Adelaide Ristori a cento anni dalla morte

Un convegno a Cividale del Friuli

Pubblicato il 26/06/2006 / di / ateatro n. 096

“Giù il cappello, Giorgio. Qui è nata tua madre”. Stando a Orio Vergani, testimone oculare dei fatti in quel di Cividale, a pronunciare quelle imperiose parole, degne di un album di frasi celebri per i posteri, fu Adelaide Ristori, che l’’11 dicembre 1879 tornò in visita ufficiale nella città del Natisone, per ricevere l’’omaggio della comunità e portarvi in dono un suo busto di marmo, poi andato perduto.
E infatti in quella casa al numero civico 284 dell’allora Contrada S.Tomaso, indicata con tanta autorevolezza al figlio (poi pittore non spregevole di sensibilità liberty), la Ristori aveva visto la luce in un gelido inverno friulano, alle due di notte del 29 gennaio 1822. E sempre a Cividale, il 31 gennaio, era stata battezzata dal parroco Niccolò Tiossi nella vicina Chiesa di S. Silvestro, avendo per padrino e madrina gente oscura del posto, rispettivamente il sig. Matteo Turrini e tale Teresa Duttig, di mestiere “pistora”, cioè panettiera.
Di umili origini, del resto, era allora la piccola Adelaide, primogenita di due comici di terz’ordine, Maria Maddalena Pomatelli, di Ferrara, e Antonio Ristori, di Capodistria, che in quel freddo 1822 erano in forza della Compagnia Cavicchi, una di quelle “familiari”, si diceva, per etichettare le zone basse del teatro di giro.
Figlia d’arte, ma da sottoscala dello spettacolo, la Ristori era prevedibilmente avviata a calcare le orme dei genitori, nel misero e faticoso nomadismo di una scena perennemente in viaggio, da una piazza all’altra, baule al seguito, con allestimenti si può immaginare quanto accurati, approfonditi e artisticamente decorosi. A tre mesi era già sul palco, quando ci fu bisogno di un bambino in fasce per colorire la farsa “I regali del Capo d’anno”. E poi, a tre anni, eccola di nuovo nella parte di un fanciulletto nel dramma di ambientazione medioevale “Bianca e Ferdinando”. Precoce bambina prodigio e perciò beniamina del pubblico, sarebbe potuta avanzare poco più in là, se non fossero intervenute quelle doti di energia, ambizione, volontà e, naturalmente, talento che fanno sempre la differenza e che, nel suo caso, ne invertirono il destino e la innalzarono a “gloria” indiscussa del teatro italiano di prosa, in particolare tragico.
E dunque quello “scappellarsi” intimato nel 1879 a Cividale era parte di un trionfo pubblico più che dovuto. Adelaide Ristori era ormai marchesa e blasonata, sposa dal 1848 di Giuliano Capranica del Grillo, una delle famiglie romane di più antica nobiltà, che invano aveva osteggiato quelle nozze con l’attrice. Ma, al di là di quell’ascesa sociale, o insieme ad essa, la Ristori poteva vantare ben altri titoli di merito. Il capolavoro assoluto della sua vita era consistito tutto nella battaglia artistica, condotta con instancabile tenacia e con successo indiscusso per legittimare il lavoro dell’attore, ridargli dignità estetica e morale, sollevarlo dal sospetto corrente di essere solo lo strumento di un intrattenimento più o meno raffazzonato, e a conti fatti non proprio necessario. Battaglia non facile, la sua, se nel primo Ottocento, quando lei aveva iniziato, la concorrenza da battere veniva anche dalla supremazia riconosciuta del teatro lirico, come scuola dei sentimenti superiore per principio e laboratorio primo di modelli e valori di comportamento.
Ma evidentemente la giovane Adelaide doveva avere le idee chiare, tali da farle preferire il sacrificio dello studio ai facili luccichii della carriera rapida, che le si spalancava davanti grazie a un talento e a un poderoso physique du rôle, ben presto rivelati e sviluppati. Nel 1837, perciò, rinunciò ai ruoli di “prima donna” per cui veniva già cercata e invece scelse la gavetta del tirocinio severo con la Compagnia Reale Sarda, una di quelle formazioni “stanziali”, cosiddette “privilegiate”, volute dalla politica culturale delle corti italiane e tese alla ricerca del rigore e del decoro artistici e morali.
In seguito, forte di una solida consapevolezza tecnica e professionale, allevata dal magistero d’attrice della maestra Carlotta Marchionni, rinvigorita anche dalla sferzata di energia che lo sconquasso del 1848 portò agli attori della sua generazione, la Ristori tornò alle scene nel ’53 da protagonista autorevole e gran dama. Selezionò un repertorio di regine del passato e di eroine classiche, Maria Stuarda, Maria Antonietta, Fedra, Mirra, Lady Macbeth, tutte donne giganti, tanto potenti nel comando quanto umane nel dolore e nel pentimento, studiate con cura minuziosa nello scavo interiore e rese in una accurata partitura di sfumature a contrasto tra la parola e la controscena del gesto. Le vestì di abiti meravigliosi, decisivi in una scena che puntava anche sul ruolo del costume fastoso come elemento di informazione visiva. Su queste donne “mondiali”, nel presupposto dell’universalità delle loro passioni, costruì il programma esportabile per pionieristiche e fortunate tournèe internazionali, a partire da una prima uscita a Parigi nel ’55, dove fu anche in missione diplomatica per conto di Cavour e della causa dell’indipendenza italiana. E allora con l’alfieriana Mirra stravinse il confronto con la rivale francese Rachel, attrice tragica di controllo diderotiano a cui lei contrappose la sua più calda maestosità.

