Quale cultura per il 2025

Le politiche per la cultura e lo spettacolo a livello globale, europeo e nazionale (con il Piano Olivetti e la Legge di Bilancio 2025)

Dal punto di vista della cultura e delle politiche culturali, a tutti i livelli, il 2024 non è stata una grande annata.

Che cosa è successo di interessante a teatro nel 2024 secondo

Che cosa è successo di interessante a teatro nel 2024 secondo “il Venerdì di Repubblica”? Niente

Come sarà il 2025? Proviamo a identificare alcune tendenze a livello globale, a europeo e nazionale, con la certezza di sbagliare bersaglio, come sempre accade quando si cerca di prevedere il futuro.

A livello globale

Nelle agende dei governi, la cultura nel 2024 ha continuato ad avere un ruolo marginale, e in alcuni paesi la situazione è ancora peggiore. In Argentina l’11 dicembre 2023, il giorno dopo aver prestato giuramento, il presidente “con la motosega” Javier Milei ha cancellato con un decreto i ministeri di Cultura, Salute, Lavoro, Sviluppo Sociale e Istruzione, accorpandoli nel nuovo Ministero della Salute e del Capitale Umano, affidato alla ex produttrice televisiva Sandra Pettovello.

La cultura non è tra le priorità

State of Culture - Culture Action EuropeIn generale, nota Elena Polivtseva nel report State of Culture Europe per Culture Action Europe (CAE) (pubblicato il 14 ottobre 2024), nei programmi elettorali e di governo la cultura è sottostimata e sottorappresentata.
Oggi le priorità sono altre: lo sforzo bellico (“Trump ci chiederà di aumentare le spese militari al 2,5%. Spendiamo meno di altri paesi NATO”, ha dichiarato il ministro della Difesa Guido Crosetto, “Il Foglio”, 17 dicembre 2024; e Trump pochi giorni dopo: “La spesa militare va portata al 5%”), la riduzione delle diseguaglianze sociali, la lotta all’inflazione, la crisi ambientale – o meglio, le spese necessarie per rimediare ai disastri “naturali”, sempre più frequenti. L’investimento pubblico in cultura tende a diminuire, mentre le condizioni di lavoro degli artisti e in genere del settore restano precarie.

Cultura e sviluppo sostenibile

Il contributo della cultura nel plasmare la visione del futuro globale, anche in relazione alla crisi climatica, viene sistematicamente sminuito, come nota il report di Culture Policy Room Cultural Policy in 2024: What’s Changing and Why It Matters (pubblicato il 17 dicembre 2024), che ripercorre alcune scelte a livello globale.
Nel 2023 il G20 si era concluso con la volontà di inserire la cultura tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

Il G7 della Cultura a Napoli

Il G7 della Cultura a Napoli

Anche il G7 dei ministri della Cultura del settembre 2024 a Napoli aveva ribadito questa intenzione; l’impostazione era stata condivisa dalla delegazione dell’India nell’incontro dei BRICS, sempre nel settembre 2024, anche se alla fine è rimasto solo un blando auspicio a “riconoscere il potere della cultura come catalizzatore dello sviluppo sostenibile” (‘recognising the power of culture as a catalyst for sustainable development’).
Nel settembre 2024, al Summit of the Future di New York, l’incontro multilaterale organizzato dall’ONU, la prima versione del Pact for the Future, che affronta le sfide globali (e ipotizza soluzioni), aveva una sezione dedicata alla cultura. Nel documento finale è rimasto un unico paragrafo, la Action 11, dedicato a cultura e sport:

Riconosciamo che la cultura e lo sport offrono agli individui e alle comunità un forte senso di identità e favoriscono la coesione sociale. Riconosciamo inoltre che lo sport può contribuire alla salute e al benessere degli individui e delle comunità. La cultura e lo sport sono quindi importanti fattori abilitanti dello sviluppo sostenibile.

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We recognize that culture as well as sport offer individuals and communities a strong sense of identity and foster social cohesion. We also rec­ognize that sport can contribute to individuals’ and communities’ health and well-being. Culture as well as sport therefore are important enablers of sustainable development.

La cultura viene relegata un ruolo marginale e ancillare, sia sul versante della coesione sociale sia su quella dello sviluppo sostenibile.
Nel novembre 2024 a Rio de Janeiro i leader del G20 si sono limitati a una generica dichiarazione sulla capacità della cultura di “contribuire un mondo più sostenibile in tutte le dimensioni e in tutte le prospettive” (‘fostering a more sustainable world, in all dimensions and from all perspectives‘).

La Cop29 a Baku, 2024

La Cop29 a Baku, 2024

Allo stesso modo (dopo che nel 2023 era stato lanciato un appello, il Global Call to Put Culture at the Heart of Climate Action ed era nato il Group of Friends of Culture-Based Climate Action con minisitri e rappresentanti di 30 governi) la COP29 del novembre 2024 a Baku in Azerbaijan non ha accolto nemmeno la proposta che gli organismi sussidiari dell’UNFCCC (il segretariato dell’ONU che si occupa di cambiamento climatico) tengano nel 2025 seminari su questioni legate alla cultura e al patrimonio.

IL LINK
Lost in Transition – Report from the IETM Focus Luxembourg Meeting 2023 : the IETM Focus Luxembourg Meeting 2023 gathered 122 performing arts professionals coming from 21 different countries on the topic of the climate crisis and the role of the performing arts sector in advancing the world’s transition to a greener and more just world.

La cultura vista della politica

Di fronte alla difficoltà a inserire la cultura tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, l’UNESCO ha svolto un’indagine per capire quali siano gli ostacoli per i governi, a partire dalle priorità e delle disposizioni delineate nella Dichiarazione Mondiacult 2022 adottata in Messico. Tra i principali ostacoli individuati:

# La diversità delle priorità, dei bisogni e degli approcci nazionali e regionali, che richiede un ampio coordinamento per guidare i cambiamenti politici.
# L’insostenibilità del settore culturale, segnato dalla vulnerabilità finanziaria (un circolo apparentemente vizioso).
# La realtà attuale delle policrisi, in cui gli investimenti vengono dirottati verso altre priorità economiche e sociali.
# Lacune nelle politiche e nei quadri normativi nazionali e locali.
# Dinamiche politiche che ostacolano gli sforzi per promuovere la cultura indipendentemente dalle agende politiche.

