Libri & altro: Communitas saggi per Benvenuto Cuminetti

Percorsi drammaturgici e teatrali. Atti del convegno in ricordo di Benvenuto Cuminetti

Pubblicato il 09/01/2005 / di / ateatro n. 079

Del bel volume di atti del convegno del 2002 in ricordo di Benvenuto Cuminetti, ora edito dalle edizioni della università di Bergamo a cura di Annamaria Testaverde, docente di Storia del teatro e dello spettacolo alla facoltà di Lettere della stessa Università, e di Graziella Dolli, moglie di Benvenuto Cuminetti, sua compagna e complice di vita teatrale, prima di tutto vorrei dire due cose.
Il libro è una testimonianza: testimonianza di persone che hanno condiviso per lungo o per breve tempo il percorso culturale e umano di Benvenuto Cuminetti. Ma è anche il documento di una scuola, di una linea di storici del teatro e di uomini di teatro di cui Cuminetti è stato uno degli interpreti più saldi e coerenti.
A questa linea, che fa capo a Mario Apollonio, e che corrisponde a una concezione del teatro – il teatro inteso come categoria dell’esistenza–, a questa linea Cuminetti ha dato un contributo originale notevolissimo, come emerge appunto dagli scritti raccolti nel volume e divisi in quattro sezioni integrate tra loro: tre tematiche e una di testimonianze.

Prima di tutto, allora, la riflessione sul teatro e sulla pratica teatro come condizione della esistenza della comunità, anche e soprattutto in un tempo – quello degli ultimi quarant’anni– di grave crisi della communitas.
Su questo aspetto si sono soffermati in ispecie gli autori dei contributi della I parte. Sisto Dalla Palma, Ulderico Bernardi, Claudio Bernardi, da angolature diverse e vicine, danno conto di tale vicenda. E della relazione fra rito e teatro, che dà il titolo alla sezione, rivelano tutta la problematicità e persino la drammaticità nel presente. D’altra parte confermano la necessità di non tradire tale relazione, che Claudio Bernardi, in particolare, incardina nella nozione di coro, traendola da Apollonio e riferendola all’impegno concreto di Cuminetti, per il quale il teatro corale è attualità che impegna e crea il rapporto fra individui, gruppo e istituzioni, e quello tra persone e comunità. Il coro inteso come esperienza partecipativa e responsabile.
Questi contributi mettono in campo molti dei problemi affrontati da Cuminetti, che aveva una capacità straordinaria di vedere (e spesso di anticipare) il nodo delle questioni. Fra queste, sempre nella linea teatrale di Apollonio, l’importanza della parola teatrale che dà voce al coro, cioè alla comunità permeata di conflitti, perdite, attese; e ancora la ricerca di un nuovo linguaggio rituale, nuovo perché antico, dove l’’arcaico è inteso come contemporaneo, secondo una indicazione di Victor Turner ricordata da Ulderico Bernardi e da altri; la narrazione, la narrazione di sé e la finzione narrativa teatrale, come trama del tessuto comunitario; la possibilità di una drammaturgia rituale, capace di rivelare il sacro alla comunità per reinventarla.
Qui si innesta la visione storico-antropologica di Jean Verdeil, che rivà alla matrice del legame fra teatro e rito (la possessione e i culti) attraverso la nozione del mostrarsi nell’atto di diventare «un altro». Verdeil fa emergere la disponibilità a modificare il proprio assetto psicofisico quotidiano, a trasformarsi, a non essere se stessi come necessaria e propria dell’attore, sia dell’attore-sacerdote e dell’attore-iniziato delle società tradizionali, sia dell’attore-artista delle società moderne, all’origine delle quali, secondo Verdeil, sta l’implicazione pedagogica, e quindi gli obiettivi trasformativi individuali e sociali del teatro scolastico, e in ispecie del teatro di collegio gesuitico.
Il rapporto tra stato cosciente, dominio razionale ed esperienza inconscia che, ancora secondo Verdeil, fa da cerniera della condizione attoriale è l’oggetto anche del breve intervento di Pilar Latini.
È evidente, già in questa prima sezione, il riferimento a una serie di titoli e di letture, che finiscono col formare una mappa delle predilezioni di Benvenuto Cuminetti. È un filo rosso che in più parti del volume fa affiorare una capacità precipua di Cuminetti: quella di contagiare gli altri delle sue letture, che erano immense e sempre aggiornate, e di condividerne i frutti.
D’altra parte – come dice Antonio Martinelli nella sua importante ricostruzione del percorso formativo di Benvenuto Cuminetti – la lettura era intesa da Cuminetti come atto fondante della coralità e della socialità, della relazione.

