Il volto e la maschera del teatro

I manifesti teatrali polacchi in mostra a Genova

Pubblicato il 27/06/2009 / di / ateatro n. 122

Forse dipende dal fatto che il teatro, nella cultura polacca, abbia sempre avuto un ruolo determinante. Forse può essere che sotto il regime socialista non c’era pubblicità, e dunque se un grafico inventivo e di talento voleva farsi conoscere, i manifesti di una stagione teatrale offrivano un’occasione irripetibile. Forse è stata la provocatoria vicinanza di maestri come Grotowski e Kantor, oppure la lettura di Shakespeare nostro contemporaneo di Kott. Forse sono stati la la lezione dei grandi surrealisti (dalle invenzioni di un Magritte ai collage di Ernst, alle visioni di Dalì), l’impatto colorato della grafica rivoluzionaria – dai costruttivisti russi ai manifesti cubani degli anni Sessanta), e magari il riferimento all’arte povera. Forse l’idea del volto – o meglio, quella della maschera – in una società totalitaria ha innestato la creazione di una serie di metafore di grande impatto, che continua anche dopo l’89.
Forse…
Fatto sta che i manifesti teatrali realizzati in Polonia negi ultimi deceni da una straordinaria pattuglia di artisti rappresentino (insieme ai manifesti di un altro genio della grafica teatrale, Paul Davis al quale www.ateatro.it ha già dedicato ampio spazio) una pagina importante nella storia dello spettacolo.
Insomma, la mostra Tutto il teatro in un manifesto. Polonia 1989-2009, a cura di Sergio Maifredi e Corrado d’Elia, con la consulenza scientifica di Pietro Marchesani, che si può vedere a Genova, a Palazzo Ducale, fino al 30 agosto (arricchita dalle installazioni realizzate da Danièle Sulèwic e accompagnata da diversi filmati, oltre che dalla mostra Europa verticale che presenta le foto di Monika Bulaj e i disegni di Paolo Rumiz), è un must per chiunque ami il teatro, e per chiunque si interroghi sulla sua funzione nella società contemporanea.
Perché attraverso le 200 immagini create da artisti come Wieslaw Walkuski, Rafal Olbinski, Wiktor Sadowski, Stasys Eidrigevicius si compone una riflessione sull’essere umano, sulla sua tragica realtà e sulle sue speranze.


Tomasz Boguławski, Titus Andronicus, William Shakespeare, 2007, offset – 98 x 68, Teatr Rekwizytornia.



Jerzy Czerniawski, Dramma non identificato di Stanisław Ignacy Witkiewicz, 1978, offset – 97,5 x 67, Teatr Mały, Warszawa.



Wiktor Sadowski, Stendhal porta il programma teatrale, 1990, offset – 118 x 83, Theater der Altmark, Stendal.



Wiesław Wałkuski, Satyrykon’91, Galeria Teatralna, Kraków, 1991, offset – 98 x 67, Galeria Teatralna, Kraków.



Wiesław Wałkuski, Vanitas, 1996, offset – 67,5×97,5, Muzeum Narodowe, Poznań.



Wiesław Wałkuski, Międzynarodowy, III Festival Internazionale di Gombrowicz, 1997, offset – 67,5×98, Radom.



Wiesław Wałkuski, Żydówka (Ebrea), Jacques Fromental, 2000, offset – 98 x 68, Teatr Wielki, Poznań.



Wiesław Wałkuski, Zmowa świętoszków ( La cabala dei bigotti), Michail Bulgakov, 1995, offset – 66 x 98,5, Teatr Powszechny, Warszawa.



Wiesław Wałkuski, William Shakespeare, I sonetti, 1997, offset – 98,5 x 68, PWST, Kraków.

Oliviero_Ponte_di_Pino

2009-06-27T00:00:00




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