Si tratta di problemi che hanno radici profonde e non sarà facile risolveli e in tempi brevi (e nell’epoca delle policrisi).

L’uso strumentale della cultura e la sua valutazione quantitativa

Elena Polivtseva aggiunge che sempre più spesso i governi e le amministrazioni usano la cultura in maniera strumentale, mettendola al servizio di obiettivi estrinseci: sviluppo economico e territoriale (speso in chiave turistica), diplomazia e soft power, costruzione dell’identità nazionale, welfare e benessere…
Una politica costretta ad affrontare l’“età delle emergenze”, con le sue crisi stratificate e intrecciate, si ritrova schiacciata sul presente: non sa che farsene della visione sul lungo periodo di un altro futuro. E’ quello che ci offre la cultura: la capacità di immaginare una vita e una società diverse.
L’utopia non è un obiettivo facilmente quantificabile. Chi sostiene la cultura ormai di norma ne valuta l’impatto in termini quantitativi (compresi i progetti sostenuti dall’Unione Europea) e su tempi brevi. “Se vogliamo cogliere il valore pieno e reale della cultura, non la si può valutare nel breve periodo e nemmeno – ancora meno – in termini quantitativi”, conclude Polivtseva.

Il potere degli algoritmi

A valutare in termini quantitativi sono invece i sistemi algoritmici imposti dalle big tech ai produttori e ai consumatori di prodotti culturali. Per aumentare gli ascolti, spiega Kyle Chauka in Filterworld: How Algorithms Flattened Culture (Bonnier, 2004), devono massimizzare l’engagement sulle piattaforme: ecco dunque l’invasione di opere molto simili tra loro, che diffondono una cultura replicabile e facilmente accessibile (e instagrammabile), non certo un’avventura culturale complessa e provocatoria.
Nel suo In the Long Run. The future as a political idea (profile, 2025), Jonathan White contrappone il “futuro calcolato” degli algoritmi al “futuro immaginato” della cultura.

La “deculturazione” del mondo

La Culture Policy Room sintetizza così quello che è accaduto del 2024:

“La cultura non è stata trascurata, è stata deliberatamente esclusa.”

L'appiattimento del mondoLa tendenza sembra riflettere quello che Olivier Roy definisce “deculturazione”, frutto delle trasformazioni sociali e delle nuove tecnologie degli ultimi decenni: in estrema sintesi, nell’analisi di Roy, atomizzazione e individualizzazione, globalizzazione e neocapitalismo, internet e social networks, che hanno portato alla disgregazione/dissoluzione dei legami sociali e comunitari, e al tempo stesso alla scomparsa dell’interiorità, dell’inconscio e della vita privata, a favore della trasparenza, della comunicazione e della costante esibizione di sé.

Oggi ci troviamo di fronte non a una semplice crisi della cultura, ma a una “deculturazione” delle culture: dissoluzione del contenuto della cultura-corpus, cancellazione delle culture antropologiche e paradossale promozione, da parte della globalizzazione, di “sottoculture” che si autonomizzazione dalla cultura dominante in seno alla quale emergono riducendosi però a codici di comunicazione sconnessi dalle culture reali.
(Olivier Roy, L’appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma, Feltrinelli, 2024, p. 40)

A livello europeo

Mario Draghi e Ursula von der Leyen

Mario Draghi e Ursula von der Leyen

Nel giugno 2024, dopo le elezioni europee che hanno portato a una maggioranza di centrodestra, Ursula von der Leyen, candidata alla presidenza della Commissione Europea, ha illustrato le linee guida per il suo secondo mandato.
Nella sua presentazione, ha citato la cultura solo per parlare del patrimonio come elemento del “nostro European way of life”.

La Commissione europea, appena sente la parola “cultura”, tira fuori l’Inno alla gioia, poi passa ad altro.
(Olivier Roy, L’appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma, Feltrinelli, 2004, p. 101)

Il “Piano Draghi”

Copertina Rapporto DraghiNel report The future of European competitiveness, commissionato dalla Comunità Europea (pubblicato nel settembre 2024), Mario Draghi chiede investimenti su innovazione, difesa e transizione verso la neutralità carbonica.
In 400 pagine non menziona né le industrie creative né il settore culturale e dunque nemmeno la cultura, che non sembra avere un ruolo nello sviluppo del Vecchio Continente.
Dimenticando che la cultura vale il 4% del PIL della Comunità Europea, a fronte di un investimento dello 0,2% del budget dell’Unione Europea (l’agricoltura, che contribuisce al PIL della UE per l’1,4%, riceve il 19% del suo budget).

Culture nazionali e cultura europea

Geopolitica digitaleIl nuovo Comitato Cultura & Educazione del Parlamento Europeo si trova ad agire in uno scenario politico inedito, caratterizzato – oltre che da uno slittamento a destra – da una forte polarizzazione e dall’instabilità di molti paesi dell’UE.
Non sarà facile trovare l’equilibrio tra la valorizzazione delle identità e delle tradizioni nazionali, cara soprattutto alle destre, e la spinta verso una cultura europea più integrata, per non parlare dell’ambizione cara alla Francia di fare dell’Europa “una potenza culturale”.
L’infosfera globale si sta aggregando su blocchi gestiti dalle potenze globali (USA, Cina, Russia) e regionali (per esempio l’Iran), che di fatto non comunicano più tra loro (vedi Antonio Deruda, Geopolitica digitale. La competizione globale per il controllo della Rete, Carocci, 2024).
L’Europa deve decidere quale atteggiamento prendere di fronte allo strapotere delle piattaforme USA e al loro vertiginoso sviluppo tecnologico (vedi l’avvento dell’Intelligenza Artificiale).
La questione culturale diventa immediatamente una questione economica, politica e diplomatica, da affrontare con strategie e risorse adeguate.

I tagli alla cultura (indipendente)

Tittavia in molti paesi europei diminuisce il sostegno alla cultura, e in particolare alle realtà indipendenti.

Nel corso dell’anno, solo per fare qualche esempio, tagli al budget del governo centrale e degli enti locali, sono stati annunciati in Francia (ancora prima delle varie crisi di governo), Svezia, Finlandia. In Germania, tagli per 130 milioni di euro hanno colpito una delle capitali della cultura mondiale, Berlino.
Sono misure particolamente drammatiche per le realtà indipendenti, come Aufbruch, una compagnia che opera in diverse carceri di Berlino.

