Carmina dant panem ovvero il teatro al tempo dei G.A.S.

Orti insorti spettacolo a baratto

Pubblicato il 10/02/2010 / di / ateatro n. #BP2010 , 125

“I miti aborigeni sulla creazione narrano di leggendarie creature totemiche che nel tempo del sogno hanno percorso in lungo e in largo il continente, cantando il nome di ogni cosa in cui si imbattevano: uccelli, animali, piante, rocce e pozzi, e con il loro canto avevano fatto esistere il mondo.” (Bruce Chatwin 1989)

Avrei dovuto farla con il carro questa tournée.
Ho recitato nei poderi, sotto l’enorme chioma di una quercia, come i cantastorie di antica memoria, in viaggio…
Narrare, ascoltare, riraccontare.
Facendomi pagare in prodotti della terra: pane, farina, cibo, uova, cacio, vino, ma anche storie, memorie, sorrisi, emozioni.
Ho capito che non c’è differenza tra scrivere e creare uno spettacolo e crescere un cavolo.

ORTI INSORTI, REPLICA NUMERO 104!
Ho iniziato la mia avventura tra gli orti e le mie radici nel 2008, dopo aver smesso di lavorare con la Compagnia di Pippo Delbono con cui ho condiviso dieci anni di percorso artistico.
In questa ricerca ho “camminato” con mio figlio nel marsupio e una valigia con pochi oggetti, dai poderi della Maremma a quelli della Puglia,dal teatro di paglia di Montevarchi agli orti urbani di New York, dagli ecovillaggi ai centri sociali, dalle aule delle scuole e delle accademie ai teatri con i velluti rossi di Milano.
In molti poderi del centro e del sud Italia, dove mi recavo la domenica pomeriggio con mio figlio (che veniva affidato alle cure della nonna di casa!), con la mia sedia e la mia storia, ho dovuto spegnere la televisione sintonizzata su Domenica In.
“Spegnete la televisione e aprite la porta al teatro” era il mio motto. E’ diventato anche lo slogan di “A veglia”, il festival del teatro a baratto che dirigo da tre anni a Manciano (GR) a settembre,

Ho trovato anfiteatri naturali in valli e boschi, e gente che con la sedia in mano veniva ad ascoltare la mia narrazione. Sono stata nelle nuove comuni, nei condomini solidali, in isole lontane e piccolissime, e in ogni luogo c’era un grande ascolto.
Avrei voluto farla con il carro, la tournée di Orti insorti, trainata da quattro cavalli maremmani e fermarmi in sosta a bere nei casali,ascambiare parole e farmi pagare con la biada per i cavalli prima di proseguire il percorso…
Invece siamo andati in auto, io e l’elfo musicista Davide Orlando, l’organettista dei Jurnater. Davide suona l’organetto dei pastori e il flauto dei boschi, che ha costruito con un legno forato. Siamo andati in tutta Italia, da nord a sud, a nord est e a sud ovest, complici di un rito che si svolge fuori dai teatri. Ho incontrato bei volti rugosi di veri maestri, ho capito che il mi’ nonno contadino maremmano che ha lottato per la terra era simile a molti nonni pugliesi, campani, siciliani, emiliani, che lavoravano la terra con le mani e si facevano i semi da soli.
Realtà simili e paesaggi diversi.
Porte aperte, tavole apparecchiate, condivisione.
Il mio teatro è civile e conviviale, ci si racconta davanti a una minestra fumante e a un bicchiere pieno dal sapore antico.
In Puglia ci hanno offerto le orecchiette fatte con il grano bruciato, che sono i chicchi che rimangono dopo la trebbiatura e che i mezzadri raccoglievano per il loro desco.

