Riflessioni su Mira

La Buone Pratiche: interventi & relazioni

Pubblicato il 29/12/2005 / di / ateatro n. #BP2005 , 092

Cari Mimma ed Oliviero,

forse, anziché perdermi in riflessioni sulla legittimità dell’uso del termine valore dopo Nietzsche, potevo andare direttamente al merito della questione posta da Buone Pratiche 2: se il teatro è un elemento del welfare, può seguire le sorti (declinanti) del welfare; se invece è un valore, qualcosa cioè che attiene alla sfera dell’identità, dei diritti di cittadinanza e della democrazia politica, no, perché è qualcosa in più. Avrei potuto aggiungere che è qualcosa in più anche dal punto di vista economico, poiché produce domanda di beni immateriali e con questa una crescita di qualità delle strutture dell’economia. Poi, seguendo l’onda suggerita di non aspettare passivamente l’inversione della tendenza declinante che ormai caratterizza il FUS, e prendendo atto che ormai i due terzi delle risorse del teatro provengono da altre forze (Enti Locali, etc.), avrei potuto raccontare il caso del Laboratorio Teatrale dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che è ormai alla sua terza stagione e che è finanziato dall’ARDIS (l’Ente per il Diritto allo Studio della Regione Calabria) ed anche direttamente dall’Università di Reggio Calabria. Ma non è mai troppo tardi per fare una cosa.
Lo spettacolo più importante della nostra stagione 2005, La Fondazione della Città, una “rivista architettonica” sui miti di fondazione della città, che inizia con una disputa tra Alessandro Magno ed i suoi architetti a proposito della fondazione di Alessandria, e prosegue con la Torre di Babele, Roma, Crotone e Sibari, la Città del Sole di Campanella, il terremoto di Reggio raccontato da Norman Douglas, scene da Mahagonny di Brecht e dalla Cimice di Majakovskij, 1984 di Orwell etc., è stata ospite a luglio dell’Estate Romana alla Sapienza, dove ha così colpito Stefano Mollica, responsabile dell’AISLo (Associazione Italiana per lo Sviluppo Locale da invitarla, come spettacolo inaugurale, al Convegno Internazionale che l’AISLo organizza ogni anno, e che quest’anno si è tenuto a Barletta, con la collaborazione del Comune di Barletta e della Regione Puglia, in un luogo federiciano come il cortile del Castello Svevo. Dove La Fondazione è stata rappresentata, il 28 ottobre, in un quadro scenico molto diverso da quello di un teatro tradizionale, senza palcoscenico e senza scenografia che non fosse elettronica.
Il significato dello spettacolo era convergente con la tesi principale del Convegno, che le città sono oggi, proprio perché viviamo nel quadro dell’economia globale, basata sui consumi e sulla produzione di beni immateriali rovesciando i vecchi dogmi dell’industralismo ottocentesco e novecentesco, e lo saranno sempre più in futuro, il motore dello sviluppo.
L’invito a Barletta (cui si è aggiunto dopo l’incontro di Mira un altro invito, a concludere ad inizio agosto 2006 l’annuale Seminario di Architettura di Camerino) non è solo un riconoscimento della qualità del nostro lavoro. E’ un riconoscimento che si estende ai nostri sostenitori istituzionali, l’ARDIS, che non solo ci sostiene economicamente ma ci dà la possibilità di usare un bel teatro come il Teatro Siracusa di Reggio Calabria, e l’Università Mediterranea, che quest’anno ha dotato il Laboratorio di una propria sede. Dove lavoreremo per le scene ed i costumi, e terremo iniziative a carattere seminariale, cui intendiamo invitare scenografi teatrali come Sergio Tramonti, ma anche architetti-scenografi come Franz Prati, e artisti visivi-scenografi come Fabio Massimo Iaquone. Ciò che c’interessa quest’anno – metteremo in scena un mio testo da Le Mille e Una Notte, ed un testo di Giuliano Scabia, Visioni di Gesù con Afrodite – è infatti sperimentare il contributo che altre immaginazioni possono dare allo spettacolo teatrale, e le loro relazioni di reciproca influenza.
Già la rappresentazione di Barletta è stata un primo esperimento in questa direzione, visto che in quell’occasione abbiamo rinunciato ad usare scene e palcoscenico per utilizzare direttamente la scena naturale del Cortile del Castello Svevo – che in sé si costituiva già come una rappresentazione della città. Abbiamo più di una registrazione video dello spettacolo; la versione in teatro a Reggio, frammenti della versione romana, ed infine quella a Barletta. Nel nostro Laboratorio studieremo le differenze.
Sperimenteremo le relazioni tra scena reale e scena virtuale, tra attore reale ed attore virtuale, anche in un corso a contratto, all’interno del corso di laurea in Disegno Industriale, che terrò a Roma, all’Università “Ludovico Quaroni”, assieme a Marilù Prati, che dirige con me il Laboratorio di Reggio; ed anche in un altro che dovremmo condurre in Tunisia, a Nefta, dove abbiamo un progetto di formazione in cooperazione con l’ENAU di Tunisi – partendo sempre dal tema del confronto tre l’immaginario orientale e quello occidentale, basandoci in parte sempre sul testo originario de Le Mille e una Notte – in parte sui miti di Didone e del viaggio.
Barletta è un riconoscimento al lavoro di tutta l’Associazione Culturale “Le Nozze” di Marilù Prati, che gestisce il Laboratorio Teatrale in convenzione con l’Univeristà e con l’ARDIS. C’è un gruppo, ormai folto e sperimentato, di attori studenti e di collaboratori tecnici, come Valentina De Grazia, Nino Minniti e Francesca Chiappetta. In un certo senso ci sentiamo quasi dei privilegiati, abbiamo un organico da Teatro Stabile, tutto basato su un vero volontariato. Quest’adesione si spiega soltanto con la passione, con il fatto che chi partecipa sente di ricevere davvero, in termini di esperienza e di conoscenza, qualcosa in cambio. Una formazione che non si esaurisca nei propri confini disciplinari è particolarmente importante nell’università dei crediti formativi, un terreno inevitabilmente autoreferenziale, che corre il rischio di chiudersi proprio quando magari sta pensando di specializzarsi.
Ed avrei potuto concludere riprendendo il tema principale, quello del teatro come qualcosa di cui non si può fare a meno, e che bisogna fare di tutto per mantenere in vita. Il Laboratorio di Reggio è un vero paradosso, qualcosa che va assolutamente alla rovescia in un’Italia in cui oggi tutto sembra invece congiurare alla distruzione del teatro e della cultura del teatro. C’è una vera persecuzione ideologica (dico ideologica perché si promuove un’altra idea della cultura, quella passiva e mediatizzata, dove la differenza è vista come deviazione e non come potenziale maggiore ricchezza) contro lo spettacolo dal vivo. Si sega la Scala a metà come fosse un fenomeno da circo. Si colpiscono due volte gli Enti Locali che hanno capito, come Veltroni a Roma o Cacciari a Venezia o Bassolino in Campania, il valore economico della cultura.

Renato_Nicolini

2005-11-24T00:00:00




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