L’arte di ri-creare visioni del mondo

Un manifesto all'alba del terzo millennio

Pubblicato il 03/07/2006 / di / ateatro n. 100

Al sorgere del terzo millennio abbiamo guardato il planisfero del mondo e abbiamo immaginato che gli artisti più significativi dell’immagine, della parola e del pensiero di tutto il pianeta ne realizzassero uno nuovo. Ciascuno con il proprio sguardo, la propria voce e il proprio volto. Tanti autoritratti degli artisti, tracce del loro corpo e del loro mondo poetico. Tanti tasselli differenti, singoli e indipendenti, che compongono in uno stesso mosaico una nuova immagine del mondo, ed insieme una grande carta d’identità artistica per il nuovo millennio. Con la speranza che attraverso la conoscenza e il riconoscimento delle identità proprie e altrui, e quindi delle loro differenze, sia possibile trasformare una mappa di conflitti in una mappa di scambi creativi. Non come imperativo ideologico ma come evoluzione culturale e spirituale.
L’arte, nel suo senso più ampio che comprende le arti visive, la poesia, la musica, le arti sceniche e anche l’arte di pensare, cioè la filosofia, quale senso ha oggi nella nostra società globale, mediatica, tecnologica e materialista, dominata dall’economia?
Nelle società antiche l’arte era indissociabile dalla vita e dai valori della comunità, svolgeva il ruolo di simbolizzare le aspirazioni, le paure e l’identità di una popolazione, di trasformarle in memoria collettiva (prima tramite l’oralità e la pittura, poi con la scrittura) e quindi in un patrimonio culturale e immaginario che si trasmetteva, aggiornandosi e innovandosi, di generazione in generazione. L’arte era l’anima creativa, lo specchio simbolico, nel bene e nel male, di una socialità. Una funzione che in qualche misura ha conservato fino al Novecento: agli albori del secolo con le avanguardie artistiche storiche che hanno interpretato le contraddizioni e i traumi della rivoluzione industriale moderna e delle ideologie totalitarie, e negli anni Sessanta quando nuove avanguardie hanno rivitalizzato un’utopia di cambiamento, di maggiore equità e libertà sociali.
Oggi, nel nuovo millennio, il mondo sembra più piccolo, i suoi confini si sono definitivamente aperti, spesso traumaticamente, tramite i conflitti e le migrazioni, oppure tramite l’evoluzione dei trasporti e delle telecomunicazioni, o ancor più attraverso gli scambi commerciali e finanziari. Il villaggio è diventato “globale” (come profetizzava McLuhan), con una positiva miscellanea di etnie, culture e tradizioni, ma anche con un forte e duplice rischio: la perdita delle identità culturali locali o, all’opposto e per reazione, la loro violenta e ideologica radicalizzazione fino al fanatismo nazionalista o pseudoreligioso. Gli interessi economici si sono sempre più coniugati a questi fanatismi, scatenando guerre, terrorismo, finte rivoluzioni, genocidi di massa, con conseguenze disastrose anche per l’ambiente naturale e la qualità della vita delle popolazioni, soprattutto le più povere.
In questo scenario l’arte, nonostante il valore dei singoli talenti, sembra aver perso il suo “mordente” nell’immaginario collettivo, la sua diffusione di massa si limita alle grandi mostre del repertorio classico o novecentesco, la sua contemporaneità è ristretta a un mercato dell’arte sempre più simile al modello degli investimenti in borsa, oppure a un ambito circoscritto di addetti ai lavori, riviste specializzate, a occasioni espositive più commerciali che culturali (come le fiere), anche i tradizionali appuntamenti (come la Biennale di Venezia, Documenta Kassel, etc.) non hanno più l’impatto propositivo e la credibilità del passato, le gallerie private sono deserte e le sovvenzioni pubbliche, con la recessione in atto, sempre più scarse. Oggi hanno un impatto sociale di gran lunga più rilevante la comunicazione pubblicitaria o un qualsiasi evento mediatico, ma né l’una né l’altro hanno la capacità di visione profonda dell’anima dell’uomo e del suo tempo che invece può emergere dalle diverse espressioni artistiche. Anche rispetto alla tecnologia, che domina la nostra esistenza con un’innovazione accelerata e costante, spesso autoreferenziale (la novità fine a stessa), l’arte potrebbe assumere un ruolo molto importante interrogandone il senso, sperimentandone l’uso creativo, intuendo, rivelando e interpretando le trasformazioni esistenziali, antropologiche e culturali, biologiche persino, che essa può produrre, insomma pilotando la tecnologia al di fuori della logica puramente commerciale o militare verso uno sviluppo eticamente consapevole e creativamente innovativo.
Per tutte queste ragioni abbiamo voluto (Artero, Eubel e Pfeiffer e io) proporre a eminenti artisti, poeti e filosofi di tutti i continenti un atto simbolico forte e collettivo: ridisegnare il planisfero del mondo con immagini e parole che partono dalla riflessione su se stessi (l’autoritratto, perché per cambiare il mondo bisogna partire da se stessi), si aprono a una relazione creativa con l’altro (non conflittuale o economica) e complessivamente propongono una visione molteplice e interdipendente del mondo (non totalizzante e unilaterale, perché quest’opera collettiva è fatta mantenendo e valorizzando le identità individuali e culturali) per il nuovo millennio. Una visione insieme ironica, drammatica, riflessiva, sensibile, provocatoria, vitale…. Un’opera collettiva, dove la creatività artistica è segno emblematico di un’alternativa possibile alla logica distruttiva del conflitto, dell’intolleranza, del profitto a ogni costo e della devastazione ecologica. Un atlante utopico del nostro tempo che idealmente abbraccia l’intero pianeta e che vuole restituire all’arte, alle arti, la sua funzione storica di avamposto intuitivo, sensibile, profetico, poliedrico, dinamico e pacifico dell’immaginario collettivo.

