Speciale elezioni 2006: la posizione della Lega Nord Padania sullo spettacolo

Risposte ai quesiti di "Hystrio"-ateatro da parte dell'On. Davide Caparini e di Roberto de Anna

Pubblicato il 30/03/2006 / di and / ateatro n. 098

Quale è la vostra valutazione sulla politica per lo spettacolo di questi anni di governo? In sostanza condividete l’operato Urbani/Buttiglione o c’è qualche distinguo?

In questi anni ci sono stati alcuni timidi tentativi di rendere meno schierato il mondo dello spettacolo ma troppi anni di conformismo culturale, nato da una divisione schematica degli interessi del paese, che ha affidato alla sinistra il compito “divino” di monopolizzare la ”cultura” e allo stesso tempo di rendere scorretta qualunque altra opzione, ha reso e rende ancora problematico ogni vero progetto di liberalizzazione.
I nodi irrisolti sono: il rapporto tra finanziamento pubblico e la legittimità a fruirne dei soggetti attualmente finanziati; l’’immobilismo culturale prodotto dal cosiddetto finanziamento ”storico”; la funzione dei teatri stabili che non sono più fucina di idee ma puro protezionismo per qualche presunto grande della regia che usa spudoratamente danaro pubblico per i propri interessi privati.
La difficile legittimazione dei cosiddetti “Stabili Privati”, nati quasi tutti come cooperative negli anni settanta con un livello artistico e progettuale spesso scandalosamente dilettantistico, che si è mantenuta a scapito di una seria creatività progettuale e di un ricambio vero e non drogato delle forze culturali alternative ed emergenti.
Tutte queste considerazioni nascono dalla verifica che lo spettacolo si muove in un ambito ipergarantito, che rende impossibile una vera pluralità di offerte artistiche.
Naturalmente una modifica radicale non può prescindere da una nuova strategia di sostegno che deve rendere legittimo ed appetibile il finanziamento privato.
La soluzione è semplice e consiste nel consentire al mondo del privato di entrare nel processo di realizzazione artistica con risorse mirate a condizione che chi le mette a disposizione ne abbia un vantaggio ad esempio fiscale.
Crediamo che lo stesso processo di regionalizzazione potrebbe, se ben governato, favorire un vero risveglio delle attività culturali facendo emergere le specificità delle diverse culture finalmente libere di esprimersi liberate da apparentamenti politici.

Un processo che noi speriamo diventi autenticamente irreversibile per tutto il mondo della cultura e dell’arte a cominciare dalla revisione radicale del ruolo delle Soprintendenze che oggi dettano con arroganza le regole di un protezionismo indifferente alle realtà ed alla storia di qualunque parte del Paese, un esempio di colonialismo culturale inaccettabile perché del tutto indifferente alla storia-tradizione dei diversi territori della repubblica.

Quale è la vostra posizione sui tagli recenti al FUS?

Quando la situazione è seriamente compromessa sul piano delle risorse generali non c’è e non deve esserci aspetto della vita pubblica che può essere privilegiato; è altrettanto vero che la logica distributiva del FUS va radicalmente cambiata, vanno identificate funzioni e soggetti nuovi, partendo dalla valorizzazione della creatività e della formazione artistica lasciando alle realtà consolidate la possibilità di andare a cercarsi legalmente contributi in altri ambiti come quello privato. Per intenderci nessuno deve più avere la prerogativa di “essere“ ricerca e sperimentazione per sempre.

Potete interpretare il braccio di ferro/ l’opposizione (politicamente trasversale secondo me) che ha caratterizzato in questi anni l’applicazione della riforma costituzionale (cioè perchè ci sono voluti cinque anni per arrivare al principio della “legislazione concorrente” e poi per non riuscire neppure ad attuarlo)?

In riferimento alla riforma del 2001 votata dal centrosinistra avevamo paventato il rischio, confermato dagli eventi, di una difficile – e in alcuni casi impossibile – applicazione del principio di legislazione concorrente. Questo principalmente per quattro motivi:
1) nel modello del centrosinistra le Regioni non sono assurte a pari dignità nei confronti dello Stato;
2) l’arbitro, cioè la Corte costituzionale, è rimasta immutata con l’esclusione della rappresentanza di tutti i soggetti costituenti la Repubblica Italiana;
3) non è stata prevista una camera di compensazione, nella riforma del centrodestra il Senato delle Regioni, con facoltà di intervenire nelle materie concorrenti;
4) deficit culturale federalista ed autonomista nelle istituzioni. La riforma della costituzione in senso federale del 2006, che saremo chiamati a confermare nel prossimo referendum, è vista, da quelle forze politiche che fanno della concentrazione del potere e dell’attuale modello distributivo delle risorse, come una iattura da evitare il più possibile o da ridurre ai minimi termini.
In questo senso l’ostilità alla creazione di uno stato federale è comune anche trasversalmente alle forze politiche di entrambe gli schieramenti e quindi finora hanno avuto buon gioco le strategie dilatorie ne hanno reso il percorso difficilissimo.
Un errore perché il decentramento culturale e fiscale, quando fossero attuati, sarebbero paradossalmente l’unico collante possibile per un Paese che non riesce ad essere unitario praticamente in nulla, meno che mai se non ridisegna il modello della distribuzione delle risorse.
Ma se nel centro destra si tratta di mettere a confronto tesi diverse ma alla fine mediabili in una ottica di libertà e confronto, il centrosinistra rischia di perdere la funzione guida culturale su cui ha costruito il proprio potere mediatico.

Cosa pensate di ARCUS? E dell’ETI? La Lega Nord – che ricopre incarichi importanti per la gestione della cultura in Lombardia, in Veneto e per il passato in Friuli e in Piemonte (forse mi dimentico qualcosa) – intende chiedere spazi a livello di governo per il futuro? In caso di vittoria del centro destra ovviamente.

Arcus è, forse, un progetto dal futuro interessante, è troppo presto però per esprimere giudizi definitivi. Resta però inteso che nessun vero cambiamento può evitare di passare da una gestione dirigistica e centralizzata, anche se ben gestita, ad una territorialmente responsabile, nel quale si offrano possibilità di intervento a chiunque.
Il ruolo dell’’ETI è assimilabile a quello dei Teatri Stabili, nessuno sente più la necessità di organismi dirigistici trasversali a tutto il territorio.
La Lega Nord Padania agirà con determinazione per realizzare anche sul piano dello spettacolo e della cultura più in generale quella rivoluzione culturale rappresentata del federalismo e dalla revisione del sistema di finanziamento alle attività di spettacolo, ridimensionando/eliminando le rendite di posizione.

Mimma_Gallina_in_collaborazione_con_Anna_Chiara_Altieri

2006-03-30T00:00:00




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