Altra prospettiva in cui Cuminetti si poneva, come emerge in particolare dalla II sezione, intitolata a teatro e letteratura, è quella della centralità della parola, della parola poetica. Questa convinzione pure si lega al magistero di Apollonio, e trova nell’attività di Cuminetti uno sviluppo costante, una fede appassionatissima, che è, a parer mio, il forte del suo pensiero, e spiega anche il suo interesse per figure di attori come Louis Jouvet, a cui Cuminetti ha dedicato pagine molto belle.
Credo che sia stata questa la via maestra del coinvolgimento di colleghi e collaboratori della facoltà di Lingue lungo molti anni. Lo attestano in particolare il contributo di Nina Kauchtschischwili (una grande artefice di quella che presto è stata considerata ‘la tradizione di studi’ dell’Università di Bergamo) e quello di Sergio Signorelli, stretto collaboratore di Cuminetti nell’attività didattica universitaria.
La Kauchtschischwili propone la biografia interiore di un Michail Bulgakov essenzialmente uomo di teatro, e ne dispone l’immagine in un campo di tensioni laceranti, tra la spinta verticale della spiritualità russo-ortodossa che gli apparteneva e gli ostacoli opposti a questo volo dal regime; una immagine interiore che si chiarisce nel parallelo con il Molière raccontato autobiograficamente dallo stesso Bulgakov.
Signorelli lavora con grande finezza sul Savinio di Capitano Ulisse e sull’antitesi con il Pirandello del coevo riallestimento dei Sei personaggi in cerca d’autore al Teatro d’Arte: due risposte diverse alle domande sul tragico (attuali nel 1925 e attualissime oggi), con lo sguardo fermo al rapporto tra persona e personaggio, tra attori e spettatori.
In questa direzione si muove fra l’altro anche Ilaria Crotti nel suo lungo saggio, quando coglie nella scrittura de La locandiera goldoniana l’istanza attoriale presente nel personaggio.
Le testimonianze di Matilde Dillon Wanke (che ha coordinato il convegno di cui il volume raccoglie gli atti), di Rosanna Casari, di Stefano Ghislotti, sulla ricchezza e la varietà di iniziative e progetti di Cuminetti, sul coinvolgimento dei colleghi nella riflessione attorno agli spettacoli presentati al Teatro Donizetti negli anni della sua responsabilità artistica, danno la misura di quello che Cuminetti seminava nell’università e di come riuscisse a suscitare interesse verso un’idea di teatro niente affatto letteraria – nel senso di meramente testuale – ma invece profondamente radicata nell’uomo vivente (nell’attore e nello spettatore), nella comunità, che era appunto quella cittadina nella quale tanto l’istituzione teatrale quanto quella universitaria dovevano avere un ruolo altamente responsabile.

Infatti nella III sezione del libro e in molte testimonianze si disegna la figura di Cuminetti organizzatore e promotore di teatro: in particolare nell’analisi di Mimma Gallina, come sempre lucidissima, e nel breve intenso intervento di Micaela Bertoldi, l’assessore di Trento che ha collaborato con Cuminetti nel periodo della sua attività al Tetaro Santa Chiara di quella città.
In questa parte dell’attività di Cuminetti c’è la capacità di cogliere nelle istituzioni il valore strutturante, anche politico, della comunità; e dall’altra parte la capacità parimenti spiccata di agire coraggiosamente nella proposta rivolta alla collettività.
Mimma Gallina mostra di Cuminetti l’’autonomia e intelligenza nelle scelte, la serietà impareggiabile nell’ascolto degli artisti, lo sguardo e l’azione mai demagogici o paternalistici, l’’invenzione di criteri e percorsi del tutto nuovi e in seguito imitati.
Qui, davvero, il coro – che per Apollonio era rimasto un’’aspirazione– trova il suo inveramento. Lo si sente anche negli scritti di Roberto Cavosi e di Gabriele Allevi, che con Cuminetti hanno avuto un incontro di segno profondamente creativo. E in quello di Beatrice Gelmi che presenta il Cuminetti attivo nella città dalle pagine de «L’Eco di Bergamo».

Infine, insieme con il rapporto fra teatro e città, nella stessa III sezione, c’è la questione della formazione, la questione cruciale della pedagogia e quindi della scuola, che ha nel testo di Pierre Voltz un contributo ulteriore alla riflessione che questo importante esperto francese ha condotto lungamente con Benvenuto Cuminetti. Mentre le testimonianze di Mafra Gagliardi sulla ricezione del teatro nello spettatore-bambino, e quelle di Walter Fornasa, il cui incontro con Cuminetti risulta importantissimo per l’ideazione del percorso di studi in Scienze dell’educazione della Università di Bergamo, di Maria Grazia Panigada e di Alessandra Mignatti sul teatro nella scuola dal punto di vista degli insegnanti, ne mostrano gli aspetti applicativi all’interno delle esperienze locali, e le indicazioni vitali in questa direzione.

