Simbolico contemporaneo

Una intervista a Pino Tierno sulla rassegna In altre parole

Pubblicato il 28/10/2011 / di / ateatro n. 136

Da quale necessità nasce la rassegna In altre parole?

La rassegna, avvalendosi della collaborazione e del sostegno di molte Ambasciate e Istituti di cultura, si propone di presentare, ad un pubblico di esperti ma anche di semplici appassionati di teatro, un panorama variegato e quanto mai vivo della drammaturgia mondiale contemporanea: testi italiani, certamente, ma anche di autori stranieri spesso non ancora affermati in Italia, che hanno già dato vita nel loro Paese ad una produzione di grande rilievo e di indiscutibile maturità, tanto nei temi quanto nella struttura, vantando in moltissimi casi numerose messe in scena. Ci sono testi che, per ragioni di mercato o di difficoltà linguistiche, stentano ad arrivare da noi; con questa rassegna cerchiamo proprio di dare voce e spazio a parole, storie, universi linguistici ed espressivi che altrimenti farebbero fatica a farsi conoscere e apprezzare nel nostro Paese. Ma la nostra non vuole essere solo una docile operazione filologica o culturale; crediamo davvero che, vincendo un po’ di pigrizia, il pubblico e i professionisti del teatro potranno accorgersi che ci sono testi e storie di straordinario interesse in tutti i Paesi dove il teatro è ancora una cosa viva e capace di parlare di noi…Non ci sono solo testi francesi o anglosassoni, per intenderci, anche se di quelle drammaturgie pur presentiamo cose pregevolissime anche quest’anno…!
In altre parole nasce anche dalla volontà di mettere al centro dell’atto teatrale la parola, appunto. Oggi convivono diverse forme di teatro; ma gesti, movimenti, stili interpretativi, concezioni della naturalezza o della ‘verità teatrale’, contaminazione dei linguaggi…tutto questo cambia o perisce, com’è inevitabile… C’è una parola, però, specifica del teatro, che dura da 2500 anni. Il modo di ‘leggere’ e recitare Sofocle o Shakespeare o Racine varierà sempre nel corso delle epoche ma la loro parola è eterna…
Che senso ha una rassegna di drammaturgia nella “civiltà” delle immagini?

Credo che la nostra sia ancora una società sostanzialmente logocentrica; l’immagine, del resto, a mio parere è sottoposta a logorio e inflazione né più né meno della parola; certo, poi si tratta anche di orientamento, di vocazione…Per me la bellezza e l’arte hanno sempre avuto dimora privilegiata nella parole. Si parva licet, io mi sono sempre un po’ sentito come Gassman, che stentava a trovare la bellezza nel visivo e che, pur di fronte a un bellissimo quadro, non poteva fare a meno di chiedersi quando sarebbe iniziato il ‘colloquio’…
La parola realmente teatrale ha, da una parte, una componente letteraria (nel migliore dei casi), ma dall’altra ha inevitabilmente una sua specifica forza, evocatrice essa stessa di immagini. Nella parola teatrale personalmente ritrovo tutto: bellezza, poesia, dubbio, conflitto…Checché se ne pensi, credo che ancora oggi ci siano storie che solo il teatro può raccontare, o comunque parole che, per quelle storie, solo il teatro sa pronunciare…

Qual è la linea artistica della rassegna?

Quest’anno abbiamo scelto tutti testi provenienti da aree dove il teatro ha ancora un’importanza centrale, dove la gente ha voglia di parole nuove e dove la drammaturgia contemporanea è viva e sostenuta, dal pubblico e molto spesso anche dalle istituzioni. Nella nostra rassegna, sono presenti testi per così dire popolari e testi innovativi, nel linguaggio, nella struttura, nello stile; tutti sono però, nessuno escluso, caratterizzati da una grande sapienza drammaturgica e consapevolezza dei mezzi della scrittura teatrale. I temi affrontati sono molteplici, si va dal rapporto fra l’uomo e la società in cui vive, alla dinamica di coppia o familiare, affrontate da varie prospettive; storie sociali e politiche che si intrecciano con tematiche più private o poetiche.
Quali sono le novità dell’edizione 2011?

Quest’anno la rassegna presenta ben 15 testi in anteprima nazionale, un primato rispetto alle precedenti edizioni; saranno presenti poi 10 autori, in arrivo da Italia, Spagna, Canada anglofono, Québec, Germania, Slovacchia… Il pubblico potrà far loro domande sui testi rappresentati, subito dopo la performance.
A sostenerci abbiamo chiamato molti fra gli attori più amati e apprezzati del nostro teatro, dalle storie ed esperienze a volte diversissime, i quali hanno risposto con entusiasmo e passione al nostro appello, convinti, come noi, della importanza di rinnovare e incrementare il repertorio drammaturgico, offrendo al pubblico nuovi stimoli di confronto e di partecipazione. Il programma collaterale è arricchito da 4 incontri, uno sulla specificità della traduzione teatrale, un altro sul rapporto, sempre problematico, fra produzione e drammaturgia contemporanea, un altro ancora sul ‘significato’ odierno dello scrivere per il teatro e infine abbiamo riservato un momento per la presentazione di libri e antologie dedicate al teatro e alla drammaturgia contemporanea.

Ci sarà uno spazio adeguato per la drammaturgia italiana?

Personalmente credo che non sia più il caso di trincerarsi dietro l’idea secondo la quale l’italiano risulterebbe una lingua artificiale, o troppo letteraria o meno adatta di altre alla parola teatrale, arroccandosi nella convinzione di una maggiore espressività ed efficacia dei dialetti, ad esempio. A mio modesto avviso, semplicemente la drammaturgia italiana non è abbastanza supportata con mezzi e scuole che permetterebbero ai nostri autori di imparare, crescere e sperimentare; troppo spesso anche i premi più importanti segnalano lavori che si caratterizzano magari solo per la ricerca o l’innovazione linguistica, ma dove però l’impianto, la struttura drammaturgica risultano spesso alquanto carenti. Non è forse un caso che, pur a fronte di un certo interesse e di una certa richiesta, i teatri stranieri, eccezion fatta per i ‘soliti noti’, ospitano assai di rado drammaturghi italiani contemporanei. Quest’anno presentiamo due testi di autori già piuttosto accreditati ma nostra intenzione, dall’anno prossimo è – attraverso concorsi, residenze artistiche e incentivi – di contribuire affinché la scrittura teatrale del nostro Paese conquisti definitivamente spazi e mezzi adeguati.
br> Ha in mente uno spettatore ideale?

E’ innegabile che molte persone, soprattutto tanti giovani, associno al teatro, in particolare quello di parola, l’idea di qualcosa di noioso o vecchio o difficile. Il nostro scopo è quello di portare gli spettatori ad ascoltare testi e parole che raccontino il presente e noi stessi, con i mezzi, ripeto, specifici e ancora oggi quanto mai efficaci, del linguaggio teatrale. Il teatro può e deve essere ‘attuale’ (non giornalisticamente parlando), affinando la sua capacità di distillare il simbolico – e l’eterno – dal contemporaneo.

Antonino_Pirillo

2011-10-28T00:00:00




Scrivi un commento