Abbiamo replicato Orti insorti in cascine, poderi, camini, aie, e anche valli, prati e boschi se non pioveva. Qualche volta perfino in qualche teatro più illuminato, ma non perché aveva molte luci.
Del resto, le luci ce le portiamo noi. Abbiamo una scheda tecnica contadina: un filo di lampadine trovate in un podere, due sedie e un tavolino, uno stereo piccolo con cd, la mia voce e le note dell’elfo.
Di podere in podere, pagati a baratto: olio, vino, formaggio, farina, farro, prosciutto, uova…
Ricordo uno degli incassi più alti: 75 litri di olio biologico toscano, che poi abbiamo diviso, 50 a me e 25 al musicista, oltre alla cena e al dormire. Mezza paga se il giovane musico trova quella sera la donzella con cui coricarsi, rapita dalle sue dolci note.
Questa narrazione con musica che dura quarantacinque minuti è il nostro pane quotidiano.
Su un giornale un giorno un critico ha scritto di Orti insorti: “Un teatro che sa di terra e di pane”. E’ vero, il mio teatro è il mio pane, il mio vino, il mio cacio, il mio olio.

Un giorno di fine estate del 2008 mi chiamano a fare questo spettacolo per la festa del Gas di Calci: “Ci sarà una cena per il gas del paese e vorremmo il tuo spettacolo”, mi spiega una ragazza al telefono. Calci è un paese in provincia di Pisa ma anche vicino a Lucca.
Sì, ci andrò, così prima mi fermo a prendere un tè e una torta con Pia Pera nel suo giardino. Poi penso: “Ma che gli dico io ai dipendenti dell’azienda cittadina del gas?”

“Il mi’ nonno Pompilio nato a Pratolungo il 14 di dicembre del 1904 usava il carbone, lo andava a fa’ alla macchia e faceva pure la legna pe scaldassi…”

Mi sento fuori luogo, all’azienda del gas municipale. E che direbbe poi la mi’ nonna, la Gina,

“Lei ha sempre usato solo la cucina economica che co’ la legna drentro ci scaldava la casa,cucinava,asciugava i panni e bolliva l’acqua pe’ lavassi tutti.”

Che c’entra Orti insorti alla festa del gas municipale. Poi sinceramente io al metano preferisco le energie alternative e rinnovabili!

E invece, che energie alternative ho scoperto quella sera a Calci! Ho capito che i gas sono i G.A.S, e non c’entrano nulla con il gas inteso come metano. Sono i Gruppi di Acquisto Solidale, dove si raccolgono persone che la pensano più o meno nello stesso modo su vari argomenti: solidarietà, commercio equo, consumo critico, cibo, alimentazione, biologico, ambiente, inquinamento… Insieme, decidono di non servirsi più dalla grande distribuzione, cioè non fanno più la spesa al supermercato, ma si uniscono per comprare prodotti genuini, biologici e freschi e soprattutto a chilometro zero dai contadini o da piccoli produttori della filiera corta. Poi si ridistribuiscono la spesa a seconda delle loro esigenze, con un risparmio a volte anche del cinquanta per cento su alcuni prodotti rispetto ai supermercati. Alcuni G.A.S. adottano anche i campi di grano per avere il loro pane dal seme.
Hanno nomi curiosi e fantasiosi, questi gas: Il filo di paglia, Gasati, A tutto gas, Gaspiterina, Gasgrilli, Gastone, Non solo gas, Gasiamoci, Gasotto…
Sono convinti che ogni cosa sia possibile, persino vivere in un mondo diverso, dove la persona venga prima del denaro. GASPITA!
Alcuni sono costituiti da pochi amici, altri da moltissime famiglie. Sono nati in Emilia Romagna alla fine degli anni Novanta e adesso con la crisi economica sono sbocciati ovunque.
Per lo più i G.A.S. sono composti da famiglie con bambini, insegnanti, medici, impiegati, ma anche studenti e giovani al di sotto dei trent’anni e operai o casalinghe che hanno fatto la sana scelta alimentare e politica di non nutrirsi più dalla grande distribuzione, e poi decidono cosa e come mangiare a partire dal seme e dalla terra, famiglie consapevoli della crisi che stiamo vivendo e capaci di reagire in modo solidale e culturale, persone che scelgono il giusto grano per il loro pane, l’olio bono, il vino genuino, la verdura senza ogm e anche il mio spettacolo.
Da allora, dopo Calci, grazie al libro (Orti insorti, Stampa Alternativa) e al passaparola tra i G.A.S., ho iniziato queste strane tournée. A TUTTO G.A.S.!