Volendo guardare a questa raccolta nel suo insieme, quello che appare non è solo il profilo di un uomo– anzi di una persona come dice Anne Machet, pensando alla complessità etimologica del termine di una persona, dunque, formidabile; ma anche una vita vissuta all’insegna della generosità: generosità intellettuale, umana, concreta fuori dell’ordinario. Una vita e un’opera davvero esemplari.

Benvenuto Cuminetti guardava con vivo senso di responsabilità all’insegnamento di Storia del teatro e dello spettacolo nell’università di Bergamo; e auspicava che la continuità fosse salvaguardata e alimentata nella linea del magistero di Apollonio e dei molti rivoli che di qui si sono dipartiti. Spero che il lavoro condotto da Annamaria Testaverde e da me costituisca un contributo al patrimonio da lui lasciato all’Università.
Ma voglio chiudere con una riflessione personale. Quando mi propose di partecipare al concorso per ricoprire, dall’a.a. 2000-2001, l’’insegnamento che lui aveva ricoperto alla facoltà di Lingue per più di trent’anni, e che veniva bandito a contratto in vista del suo ritiro, avevo chiarissima l’’ineludibilità di ciò che mi invitava a condividere, ma d’altra parte ero certa che qualunque idea di imitarlo sarebbe stata velleitaria. Questo nonostante la radice comune (dato che io pure, anche se indirettamente, in quanto allieva di Sisto Dalla Palma, mi colloco nella linea segnata da Apollonio alla Università Cattolica), la sensibilità comune per molti temi, l’antica e franca conoscenza, l’esperienza diretta maturata a mia volta nella vita teatrale cittadina e nella gestione artistica e organizzativa, grazie ai dieci anni di attività che ho svolto al CRT-Centro di Ricerca per il Teatro di Milano.
Il primo obiettivo che mi sono data, allora, è stato quello di mettere a frutto l’eredità del suo insegnamento accogliendo le richieste di tesi di laurea in Storia del teatro e dello spettacolo che mi venivano dai suoi studenti.
Dal 2001 ho diretto nel lavoro di tesi una quindicina di giovani allievi di Benvenuto Cuminetti: in tutti aveva suscitato non solo un interesse profondo per il teatro, ma anche il senso dell’avventura intellettuale e personale, e la serietà del desiderio di conoscenza.
Nella mia prospettiva, che nel succedere a Cuminetti nell’insegnamento universitario è prima di tutto quella della responsabilità pedagogica e scientifica, questa esperienza è stata di gran lunga la più sentita e utile; e da parte mia – attraverso la cura e l’’impegno verso i suoi studenti – il più sincero omaggio a un uomo davvero notevole.

Percorsi drammaturgici e teatrali. Atti del convegno in ricordo di Benvenuto Cuminetti, a cura di Graziella Cuminetti Dolli e Anna Maria Testaverde, Bergamo University Press Edizioni Sestante

indice

Alberto Castoldi Presentazione degli atti

I Teatro e rito

Sisto Dalla Palma La scena rituale e gi orizzonti della comunità
Ulderico Bernardi Rito e comunità
Jean Verdeil L’attore il rito
Claudio Bernardi Teatro come coro
Pilar Latini La deformazione dei Rituali di morte e resurrezione: tre storie

II Teatro e letteratura

Nina Kauchtschishwili Dal testo alla biografia interiore
Ilaria Crotti I chiasmi teatrali della Locandiera
Elvio Guagnini Un mondo a schegge. Sul Timmel di Claudio Magris, a proposito della Mostra
Bernadette Majorana Lo spettacolo della parola
Sergio Signorelli Alberto Savino, Capitano Ulisse: le ragioni di un’avventura mancata

III Teatro per la città. Educazione/formazione

Pierre Volcz Le classi culturali artistiche dei “Theatrales”: riflessioni sulla pedagogia delle arti
Mafra Gagliardi La risonanza dl teatro nello spettatore bambino
Mimma Gallina L’organizzatore: il “nuovo” compatibile e il “modello” Teatro Donizetti
Roberto Cavosi Il teatro come liturgia contemporanea

IV Testimonianze

Anne Machet Una persona
Antonio Martinelli Un itinerario formativo
Rosanna Casari Ricordo di Benvenuto Cuminetti
Matilde Dillon Wanke “Dire la poesia, dire i poeti”
Walter Fornasa Incontri inattesi. Un ricordo di Benvenuto Cuminetti
Alessandra Mignatti Teatro e processi educativi: la formazione degli insegnanti
Beatrice Sacchiero Gelmi Sulle tracce di Benvenuto Cuminetti
Maria Grazie Panigada L’ufficio Teatro-Scuola: storia di un’intuizione
Gabriele Allevi Benvenuto Cuminetti, o del Sacro teatro
Micaela Bertoldi Trento e il teatro: lo spettatore protagonista

Bernadette_Majorana

2005-01-09T00:00:00




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