Ci rivolgiamo a voi oggi perché ci troviamo in un’emergenza esistenziale.
Il Dipartimento di Giustizia del Senato di Berlino, che in precedenza ci ha fornito 2/3 del nostro budget totale, ha deciso di tagliare i finanziamenti per il nostro teatro del 70% con effetto immediato. Ciò significa che da gennaio 2025 ci troveremo di fronte a un deficit di almeno 140.000 € all’anno, anche se il Senato della Cultura spera di mantenere il nostro finanziamento di base al livello attuale.
Ciò significa che l’esistenza di aufBruch è in gioco: per un piccolo progetto come il nostro, un’austerità così severa comporta inevitabilmente la distruzione di strutture lavorative altamente efficienti, costruite nel corso di molti anni, attraverso il licenziamento di personale qualificato, la risoluzione dei contratti di locazione e la brusca rottura dei rapporti di fiducia e collaborazione nelle carceri.
Gli ex senatori della giustizia di quasi tutti i precedenti governi di Berlino hanno quindi scritto mercoledì un appello urgente alla Camera dei rappresentanti e al Senato, in cui hanno chiesto personalmente che i tagli ad aufBruch venissero annullati. Potete trovare il testo in appendice.
Vorremmo chiedervi di unirvi a questo appello per far capire chiaramente ai decisori politici berlinesi che la perdita del teatro carcerario rappresenta una perdita irreparabile per la nostra società.

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We are turning to you today because we find ourselves in an existential emergency.
The Senate Department for Justice in Berlin – which has previously provided us with 2/3 of our total budget – has decided to cut funding for our theater by 70% with immediate effect. This means that from January 2025 we will be faced with a deficit of at least €140,000 per year, even if the Cultural Senate will hopefully maintain our basic funding at the current level.
This means that aufBruch’s existence is at stake – for a small project like ours, such severe austerity inevitably means the destruction of highly efficient working structures that have been built up over many years: through the dismissal of qualified staff, termination of tenancy agreements and the abrupt severance of trusting cooperation relationships in prisons.
The former justice senators of almost all of Berlin’s previous governments therefore wrote an urgent appeal to the House of Representatives and the Senate on Wednesday, in which they personally asked for the cuts to aufBruch to be reversed. You can find the text in the appendix.
We would like to ask you to join this appeal in order to make it clear to the decision-makers in Berlin politics that the loss of the prison theater represents an irreparable loss for our society.

Anche in Gran Bretagna, dopo il taglio dei finanziamenti dell’Arts Council, diverse compagnie indipendenti stanno chiudendo: è il caso dei Freedom Studios di Brentford o di Coney a Londra.
Mentre le piccole sale sono in difficoltà, prospera il teatro commerciale: vedi l’interessante reportage di Alastair Smith, Four nations, 20 shows: what did I learn about the state of UK theatre today? (pubblicato il 20 dicembre 2024).

Un Patto Culturale per l’Europa: il 2% del budget alla cultura

L’11 giugno Lars Ebert (Culture Action Europe), Sneška Quaedvlieg-Mihailović (Europa Nostra) e André Wilkens (European Cultural Foundation) hanno lanciato un appello, Cultural Deal for Europe, chiedendo di destinare il 2% del budget europeo alla cultura.

L’Europa si trova in una congiuntura critica, sta affrontando guerre, divisioni e polarizzazioni che stanno erodendo il tessuto stesso delle nostre società.
Mentre decenni di pace e cooperazione europea sono minacciati, lo scopo fondamentale dell’Unione europea sembra sempre più indebolito dalla crescente disuguaglianza sociale e dall’uso improprio della cultura e dell’identità per dividere anziché connettere le comunità.
È un momento in cui non dobbiamo solo reagire a queste sfide, ma reimmaginare e ricostruire attivamente il futuro dell’Europa mettendo al centro la cultura e il patrimonio culturale.
Come hanno dimostrato le elezioni del Parlamento europeo, la sfiducia degli elettori nei confronti della democrazia e delle sue istituzioni è significativa. Di conseguenza, troppi cittadini sono tentati di rivolgersi a forze politiche che sostengono l’adozione di programmi populisti o estremisti, e queste scelte daranno forma al mondo di domani.
L’Unione Europea deve potenziare la propria capacità di agire insieme – come comunità di valori condivisi ma anche come unione basata su interessi politici, militari, economici, sociali e culturali condivisi. Rischia di scomparire come attore rilevante e partner credibile. Perché la cultura e il patrimonio sono importanti?
(…)
Cultura non significa solo preservare il patrimonio o le arti; la cultura sfida lo status quo fornendo uno spazio affinché voci diverse possano essere ascoltate, contrastando le narrazioni che alimentano la divisione e l’estremismo, che spesso portano alla violenza e all’odio.
La cultura può demistificare la tecnologia digitale e fungere da antidoto contro l’uso improprio dell’intelligenza artificiale. È la fonte della creatività necessaria per affrontare i problemi di oggi e immaginare le soluzioni di domani.
La cultura e il patrimonio culturale possono darci l’immaginazione e le storie di cui abbiamo bisogno per promuovere un vero sentimento europeo, un senso di scopo e di appartenenza.
Con questo sentimento un’Europa migliore è possibile. Senza di essa, l’Europa rischia la disintegrazione.
(…)
Immaginate l’Europa senza la sua cultura: sarebbe svuotata della sua creatività, vitalità e futuro. Eppure, sono i fondamenti della nostra cultura a essere messi in discussione e contestati da un numero crescente di forze politiche interne ed esterne.
L’Europa non deve solo resistere a queste forze dirompenti, ma anche investire in contro-narrazioni e azioni positive che uniscono anziché dividere le nostre società. Le battaglie culturali non vengono combattute solo nelle nostre università, nei media e sui social media, ma anche nella nostra vita quotidiana.
Imparentato
(…)
Per contrastare la disuguaglianza, il populismo, il cambiamento climatico e i progressi tecnologici, il ruolo della cultura e del patrimonio deve essere elevato nell’agenda politica e nell’opinione pubblica. Questo è un invito all’azione radicato in fatti concreti.
La cultura deve essere in cima all’agenda della prossima Commissione Europea e del prossimo Parlamento Europeo.
Non solo nei discorsi domenicali e nei video di pubbliche relazioni, ma anche nelle priorità politiche chiave sostenute da budget ambiziosi. Ciò di cui abbiamo bisogno è un Patto Culturale per l’Europa.

