Cinque testi teatrali di Fabulamundi disponibili nella Libreria degli Scrittori

Pubblicato il 04/02/2015 / di / ateatro n. 152

Sono disponibili sulla Libreria degli Scrittori cinque testi teatrali pubblicati in collaborazione con Fabulamundi, il progetto europeo per la diffusione della drammaturgia contemporanea. Qui di seguito i consigli di lettura di Oliviero Ponte di Pino.

Esteve Soler, Contro il progresso

Esteve Soler, Contro il progresso

Contraddire dispettosamente l’ideologia e la morale corrente, anche a questo serve il teatro. Sbarazzarsi dei luoghi comuni. Obbligare gli spettatori (e prima ancora il regista e gli attori) a pensare.
Il teatro è da sempre provocazione ed Esteve Soler lo sa bene.
Contro il progresso ha una forma teatrale semplice e immediata. Sono sette scenette, brevi sketch che partono dalla più banale quotidianità: due anziani che guardano la televisione, i testimoni di un incidente stradale… Ma poi questa realtà apparentemente innocua si rivola contro sé stessa. Si rompe. Sono dialoghi crudeli e divertenti, che aprono crepe sempre più profonde sotto la crosta della normalità.
Soler non ha tesi da dimostrare, semmai le nostre certezze da demolire. Non lo fa con gli argomenti, con un ragionamento. Scova dei personaggi  per lo più persone del tutto qualsiasi, in situazioni all’inizio banali  e lascia che parlino, e agiscano.
Il dramma, come scopriamo in questo gioco feroce, è che sono per l’appunto dei personaggi e hanno perso il contatto con il nucleo profondo del loro essere autentico. E anche noi siamo diventati come loro, figure di cartone senza più cuore.
E’ questa la condanna del progresso, quella che accomuna tutti noi ai dissacranti burattini di Contro il progresso.

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Elise Wilk, Il gatto verde

Elise Wilk, Il gatto verde

I gatti verdi non esistono. Se ne incontrassimo uno, ci farebbe paura? O magari ci verrebbe voglia di accarezzarlo, come facciamo con i gatti veri. E’ pericoloso un gatto verde? Oppure è in grado di esaudire i nostri desideri, come le fate e il genio della lampada? Ma una cosa la sappiamo: se lo incontriamo, succede qualcosa. Per sempre, irrimediabilmente.
I sei protagonisti adolescenti del testo di Elise Wilk il gatto verde non se lo immaginano soltanto: è quello stampato sulla T-shirt di Bianca, sedici anni. Forse non è colpa del gatto verde, ma la loro vita si spezza.
Dani, Bianca, Boogie, Robert, Roxana e Flori raccontano al pubblico questo loro incontro con il destino. E’ accaduto una sera al “President”, una discoteca. Come in un interrogatorio di polizia (sì, qualcuno muore, nel Gatto verde). Come se fossero di fronte al tribunale degli adulti. Come se dovessero inventarsi una verità.
E’ un teatro fatto di parole che cercano una voce e un corpo, frammenti di rispose senza domande che fanno emergere un mondo, o meglio i sei universi di ciascuno dei ragazzi. In questi mondi, un gatto verde può sembrare bellissimo. Ma può anche uccidere.

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Lucie Depauw, Lilli Heiner

Lucie Depauw, Lilli Heiner

Lucie Depauw racconta una delle storie più terribili degli ultimi decenni, la parabola delle atlete della DDR imbottite per anni di ormoni: vinsero grappoli di medaglie alle Olimpiadi e ai Campionati europei e mondiali, ma subirono conseguenze devastanti.
Lilli è una di loro. Lilli diventa Heiner, una ragazza diventa uomo. Senza averlo chiesto, senza averlo voluto, senza capire. Una pratica medica perversa, un piano criminale, che ha causato una terribile sofferenza.
Raccontare questa storia sulla scena crea subito potenti risonanze. Perché il teatro è da sempre trasformazione  e dunque anche il passaggio dal maschile al femminile. E naturalmente questo tema pone al centro dello spettacolo la questione dei generi: che cosa vuol dire oggi essere donna? O essere uomo?
Lucie Depauw si è documentata con cura. Non cerca lo scandalo, la provocazione, il facile sentimentalismo. Racconta per schegge narrative l’impressionante e dolorosa trasformazione di un corpo, e di una psiche. Sconvolge con la nuda oggettività dei fatti, con la sequenza dei dettagli.
Emerge da un lato la continuità con l’atletismo perfezionista del Terzo Reich, ma anche l’affinità con l’ossessione per la performance che oggi sembriamo tutti condividere: e infatti gli scandali per il doping continuano a riempire le cronache sportive, investendo le palestre e coinvolgendo anche i bambini.
In una vicenda come questa, si possono cercare le colpe e si devono inseguire i destini dei buoni e dei cattivi. Ma al di sotto della storia e della sociologia, dietro questo scandalo, s’avverte un altro respiro, che arriva da lontano, dal profondo. Perché la metamorfosi era un tempo concessa agli dei. E’ per questo che Lucie Depauw non ha fatto solo una inchiesta interessante. Non ha solo scritto un dramma strappalacrime sull’innocenza tradita. Lilli Heiner è una tragedia contemporanea.

