Cronache Di Vita per #CastellinAria | Parte prima o dei pensieri sparsi sul pop ciociaro, Alvito, 3-5 agosto 2019

Inizia il reportage da Alvito, 3-5 agosto 2019

Pubblicato il 06/08/2019 / di / ateatro n. 169

“Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo. Sono mille venti che soffiano. Sono la scintilla diamante sulla neve. Sono la luce del sole sul grano maturo. Sono la pioggerellina d’autunno quando ti svegli nella quiete del mattino. Sono le stelle che brillano la notte. Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo.”

Queste le parole del canto Navajo che ha introdotto la cerimonia-rito civile d’inaugurazione della prima giornata di CastellinAria: in un teatro-castello segnali di luce, puzzle di sassi e ciuffi d’erba accolgono una colorata fila indiana.

Da sinistra i direttori artistici di CastellinAria Chiara Aquaro, Livia Antonelli e Niccolò Matcovich, la direttrice organizzativa Anna Ida Cortese

Damiano Olivieri cuoco-artigiano costruisce un albero. “Non è fatto per rimanere”, ci racconta, ma lascia che foglie e tronchi abbandonati sul costone di una roccia si ergano a bellezza per una tribù che celebra totem colorati e festivi. Lo zucchero filato si confonde tra chiome addobbate con piume e guance dipinte di bambini pronti ad affrontare battaglie di vivaci giochi. Tra l’erba soffice e il sommelier raffinato una tavolata accoglie volti televisivi. Chiedo a Davide e Paolo, di 7 e 9 anni, quali siano i loro “segnali di fumo” mi raccontano di essere “in cerca di un luogo dove seminare l’ombra”.
Anita (V. ritratto di Manuela Fernandez) ha due anni e disegna con un pennarello di colore viola cavalli che sono anche coccodrilli con ali e occhiali e un’amica che si chiama Tere con occhi e mani grandi. Il suo CastellinAria danza e balla e ha un pezzetto di luna sulla punta del naso. Anita è pop. È ora di entrare in sala ma gli attori non escono. Anita applaude e urla: “Fuori! Fuori!” prontissima per assistere a La più meglio gioventù di e con Alessandro Bardani e Francesco Montanari.

Anita pop a CastellinAria 2019

Il reading cabarettisco è arricchito da “intervalli fuori scena” e ribaltamenti di luoghi comuni. Tra i più significativi e partecipati dalle animate risate del pubblico abbarbicato in ogni dove ricordiamo: se avessimo Deadbook al posto di Facebook smisurati sarebbero i “mi piacque” e i “mi taggarono”; “il razzismo è brutto ma Balotelli è brutto”; “la merda è brutta ma cagare è bello”. Ma non è solo il bello e il brutto del Macbeth shakespeariano a venire citato, la narrazione comica è arricchita da episodi dalle scene di un Romeo e Giulietta con un dietro le quinte in cui urina è scambiata per integratore di sali minerali e un attore e doppiatore romano del ’36 con problemi di memoria percuote se stesso, perché male intende il gesto del suggeritore rivolto piuttosto a indicare lo strangolamento di una Lady Anna. Una riflessione sull’assenza delle desinenze nell’italiano del parlato di un giovane di oggi pare sia sintomo dell’incapacità di portare a termine un obiettivo. La battuta finale pertanto recita “domani sera cambiamo le cose”, sottintendendo una incapacità di concludere nel presente un traguardo, fosse anche uscire dalla propria cameretta, attraversare il corridoio di casa, andare a pranzo con i propri genitori, in cucina.

 
PAROLE IN ARIA

Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole. (Ennio Flaiano)

Il tema del tempo ricorre anche nel secondo spettacolo, andato in scena il 4 agosto, ed è costituito dalle esasperate avventure e grottesche vicende della tartaruga George “il più solo solissimo di tutti i tempi”, in Tristezza & Malinconia di Bonn Park. Nella traduzione, cura e interpretazione di Lea Barletti e Werner Waas – con Simona Senzacqua/ Raperonzolo burattinaia su tacchi di vernice nera con abito da fata turchina e attrice per altri personaggi femminili – non si fa niente, si attende e una didascalia animata dal corpo e dalla voce di Barletti in tubino rosa shock dialoga con una bizzarra tartaruga millenaria in accappatoio-guscio verde, scarpe da ginnastica e lunghe calze a righe. A introdurre Waas/George è il brano La bella tartaruga di Bruno Lauzi. Un vaso con un bouquet di foglie di lattuga, divorate nervosamente in scena sta su un tavolo in una scena che si compie nella totalità dello spazio del castello. Il palcoscenico è infatti privo di quinte e fondale. La scansione numerica reca la struttura della pièce, numeri e sovratitolazione hanno inizio con “1. Solitudine” vari “Niente” e una consueta “fine”. George è lento, il tempo è veloce. Uno scioglilingua fiabesco grottesco descrive banchetti giganteschi di George che si decompongono, nonostante sia costretto a usare l’intera Groenlandia come enorme frigo.

Giulietta, una delle spettatrici di CastellinAria consulta il programma del festival approfittando del sole postprandiale

Viziami, un canto d’amore – primo debutto a CastellinAria 2019 – è un dialogo tra due singolarità tra loro in silenzio. Lo spettacolo di Ivano Capocciama, in scena con Gabriele De Ritis, si annuncia dedicato alla donna, ma è poi una performance caricaturale en travesti in cui si leggono 13 fogli in un tempo che sembra infinito. Ciò è intervallato da danze autocelebranti e letture incredibilmente seriose ritmate da omelie ieratiche. La femminilità ne esce calpestata, l’attore lancia marshmallow di colore puffo blu e dichiarandosi consapevole della “mostruosità” messa in scena accoglie gli applausi dei più resistenti rimasti fino alla fine.

L’INVIATA IN ARIA
Alice Miscali racconta il Laboratorio Giallatini/Case Marcieglie
Evanescente ma con radici profondissime, il laboratorio di Maura Giallatini è uno storytelling di colori che ripercorre a colpi di bastone, ciocie, cappe, zampogne e mantelle l’essenza delle nostre origini e del nostro essere: umili pastori. Grazie a una progressiva vestizione con costumi rievocativi in miniatura bambini interpretano protagonisti timidi di un ritorno al passato, orgogliosi di poter agire, pensare e vivere la quotidianità dei propri bisnonni. Tramite un percorso sensoriale in cui i tessuti non solo si indossano ma si trasformano, diventando cuscini, copricapi e mantelli viene intrapreso l’intento autentico di questo laboratorio: innestare un’interpretazione ambientale e culturale da cui poter partire e ripartire con più consapevolezza e lasciare sempre più stupiti nasini all’insù.



InformazioniVincenza Di Vita

Teatranterie d'inchiostro e bit Altri post