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Europe stands at a critical juncture, facing war, division, and polarization which are eroding the very fabric of our societies.
As decades of peace and European cooperation are threatened, the fundamental purpose of the European Union seems increasingly undermined amidst growing societal inequality and the misuse of culture and identity to divide rather than connect communities.
It’s a time when we must not only react to these challenges but actively reimagine and rebuild the future of Europe with culture and cultural heritage at its core.
As the European Parliament elections have shown, voters’ distrust of democracy and its institutions is significant. As a consequence, too many citizens are tempted to turn towards political forces that support the adoption of populist or extremist agendas, and these choices will shape the world of tomorrow.
The European Union needs to gear up its capacity to act together — as a community of shared values but also as a union based on shared political, military, economic, social and cultural interests. It risks fading away as a relevant actor and credible partner. Why does culture and heritage matter?
(…)
Culture is not just about preserving heritage or the arts; it challenges the status quo by providing a space for diverse voices to be heard, countering narratives that fuel division and extremism, which often lead to violence and hatred.
Culture can demystify digital technology and serve as an antidote against the misuse of artificial intelligence. It is the source of creativity needed to address today’s problems and to imagine tomorrow’s solutions.
Culture and cultural heritage can provide the imagination and the stories we need to foster a true European sentiment, a sense of purpose and belonging.
With such a sentiment, a better Europe is possible; without it, Europe is vulnerable to disintegration.
(…)
Imagine Europe without its culture: it would be emptied of its creativity, vitality and future. And still, it is the fundaments of our culture that are being questioned and contested by an increasing number of internal and external political forces.
Europe does not only need to resist these disruptive forces but invest in counter-narratives and positive actions that unite rather than divide our societies. Cultural battles are fought not only at our universities, in media, and on social media but also in our daily lives.
Related
(…)
To counter inequality, populism, climate change and technological advances, the role of culture and heritage must be elevated on the political agenda and in public opinion. This is a call to action rooted in hard facts.
Culture needs to be on top of the agenda of the next European Commission and the next European Parliament.
Not just in Sunday speeches and PR videos but in key policy priorities supported by ambitious budgets. What we need is a Cultural Deal for Europe.

Le minacce alla libertà d’espressione

Un’altra preoccupante strettoia riguarda la liberta d’espressione.
Tra dicembre 2023 e febbraio 2024 Culture Action Europe, in collaborazione con Panteia, ha lanciato un sondaggio, Creative Pulse: A survey on the status and working conditions of artists and cultural and creative sector professionals in Europe, interpellando 1204 artisti e professionisti della cultura, e 293 tra organizzazioni e istituzioni culturali e policymakers in tutta Europa. Un terzo di loro ha riferito di sentirsi vittima di limitazioni alla libertà d’espressione artistica, e quasi la metà ha riferito che le restrizioni sono cresciute negli ultimi cinque anni (inutile ritornare sulle difficili condizioni di chi lavora nel settore culturale e creativo, emerse con evidenza anche da questa indagine).
Sulla scia di questi risultati, il 24 settembre 2024 Culture Action Europe ha lanciato una Call for Artistic Freedom and Autonomy of the Arts):

La libertà di espressione artistica e l’autonomia artistica sono sempre più sotto pressione da parte dei partiti politici, nonché dei movimenti politici e sociali antidemocratici. Alla luce dell’ascesa dei partiti di estrema destra e dei recenti casi di limitazioni alla libertà artistica, prevediamo un crescente utilizzo della censura come meccanismo predefinito, che respingiamo inequivocabilmente.

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Freedom of artistic expression and artistic autonomy are increasingly under pressure from political parties, as well as anti-democratic political and social movements. In light of the rise of far-right parties and recent instances of constraints on artistic freedom, we anticipate a growing use of censorship as a default mechanism, which we unequivocally reject.

Dopo una serie di censure e licenziamenti nel settore teatrale, il 28 novembre 2024 la European Theatre Convention ha diffuso una lettera aperta al Parlamento Europeo.

Cari deputati del Parlamento europeo,
Caro Presidente del Parlamento, signora Metsola,
Gentile presidente della commissione per la cultura e l’istruzione, signora Nela Riehl,

