Teatro come missione. I miei incontri con Giorgio Guazzotti

L'intervento al convegno Intellettuale e teatrante: Giorgio Guazzotti 10 anni dopo

Pubblicato il 06/12/2012 / di / ateatro n. 139

L’intervento al convegno Intellettuale e teatrante: Giorgio Guazzotti 10 anni dopo a cura di Franco Ferrari e Mimma Gallina, Milano, Scuola Teatro Paolo Grassi di Milano, 7 giugno 2012.

Appena laureato ero andato a seguire il riallestimento di Schweik nella seconda guerra mondiale da parte del Gruppo della Rocca. E lì una sera avevo conosciuto Giorgio. Arrivava come una meteora, per ripartire subito, dopo riunioni veloci, tese e serie sul programma, sulla gestione, sulle compagnie. Mentre si riallestiva Schweik a Pistoia, infatti in un altro teatro della Toscana andava in scena Notte all’Italiana di von Horvath.
Questo era per me nel 1974 Giorgio Guazzotti, una sorta di lucido missionario laico del teatro diffuso sul territorio: oltre 90 piazze del decentramento Toscano uno spazio di sviluppo e di libertà per tutto il teatro italiano. In realtà era anche qualcosa d’altro: il teatro era stato sempre parte della mia vita, e al teatro Municipale di Piacenza, ero al liceo, avevo assistito ad alcuni spettacoli di una nuova realtà che guardavo con particolare attenzione: il Teatro stabile di Bologna. Battaglia Navale (Seeschlacht di Reinhardt Goering)con la regia di Tolusso, Tamburi nella Notte di Bertolt Brecht (con Gigi Pistilli e Leda Negroni, regia di Aldo Trionfo). Il Direttore il cui nome appariva piccolo sui manifesti, era Giorgio Guazzotti. Era arrivato a Bologna in missione culturale: curatore con Paolo Grassi della più interessante collana di studi storici sul teatro della casa editrice Capelli, “Documenti di Teatro”. E per un po’ aveva lottato per dar vita ad un sogno, un nuovo stabile, perché continuasse, radicandosi anche in Emilia, la funzione del teatro d’arte e d’impegno sociale affermata dal Piccolo in anni in cui il teatro era solo commedia e avanspettacolo.
Forse guardava troppo avanti o forse la frammentazione del territorio Emiliano, che si diede poi come strumento di produzione la “Comunità Teatrale” e l’Ater, non era capace di accettare un progetto di condivisione sociale e culturale così vasto.
Ma questo era il pensiero dominante di Giorgio Guazzotti: una diffusa, capillare presenza di strutture teatrali differenziate e con caratteristiche e vocazioni proprie, gestite con criteri di eccellenza culturale e di valore sociale.
La “comunità” che si riunisce per un rito laico, il Teatro, destinato a cementare valori e obbiettivi di democrazia e civiltà, un valore tipico di una umanità pacifica ed evoluta.
Ho rincontrato Giorgio allo Stabile di Torino, dove, chiamato da Mario Missiroli a far parte dapprima del Gruppo ( la compagnia dei giovani e più sperimentale) avevo poi cominciato ad occuparmi del radicamento nella città con il “Laboratorio di Teatro Urbano”.
Chiamato alla Direzione Organizzativa del teatro mi aveva voluto al suo fianco, con un discorso semplice ed efficace: “Ti dico quello che Grassi ha detto a me molto tempo fa: occorre che sia chi conosce la natura cuturale e poetica del teatro a dedicarsi all’organizzazione. Per avere buoni spettacoli e buoni spettatori occorre che il teatro arrivi a tutti nel modo più nobile. Smettila di pensare alla regia e pensa alla diffusione del teatro d’arte.” Più o meno.
E io più o meno, accettai. Da allora cominciò un dialogo durato circa tre anni, scandito su orari e appuntamenti stagionali precisi e ferrei. La vita di una grande organizzazione richiede naturalmente svariati livelli di incontro di riunione, di partecipazione. E così era per tutti. Ma la coppia dei Direttori aveva con affettuosa naturalezza varato altre forme di lavoro. E così, oltre al pasto di mezzogiorno, condiviso con Mario Missiroli Direttore artistico dello Stabile Torinese , dedicato all’allineamento quotidiano su tutti gli aspetti della vita del Teatro, per me c’era l’appuntamento della sera.
Quando gli uffici di piazza Castello cominciavano a svuotarsi, Giorgio accendeva la luce da tavolo e cominciava il lavoro di profilo più alto e complesso. La riflessione strategica e la comunicazione più specifica a partner, a decisori, fatta di informazioni e valutazioni complesse, che lo assorbivano di norma ben oltre l’orario d’ufficio.
Io ero spesso dall’altra parte del tavolo, straordinariamente ingombro, ma in un ordine impressionante, di calendari di giro, lettere, materiali informativi e appunti vergati nella sua calligrafia compatta e minuta.
E’ lì che Giorgio mi ha comunicato la sua visione e coinvolto in progetti di rilievo assoluto. Ne cito alcuni, a mio avviso, ancora oggi metodologicamente e operativamente esemplari:
– articolare rassegne e festival sul territorio che avessero la capacità di vitalizzare tutta l’area regionale, portando ad un pubblico che stava crescendo, gli elementi più significativi del panorama nazionale ed internazionale,
– stabilizzare le “Stagioni” teatrali nel più vasto numero di teatri comunali del Piemonte
– qualificare anche con Convegni di studio la presenza di guida del teatro Stabile consegnando ad ogni realtà locale una missione specifica ( Convegno Pirandelliano a Cuneo – Convegno sulla Drammaturgia Europea a Stresa etc)
– Intervenire sul Governo regionale per coordinare e sviluppare con investimenti e cura legislativa adeguata il “Sistema Teatrale” piemontese.
Quest’ultimo aspetto vale la pena di essere sottolineato in modo speciale. Non era facile stabilire un testo di legge che valorizzasse l’impegno del Teatro Stabile della Città capoluogo, finalizzandolo alla promozione culturale e allo sviluppo del territorio.
Con un lavoro molto metodico, che nasceva dal confronto innanzitutto con i dati ( presenze, quantità di repliche, teatri attivi, investimenti a bilancio, potenzialità locali, operatori e compagnie, radicamento di esperienze di ricerca), ma anche con le attese degli amministratori, con cui il contatto era sempre molto diretto, scevro da servilismi o interessi di parte, ma caratterizzato dalla affermazione primaria della qualità culturale e del valore sociale, nell’arco di alcuni mesi arrivammo a definire un testo di legge che poi, portato alle sedi politico amministrative, divenne forse la prima legge regionale in materia di promozione teatrale e sostegno alla dimensione di “Circuito” per tutta la regione. La relatrice fu Laura Muraro, e credo che se il territorio Piemontese e la città di Torino hanno continuato a crescere sul piano della partecipazione e del consumo culturale qualificato, anche questa tappa della “Missione” teatrale di Giorgio Guazzotti abbia avuto un peso determinante.

Flavio_Ambrosini

2012-12-06T00:00:00




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