I postumi delle Buone Pratiche

L'editoriale di ateatro 76

Pubblicato il 14/11/2004 / di / ateatro n. #BP2004 , 076
Non puoi farne a meno: se frequenti questo sito, è tuo dovere acquistare questo volume che al prezzo di soli 15 euro per oltre 320 pagine ti offre una selezione dei testi più geniali apparsi su ateatro nei suoi primi tre anni di vita, in un percorso acutamente ragionato. Così potrai dirce se è meglio leggerci online o in un bel libro. Ma come faccio a comprarlo?, ci chiedi. Nulla di più facile. Se vai sul sito del principecostante lo puoi ordinare online o – se non ti fidi – trovi l’elenco delle librerie che lo vendono. Che aspetti? E’ già un cult!

Sì, è stato un successo. Siamo gloriosamente sopravvissuti alle Buone Pratiche. Una partecipazione di massa (oltre 500 persone), rappresentanti di stabili e compagnie, enti locali e istituzioni, studenti e professori.
Al tramonto, eravamo tutti più ricchi dentro e qualcuno con le tasche più vuote: le compagnie e i teatri tagliati dal Ministero, ma anche gli improvvidi organizzatori delle Buone Pratiche.
Se volete saperne di più sulla gloriosa giornata del 6 novembre e sui suoi esiti, abbiamo prodotto a tambur battente questo ateatro 76, ricchissimo di info e dati, con la cronaca della giornata e le trascrizioni degli interventi di Giorgetti (ETI), Ghedini (le leggi), Deganutto (l’economia delle BP).
Per quanto riguarda le scandalose decisioni ministeriali, trovate notizie e appelli sia in ateatro 76 sia nel forum: le lettere della Tedarco, il documento dei gruppi tagliati, l’appello redatto da D’Ippolito, Gallina e Ponte di Pino, Quadri e Trimarchi. Ma stiamo sempre raccogliendo notizie e pareri, anche perché le notizie che filtrano da Agis e Ministero hanno un’altra caratteristica: l’incompletezza, la vaghezza, la mancanza di trasparenza.
Che fare, adesso? Il dibattito è aperto e servono IDEE. Perché è in gioco il futuro di tutti noi, l’ecologia di quello che resta dell’ambiente teatrale italiano – ammesso che non sia irrimediabilmente inquinato.
Se volete capire perché i tre ingenui organizzatori sono andati in malora, vi raccontiamo anche questo. Se vi sentite giustamente in dovere di soccorrerli (magari acquistando copia superdedicata e numerata di Il meglio di ateatro 2001-2003 – imperdibile!!!! – a 50 euro), ecco i dati bancari della Cooperativa Danny Rose, che cerca di tappare il buco:

Danny Rose S.C.
UniCredit Banca
N.Conto 40196601
ABI 02008
CAB 01741
CIN F

Nella Banca delle Idee trovate anche altre Buone Pratiche, ma potete (dovete) anche dire la vostra. Sono davvero tutte Buone Pratiche? E dunque lo rifareste anche a casa vostra? Magari si può anche migliorare qualcosa, qua e là, nessuno è perfetto… Oppure i relatori non ce l’hanno contata giusta e usano le loro BP per qualche inciucio? Se c’è il trucco, dov’è?
Insomma, molti di voi chi hanno chiesto – e ci chiedono – che sarà delle Buone Pratiche. Sono lì, in giro, nel teatro italiano; e sono qui, nel sito. Vediamo se c’è un rapporto tra come si predica e come si razzola, vediamo se ne arrivano altre…

Insomma, quello che vorremmo fare – anche perché siamo in un sito web – è seguire il metodo dell’open source. Nei nostri computer girano programmi costruiti in due modi molto differenti. Da un lato ci sono quelli – come il sistema operativo Windows – progettati da team di decine di programmatori e ingegneri stipendiati da grande aziende, che poi li vendono (a caro prezzo) ai consumatori, dopo aver criptato il codice sorgente: noi usiamo questi programmi, ma non possiamo leggere le istruzioni e sapere come funzionano. Poi ci sono i programmi open source, dove il codice sorgente – le istruzioni che esegue il nostro computer – è pubblico. Tutti possono leggerlo e tutti possono miglioralo, suggerendo soluzioni alternative, aggiungendo nuove funzioni e così via. Linux, uno dei sistemi operativi più utilizzati nel mondo, è il frutto del lavoro e della collaborazione gratuita di decine e decine di programmatori, che hanno contribuito e stanno contribuendo al suo miglioramento.
Ecco, le Buone Pratiche vuole essere un sistema open source per migliorare il teatro italiano.
Naturalmente a partire dal glorioso incontro del 6 novembre. Uno dei messaggi più signficativi che quella giornata ha lanciato al teatro italiano nel suo complesso e alle istituzioni è che non è più possibile – e non lo sarà nei nuovi progetti di legge nazionali o regionali – gestire il teatro secondo i pochi modelli che si sono affermati in passato e che sono stati cristallizzati attraverso circolari, regolamenti e convenzioni a cominciare dagli anni Settanta. Le tradizionali classificazioni e divisioni burocratiche del nostro teatro non sono più funzionali e non corrispondono più alla realtà. Dunque qualunque riforma – o normativa – dovrà partire dal basso e valorizzare la capacità di inventare nuovi modelli, aperti al cambiamento.
Le Buone Pratiche – più o meno significative, azzeccate, efficaci – che sono state presentate il 6 novembre rappresentano solo la punta di un iceberg, la fotografia di una fase di transizione: è dunque possibile cogliere gli spunti positivi di questo scenario, ma anche neutralizzare e annullare queste invenzioni creative riconducendole a modelli a loro estranei.

Nel frattempo la redazione di ateatro tiene a precisare che non siamo mica diventati buoni, anzi. Del resto, se si parla di Buone Pratiche, è perché in giro ci sono troppe Cattive Pratiche e ogni tanto ci sembra opportuno mettere il ditino sulla piaga. E anzi, se vedete qualche piaga, e se avete un ditino che vi cresce…

Dal prossimo numero ricominceremo a parlare di spettacoli.
Ma intanto correte a comprare Il meglio di ateatro 2001-2003: lo potete ordinare online al principecostante (e sul loro sito, se volete, c’è l’elenco delle librerie che lo vendono).

Redazione_ateatro

2004-11-14T00:00:00




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