Critica e poetica

L'intervista di Vincenza Di Vita per Dioniso e la nuvola

Pubblicato il 16/06/2017 / di / ateatro n. 162

Questa intervista è parte integrante del progetto Dioniso e la nuvola. L’informazione e la critica teatrale in rete: nuovi sguardi, nuove forme, nuovi pubblici. Alla base del volume edito da FrancoAngeli c’è una serie di interviste a giovani critici teatrali, realizzate da Giulia Alonzo, disponibili su ateatro.it alla pagina https://www.ateatro.it/webzine/dioniso-e-la-nuvola/.

Docente a contratto, poeta, performer, giornalista pubblicista, critico teatrale, Vincenza Di Vita lavora a progetti di scrittura, documentazione, formazione, organizzazione, direzione e stampa con: Blitz; Figli d’Arte Cuticchio; Latitudini; Naxoslegge; Orestiadi di Gibellina; QuasiAnonimaProduzioni; Sabir Fest; Sutta Scupa; Teatrino Controverso; Teatro Mediterraneo Occupato; Teatro Pubblico Incanto. Nel 2016 è finalista al Premio Garrone. Pubblica dal 2006 contributi scientifici nel campo degli studi culturali. Ateatro è la webzine per cui scrive dal 2013.

Chi è Vincenza e come arriva al teatro?

Vincenza Di Vita è una poeta che spera di non arrivare mai al teatro, ma di essere sempre alla ricerca di esso! Tuttavia le succede qualcosa che l’avvicina al palcoscenico perché non le piace come gli altri leggono i suoi versi. Così decide di leggere lei stessa ciò che scrive, studia l’uso della voce e la danza, perché crede che la voce e il corpo siano strumenti molto ben usati dagli “attori” di teatro, studia la storia del teatro, legge drammaturghi, copioni e sceneggiature, incontra attori e registi a lei contemporanei, comincia a frequentarli e qualcuno la invita a recitare, scrivere, spazzare un palcoscenico o solo a puntare delle luci e cambiare dei suoni da un mixer al momento giusto, truccarsi e truccare gli attori e via dicendo. A diciotto anni viene iscritta a un ente previdenziale, l’exEnpals, adesso assimilato all’INPS, con una identificazione che la definisce “lavoratrice dello spettacolo” e così comincia ad avviare il suo tempo lavorativo dirigendosi anche al teatro.

Che rapporto c’è tra la tua attività di critica teatrale e il tuo percorso accademico?

Tra la mia attività di critica teatrale e il mio percorso accademico c’è un legame fittissimo, ma non mi è stato chiaro fin da subito, anzi per un po’ ho creduto che non c’entrassero affatto le due cose.
Quando frequentavo il liceo credevo che per fare teatro si dovesse necessariamente frequentare un’accademia teatrale, o al massimo un DAMS per conoscere almeno le teorie dello spettacolo. In Sicilia non esisteva ancora niente del genere, sognavo la Silvio D’Amico o la scuola del Piccolo, non certo una qualunque scuola di teatro di uno stabile che avrei trovato alle mie latitudini isolane, o l’INDA che mi sembrava troppo “antico”. Non potendo studiare in un’altra città, rimango nella mia e decido di iscrivermi a un corso di laurea triennale in Scienze dello spettacolo per operatore dei beni culturali, ma dopo un semestre scappo, perché non mi interessa sostenere esami insieme a colleghi di lettere classiche e perché non è neanche un vero DAMS. Però voglio studiare ancora e quindi riprendo l’università, sempre a Messina, e dopo cinque anni mi laureo in Scienze della Comunicazione. Un mese dopo la laurea vengo contattata da un’agenzia del mio Ateneo che si occupa dell’inserimento dei neolaureati nel mondo del lavoro, faccio un colloquio e vengo selezionata per uno stage nella redazione di un quotidiano della mia città. Il mio mentore e maestro di quegli anni, a cui non ho mai nascosto la volontà di volere continuare a studiare dopo la laurea conseguendo un dottorato, mi consiglia di accettare l’opportunità del giornale, anche per imparare a scrivere in un modo che tutti potessero comprendere (la poesia non mi aiutava a scrivere con semplicità). Con il quotidiano “Il Cittadino” di Messina ho collaborato fino al 2013 come responsabile culturale, però ho iniziato occupandomi di cronaca cittadina e di politica. Ero troppo poco oggettiva e descrivevo dettagliatamente i protagonisti delle vicende, con una tagliente ironia non molto apprezzata da chi era descritto. Da qui la decisione dei due direttori di regalarmi un paio di abbonamenti per le stagioni teatrali della città, perché le descrizioni dettagliate di un critico sarebbero state meno osteggiate e il giornale non avrebbe rischiato di dovere incorrere in inutili querele a causa mia (i direttori ricordano ancora con affetto questi episodi!). Durante il mio primo anno da praticante giornalista vedo tanto teatro cittadino e studio per un concorso di dottorato in filosofia ma non supero l’esame. Tuttavia la voglia di continuare a studiare è in me forte e non mi interessa un’altra laurea. Così concorro per un nuovo dottorato, stavolta in arti performative, che tutto sommato è la disciplina accademica di cui mi occupo da sempre e stavolta riesco a conseguire il dottorato dopo i tre anni, occupandomi di ricerche esclusivamente teatrali, che adesso continuano ad animare i miei corsi e le mie notti insonni.
Non avendo avuto una borsa di ricerca, durante gli studi continuo a lavorare in teatro, trasmettendo nella mia ricerca ciò che scopro lavorando. Mi concedo però il lusso di vedere molto teatro, soprattutto quando mi sposto in Italia o all’estero per le mie ricerche bibliografiche, scrivo così di teatro pertanto, proprio per il mio percorso accademico che per fortuna me lo impone!

