“Sottotraccia” la nuova antologia di testi teatrali di Tino Caspanello

Cinque pièce nel quarto volume antologico che Editoria & Spettacolo dedica ai testi dell'autore e regista sicilaino

Pubblicato il 16/07/2018 / di / ateatro n. 165

Sottotraccia – per citare il titolo dell’ultima sua raccolta di testi teatrali appena uscita per i tipi di Editoria&Spettacolo, che confermano la fiducia nell’autore con questa quarta pubblicazione antologica – ma non troppo, Tino Caspanello festeggia i venticinque anni della Compagnia Teatro Pubblico Incanto. La copertina è stata disegnata da Rosario Catrimi e accompagna un volume che contiene storie nascoste, come il volto umano contenuto tra le mani dell’angelo-uccello ritratto in un abito-contenitore di piume.

Niño narra la storia di una donna (v.https://www.ateatro.it/webzine/2016/03/04/una-stagione-teatrale-inaugurata-nel-segno-della-scrittura/) che custodisce un ricamo su un piccolo fazzoletto, come minuto è il foglietto che contiene un piccolo dizionario dove “bordado”, “ricamo” è proprio ciò che rivela l’ornamento creato sul tessuto.

Orpello d’inchiostro è invece negato in Sottotraccia, testo teatrale datato 2015, dove i cinque personaggi restano immobili, incapaci di comunicare con l’esterno. Hanno “solo bisogno di andare via” ma restano “tutti con le mani addosso, uno contro l’altro”, negando alla parola scritta la possibilità di divulgare un “comunicato” ma facendo di un foglio destinato alla relazione fuori dell’ufficio, una barca: rinchiusi in pareti di luce, i loro profili immobili mentre “comincia a piovere” rimandano a Golconda di René Magritte.

Orli è il testo delicato e raffinato commissionato a Caspanello per il progetto Babilonie dalla Compagnia Sutta Scupa, andato in scena con la regia di Giuseppe Massa nel luglio 2017, nella Sala Perriera dei Cantieri alla Zisa di Palermo. È un testo civile che ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico sul diffuso fenomeno della mutilazione genitale femminile, con grazia. Ha inizio con la “Ballata della sedia”, musicata per lo spettacolo da Jerusa Barros, artista capoverdiana, siciliana d’adozione, come la compagnia multietnica che ha messo in atto la resa teatrale.

Vi è poi l’incomunicabile vicenda del protagonista di Blues (https://www.ateatro.it/webzine/2017/10/22/cicale-blues-nellultimo-spettacolo-di-tino-caspanello/) che rappresenta in maniera inequivocabile ciò che Haun Saussy, nella prefazione (Spoleto 2018, pp.5-8) denota quale tratto distintivo della scrittura dell’autore:

Caspanello ci mostra “forme di vita” inerenti all’uso della lingua di tutti i giorni, e di nessun giorno ancora arrivato”.

È rivisitando I giganti della montagna in chiave farsesca con ambientazioni e abiti da gangster movie che ha luogo Don’t Cry Joe, ultimo dei testi contenuti in Sottotraccia, che ha debuttato il 4 maggio al Teatro dei Tre mestieri di Messina: Caspanello riscrive e dirige la ripresa dello spettacolo del 2000 intitolato Kiss. In questo caso il testo è stato interamente adattato per gli interpreti Tino Calabrò, Stefano Cutrupi e Cinzia Muscolino (anche assistente alla regia e costumista). Danzatrici dal vivo apparivano nella prima versione della pièce a rendere vive le visioni dei tre personaggi chiusi in un teatro che mettono in scena personaggi senza saperlo, senza sospettare che ogni loro gesto, ogni loro parola li sta spingendo verso un limite, sul quale la differenza tra realtà e finzione diventa sempre più impercettibile. Tre esseri umani che sembrano conservare un grande livello di coscienza dell’assurdo o l’innocenza di un bambino: in fondo, forse, sono la stessa cosa ed è qui che ha luogo il gioco teatrale.

Foto di Carmine Prestipino per Don’t Cry Joe

La nuova scelta minimalista rende ancora più misteriosa l’aderenza alla tematica pirandelliana del magico. Gli elementi scenici sono vitali ed evocativi: vari abiti appesi a uno stand di rito, sette paia di scarpe due sedie, un secchio e uno straccio. Note di Sinatra e sparo di pallottole dal vivo, introducono uno scarpinare rumorosissimo dove battute quali “dove siamo?” o “non siamo attori” e ancora “ma come fanno gli attori a morire” si collocano in perfetta citazione su testo pirandelliano. Joe-Cotrone e Angelo-il Centuno dialogano sulla paura, sentimento dichiarato alla fine del testo di Pirandello qui è punto di partenza per la domanda finale in una discesa che precipita verso un potere non più redimibile.
“Andatevene tutti” minaccia Joe (Tino Calabrò) e poi liricamente dichiara: “io nei teatri ci entro quando sono vuoti e guardo il mio spettacolo”. Uno spettacolo con un Angelo (Stefano Cutrupi) dalle fattezze da clown, un fool d’altri tempi che piagnucola beffeggiando il dramma originario della Contessa Ilse. Si anticipa così l’entrata o meglio l’uscita allo scoperto di Rose (Cinzia Muscolino) “come fosse morta”, nascosta, lavora in un teatro, “sente le voci”. Rose rimprovera a Joe di non avere mai perdonato la sua scelta di separarsi, perché a lui ha preferito il teatro, a ogni costo, non più da attrice ma da donna delle pulizie. In ginocchio piegata e orante confessa a Joe:

“Non me ne sono mai andata Joe. Ti ho spiato ogni giorno, senza che te ne accorgessi. Ti ho visto scivolare giù, nella fossa… Fingi fino alla nausea di essere quello che non saprai mai essere. Non sai nemmeno interpretarlo questo ruolo. Sei come noi, Joe, devi ammetterlo, sei nato sghembo da una penna, come tutti noi. E vuoi essere altro. In tutti questi anni ti ho visto mentre facevi affari con i politici corrotti, con i criminali e con tutti quelli che ti facevano sentire importante”.

Nelle parole di Rose, è il teatro/Joe a venire chiamato in causa, vittima egli stesso di uno sparo spettacolare e poi la sua morte annunciata da un pianto mai speso, inutile e grottesco. Come ricorda Saussy:

chi parla di armi da fuoco sulla scena di oggi, lo fa, necessariamente, in memoria di Čechov che dava questo consiglio all’autore di teatro: “Se nel primo atto in scena c’è appeso un fucile, nell’ultimo bisogna sparare”. Ma, allora, nel caso di Caspanello, quella pistola, che non c’era prima di essere menzionata, appena menzionata ha già sparato.

Il finale circolare non può che essere uno sparo nel buio di un applauditissimo inchino incorniciato da una inedita versione del brano musicale Bang bang, my baby shot me down.




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InformazioniVincenza Di Vita

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