Noi, istituzioni culturali e artisti di tutta Europa, siamo allarmati dagli attuali sviluppi della politica culturale in vari Stati membri dell’UE. Mentre il settore culturale ungherese è già stato ampiamente riequilibrato grazie alle nuove leggi sui media e ai tagli al bilancio, in Slovacchia sono attualmente in corso licenziamenti per motivi politici – per citare solo i licenziamenti dei direttori del Teatro Nazionale e della Galleria Nazionale. Gli attacchi alla libertà artistica hanno raggiunto livelli quasi assurdi in molti Stati membri: al Teatro Nazionale di Sofia, un’opera teatrale di oltre cento anni fa, ambientata in una Bulgaria fittizia, è stata rappresentata senza pubblico al suo debutto a causa degli attacchi da parte di ambienti ultranazionalisti, che impedivano fisicamente agli spettatori di entrare nell’edificio del teatro. In Austria, il partito nazionalista di destra della Libertà (FPÖ) minaccia di tagliare i finanziamenti alla cultura “woke” – che significa semplicemente tutta la cultura al di fuori delle organizzazioni musicali locali – mentre nei Paesi Bassi, il Partito della Libertà di Geert Wilders, in Francia il Rassemblement National e in Germania l’AfD spingono per tagli radicali ai finanziamenti per tutte le istituzioni e i progetti culturali che non siano “tradizionali” e “nazionali”. Questi tagli sono già stati attuati in molti settori, secondo la logica che ciò che è stato distrutto non si riprenderà rapidamente.
Siamo consapevoli che uno dei principi dell’Unione Europea è di non intervenire nelle politiche culturali dei suoi Stati membri, ma solo di sostenerli nelle “crisi e sfide inaspettate”, come affermato nello EU Strategic Framework for Culture. Cerchiamo quindi di essere chiari: la cultura in Europa si trova ad affrontare una crisi di questo tipo. Da molti mesi, addirittura da anni, e in alcuni Stati membri anche da un intero decennio, le istituzioni culturali sono sottoposte a una campagna politica che limita la libertà d’espressione e la libertà artistica ed elimina tutto ciò che non è conforme alla linea politica della destra alleanze tra partiti conservatori e nazionalisti attraverso tagli o divieti. Non si tratta di tagli casuali, ma tradiscono una strategia politico-culturale volta alla scomparsa di quella cultura europea diversificata che è cresciuta dopo il 1989. In sintesi, “Bruxelles deve perdere significato politico”, come afferma la “Dichiarazione di Vienna”, firmata di recente da Herbert Kickl e Viktor Orbán, leader dei due più forti partiti di destra dell’Europa centrale. Non lasciamoci ingannare: dove scompare la cultura aperta, imparziale e transfrontaliera, finirà per scomparire anche lo stesso progetto di unificazione e di pace europea.
Vi invitiamo dunque ad affrontare gli attuali sviluppi negli Stati membri dell’UE nel Parlamento europeo e a prendere finalmente una posizione esplicita. Importanti aree della cultura europea e della cooperazione transnazionale sono già scomparse di fronte a questa radicale rinazionalizzazione, e in molti paesi importanti istituzioni culturali sono state riempite di burocrati compiacenti – o fatte morire di fame. Di fronte ai tagli incombenti, vediamo diffondersi l’autocensura, la paura e la depressione. Siamo quindi solidali con gli artisti che sono stati licenziati o ostacolati nel loro lavoro e con le istituzioni culturali di tutta Europa che sono minacciate di chiusura o sono già state chiuse. Impedire violentemente che una prima abbia luogo davanti al pubblico, come è successo a Sofia, è un avvertimento più che chiaro che troppe linee rosse sono già state oltrepassate.
Vi chiediamo di affrontare la grave minaccia a una politica culturale europea coerente e di parlare chiaramente degli attacchi, dei divieti, dei licenziamenti e dei tagli nei singoli Stati membri dell’UE. Dobbiamo basarci sulla solidarietà già mostrata da migliaia di artisti e organizzazioni artistiche in tutta Europa nel condannare questi sfacciati attacchi alla libertà artistica e nell’utilizzare il potere delle reti internazionali per moltiplicare le potenziali soluzioni. Sia la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che il piano di lavoro dell’UE per la cultura 2023-2026 richiedono la tutela della libertà artistica. Esortiamo gli Stati membri e le istituzioni europee ad adempiere alle proprie responsabilità nei confronti di questi documenti e a fornire ancora maggiori garanzie attuando un “Atto europeo sulla libertà culturale” come parte dello Stato di diritto.
Non solo la reputazione, ma l’esistenza della cultura europea nella sua diversità è a rischio. L’Europa si fonda sull’apertura della vita culturale dei singoli paesi e sulla loro libera cooperazione. Se questi scompaiono, il progetto europeo perde la sua anima e il suo significato. Per favore, agisci! Non è troppo tardi!
Cordiali saluti,

Milo Rau & Artemis Vakianis (direttori, Festival di Vienna (Wiener Festwochen) | Libera Repubblica di Vienna, Austria e membro di Prospero – Extended Theatre)
Matej Drlička (direttore licenziato del Teatro Nazionale Slovacco, Slovacchia, membro dell’ETC e membro di Opera Europa)
Vasil Vasilev (direttore generale del Teatro Nazionale Ivan Vazov, Bulgaria e membro di ETC e Prospero)
Cláudia Belchior & Heidi Wiley (presidente e direttore esecutivo, European Theatre Convention – ETC)
Serge Rangoni (direttore generale del Théâtre de Liège, membro dell’ETC e membro principale di Prospero – Extended Theatre)
Karen Stone (direttore generale Opera Europa)

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Dear Members of the European Parliament,
Dear President of the Parliament, Ms. Metsola,
Dear Chair of the Committee on Culture and Education, Ms. Nela Riehl,

We, cultural institutions and artists from across Europe, are alarmed by current cultural policy developments in various EU member states. While the Hungarian cultural sector has already been largely brought into line through new media laws and budget cuts, politically motivated layoffs are currently taking place in Slovakia – to name only the dismissals of the directors of the National Theatre and the National Gallery. The attacks on artistic freedom have reached an almost absurd level in many member states: at the National Theater of Sofia, a play over 100 years old, set in a fictitious Bulgaria, was performed without an audience in its first opening night due to attacks from ultranationalist circles, who physically prevented the viewers to enter the building of the theatre. In Austria, the right-wing nationalist Freedom Party (FPÖ) is threatening to cut funding for “woke” culture – which simply means all culture beyond local music organizations – while in the Netherlands, Geert Wilders’ “Freedom Party”, in France the Rassemblement National and in Germany the AfD are pushing for radical cuts in funding for all cultural institutions and efforts that are not “traditional” and “national”. These cuts have already been implemented in many areas, according to the logic that what has been destroyed will not recover quickly.
We are aware that one of the principles of the European Union is not to intervene in the cultural policies of its various member states, but only to support them in “crises and unexpected challenges”, as stated in the EU Strategic Framework for Culture. So let us be clear: culture in Europe is facing just such a crisis. For many months, even years, and in some member states even for a whole decade, cultural institutions have been subjected to a political campaign that restricts freedom of expression and artistic freedom and eliminates everything that does not conform to the political line of right-wing conservative, nationalist party alliances through cuts or bans. These are no random cuts, but betray an orchestrated cultural-political strategy aimed at the disappearance of a diverse European culture that has grown since 1989. “Brussels should lose political significance,” is how the ‘Vienna Declaration’, which Herbert Kickl and Viktor Orbán, the leaders of the two strongest Central European right-wing parties, recently signed, sums it up. Because let’s not be deceived: where open, non-partisan, cross-border culture disappears, the European unification and peace project itself will eventually disappear as well.
In view of this, we call on you to address the current developments in the EU member states in the European Parliament and to finally take an explicit stand. Important areas of European culture and transnational cooperation have already disappeared in the face of radical re-nationalization, and important cultural institutions have been filled with compliant bureaucrats – or starved to death – in many countries. In the face of looming cuts, we see self-censorship, fear and depression spreading. We therefore stand in solidarity with artists who have been dismissed or obstructed in their work, and with cultural institutions across Europe that are threatened with closure or have already been closed. Violently preventing a premiere from taking place in front of an audience, as happened in Sofia, is a more than clear warning that too many red lines have already been crossed.
We ask you to address the acute threat to a consistent European cultural policy and to speak out clearly about the attacks, bans, layoffs and cutbacks in the individual EU member states, We must build on the solidarity already shown by thousands of artists and arts organisations across Europe in condemning these brazen attacks on artistic freedom, and in using the power of international networks to multiply potential solutions. Both the Charter of Fundamental Rights of the European Union and the EU’s Work Plan for Culture 2023-2026 demand protection for artistic freedom. We urge Member States and European institutions to fulfil their responsibilities to these documents – and provide even more safeguards by implementing a ‘European Culture Freedom Act’ as part of the Rule of Law.
Not only the reputation, but the existence of European culture in its diversity is at risk. Europe is based on the openness of the cultural life of the individual countries and their free cooperation. If these disappear, the European project loses its soul and meaning. Please act! It is not too late!
Yours sincerely,