Chi è il critico oggi? Che ruolo ha?

Non so dire cosa sia il critico genericamente, posso però provare a definire chi sia il critico che si occupa anche di teatro. Ne esistono varie tipologie ma posso tracciare le tre principali categorie e i ruoli relativi, banalizzando e schematizzando: il critico teatrale che scrive di arte in genere, ma anche di sport, di cinema, economia, religione e cronaca rosa solitamente è un giornalista pagato da una redazione; il critico teatrale che scrive di teatro e di cultura, ed è quasi sempre un giornalista, un docente e/o un artista mancato o più o meno riuscito; il critico teatrale-blogger che vive lavorando anche in teatro, occupandosi di uffici stampa, organizzazione, comunicazione web per compagnie teatrali, teatri o festival e che quasi mai viene retribuito per le recensioni che scrive sulle riviste per cui collabora.

Fenomeni wikipedia e tripadvisor. Tutti possono essere critici e scrivere e giudicare sul web. Che autorità ha oggi il critico? Da chi viene letto? Per chi scrive?

L’autorità del critico esiste nel momento in cui il critico comprende di avere una responsabilità, che è quella di mettersi in crisi con la materia che deve descrivere. Indagare sulla materia di cui si scrive significa, per me, chiacchierare prima e dopo uno spettacolo con gli artisti e gli organizzatori, conoscere i testi drammaturgici che generano il fatto teatrale di cui si scrive, la poetica dell’autore, la sua storia umana e artistica, ciò che lo spinge ad ambire al teatro piuttosto che al cinema o alla vincita di un talent show. Così stando le cose questo tipo di critico viene letto da coloro che decide di “mettere in crisi” scrivendone e probabilmente dal suo ufficio stampa se ne ha uno, dai suoi parenti e dagli amici. Se il critico è bravo viene letto anche da altri artisti che vorrebbero anche loro essere “messi in crisi” e dai colleghi che anche lei o lui legge. Capita a volte che venga letta o letto anche da chi non ha potuto vedere lo spettacolo e vuole saperne di più, ma si tratta comunque sempre di persone coinvolte nell’ambito teatrale.

Sul web un nome è uguale all’altro o il pubblico riesce a distinguere chi scrive?

Il pubblico che legge distingue perfettamente i nomi dei critici, il loro stile e frequenta i luoghi di pubblicazione, trattasi peraltro quasi sempre di riviste online o blog.

Se li ha persi, cosa deve fare la critica per riacquistare valore e autorità?

Non credo che la critica teatrale abbia perso valore, credo che da sempre come in ogni ambito culturale ci siano due modi diversi di lavorare: c’è chi fa cultura lavorando come fosse un impiegato e quasi sempre di tratta di un giornalista pagato che scrive anche di teatro ma non solo; c’è chi fa critica teatrale perché non può farne a meno, perché vive il suo legame con il teatro come una storia d’amore ovvero senza pensare a risvolti economici o tornaconti economici, che comunque è opportuno ci siano, ma piuttosto come una sorta di missione salvifica, che salvi innanzitutto se stesso e poi il teatro contemporaneo, dall’oblio.

