Vecchio, bleu, nuovo

L'intervento al convegno Intellettuale e teatrante: Giorgio Guazzotti 10 anni dopo

Pubblicato il 06/12/2012 / di / ateatro n. 139

L’intervento al convegno Intellettuale e teatrante: Giorgio Guazzotti 10 anni dopo a cura di Franco Ferrari e Mimma Gallina, Milano, Scuola Teatro Paolo Grassi di Milano, 7 giugno 2012.

Mi è stato chiesto di ricordare Giorgio Guazzotti nell’’Agis. ma qualche minuto per una riflessione più generale. Ogni celebrazione corre il rischio di scivolare nell’’incontro di reduci. Ma oggi, a Milano, sono presenti partigiani attivi e non, per dirla con un grande artista “addetti alla nostalgia che seguono il feretro del defunto ideale accompagnando coi flauti il cadavere di utopia”
Utopia, Ideale: parole chiave per introdurre la memoria di Giorgio Guazzotti anche nella sua presenza all’interno dell’ AGIS.
Nel 1965, appena assunto dall’’Agis mi venne data da Franco Bruno una serie di fogli dattiloscritti: era il Rapporto sul teatro italiano di Giorgio Guazzotti, uomo spigoloso, capace, fuori dagli schemi. Un intellettuale vero che non pretendeva di adattare la realtà alla propria forma mentis, ma che si è calato nella realtà per tentare di modificarla con la sua idea di cultura e di teatro sempre coniugata ad una concreta capacità di gestione: ideale, utopia e pragmatismo molto forti e sicuramente non “organici”, anche se conosciamo tutti le sue idee politiche.
E questa sua idea sulla funzione e sul futuro del teatro – ma io questo l’’ho capito più tardi – emergeva chiaramente dal Rapporto che, infatti, oltre al dovuto e grande rispetto, non ottenne dall’establishment di allora una sostanziale condivisione perché troppo pieno di idee e concetti in libertà secondo il tempo, e quindi pericoloso, troppo anticipatore di qualcosa che doveva accadere, e che poi è accaduto.
Un breve flash. Secondo dopoguerra. Nel mondo libero una generazione di giovani vuole conquistarsi un posto al sole rifuggendo gli schematismi della società della prima metà del secolo scorso coni suoi errori ed orrori. I primi segnali nella cultura: oltreoceano la beat generation, in Europa Francois Sagan con Bonjour tristesse, in Italia Grassi e Strehler con il Piccolo. E poi ancora i figli dei fiori, Woodstock, i Beatles, i giovani e l’’alluvione di Firenze, il movimento che nasce da Berkley, il ’’68 e quel che ha portato in Italia con la sua tragica negatività, il terrorismo, e con le sue tante positività
E su questa spinta alla fine degli anni ‘’60 nella cultura del nostro Paese la nascita di esperienze libere come “ Il pane e le rose”, i cantautori, e soprattutto le cooperative teatrali, che hanno fecondato l’’humus teatrale italiano degli anni ‘‘70 che per creatività artistica ed organizzativa non ha avuto eguali nel mondo
Guazzotti, all’’interno dell’’Agis ha traversato tutte le forme di rappresentanza delle strutture di gestione del teatro. stabili pubblici, cooperative, compagnie a gestione impresariale, teatri comunali e privati, molte volte al vertice delle rispettive associazioni di categoria, ma, lungi dall’’essere un trasformista, lo ha fatto rimanendo sempre se stesso, perseguendo quell’ideale e quell’utopia abbinati al concetto di buone pratiche gestionali di cui ho detto e che altri possono molto più compiutamente delineare.
Però, secondo me, il momento più alto lo ha conseguito con il movimento cooperativistico. Perché Giorgio, con il Gruppo della Rocca ha portato dentro l’’Agis quella tensione ideale che appartiene più alle aggregazioni spontanee che alle associazioni di categoria. A pensarci bene proprio per questo Giorgio non è mai stato chiamato a far parte della Presidenza dell’’AGIS: troppo duramente partigiano di un’’idea alta ed insieme popolare di cultura che prescindeva dalle posizioni acquisite: troppo rivoluzionario. E’’ stato la coscienza politica del movimento delle cooperative dentro l’’Agis e così operando ha contribuito alla formazione culturale e sociale di molti, me compreso, ed alla crescita degli organismi rappresentativi del teatro e di nuovi quadri.
Questo è il mio apporto all’’incontro cui oggi, anche se impegnato a Roma per problemi di spettacolo, partecipo da lontano indossando, non solo metaforicamente, qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di bleu.
Vecchio perché non c’è futuro senza la memoria e l’esperienza di ciò che si è vissuto : bleu per la melanconica certezza della irripetibilità di situazioni del passato anche per la veloce trasformazione della società, ma senza rimpianti; nuovo per la fiducia che nuovi “partigiani” della cultura raccolgano la sfida di questo tempo sbandato nel quale il ritmo dell’’esistenza, della vita quotidiana è scandito non dalle nostre aspirazioni, tensioni, bisogni, ma dal differenziale tra il rendimento dei titoli tedeschi e quelli italiani
E nella sala ce ne sono di “partigiani”, con qualche capello in meno e qualche ruga in più: il mio augurio va a loro ma soprattutto ai giovani che entreranno domani nell’’Associazione culturale Ateatro, il cui motto guardare al futuro, agire nel presente, costruire memoria rilancia anche l’’idea e la funzione della cultura e l’’opera di Giorgio Guazzotti.
Ed è per loro in particolare che ricordo in chiusura questi versi dell’artista citato all’’inizio : Fabrizio De Andrè in “direzione ostinata e contraria”:
Ricorda Signore questi servi, disobbedienti
alle leggi del branco/
non dimenticare il loro volto,
che dopo tanto sbandare,
è appena giusto che la fortuna li aiuti/

come una svista
come un’anomalia
come una distrazione
come un dovere

Lorenzo_Scarpellini

2012-12-06T00:00:00




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