Milo Rau & Artemis Vakianis (Directors, Vienna Festival (Wiener Festwochen) | Free Republic of Vienna, Austria & Member of Prospero – Extended Theatre)
Matej Drlička (Dismissed Director Slovak National Theatre, Slovakia, Member of ETC and Member Opera Europa)
Vasil Vasilev (General Director National Theatre Ivan Vazov, Bulgaria & Member of ETC and Prospero)
Cláudia Belchior & Heidi Wiley (President & Executive Director, European Theatre Convention – ETC)
Serge Rangoni (General Director Théâtre de Liège, Member of ETC & Lead Member of Prospero – Extended Theatre)
Karen Stone (General Director Opera Europa)

La lettera è accompagnata da una petizione su change.org, Resistance Now: Free Culture.

E in Italia?

In Italia nel 2024 si è parlato tantissimo di cultura, anche se l’attenzione è stata monopolizzata dalle gaffes e dalle vicende sentimentali del ministro Gennaro Sangiuliano, fino alle sue imbarazzate dimissioni il 6 settembre 2024. La politica culturale del Governo Meloni l’abbiamo raccontata su Ateatro: La politica culturale della destra al governo.
La speranza è che nel 2025 si parli dei problemi reali della cultura e si da parte il gossip.

L’egemonia culturale

Come ha scritto un attento osservatore come Luigi Mascheroni, illustrando l’obiettivo di “egemonia culturale” della destra,

se Giorgia Meloni ha da sempre una convinzione, rafforzata da quando siede al Governo, è che la cultura è qualcosa di troppo importante per lasciarla agli avversari. Errore in cui il berlusconismo ha perseverato per anni.

Mascheroni rivendica le numerose nomine nel settore culturale: “la destra non ha mancato di rivendicare ciò che si è guadagnata nelle urne”. Ma in conclusione lamenta che

alla cosiddetta “destra di governo” serve un colpo d’ala. Un progetto fortemente identitario – non per la destra ma per il Paese – che lasci il segno.
(Luigi Mascheroni, C’è ancora molto da fare. Ad esempio un museo del Libro, “il Giornale”, 3 dicembre 2024)

Il Piano Olivetti per la cultura

Approvato il 27 dicembre 2024, il Decreto Legge n. 201 Misure urgenti in materia di cultura con il Piano Olivetti è il biglietto da visita con cui si è presentato il nuovo ministro della Cultura Alessandro Giuli.
Gli obiettivi del Piano Olivetti per la cultura, enunciati nell’Art. 1, sono abiziosi.

a) favorire lo sviluppo della cultura come bene comune accessibile e integrato nella vita delle comunità, nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale;
b) promuovere la rigenerazione culturale delle periferie, delle aree interne e delle aree svantaggiate, in particolare quelle caratterizzate da marginalità sociale ed economica, degrado urbano, denatalità e spopolamento;
c) valorizzare le biblioteche, con il loro patrimonio materiale e digitale, quali strumenti di educazione intellettuale e civica, di socialità e di connessione con il tessuto sociale;
d) promuovere la filiera dell’editoria libraria, anche attraverso il sostegno alle librerie caratterizzate da lunga tradizione, interesse storico-artistico e di prossimità;
e) tutelare e valorizzare il patrimonio e le attività degli archivi nonché degli istituti storici e culturali, quali custodi della storia e della memoria della nazione.

Le dichiarazioni del ministro Giuli sono altrettanto ambiziose:

Alessandro Giuli

Alessandro Giuli

“Il Decreto approvato oggi è un primo passo per rispondere alle esigenze della catena del valore della cultura e per dare una prospettiva, per affermare una visione internazionale di un nuovo Ministero della cultura. Attraverso due cardini: il Piano Olivetti e la cooperazione culturale con Africa e Mediterraneo allargato. Abbiamo corrisposto alle esigenze della filiera editoriale; abbiamo convintamente messo a disposizione dei quotidiani cartacei 10 milioni di euro per sostenere il giornalismo di approfondimento culturale; abbiamo riformato i finanziamenti per gli istituti culturali; abbiamo potenziato, anche rinominandola, la Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali. Abbiamo quindi creato una cornice legislativa per la catena del valore della cultura. Con l’unità di missione per la cooperazione culturale abbiamo potenziato a livello internazionale la missione di un nuovo MiC. Il Piano Olivetti è la cornice nazionale, ‘l’unità di missione dilata l’orizzonte del nuovo MiC.”

Qui di seguito, le principali misure contenute nel Decreto Legge, che più che un vero e proprio piano sono alcune misure (cui ne sono state aggiunte altre forse necessarie e urgenti, ma scarsamente correlate a questi obiettivi). Le risorse sono limitate per un piano di rilancio su scala nazionale, ma probabilmente è solo l’inizio. Sarebbe davvero un peccato scomodare Olivetti per un progetto dal respiro corto.

Dal provvedimento di segnalano:

Art. 2. Cooperazione culturale con l’Africa e il Mediterraneo allargato
Il Piano Olivetti entra il relazione con il Piano Mattei, “il progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimento dell’Italia per rafforzare e rinnovare i legami con il continente”. In particolare

il Governo ha individuato per la prima fase una serie di Paesi pilota (Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d’Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya) per azioni concrete e di pronta attuazione lungo sei settori di intervento: sanità, istruzione e formazione, agricoltura, acqua, energia ed infrastrutture. Inoltre, potranno essere sviluppate iniziative anche in altri ambiti, a partire dal settore cultura e dello sport.