Adelaide Ristori in Medea.

E poi, ormai “divina”, ricca e autonoma, al punto da fondare nel ’56 con il marito una Compagnia tutta sua, sempre preceduta da un’abile strategia promozionale, puntò nel ‘57 su Londra, dove portò per prima un “Macbeth” in italiano. Poi vennero le capitali europee, Pietroburgo e gli Stati Uniti (vi si recò in ben quattro tournée), fino al vero tour de force del giro del mondo nel 1874-76, per terra e per mare, dall’America Latina al Messico, da New York all’Australia: un’impresa senza precedenti, 20 mesi e 12 giorni per 312 rappresentazioni, una recita ogni due giorni. Quel virtuosismo toccò il suo acme nel 1982, quando a Londra ricomparve di nuovo con “Macbeth”, sbilanciato naturalmente tutto a vantaggio della dark Lady, ma questa volta recitò in inglese, lingua ignota e completamente mandata a memoria senza suggeritore, che lei ben presto, sull’esempio della Marchionni, aveva abolito perché non ne venisse compromessa la naturalezza dell’interpretazione.
Nel 1886, fu infine il ritiro dalle scene. Per la Ristori, elevata intanto a dama di corte della regina Margherita -lei che nel corso della carriera era entrata in familiarità con le teste coronate di mezza Europa- , quello fu il tempo delle memorie, consegnate nel 1987 alla scrittura di un prezioso libro di “Ricordi e Studi artistici”. Fu anche il tempo di una vecchiaia da mito monumentale, tanto che all’ottantesimo compleanno ricevette in casa la visita, inaspettata, del re Vittorio Emanuele III, notoriamente poco incline a questo genere di omaggi. E infine, quando scomparve il 9 ottobre 1906, l’orazione funebre concludeva col dire che la sua morte era “un lutto per Roma e l’intera nazione”.
Ma il mondo avevo ormai preso da tempo altre vie di inquietudine. La scena si era aperta all’entieroismo del quotidiano e delle sue patologie. Sul palco non trionfavano più grandi attori, ma attori grandi, di nuovo esecutori al servizio dei testi e degli autori, rinati già dall’epoca del verismo.
Si chiamavano Virginia Marini, Ermete Novelli, Eleonora Duse, Ermete Zacconi, protagonisti di una nuova arte scenica che la Ristori non poteva capire e tanto meno approvare. Nel 1899 la giudicò una maniera “nevrotica, falsa e acrobatica”. Eppure erano tutti figli suoi, usciti per interpretare la modernità da quell’orgoglio d’attore professionale e artisticamente creatore che lei per prima aveva incarnato e che aveva contribuito a nobilitare. E dunque, aveva avuto ragione lei. Chapeau, appunto.