Che differenza c’è nella critica tra web e carta stampata?

La differenza tra carta stampata e web, per quel che riguarda la mia esperienza, è duplice. Scrivere sul web non sempre implica una retribuzione giornalistica e la quantità delle battute non è estremamente vincolante. Scrivere sulla carta stampata implica un contratto con un editore, quindi una retribuzione secondo le normative giornalistiche e la quantità delle battute da scrivere non viene stabilita da chi scrive. Non ne ho mai fatto esperienza perché ho sempre scritto per qualcuno che monitora il mio lavoro, ma è chiaro che una evidente differenza riguarda anche la libertà di scrittura. Dilagante sul web è purtroppo la non esattezza delle informazioni, i refusi sono assai spesso frequenti, così il web più che esercitare una libertà tende a svilire una opinione e sputtanare chi scrive, non essendo opportunamente protetto dai disastri generati dalla sua stessa ignoranza.”

Che rapporto deve avere con i teatranti?

Il rapporto che un critico deve avere con i teatranti credo di averlo già descritto nella mia quarta risposta, a proposito del modo con il quale io mi dispongo alla scrittura critica. Tuttavia non posseggo una formula vincente, si tratta semplicemente di curiosità e onestà, di conoscere e provare a capire, così da potere descrivere e condividere delle emozioni o viceversa di porsi delle domande e di trovare delle motivazioni all’assenza di qualità estetiche, civili o emozionali.

Cosa vuol dire per un critico sporcarsi le mani?

“Sporcarsi le mani”? Non saprei, se intendiamo in modo creativo e positivo ovvero letterale questa frase però spero allora sia una pratica piuttosto diffusa. Un critico che si “sporca le mani” è un critico che si occupa attivamente del fare teatro. Se invece ti riferisci al senso figurato cioè all’intraprendere pratiche compromettenti e poco edificanti, accettando favori dalle compagnie o lavori in cambio di ottime recensioni, può darsi che esista anche questo, tuttavia mi preoccuperebbe alquanto e mi sembrerebbe decisamente anacronistico. Gira voce tra i teatranti che qualche collega pretenda addirittura tangenti per scrivere buone recensioni, se ciò fosse vero, a mio parere, andrebbe fortemente condannato.

La figura di un critico militante alla Quadri oggi è possibile? Ha senso parlarne?

Di Franco Quadri ce n’è stato uno, non credo nei cloni. Rispetto alla militanza invece è qualcosa a cui credo profondamente ed è ciò che stiamo facendo adesso io e te, chiamiamola però in altri modi, così potrà avere senso parlarne, potrebbero identificarla parole come: consapevolezza, ricerca della verità, condivisione di pratiche.

Che prospettive future ha la critica teatrale?

Le prospettive della critica teatrale dipendono dai critici teatrali e dal rapporto che hanno con i teatranti; più questo rapporto sarà onesto e sincero più sarà necessaria l’attività del critico teatrale.

Come si finanzia oggi la critica?

La critica in sé non si finanzia a mio parere, la mia attività giornalistica e di ufficio stampa prescinde dalla mia attività di critica teatrale. Tuttavia pur non ricevendo dei compensi economici i critici vengono agevolati negli spostamenti attraverso modalità di ospitalità e di rimborsi, qualora intraprendano viaggi per andare a recensire uno spettacolo, siano invitati a manifestazioni o festival, queste sono forme di finanziamento forse? C’è poi la pubblicità sulle riviste su cui scrive il critico, ma questo non credo che riesca a “finanziare” la sua attività.

L’Associazione Nazionale dei Critici, che ruolo ha?

L’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro per me ha avuto un ruolo fondamentale perché mi ha permesso di essere introdotta come redattrice su riviste nazionali. Quando mi è stato chiesto di farvi parte, da parte di un collega siciliano del direttivo dell’ANCT, che apprezzava le mie recensioni, sono anche stata invitata a scrivere su riviste di respiro nazionale. La sua funzione è pertanto quella di provare a descrivere la situazione teatrale italiana anche in ambiti geografici apparentemente scoperti da fenomeni di eccellenze drammaturgiche, come possono essere le province siciliane e di farle conoscere attraverso un premio in contesti “nazionali” e “internazionali”, grazie alla collaborazione dell’ANCT con reti internazionali come l’AICT e l’IACT.

(ottobre 2015)




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