TESTO-MANIFESTO DEL 1994, revisionato e aggiornato

All’inizio di ogni millennio gli uomini immaginano un nuovo destino del mondo.
Il mondo si riflette in uno specchio collettivo e vede:
I popoli si mescolano ma non si uniscono. Razzismo, intolleranza religiosa e guerre civili proliferano.
La guerra tecnologica maschera le sue barbarie in una sorta di “wargame” elettronico che tutti possono seguire in diretta televisiva, come i giochi olimpici.
Il pianeta terra è diventato la discarica dell’universo. Il mito dello sviluppo tecnologico, industriale e militare illimitato, l’aumento indiscriminato dei consumi e della popolazione, vampirizza e devasta le risorse naturali, accentua il divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Ogni 30 secondi un essere umano muore di fame.
I satelliti fluttuanti nello spazio percepiscono un pianeta blu, ma la sua anima sembra più nera.

L’arte viene da questo mondo, ma genera mondi che non appartengono a nessun luogo.
L’arte è il mondo della visione.
L’opera è una visione del mondo (Weltanschauung).
L’arte è arte delle trasformazioni.

Cerchiamo allora di cambiare l’immagine del mondo attraverso lo sguardo degli artisti,
la voce dei poeti e dei filosofi aperti al dialogo.
Abbiamo affidato al vento la nostra voce perché andasse nei cinque continenti, a domandare:
Qual è il ruolo dell’artista in questo mondo?
L’artista come vede se stesso?
E come vede il mondo all’alba del nuovo millennio?
Quale mondo nuovo può nascere dalle visioni dell’arte e della poesia?

Il mondo è lo specchio dell’uomo.
L’occhio è lo specchio del mondo e la finestra dell’anima.
L’opera è confronto tra sé e il mondo.
L’opera è l’autoritratto dell’artista.
Il volto del mondo e quello dell’artista si sovrappongono.
Ogni viso è un paesaggio. Un continente. Un mondo.

Andrea Balzola per Weltanschauung

CRONOLOGIA aggiornata DEL PROGETTO WELTANSCHAUUNG (da inserire nel volume pubblicato)

1993 – Nasce a Torino il progetto italo-tedesco “Planisfero Weltanschauung – Autoritratto del mondo nel nuovo millennio”, da un’idea dell’art designer Silvio Artero, dello scrittore Andrea Balzola e dell’artista Johannes Pfeiffer. L’idea è presentata al Direttore del Goethe Institut Turin Paul Eubel, che accoglie il progetto, collaborando alla sua definizione e alla sua realizzazione.

1994 – Circa 150 tasselli che compongono il planisfero Weltanschauung sono inviati ad artisti di oltre 50 paesi di tutti i continenti. Le risposte degli artisti arrivano nell’arco di tutto il 1994 e il 1995, fino a raggiungere una novantina di adesioni da più di quaranta paesi. Tra le adesioni ci sono molti nomi notissimi, numerosi emergenti e alcuni provenienti da paesi ai margini del mercato mondiale dell’arte. Viene realizzato un poster che presenta il riempirsi progressivo del planisfera con le immagini inviate dagli artisti.

1995 – La direzione generale dell’Unesco invita gli autori a presentare il progetto alla conferenza internazionale “Art: tolerance and intolerance”, organizzata il 15 dicembre presso la Fondazione Cini di Venezia. In questa occasione il francese Pierre Restany, la russa Swetlana Dscafarowa, l’italiano Paolo Levi, i tedesci Manfred Nagele e Elmar Zorn, l’indiano Sarat Maharaj, aderiscono al progetto come membri del comitato scientifico.

1996 – Su invito di Ibrahim Spahic, direttore del Winter Festival di Sarajevo, gli autori del progetto presentano in anteprima mondiale il planisfero delle opere, non ancora completo, nel museo d’arte moderna della città martire bosniaca, appena uscita dai bombardamenti e ancora sotto stato d’assedio. Andrea Balzola e Johannes Pfeiffer portano di persona e allestiscono il planisfero tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. I mass media italiani annunciano con rilievo l’evento, intervistando gli autori e gli artisti italiani coinvolti nell’opera collettiva, tra i quali: Gilardi, Paladino, Pistoletto, Rotella, Vedova.
Alla fine di marzo il Ministero degli esteri italiano sceglie il Planisfero Weltanschauung come opera artistica simbolica della Conferenza intergovernativa europea per la Revisione del Trattato di Maastricht, presso la nuova sede del Lingotto di Torino.

1997-2000 – Gli autori e Paul Eubel, nel frattempo nominato Direttore del Goethe Institut del Lussemburgo, progettano e realizzano un book in pochi esemplari con le fotografie delle opere e contattano poeti e intellettuali di tutto il mondo, chiedendo di partecipare all’opera con un intervento autografo.

2001-2005 – Paul Eubel, divenuto Direttore del Goethe Institut di Palermo, continua e completa, con la collaborazione degli altri autori del progetto, il planisfero e il volume ottenendo la partecipazione al progetto di alcune delle più prestigiose figure internazionali nel campo della filosofia, della religione e della poesia. Il planisfero sarà composto con tasselli incorniciati con legno laccato lavorato appositamente a mano in Giappone.

Andrea_Balzola_per_Weltanschauung

2006-07-03T00:00:00




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