SPECIALE ELEZIONI A Torino Piero contro Michele

La nuova identità cittadina alla prova della crisi

Pubblicato il 15/04/2011 / di / ateatro n. 134

E’ partito nei fatti il confronto elettorale a Torino. In un Teatro Carignano gremito, nella mattina di domenica 10 aprile, Piero Fassino ha incontrato la città intervistato da Giovanni Minoli (di casa a Torino come Presidente del Museo d’Arte Contemporanea di Rivoli). Un luogo e un modo per esporre i “gioielli di famiglia”. Il giorno precedente, sabato 9, Michele Coppola aveva inaugurato la nuova sede del comitato elettorale in un altro punto nevralgico della città: una zona semicentrale e di grande vitalità, vissuta da professionisti e commercianti, abitata da media borghesia, nella prossimità del nuovo tribunale e “vicino ad un mercato, come si addice al sindaco delle piccole cose”. (1)

Bisogna dare atto ai due candidati che il clima è di grande sobrietà. E queste non sono sfumature di poco conto. Torino vive una grande attesa per il futuro e un forte disorientamento per il presente. Sa che molto si determinerà con questa scelta politica. (2)
Due uomini, più che due partiti, a confronto. Coppola incarna il nuovo anche in termini generazionali,(3) la consapevolezza dell’efficacia mediatica e dei nuovi mezzi di comunicazione. Un “giovane manager” lo definisce il ministro Alfano, a Torino il 9 aprile. Fassino rappresenta la sapienza politica – e partitica – di lungo corso.
Torino è una città ad un crocevia fondamentale. Reduce da anni in crescita, anni in cui gli investimenti per la cultura e il tempo libero sono stati determinanti per creare “ulteriorità” di risorse, con effetti materiali e immateriali ormai percepibili non solo in ambito nazionale, e con “un’offerta culturale gigantesca” – come dichiara Fassino al Carignano – ci si è imbattuti in una delle più feroci crisi economiche. Quando i risultati degli investimenti cominciano ad emergere con presenze sempre più cospicue nei teatri, nei luoghi dove si produce proposta artistica, culturale e di spettacolo, ma anche di intrattenimento. Quando sempre nuovi locali, bar, ristoranti aprono e gli alberghi, in alcuni picchi di calendario, rasentano l’overbooking. Quando in alcune zone della città le notti non finiscono mai e il popolo della movida diventa sempre più numeroso (e rumoroso… anche per stordire le difficoltà di trovare un’occupazione di giorno), quando la vitalità dell’offerta creativa ad amplissimo raggio si è ormai definitivamente sostituita all’immagine di morigeratezza di antica memoria torinese, e perfino nei tram senti parlare anche inglese, francese, spagnolo… le scuri della crisi economica minacciano seriamente la continuità di questa opera capillare e certo non casuale.

É fuor di dubbio che ad entrambi stia a cuore il tema culturale. Una città (e una regione) che in vent’anni è stata in grado di reinventarsi, di cambiare identità, pur senza rinnegare il passato, proprio attingendo dalle risorse legate all’attrattività culturale, artistica e turistica (e valorizzandole) non può trascurare serie riflessioni sul futuro.
Ci sono alcuni concetti che stigmatizzano le due filosofie sull’argomento.
Per Fassino, che sembra avere idee molto chiare e concrete sul ruolo del “pensiero creativo” in senso ampio, come motore di crescita per la città, e si pone in un’ottica di continuità e sviluppo di quanto realizzato fin qua: “Istruzione, università”, “giovani”, “ricerca” e soprattutto “integrazione delle politiche”. Dall’istruzione/educazione, all’offerta culturale, al turismo.
Per Coppola che è un po più enigmatico e usa argomenti meno razionali e più evocativi: “cultura per tutti”, “valorizzazione delle periferie”, “coinvolgimento dei privati”. Certo un ragionevole dubbio su cosa si intenda per “cultura per tutti” è lecito averlo, quando proprio negli scorsi giorni, senza spiegazioni – che peraltro “La Stampa” sollecita pugnacemente (4) – Coppola, nella sua attuale funzione di Assessore alla Cultura della Regione, ha negato il patrocinio al Festival Cinema Gay, un festival che vanta una media di 40mila spettatori ed è seguito e stimato dalla critica nazionale ed internazionale. Ma certo le spiegazioni non tarderanno.

