Nel cimitero degli umani c’è carne che non sfama

Il Macello per corpo e voce di Pietro Babina dalla poesia di Ivano Ferrari

Pubblicato il 17/03/2022 / di / ateatro n. 182

Macello di Pietro Babina è la riscrittura per corpo e voce di una silloge di Ivano Ferrari. Non ne seguirà una recensione ma la descrizione di un ambiente sonoro e fisico di pregevole eccezionalità.

Un corpo disteso incellophanato. Fessura bianca proiettata al centro di vari schermi. Abito, tuta e stivali da mattatoio. Si sente sanguinare il vento, puledro, sperma di madre, 100 mugugni, luci rosse, coltelli, i ricordi sparati da una pistola per un’ecatombe.

Nuvole scoppiano come tane massacrate, margherite evacuate dalla terra. Retroterra acerbo per l’appetito della logica. L’anarchia di un gatto. La sapienza del grande forno svolazzante martirio.

Ballata unica attuata con un microfono come fallo-vagina per celebrare un coito con lo spettatore per un macello performativo. Eros e hybris, coltelli a mo’ di orecchie d’asino. Proiezioni, vocalizzazioni umide e organiche imitano animali eppure sono umane troppo umane.

Occhio in tasca mangiato dal performer che si contorce, mima l’agonia. Rimasugli di certezze bestiali. Risata per un petit dejeuner sur la merde.

Tappeto a cui aggrapparsi nei moti intestinali. Mandrie di topi avventori di carne guasta: logica di sterminio. La carne morta rivive nella sua grande miseria, nelle larve, nelle tenie da cavallo.

Percussioni sul “buio”: orgia di suoni e luci e movimenti vocali.

Il coltello come spada agitata con raffinata eleganza poi puntata verso di sé mimando un’auto-sodomizzazione.

La morte è materna, vitellini le corrono incontro affettuosi. “Sventrate intere famiglie” in tono e movenze da dittatore. Un vitello con gli occhi e la paura di nascere, una piega o piaga rugosa nel suo sorriso a riempire lo spazio della morte. Più che un attore una rockstar punk addicted.

Piagnucolii, un crocifisso in tek proiettato rotea: dove nascondere le lacrime? Crocifisso al contrario. Maiale bianco come uno spettro. “Di albe rosse e di tramonti vermigli non se ne sente il bisogno”. La verginità è associata alla statua di una Madonna sottolineata da una mosca ronzio-suono che dipana angoscia.

“Nel cimitero degli umani c’è carne che non sfama”. Un enorme sole rosso frantumato. Angelo con trombe mentre si dice: “non siamo abilitati alla macellazione ovina” e si narra dello strangolamento di un agnello. Ricerca polisemica. 50, 10, 3, su un martellante elettrocardiogramma dal vivo mentre il performer si manipola l’intestino. La morte è un pianoforte, voce bianca per ali e divinità del sacrificio dell’agnello. È venerdì santo il sangue ghiaccia e le bestie sono troppo pesanti per scendere dalla croce. Santità del sacrificio, troppo per un dio con la puzza al naso. Oceano e isola torna alla fine come era all’inizio: una goccia di sperma caduta nella vasca di sangue: vita in morte.

Macello

di Pietro Babina/Giovanni Brunetto
Drammaturgia: Pietro Babina Jonny Costantino
Regia: Pietro Babina
Immagini: Giovanni Brunetto
In scena:
Pietro Babina (voce e suono)
Giovanni Brunetto (immagini)
Produzione: Mesmer
Visto alla sala Assoli, Napoli il 13 febbraio 2022




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InformazioniVincenza Di Vita

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