Affiancando dunque il Piano Mattei, il Piano Olivetti

a) esercita funzioni di indirizzo e di coordinamento di progetti e interventi di cooperazione culturale con Stati e Organizzazioni internazionali africane;
b) promuove il dialogo tra enti e istituzioni culturali italiani e quelli degli Stati africani e del Mediterraneo allargato e sostiene la realizzazione di progetti di rigenerazione culturale nelle aree del Mezzogiorno;
c) coordina i programmi di ricerca e alta formazione promossi dal Ministero della cultura a beneficio di enti e istituzioni dell’Africa e del Mediterraneo allargato e promuove forme di partenariato pubblico-privato per il sostegno alla valorizzazione del patrimonio culturale africano.

La dotazione è di 866.069 euro per ciascuno degli anni 2025, 2026, 2027 e 2028.

Art. 3. Misure urgenti in materia di editoria e di librerie
Gli obiettivi sono favorire:

1. l’apertura di nuove librerie sul territorio nazionale da parte di giovani fino a trentacinque anni di età (4 milioni di euro per l’anno 2024);
2. le librerie caratterizzate da lunga tradizione e interesse storico-artistico e le librerie di prossimità esistenti sul territorio nazionale (24,8 milioni di euro per l’anno 2025 e 5,2 milioni di euro per l’anno 2026).

Art. 4. Celebrazione del venticinquesimo anniversario della Convenzione europea sul paesaggio
Per il venticinquesimo anniversario della Convenzione europea sul paesaggio. fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 (800 mila euro per l’anno 2025).

Art. 5. Misure urgenti relative alle istituzioni culturali

1. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali, nonché di garantire il regolare funzionamento delle strutture amministrative, ivi inclusa la determinazione delle dotazioni organiche (…) è concesso a decorrere dall’anno 2025 un contributo annuo così ripartito:
a) 700 mila euro per la Giunta storica nazionale;
b) 300 mila euro per l’Istituto italiano per la storia antica;
c) 400 mila euro per l’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea;
d) 200 mila euro per l’Istituto italiano di numismatica.

Art. 7. Misure urgenti per la semplificazione degli interventi sul patrimonio culturale, per il cinema e per il settore audiovisivo

Al Comma 2. è inserita una misura che facilita la realizzazione di eventi spettacolari di dimensioni limitate: diventa sufficiente presentare un certificato di inizio attività.

Al fine di favorire l’accesso al settore dell’industria culturale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, fuori dei casi previsti dagli articoli 142 e 143 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, per la realizzazione di spettacoli dal vivo che comprendono attività culturali quali il teatro, la musica, la danza e il musical nonché le proiezioni cinematografiche, che si svolgono in un orario compreso tra le ore 8.00 e le ore 1.00 del giorno seguente, destinati ad un massimo di 2.000 partecipanti, ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, richiesto per l’organizzazione di spettacoli dal vivo, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, è sostituito dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presentata dall’interessato allo sportello unico per le attivita’ produttive o ufficio analogo, con esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo.

La legge di bilancio 2025

Il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027

La spending review per il MiC

La spending review per la Legge di Bilancio 2025, che ha colpito tutti i dicasteri, ha imposto al Ministero della Cultura oltre mezzo miliardo di tagli nel triennio 2025-2027:
# – 147,6 milioni di euro nel 2025,
# – 178,1 milioni nel 2026,
# – 204,08 milioni nel 2027.
Il grosso dei tagli (144,05, 176,54 e 202,56) si concentrerà sulla missione “Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici”, in particolare alla voce “Programmazione e attribuzione delle risorse per la tutela del patrimonio culturale” (100,9, 139,77 e 167,02).

Tagli ministeriali. La ferita sulla fronte del ministro Gennaro Sangiuliano difusa da “Report” il 27 ottobre 2024

Forse a causa di questi tagli, forse a causa del faticato iter del provvedimento, forse per precisa volontà del Governo, non c’è stato – almeno nel settore della cultura – il solito assalto alla diligenza che ogni anno infarcisce la legge di bilancio di mance e mancette clientelari.
Tra le numerose misure della finanziaria, ve ne sono alcune relative alla cultura e allo spettacolo.

Avallo del MEF sul piano Grandi Progetti Beni Culturali
Il comma 598 stabilisce che il Piano strategico Grandi Progetti Beni Culturali, adottato entro il 31 dicembre di ogni anno, dal prossimo anno sarà adottato con decreto del Ministero della Cultura di concerto col Ministero dell’Economia.
(In precedenza il MEF non veniva sentito.)

Fondo per gli ottant’anni della Resistenza
Per consentire la promozione e lo svolgimento di iniziative per la celebrazione dell’ottantesimo anniversario della Resistenza e della guerra di liberazione, della Repubblica e del voto delle donne e della Costituzione è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo con una dotazione pari a 700mila euro annui a decorrere dall’anno 2025 (comma 599).

Fondo per Casa Matteotti
Nell’ambito delle iniziative di celebrazione della figura di Giacomo Matteotti, nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, allo scopo di promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale è istituito, nello stato di previsione del Ministero della cultura, il Fondo per la Casa Museo Matteotti nella provincia di Rovigo, con una dotazione di 300.000 euro annui a decorrere dall’anno 2025 (comma 601).

Fondi per i carnevali storici
Al fine di sostenere la tutela e la valorizzazione dei carnevali storici con riconosciuta identità culturale, nello stato di previsione del Ministero della cultura è istituito un fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2025. Con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri e le modalità di accesso al fondo di cui al primo periodo (comma 604).

Fondi per festival, cori e bande musicali
Al fine di sostenere il settore dei festival, dei cori e delle bande musicali, nello stato di previsione del Ministero della cultura è istituito un fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2025. Con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri e le modalità di accesso al fondo di cui al primo periodo (comma 605).