Nel frattempo le proposte dei competitor e speruma bin…

Piero Fassino (Centro-sinistra)
(Estratti dalla Bozza di programma A Torino si può…)

10.0 LA CITTA’ CHE LA SA LUNGA
“ Lo sviluppo di una comunità passa dalla qualità della sua istruzione e dalla capacità di crescere insieme dal punto di vista intellettuale. (…) Pensiamo che istruzione e formazione di qualità uniti all’intelligenza dei torinesi siano le risorse più utili non solo per uscire dalla crisi, ma per garantire alla città uno sviluppo duraturo all’insegna del diritto allo studio ed alla cultura, per tutti.(…)
Nei momenti di crisi spesso il taglio delle risorse appare come l’unica strada percorribile; e per alcuni fattori (quali il netto ridimensionamento dei trasferimenti statali e regionali a sostegno delle funzioni degli enti locali) viene considerata una scelta obbligata. Tale scelta, poi, assume i caratteri della contrapposizione tra i servizi erogati: “meno manifestazioni culturali e più asili nido”, oppure “meno scuole dell’infanzia, ma mantenimento dei contributi economici alle famiglie in difficoltà”. Sembrano essere scelte obbligate, che forse e tuttavia potrebbero trovare risposte meno dirompenti partendo e che partano da una riflessione seria sul ruolo che la cultura e l’educazione hanno, sulla loro complementarietà, sulla possibilità di lavorare ad una maggiore interdipendenza tra i due settori anche in senso di co-progettazione, con una rilettura delle modalità di erogazione dei servizi una rielaborazione della mission del Comune e delle politiche di negoziazione e di condivisione di tale mission con i soggetti interessati agli effetti di queste politiche, in primo luogo i cittadini ed i soggetti pubblici e privati che con tali politiche interagiscono. Se questo approccio di rilettura e di ridefinizione di una programmazione è condivisibile come presupposto, allora possiamo guardare alle relazioni tra cultura ed istruzione non come potenziali settori contrapposti, ma al contrario come contesti di per sé fortemente correlati. A partire da alcuni assunti di ordine generale.
In una città che ritenga il sapere e la conoscenza elementi fondanti della crescita collettiva e della coesione sociale, le arti, le scienze ed i saperi, nonché i processi che stanno alla loro base, non possono che essere letti nella loro concreta integrazione, proprio per la potenzialità nell’essere strumenti di crescita individuale e collettiva. (…) E’ ormai assodato nel dibattito che mediatamente la spesa in ambito culturale produce un effetto moltiplicatore che diverse ricerche hanno evidenziato avere un valore significativo. Forse è ancora poco noto che recenti studi in campo economico dimostrino come l’investimento sulla prima infanzia, in particolare a sostegno dei bambini maggiormente a rischio, siano in grado di limitare il numero di abbandoni scolastici e di far crescere una popolazione più omogenea in termini di produttività; traducendosi in livelli di reddito più elevati e in una vita migliore e, di conseguenza, in una riduzione della povertà e delle situazioni di indigenza tra gli anziani, permette di stimare che per ogni euro investito sulla prima infanzia si abbia un rendimento minimo di 5,70. Così come l’integrazione potrebbe essere foriera di ulteriori sinergie, immediatamente spendibili sul territorio: si pensi ad un posizionamento anche europeo di Torino caratterizzato da flussi di turismo scolastico nazionale e internazionale concentrato sulla sua offerta culturale.
Sulla base di queste considerazioni, emergono linee di lavoro comuni alla cultura e al sistema educativo di cui il programma dovrà necessariamente tenere conto. (…) Infine, esiste un dato sostanziale: sembra ormai necessario sempre più ripensare alla costruzione della domanda più che al sostegno generalizzato dell’offerta. In un contesto in cui vi è una scolarità bassa tra le classi più anziane ma che non risparmia i giovani, in cui si acuisce la crisi dei produttori culturali e il disorientamento rispetto ad un sistema di relazioni istituzionali e di finanziamento che si è frantumato, in cui le dinamiche del pubblico sembrano sempre più indirizzarsi verso alcune offerte, in cui forse non si sono ancora compiutamente comprese le nuove forme e i nuovi strumenti attraverso cui si genera e cresce una nuova e diversa cultura giovanile, il progetto di ridefinire percorsi formativi ed educativi per rigenerare una abitudine diffusa alla pratica artistica e alla partecipazione attiva alla vita culturale sembra diventare discriminante per una società civile e democratica.
(…)

