Ritratto di un attore (in)stabile

Un'intervista a Roberto Alinghieri

Pubblicato il 19/02/2011 / di / ateatro n. 132

L’’appuntamento è alla Spezia, alla Loggia di Corso Cavour, unico luogo di ritrovo alternativo e vagamente underground della città; davanti a un piatto di polenta e seduti a un tavolo (per me) troppo alto, Roberto Alinghieri mi racconta il suo percorso artistico di spezzino emigrato felicemente a Genova. A volte capita di incontrarci al solito bar in pieno centro, perfettamente equidistante dalle nostre rispettive case, anche se ormai lui è diventato genovese al 100%. Roberto Alinghieri è una specie di simpatico incrocio tra Hemingway e Orson Wells. Ha una formazione attoriale stabile, nel senso della Scuola del Teatro Stabile genovese, ed è entrato ormai da anni nella compagnia vivendone i giorni meno rosei e quelli beckettianamente felici. Attualmente è in tournée con Misura per misura e con Ritorno a casa di Pinter.
Attore-autore, vincitore di alcuni premi nazionali, predilige repertori comici in particolare la “scrittura comica di situazione”, sia da scrivere che da interpretare, ma non in modo esclusivo (ha appena riscritto per la scena Uomini e topi, fa reading poetici accompagnati dalla musica suonata dal vivo). Il suo nome è da sempre, indelebilmente associato a Stefano Nosei con cui si divertiva a riscrivere le canzonette e i jingle della tv, sin dall’epoca della strana coppia Nosei-Vergassola (anche lui spezzino) e delle loro comparsate al Maurizio Costanzo show. Autore di Comix Alinghieri è una fucina inesauribile di battute “stile Zelig”: in effetti è anche grazie al suo lavoro di scrittura che possiamo parlare di un filone comico genovese che sta spopolando in teatro e in televisione. Il suo testo Pinocchio di Bergerac ha vinto la Rassegna Nazionale Teatro di Parola. Il suo monologo Mille, interpretato da Gianpiero Bianchi, ha vinto la Rassegna Attori in cerca d’Autore 1997 diretta da Ennio Coltorti. E’ uno degli autori del programma televisivo Facciamo cabaret e della sit-com Casa Baldini e Simoni. Con Alessandra Serra ha tradotto e adattato per il teatro italiano il testo One fine day di Lumborg, da lui stesso interpretato. Ha collaborato a lungo con la rivista Comix ed ha pubblicato numerosi libri tra cui: Prevenzione fatale, Guaraldi editore, Turista per caos, Panini editore, La puliche Biancorì, edizioni Grandir, Francia. Ha vinto il Premio Persefone, riservato a personalità del mondo artistico che si sono particolarmente distinti negli spettacoli trasmessi da Rai Due Palcoscenico e Mediaset Premium nella stagione 2007-2008 come Miglior attore coprotagonista per lo spettacolo Le nozze di Figaro.

Anna Maria Monteverdi: Il teatro classico e la comicità televisiva, come metterli insieme, come conciliarli?

Roberto Alinghieri: Il mio repertorio va da Roman Polansky a Zuzzurro e Gaspare. Ho attraversato tutto il panorama teatrale italiano senza sbandamenti o ripensamenti. Ho lavorato con Lavia, Bosetti, la Melato, Umberto Orsini, la D’Abbraccio ma in mezzo o di lato, anche con Zuzzurro e Gaspare facendo Rumori fuori scena e La strana coppia una decina di anni fa; in tournée con loro, immancabili erano le sfide a freccette dove perdevo sempre. Così come senza alcuno sbandamento ho lavorato anche con un grande come Roman Polansky per un Amadeus che portava la sua regia teatrale e la produzione di Luca Barbareschi. E’ stata una grande emozione lavorare con Polansky che ci guardava alle prove con dolcezza, mettendoci in una condizione di agio assoluto e trasmettendoci grande profondità intellettuale e felicità. Polansky non riusciva a stare fermo in scena, ci mostrava come recitare senza un vero metodo, ma con una partecipazione che non ho più trovato; aveva molta pazienza, una pazienza assoluta direi, dandoci tutto il tempo per trovare il modo giusto di interpretare, come se l’attore non dovesse avere mai la fretta di produrre qualcosa. Non mi stupisco più di niente, mi sento in grado di affrontare qualunque tipo di teatro.

