zeller
Io, valigia
“Felicia Zeller non si costringe in un telaio formale stabile, ma accosta ed espone osservazioni dal quotidiano. L´autrice colleziona particelle di realtà e le combina in un abile montage.” Così presenta il critico teatrale Hartmut Krug la drammaturga e performer considerata attualmente come una delle più interessanti giovani autrici tedesche. Nata nel 1970, diplomata all’accademia cinematografica del Baden-Württemberg, è autrice in residenza al Theater Rampe di Stoccarda dal 2000.
La sua ultima pièce, Felicia Zeller l’ha scritta in treno: per settimane ha viaggiato da un capo all’altro della Germania, ascoltando e osservando i passeggeri in viaggio. Ne è sorta una curiosa scena di massa (a partire da 4 attori) in cui i brandelli dei discorsi dei viaggiatori sono concentrati e montati in una partitura vocale composita e traboccante di ironia. Incontri fugaci in treno. Tutti osservano tutti, e con una precisione tale che ognuno può descrivere il vicino in tutti i suoi dettagli, dall’aspetto esteriore alla mimica vocale e corporea – cosa che infatti ognuno fa, nominando sé stesso e gli altri attraverso i rispettivi accessori. Nel testo di Felicia Zeller i personaggi si chiamano Active Bag, Laptop, Scialle Rosa, University of Texas, ecc., definendosi quindi attraverso ciò che gli altri vedono di sé: una trovata solo apparentemente inoffensiva. La prospettiva salta di continuo da un passeggero all’altro in un montaggio di tipo cinematografico e l’elemento costituente del testo diventa una catena: viaggiatori che osservano viaggiatori che osservano viaggiatori. Chi ha visto chi, dove e come? Chi sospetta chi di cosa? Il treno come luogo in cui l’anonimità più assoluta si unisce alla vicinanza più imbarazzante. E’ un attimo e da cortesia di circostanza e curiosità pettegola si passa alle tensioni più assurde. Il linguaggio, simulando ironicamente la conversazione quotidiana, si compone in gran parte di frasi sconnesse e sbrindellate, ripetizioni continue che si trasformano spesso in veri e propri loop autistici, gioca con le frasi fatte sviluppando veri e propri esilaranti combattimenti linguistici di modi di dire. Le storie dei passeggeri si incrociano scivolando nell’assurdo e svelano idiosincrasie che forse anche il nostro vicino di posto nell’ultimo viaggio aveva sospettato in noi. Quando poi imbottiture di esplosivo si rivelano essere provviste di viaggio e qualcuno viene preso per una valigia, la situazione si inasprisce. Il testo e il treno intanto proseguono inarrestabilmente verso il deragliamento…. Uno sguardo spietatamente ironico e divertente sulla “petitesse” quotidiana.

Quartett, Vesuvioteatro.

Zachar International
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Charlotte_Menin

2004-02-02T00:00:00




Tag: Mozambico (5)


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