Loro,”il popolo dei G.A.S.”, hanno deciso di nutrirsi di Orti insorti. E io ho accettando di nutrirmi di loro: di questo pubblico così bello, genuino e familiare. Un pubblico che abitualmente non va a teatro ma è colto e curioso, che da due anni compra puntualmente, in tutta Italia, una o più volte al mese lo spettacolo come se fosse pane: il loro pane, il mio pane.

“Fa che ovunque io vada, lì sia casa, sia pane, sia bere, sia fuoco, sia sedia.”

Appena arrivo sono accolta a tavola come in casa.A volte si mangia insieme, tutti quanti, in una sede di quartiere o in un circolo A.R.C.I, oppure in un podere della filiera corta. Poi si passa al vino, alla musica, alle parole. Mi bastano una sedia, un tavolo e un prato o l’aia, sempre se non piove, se no si sta dentro.
Il pubblico, il mio pubblico, quello che ha deciso, in una o più riunioni, di comprare lo spettacolo, lo ha scelto come se fosse un prodotto alimentare: teatro da mangiare e dono da condividere. Alcuni avevano letto il libro, altri avevano visto lo spettacolo e lo hanno proposto identificandosi nel mi’ Nonno Pompilio che lui
“Non ha mai comprato un cavolo, per davvero, comprava solo lo zucchero, il sale, il caffè e il baccalà ‘na volta l’anno alla fiera d’agosto, doppo la trebbiatura. E se gli avanzava qualche soldo, pure l’ombrello, e un paio di scarpe a ruota: un anno a uno e un anno all’altro dei su’ figlioli.”

Altri hanno sentito parlare dello spettacolo dai contadini dove andavo a fare le mie Veglie e loro a comprare l’olio o il cacio, così ne hanno parlato ai loro G.A.S. e poi si sono tassati con una cena di autofinanziamento per avere Orti insorti. A loro, fedeli abbonati, facciamo un prezzo speciale.

In questa bella rete diffusa in tutta Italia, da Aosta alla Sicilia, incontro gente che si riconosce nel mio narrare, e che in una riunione per la scelta dei prodotti o per lo smistamento delle verdure, mentre i volontari preparano i sacchi per ogni gasista, fanno comunità toccando temi etici, politici e sociali: dalla scuola, al teatro, all’inquinamento G.A.S. SI’, NO GAS!
Riuniti davanti a una torta alle carote, assolutamente bio e a chilometri zero, o a biscotti fatti in casa con farina di grano della filiera corta.
Le sedi del G.A.S. dove replico lo spettacolo sono spesso una stanza con cassette di frutta e di verdura, un tavolino e poche sedie, disadorna ma piena di calore umano, un po’ come una piazza-mercato. Crea comunità soprattutto nelle grandi città, dove è difficile incontrarsi e scambiarsi opinioni.
E così grazie alle energie alternative del popolo dei G.A.S., Orti insorti vive, e vivo anche io, grazie a loro del mio teatro e delle mie parole. Mi sembra incredibile, soprattutto di questi tempi, quando i teatri chiudono e i festival saltano. Grazie a loro, che mi sostengono in questa impresa, mi sento portavoce di un teatro davvero resistente, militante e sperimentale, una moderna cantastorie che fa del teatro il suo pane.