10.2 LA CULTURA
Torino in questi anni è stata riconosciuta come una delle città italiane che più ha lavorato e che ha ottenuti i risultati più significativi nel campo della cultura ed è considerata oggi tra le più vivaci e ricche sotto questo profilo. Occorre riportare al centro delle politiche cittadine la cultura, che deve essere vista sotto tutti i suoi aspetti: come strumento di inclusione sociale, partecipazione, educazione e crescita dei cittadini, come fattore strategico di promozione e comunicazione di tutto il sistema-città, come occasione di sviluppo economico e di differenziazione produttiva. (…) Dopo il lavoro svolto dalle due amministrazioni precedenti che hanno realizzato importanti investimenti con risultati significativi, sono seguiti anni difficili in cui, alla riduzione delle risorse si è accompagnato un cambio repentino di rotta che ha generato un generale smarrimento che ha demotivato e messo in difficoltà gli operatori da un lato e che ha portato dall’altro ad un dibattito pubblico che ha finito per mettere in discussione il ruolo della cultura in città, ruolo che va ora ridefinito e rilanciato.
(…) Le associazioni e gli operatori culturali del territorio in questi anni hanno sofferto (in modo più sensibile delle grandi istituzioni) la contrazione delle disponibilità economiche degli enti pubblici, spesso con ricadute non solo sull’operatività (e dunque sull’offerta di iniziative a disposizione dei cittadini nei vari settori, dal teatro alla musica, dall’arte alla ricerca) ma sull’occupazione stessa del settore che, al contrario di altri, è privo di strumenti e meccanismi di protezione sociale. Occorrerà in tal senso riportare ad un livello accettabile le risorse a loro destinate, anche attraverso un confronto con gli altri principali soggetti finanziatori (Regione, Provincia, fondazioni di origine bancaria). A questo proposito è necessaria una riorganizzazione dell’attività contributiva, una riforma di carattere amministrativo che non necessariamente richieda risorse specifiche (nuovi e più completi criteri di valutazione, trasparenza, possibilità di una programmazione su base pluriennale delle forme di sostegno sono fra le necessità maggiormente registrate) e la costruzione di nuovi strumenti di agevolazione (ad esempio forme agevolate e dedicate di credito per le associazioni culturali, l’istituzione di fondi di garanzia onde evitare di bruciare risorse per le attività in onerosi interessi passivi).
L’esistente però non basta: bisogna scommettere sul futuro, creando le condizioni perché emergano nuove forme di creatività, nuovi linguaggi, nuovi soggetti, nuovi operatori. Tutto ciò sovente nasce al di fuori di schemi e di modalità consolidate: questi processi non vanno necessariamente inscritti in strutture rigide, al contrario, occorre ideare strumenti che favoriscano le circostanze necessarie in cui tali attività possano svilupparsi in autonomia, portando così nuove idee al panorama culturale e al tessuto produttivo, sia nei contenuti che nelle modalità operative di realizzazione. Non si tratta necessariamente di finanziare nuovi progetti ma di poter garantire la creazione di un sistema di accoglienza di giovani creativi e operatori da altre città e da altri paesi che possa valorizzarla quale luogo dove si sta bene e dove anche i nuovi cittadini siano protagonisti della vita culturale della città.
(…) Tutte queste azioni avranno senso e incideranno sulla città se le politiche culturali sapranno integrarsi con quelle del sistema educativo. Non si tratta solo di verificare opportunità di razionalizzazione ma soprattutto di sottolineare la continuità nell’offerta formativa per i cittadini. Se infatti è vero che l’educazione rappresenta una priorità nel mondo contemporaneo, che la conoscenza e la costruzione di strumenti interpretativi e di senso critico sono da considerare condizioni necessarie per la vita democratica di una società (e quindi di una città), allora è necessario che la città stessa diventi occasione di educazione prima per i bambini, verso i quali deve mettere a disposizione la propria ricchezza culturale, e successivamente per gli adulti, offrendo nei propri musei, teatri, biblioteche, centri di incontro, occasioni continue di formazione e crescita.
L’integrazione delle politiche deve poi riguardare fortemente il turismo, per creare un forte e stabile legame e coordinamento tra contenuti e strumenti per promuoverli, ma non solo: la cultura potrà attraversare anche molti altri settori di intervento comunale come lo spazio pubblico, le politiche per l’integrazione, le politiche giovanili, la promozione internazionale della città”.