Convegno Nazionale di Studi

Cividale del Friuli
Chiesa di S.Maria del Battuti
Sabato 25 marzo 2006
Ore 10.00-13.00 / 16.00-19.00

Davvero di prestigio nazionale il Convegno di Studi che il 25 marzo 2006, dalle ore 10 alle 13 con ripresa pomeridiana dalle ore 16.00, a Cividale del Friuli (Udine), presso la restaurata Chiesa di Santa Maria dei Battuti, indagherà la personalità e il genio artistico di Adelaide Ristori, grande attrice tragica dell’Ottocento teatrale italiano, a cento anni dalla morte.
L’iniziativa, firmata da Angela Felice, con il sostegno di Regione Friuli Venezia Giulia e Provincia di Udine, oltre che con il patrocinio dell’Ente Teatrale Italiano e dell’Università degli Studi di Udine, è promossa dal Comune di Cividale del Friuli, dove la Ristori vide la luce nel 1822 da una famiglia di modesti comici di terz’ordine.
Cividalese per caso, dunque, e prevedibilmente avviata a un destino di povero nomadismo, la Ristori finì invece per dominare la scena del suo tempo, legittimando con vigore il prestigio sociale e artistico del mestiere d’attore e battendo con energia la concorrenza del teatro lirico, come anche i pregiudizi correnti sulla sciatteria del teatro di giro. Una carriera autorevole, la sua, che la incoronò infine a “mito” e a donna di teatro a tutto tondo: non solo interprete del grande repertorio di regine e eroine classiche, ma anche capocomica, amministratrice, ambasciatrice appassionata della causa e della cultura italiane e -ancora- abile stratega di fortunate, e pionieristiche, tournée internazionali.
Sono le tante facce di una esaltante avventura umana e teatrale, nel contesto della scena dell’Ottocento, di cui spetterà al prestigioso gruppo dei relatori del Convegno cividalese analizzare e interpretare il significato e i caratteri: Paolo Puppa, per gli “splendori e miserie di un’attrice da legittimare”; Teresa Viziano, per il risvolto anche risorgimentale di quella esperienza; Franco Perrelli e Marisa Sestito, per il carattere delle tournée della Ristori, rispettivamente, in Scandinavia e in Inghilterra; Laura Mariani, per un confronto in chiaroscuro tra Adelaide Ristori e Giacinta Pezzana, modelli d’attrice in conflitto; Maria Ida Biggi, per l’analisi di scene e costumi.
Claudio Meldolesi, infine, coordina e conclude i lavori, che saranno impreziositi in apertura anche da un rapido schizzo sulla Cividale ottocentesca. E’ un omaggio non di circostanza a una piccola città defilata, ma di tutto rispetto per il teatro italiano, se –oltre alla Ristori- ha dato i natali alla colorita tribù dei Podrecca-Vergani.
Info, Cividale del Friuli, Biblioteca Civica, tel. 0432-710510, E-mail biblioteca@cividale.net.

PROGRAMMA

Ore 10.00 – 13.00

Mauro Pascolini – Università di Udine
Borgo, paese, città: antiche identità e nuove vocazioni di Cividale nell’Ottocento

Paolo Puppa – Università di Venezia
Adelaide Ristori: splendori e miserie di un’attrice da legittimare

Teresa Viziano – Civico MuseoBiblioteca dell’Attore di Genova
Adelaide Ristori: da figlia d’arte a simbolo dell’Italia Unita

Ore 16.00 – 19.00

Franco Perrelli – Dams Università di Torino
Herman Bang e Adelaide Ristori

Laura Mariani –
Università di Cassino
Adelaide Ristori rivista da Giacinta Pezzana: modelli d’attrice in conflitto

Maria Ida Biggi –
Università di Venezia
Gli scenografi di Adelaide Ristori

Marisa Sestito –
Università di Udine
La giustizia poetica di Lady Adelaide

Claudio Meldolesi – Dams Università di Bologna
Coordinamento e conclusioni

Adelaide Ristori
1906-2006 – a cento anni dalla morte
Convegno Nazionale di Studi – Cividale del Friuli, 25 marzo 2006

Città di Cividale del Friuli – Assessorato alla Cultura

con il sostegno di
Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Provincia di Udine – Assessorato alla Cultura

con il patrocinio di
Ente Teatrale Italiano
Università degli Studi di Udine

progetto e coordinamento
Angela Felice

Angela_Felice

2006-02-26T00:00:00




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