Anna Maria Monteverdi: Puoi raccontare la tua formazione genovese?

Roberto Alinghieri: Nasco allo Stabile sia come scuola che come spettacoli; per un certo periodo mi sono allontanato da Genova per altre collaborazioni, poi sono tornato nel gruppo originario dove sono attualmente. Mi considero un attore con una “forte componente dello Stabile”. Gli attori dello Stabile, quelli formati negli anni, sono un po’ un mondo a parte: sono attori di grande talento, hanno ideali piuttosto puri ma con una speranza d’arte forse un po’ fuori dal tempo. La scuola dello Stabile non si discute: non si privilegia l’uniformità di stile, di interpretazione ma la diversità. La Scuola ti prende sulla base di quello che loro pensano tu potrai fare, non sulla base di quello che sai già fare. Vogliono persone che hanno a cuore il mestiere, e formano tanti profili di attori differenti, caratteristi, primi attori. Sara Bertelà, Valerio Binasco, fino a Margiotta e Olcese e Maurizio Lastrico di Zelig sono alcuni dei nomi noti che sono usciti dallo Stabile. Quando vai a fare un provino senti sempre un’attenzione migliore, ti guardano con ammirazione, sarà la fama della Scuola, considerato il suo valore riconosciuto. Le produzioni dello Stabile prevedono tantissimi attori anche per impegnarli, per farli lavorare. E’ una situazione quasi unica: si può fare cultura alta scegliendo testi importanti, dando lavoro a molti attori. Misura per misura ha venti attori in scena. L’anima buona del Sezuan di Elio de Capitani con la Melato è uno spettacolo con oltre venti attori. Sono nate anche compagnie-satellite da una costola della Scuola che vengono aiutate dalla casa madre. Certamente la situazione è questa, la crisi è totale, ci sono tagli al settore da parte della Regione, del Ministero, dello stesso Comune. Sembra che dopo il 2011 non ci siano certezze di finanziamenti. Noi attori, certo, siamo impegnati in misura minore rispetto agli altri anni, ma abbiamo una stabilità che ci garantisce pur sempre un tetto minimo. Non abbiamo un albo, se non lavoro non guadagno e di questi tempi un’Istituzione che garantisce mesi di lavoro dal mio punto di vista è santa, va salvaguardata a tutti i costi. Lo Stabile è un’Istituzione ed è un caposaldo della cultura teatrale non solo regionale; sarebbe molto difficile sia pur in un momento di crisi e di tagli indiscriminati come questo, dire che non vengono dati i soldi proprio a loro.

Anna Maria Monteverdi: Come giudichi lo sbarco “clandestino” degli attori cinematografici a teatro?

Roberto Alinghieri: Se un attore cinematografico o televisivo si rivolge al teatro per poter guadagnare allora vuol dire che è lui in difficoltà. Toglie lavoro ai veri attori teatrali ma non è altro che sintomo di una disperazione! Ma in effetti oggi più che mai conta per un attore sapersi districare in vari linguaggi e in vari format. Io personalmente non ho mai fatto l’attore che si auto emargina dentro alcuni settori o ambiti di produzione, ho avuto la fortuna di divertirmi e di districarmi in tanti generi, inseguendo la serietà prima di tutto. Mi piace pensare ancora che se hai divertito qualcuno con intelligenza, se hai provocato qualcosa in lui, anche fosse che rifletta su un tema, che compri il testo alla fine dello spettacolo perché gli è piaciuto, oppure se torna a teatro, allora indipendentemente dal teatro comico o serio, hai fatto qualcosa di buono. Diventa un esercizio fine a se stesso se non lasci nulla. Un attore deve essere felice di recitare Eschilo o Paravidino e nel momento in cui visualizza il motivo per cui lo fa, credendoci veramente, allora può regalare dei momenti intensi al pubblico.

Anna Maria Monteverdi: Come ti definiresti?

Roberto Alinghieri: Un attore da utilizzare, semplicemente mi piace farmi usare, mettere a disposizione le mie qualità umane e artistiche. Mi nascondo dietro una presuntuosa umiltà, mi piace fare delle letture da testi che amo, mi piace farlo in luoghi non teatrali per accendere una comunicazione diversa.

Anna_Maria_Monteverdi

2011-02-19T00:00:00




Scrivi un commento