Michele Coppola (Centro-destra)
(Dal pieghevole informativo SI Il Sindaco nuovo)
“Ho accettato la candidatura a Sindaco di Torino perché amo Torino e perché sono convinto che bisogna dire sì al futuro con passione, entusiasmo e coraggio.
Da tempo la nostra città ha smarrito la capacità di guardare avanti e di pensare in grande, rinunciando a sviluppare una strategia innovativa, di lungo periodo, capace di coniugare sviluppo economico e coesione sociale.
Dopo lo slancio del periodo olimpico, l’Amministrazione Comunale ha vissuto infatti alla giornata, con provvedimenti estemporanei, incapace di dare alla città un sogno, una speranza, una visione.
(…) L’Amministrazione Comunale, nel passaggio da un’economia dell’abbondanza e dello spreco ad una economia più sostenibile e più sobria, può e deve avere un ruolo guida nel cambiamento dei modelli di sviluppo, di produzione e di consumo, introducendo elementi di discontinuità e di innovazione in termini di idee, pratiche, progettualità.
Mi candido a Sindaco della Città che amo. Una città che merita un futuro diverso. Per questo il mio impegno sarà dedicato a rispondere alle esigenze quotidiane che sono alla base della qualità della vita di una persona, come di una famiglia: la sicurezza urbana, la difesa del lavoro, la valorizzazione di tutti i quartieri, la viabilità, la manutenzione, la qualità dell’aria, i servizi per anziani e bambini, una cultura diffusa in tutti gli ambienti sociali, tutti elementi che rendono una città uno spazio di felicità pubblica (…)”.

NOTE

1. Così si autodefinisce Michele Coppola in un’intervista su Rai3 Piemonte, sabato 9 aprile 2011.
2. I risultati di un sondaggio commissionato dalla direzione nazionale del Pd a Game Managers imprime un’analisi rispetto all’agenda delle priorità dei cittadini: al primo posto l’occupazione, avvertito come il primo problema dal 25,6% degli intervistati, seguono la sicurezza (14,8%) e il traffico (11,2%).
3. In un pungente articolo su “Repubblica”, 26 marzo 2011 Salvatore Tropea, scrive riguardo l’ufficializzazione della candidatura “(…) C’era anche la curiosità di sapere come Coppola avrebbe fatto a liberarsi dei panni di Peppiniello, il bambino della celebre commedia di Edoardo Scarpetta Miseria e nobilita che gli sono stati appiccicati addosso. Per avere un lavoro, Peppiniello è costretto a spacciarsi figlio di Vincenzo già al servizio in una famiglia benestante e per non essere scoperto, a qualsiasi domanda anche a quelle che non hanno a che fare con la parentela risponde cantilenando: “Vincenzo m’è padre a me”. Che cosa ha fatto di meritevole, come amministratore pubblico, il giovane Coppola? Quali tracce del suo passaggio ha lasciato in Sala Rossa? In quali battaglie si è impegnato nel suo primo anno in Regione? Risposta monocorde: “Michele ha 37 anni”. E poi? “Michele ha 37 anni”. “Michele ha dalla sua la forza dei 37 anni”. Può bastare? Certo che no e lui è il primo a saperlo tant’è vero che quando è stata ufficializzata la sua candidatura si è premurato di far sapere subito che sfiderà Piero Fassino sul merito e non sull’età”.
4. “Torino7- La Stampa”, Ci sarà pure un motivo…, Gabriele Ferraris, venerdì 8 aprile 2011.

Patrizia_Coletta

2011-04-15T00:00:00




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