La scena rituale

Un ciclo di incontri tra cinema, teatro e antropologia a Torino

Pubblicato il 11/02/2005 / di / ateatro n. 081

“Sono maschere, non uomini”, così un indio Piaroa introduce l’’etnologo Giorgio Costanzo alla visione dei danzatori Warimé. L’’indio si preoccupa di spiegare all’uomo bianco venuto a condividere, per osservare, la loro vita, che dovrà guardare con occhi diversi ciò che apparirà, perché la danza non ha a che fare con quanto finora ha contemplato e accuratamente annotato sul suo taccuino e i danzatori, ancorché riconoscibili sotto il costume di foglie che ne occulta il corpo, sono in quel momento spogliati di ogni umana impurità. Costanzo sta per assistere a un rito – per l’indio forse è solo un’ azione magica, una celebrazione religiosa o più semplicemente il racconto delle origini del suo popolo danzato dagli antenati (le maschere) -, qualcosa che ha evidenti somiglianze con ciò che comunemente chiamiamo teatro ma nello stesso tempo si rivela assolutamente sconosciuto. La contraddizione sta proprio qui: nel credere di riconoscere aspetti che ci appaiono familiari in un “accadimento” che è totalmente inaudito. La scena rituale, che nell’accostamento di due parole ossimoriche mette in rilievo una fondamentale antinomia, è il titolo che riunisce sei conferenze su questo tema (un teatro irriconoscibile).
Il fascino per un teatro che fosse negazione di sé non poteva non sedurre le avanguardie teatrali e aveva spinto Artaud a chiedersi, nel suo resoconto sull’esperienza vissuta presso i Tarahumara:

E tutto questo perché? Per una danza, per un rito di Indi sperduti che non sanno più neppure chi sono, da dove vengono, e che, quando li si interroga, rispondono con racconti di cui hanno smarrito il legame e il segreto”.

Quella danza di Indi sperduti ha lasciato segni dovunque. Ne rimangono impronte in modelli contaminati e corrotti – eppure vivi – non dissimili da quelle forme che persistono nella roccia come tracce di una lunga lotta sofferta: “non una forma”, è ancora Artaud alla ricerca di una risposta, “che fosse intatta, non un corpo che non mi paresse reduce da un recente massacro”. Tali resti di corpi smembrati rivivono nei riti di popoli lontani come nelle feste perduranti, tra disprezzo ed esaltazione, nel folklore europeo.
Le conferenze intendono offrire alcuni esempi di questo teatro-non teatro, che respira all’aria aperta, oltre le convenzioni incrostate nel corso dei secoli sul corpo dell’arte scenica. “Il teatro è nella strada” proclamava con fierezza profetica Julian Beck guidando gli spettatori fuori dal teatro al termine di Paradise Now.
Gli esempi dedicati alle forme rituali, dal Tibet alle Americhe, sono stati incorniciati tra le due principali manifestazioni del folklore occidentale: la Pasqua e il Carnevale, in quanto le due manifestazioni costituiscono le tipologie estreme della riunione collettiva in uno spazio potenzialmente infinito e variabile per infinite metafore ma all’interno dei confini storici, culturali, di lavoro e di vita di una comunità. Pasqua e Carnevale incarnano una seconda contraddizione, un oxymoron nell’oxymoron: se la prima infatti è il rito celebrativo di un avvenimento religioso e si custodisce in forme che la liturgia tramanda, il secondo è il trionfo pagano del disordine assoluto, il rifiuto di ogni norma, il rovescio empio del vivere civile e religioso, dai Saturnali romani alle medievali Feste dell’Episcopello. Nell’arco ai cui estremi si situano è possibile dunque pensare ogni variante della scena rituale, anche quelle che non appartengono alla tradizione occidentale e provocano un doppio senso dell’inaudito come il Cham tibetano o i cerimoniali indiani.
Il viaggio non avviene secondo un’unica prospettiva critica, ma attraverso gli sguardi diversi che gli studi di cinema, di teatro e di antropologia hanno dato di questo tipo di eventi. La complessità del tema comporta indagini di discipline diverse e con diverse metodologie di lettura.
Un rilievo particolare è dato alla documentazione e conservazione dei riti – e alle conseguenti problematiche tra tensione alla neutralità e fatale lettura interpretativa -, che, dopo le descrizioni dei primi viaggiatori, con l’invenzione della fotografia sono state prevalentemente affidate al mezzo visivo, dalla macchina fotografica alla cinepresa alla videocamera. Completano perciò le conferenze memorie di segno diverso: film, documentari, reportage fotografici.

DAMS-ORSA-CRUT
presentano

LA SCENA RITUALE
Il Teatro oltre le forme della rappresentazione
a cura di F. Mastropasqua

“Il teatro è nella strada!”
Julian Beck

Itinerario nel rito
nelle prospettive critiche degli studi di cinema, teatro e antropologia

ASSOCIAZIONE ORSA
Via Botero 15 – Torino

1. 16 febbraio 2005 ore 17.00
F.Mastropasqua, Teatro provincia dell’uomo
Proiezione del film di Manoel de Oliveira, Acto da primavera, 1963
(Sacra rappresentazione a Curalha, Chaves, Portogallo)

2. 17 febbraio 2005 ore 17.00
Federica Villa, Memoria e documentazione video
Proiezione del film di V.De Seta, Pasqua in Sicilia, 1954
F.Portalupi – G.Pedretti presentano il documentario:
L’Abballu di li Diavuli, Prizzi (PA), 2003

3. 18 febbraio 2005 ore17.00
A. Attisani – F.Grassi, Cham, le danze rituali del Tibet
Proiezione del documentario di F.Grassi

4. 23 febbraio 2005 ore 17.00
G. Tescari, Sulle orme del cervo:
il pellegrinaggio al deserto dei Wirrarika del Messico
Proiezione di materiale documentario

5. 24 febbraio 2005 ore 17.00
E.Comba, Il pubblico e il segreto: ritualità e sacralità tra gli Indiani d’America
Proiezione di materiale documentario

6. 25 febbraio 2005 ore 17.00
F.Mastropasqua, Carnevale a Cournon, teste vestite di notte
Proiezione della documentazione fotografica Les Paillasses
di Ch. Camberoque, Carnevale di Cournonterral, Francia, 1985

Fernando_Mastropasqua

2005-02-11T00:00:00




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