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Rebekka Kricheldorf, Villa Dolorosa

Rebekka Kricheldorf, Villa Dolorosa

VILLA DOLOROSA

I casi sono due.
Se vi piace Cechov dovete leggere Villa Dolorosa. E se Cechov vi irrita, dovete leggere Villa Dolorosa.
Rebekka Kricheldorf ha riscritto in chiave contemporanea uno dei capolavori di Cechov, Le tre sorelle. Nei tre atti, seguiamo tre feste di compleanno di una delle protagoniste, Irina, chiamata così per la passione del genitori per la cultura russa.
C’è tutto Cechov, nel testo. Le nostre speranze, i nostri progetti e la maniera in cui la vita ci scombina i piani, o forse soltanto il modo in cui rimaniamo intrappolati nelle sabbie mobili dell’esistenza, e quanto più ci agitiamo, ne parliamo, ci illudiamo, tanto più restiamo intrappolati. Ma tutto questo non accade più nella Russia pre-rivoluzionaria d’inizio secolo. Accade oggi, tra di noi, sognatori insoddisfatti. Inevitabile amarle, queste sorelle, e insieme prenderle a schiaffi. Perché la rivoluzione non arriva, nemmeno quella in apparenza così facile che le porterebbe, e che ci porterebbe, alla felicità.
Dunque è molto divertente, il testo di Rebekka Kricheldorf, così come lo è quello di Cechov. Perché l’unico modo che abbiamo per sopportare la tragedia della vita, al di là delle fragili consolazioni che riusciamo a procurarci  i soldi, l’amore, il sesso, la cultura, l’alcol o quello che volete  è questo sguardo insieme affettuoso e crudele. Insomma, ironico.
Per questo, che Cechov vi piaccia oppure no, fareste bene a leggervi Villa Dolorosa.

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Magdalena Barile, Lait

Magdalena Barile, Lait

Nel 1997 uno scienziato sociale americano, Arthur Aron, ha dimostrato con un esperimento che è possibile far innamorare due sconosciuti. Pare che basti seguire una precisa drammaturgia (che ricorda certe performance per due spettatori alla Tim Etchells), facendo rispondere i due partecipanti a 36 domande. Se ci provi, alla fine dell’esperimento il tuo interlocutore inizierà a brillare. Passi un’oretta in compagnia di una persona che non avevi mai incontrato, e scatta la scintilla. Ancora meglio, assicura il professor Aron: agli occhi del tuo interlocutore, pure tu brilli, l’innamoramento è ricambiato.
Anche Magdalena Barile sa che in alcune circostanze iniziamo a brillare. Brillano gli innamorati. Brillano gli attori. Brillano naturalmente anche i santi, come dimostrano i pittori che per secoli li hanno dipinti con l’aureola.
LAIT esplora attraverso una serie di esercizi la chimica e la dinamica dell’aura. Come accenderla. Cosa la fa accendere. Perché a volte si affievolisce e scompare. Se è vero che i suoi nemici, i Light Killers, possono spegnerla. Sono esercizi solitari, allenamenti o combattimenti a due, poi la scena si allarga a situazioni sociali.
E’ una microfisica che cerca un nuovo linguaggio, per esprimere l’inafferrabilità dei sentimenti. Magdalena Barile gioca insieme sulla precisione chirurgica di frasi e parole, e al tempo stesso sulla loro forza evocativa, poetica. Chi accetta di mettersi alla prova nel gioco di LAIT come lettore, come spettatore, come attore  imbocca un sentiero pieno di trappole e pericoli, ma anche di sensazioni che affondano nell’anima, di emozioni da afferrare prima che scompaiono. Una partita pericolosa e irresistibile. Proprio come l’amore, quando accende le nostre vit.

IL LINK
Aron et al.,   The Experimental Generation of Interpersonal Closeness (Generazione sperimentale di vicinanza personale)

http://www.stafforini.com/txt/Aron%20et%20al%20-%20The%20experimental%20generation%20of%20interpersonal%20closeness.pdf

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