“Carmina dant panem”, oso dire contraddicendo l’antica massima usata dall’ Ariosto e dal Petrarca.
“Carmina non dant panem” esprime la difficoltà di trovare lavoro e denaro per chi sceglie l’arte come lavoro per vivere.
Per me con Orti insorti “Carmina dant panem”, davvero!, grazie alle numerose associazioni culturali, ai centri sociali riconvertiti in mercati, ai direttori e agli insegnanti delle scuole che hanno l’orto e che mi chiamano a fare lo spettacolo, al movimento Campi Aperti di Bologna, all’Associazione Samarcanda per l’iniziativa + Futuro in provincia di Belluno, al collettivo Gustonudo di Bologna, ai soci di Buon Mercato di Corsico, ai ragazzi di “Il pane e le rose” del centro di economia etica e solidale del comune di San Giuliano Milanese, alle ragazze dell’Associazione Namastè che hanno organizzato la rassegna “Mangiare è un atto agricolo” a Locate Triulzi, sfidando la bufera di neve, e a tutti gli altri sparsi nella penisola, e ultimo ma non ultimo al distretto di economia solidale della Brianza in provincia di Monza che ha adottato un capo di grano dove ci sarà la prossima replica di Orti insorti il 23 maggio 2010.
Mi sento davvero una moderna cantastorie che vorrebbe muoversi per le campagne in groppa al cavallo o all’asino e invece gira su una vecchia Ford.

La prossima replica di Orti insorti sarà domenica 23 maggio 2010 alle ore 18:30 a Mezzago (MB), in occasione della settimana dell’agrobiodiversità organizzato da Retina Gas Brianza in conclusione dell’iniziativa “Il mondo nel piatto, la vita nei campi storie di terra, cibi e contadini”, una serie di incontri e di eventi per capire e condividere l’importanza di preservare e “coltivare” la biodiversità agricola .
Lo spettacolo si svolgerà sull’aia di un contadino coltivatore biologico presso l’azienda agricola Scarabelli. L’ingresso è a offerta libera, i G.A.S. porteranno da mangiare e a fine spettacolo merenda sull’aia per tutti.
INFO: 338 2871854 www.acra.it

“Non ti fidare del governo,di nessun governo.
E abbraccia gli esseri umani.
Nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.
Approva nella natura ciò che non capisci e loda quest’ignoranza, perché ciò che l’uomo non ha razionalizzato non ha distrutto.
Fai le domande che non hanno risposta. Investi nel millennio.
Pianta sequoie. Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai piantato e che non vivrai per raccogliere.
Afferma che le foglie quando si decompongono diventano fertilità.
Chiama questo “PROFITTO”. Una profezia così si avvera sempre.
Poni la tua fiducia nei 5 centimetri di humus che si formeranno sotto gli alberi ogni mille anni”.
Wendel Berry (manifesto del contadino impazzito, trad. Giannozzo Pucci)

RIFERIMENTI INTERNET E BIBLIOGRAFICI

www.ortiinsorti.blogspot.com
www.avegliateatroabaratto.blogspot.com
www.ilblogdielenaguerrini.blogspot.com
www.acra.it
www.venti098.it
www.altromercato.it
www.retinagasbrianza.org
www.retegas.org
www.namastequo.it
www.sbarcogas.org
www,campiaperti.org
www.gustonudo.net
www.buonmercato.info

BIBLIOGRAFIA

Elena Guerrini, Orti insorti, Stampa Alternativa.
Letizia Bernazza, Frontiere di teatro civile, Editoria & Spettacolo.
Davide Biolghini, Il popolo dell’economia solidale. Alla ricerca di un’altra economia, Emi.
Gabriele Bindi, Il teatro vicino alla terra, AAM terra nuova, agosto 2008.
Giuseppe Ortolano, La cultura insorge e canta le vecchie culture, “ Il Venerdì di Repubblica”, 22 agosto 2008.
Laura Antonimi, Nell’orto di Elena crescono pagine di vita contadina, “Corriere della Sera” (Firenze), 6 gennaio 2010.
Severo Marco, Grana e lambrusco per entrare. Al Museo Cervi
torna il baratto
, “la Repubblica” (Parma), 14 luglio 2009.
Federico Raponi, Andiamo tutti a veglia… a Manciano dove il teatro si fa paese, “Liberazione”, 23 settembre 2008.
Massimo Marino, I giorni del cibo, “Corriere della Sera” (Bologna), 24 aprile 2010.

Elena_Guerrini

2010-05-11T00:00:00




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