Fondi per le Fondazioni lirico-sinfoniche
Per assicurare il rilancio e il potenziamento del settore lirico-sinfonico e per garantire la stabilità del settore anche in ragione del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale, a decorrere dall’anno 2025 una quota del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo, di cui alla legge 163 del 30 aprile 1985, destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche, in misura pari a 8 milioni di euro, è ripartita così: 750.000 euro in favore della Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, al fine di rafforzarne l’operatività istituzionale; 7.250.000 euro, in favore delle quattordici fondazioni lirico-sinfoniche, sulla base della media delle percentuali stabilite per il triennio 2022-2024 (comma 606). La quota residua del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo per le fondazioni lirico-sinfoniche, pari a 192 milioni di euro, è destinata, nell’anno 2025, a tutte le fondazioni lirico-sinfoniche per la realizzazione delle attività istituzionali in considerazione della media delle percentuali individuate a valere sul Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo per il triennio 2022-2024. Le fondazioni lirico-sinfoniche, entro il 30 giugno 2025, inviano al Ministero della cultura una relazione sull’attività svolta nell’anno 2024.

Aumento del fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo
Il Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo, di cui alla legge 163 del 30 aprile 1985, è incrementato di 500mila euro per l’anno 2025 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 (comma 608). L’aumento è finanziato attraverso corrispondenti riduzioni del fondo per le emergenze indifferibili stabilito dalla legge finanziaria del 2025 (l. 23 dicembre 2014 n. 190).
(L’importo del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo per l’anno 2024 è stato pari a euro 423.746.735,00, in aumento rispetto ai 420 mln fissati nel 2023)

Indennità di discontinuità
Queste le modifiche:

(i) il reddito massimo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), determinato in sede di dichiarazione quale reddito di riferimento per le agevolazioni fiscali, per aver diritto all’indennità di discontinuità è innalzato da 25.000 euro a 30.000 euro;
(ii) il numero minimo di giornate di contribuzione accreditata al fondo pensione lavoratori dello spettacolo nell’anno precedente a quello di presentazione della domanda è diminuito da 60 a 51;
(iii) i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione di altra prestazione di disoccupazione non incidono più sulla durata dell’indennità di discontinuità. Inoltre, è previsto che l’indennità sia corrisposta il 30 aprile di ciascun anno anziché il 30 marzo;
(iv) l’articolo 5, rubricato “Misure dirette a favorire i percorsi di formazione e di aggiornamento per i percettori dell’indennità di discontinuità” viene soppresso.

Fondo per la promozione del teatro nelle carceri
Per incentivare la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari, nello stato di previsione del Ministero della giustizia è istituito un fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari, con una dotazione di 500mila euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, da destinare al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, in modo da agevolare il loro reingresso nella società civile attraverso la promozione di percorsi formativi e culturali che favoriscano l’acquisizione di nuove competenze nell’ambito dei diversi mestieri del teatro.

1,5 milioni di euro per il piano di sviluppo della fotografia
Al fine dell’attuazione del Piano strategico di sviluppo della fotografia in Italia e all’estero, è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025.

Comitato nazionale per il bicentenario della morte di Alessandro Volta
La Repubblica, nell’ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, di salvaguardia e di valorizzazione della tradizione culturale italiana nonché di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, a essa attribuite dalla Costituzione, celebra la figura di Alessandro Volta nella ricorrenza del secondo centenario della sua morte, che cade nell’anno 2027. Per tale finalità è istituito il Comitato nazionale per la celebrazione del bicentenario della morte di Alessandro Volta, a cui è attribuito un contributo pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027.

Fondi per il restauro del patrimonio culturale danneggiato dal terremoto dell’Aquila del 2009
Per consentire interventi di restauro e di consolidamento del patrimonio culturale danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009, nello stato di previsione del Ministero della cultura è istituito un fondo con una dotazione di 500mila euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027. Le risorse sono destinate agli interventi sulle chiese fuori cratere finanziati con la delibera del CIPE n. 77/2015 del 6 agosto 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 268 del 17 novembre 2015, per i quali i progetti esecutivi risultino già affidati alla data di entrata in vigore della presente legge e in relazione a essi siano subentrate ulteriori criticità, accertate attraverso indagini propedeutiche alla progettazione esecutiva, che determinino un incremento dei costi per il completamento degli interventi medesimi (comma 674).

Fondi per la ricostruzione post-sisma nelle Marche e nell’Umbria
Per avviare i processi di ricostruzione a seguito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio della regione Marche il 9 novembre 2022 e il territorio della regione Umbria il 9 marzo 2023, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, è autorizzata la spesa nel limite di 5 milioni di euro per l’anno 2025 e di 7 milioni di euro per l’anno 2026 per le attività di progettazione (comma 677).

Il Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo (ex FUS)

Il Decreto che dovrà regolare il triennio 2025-2027 è stati preparato, discusso tra i soliti noti, presentato, ma al 31 dicembre 2024 non era ancora stato pubblicato, rallentato dalle continue mediazioni e dai passaggi burocratici che comportano.
Nonostante la volontà proclamata in più occasioni dal Governo e dai suoi rappresentanti di riformare radicalmente il sistema del vecchio FUS, l’unica modica è stato il cambio della denominazione del meccanismo che distribuisce i fondi ministeriali allo spettacolo dal vivo.
A giudicare dalle indiscrezioni, il nuovo triennio si muoverà in sostanziale continuità con i precedenti, salvo una serie di aggiustamenti richiesti di vari soggetti (gli operatori del settore attraverso la solita AGIS, gli enti locali e territoriali),in genere con l’obiettivo di difendere i propri interessi particolari. Il rischio è di modifiche di dettaglio senza una visione complessiva di sistema. Manca peraltro un’analisi approfondita dell’impatto del Decreto in dieci anni di applicazione della riforma, a cominciare dai più macroscopici: un eccesso di produzione (senza un parallelo incremento della domanda) e una crescente precarizzazione del lavoro nel settore dello spettacolo.
Le Commissioni avranno un compito delicato. Di fronte a risorse stabuli (o in dimninuzione), dovranno decidere quanti nuovi soggetti ammettere e quanti escludere dal FUS (anche rispetto alle sue varie categorie e sottocategorie): è una scelta che impatta ovviamente sul finanziamento pro capite al singolo soggetto.

Come promemoria, nel 2024 il FNSV era stato così ripartito:
# 47,20% alle Fondazioni Lirico-sinfoniche,
# 21,39% alle Attività teatrali,
# 19,23% alle alle Attività musicali,
# 5,33% a Progetti multidisciplinari, Progetti speciali, Azioni di sistema,
# 4,19% alle Attività di danza,
# 1,89% alle Attività circensi e spettacolo viaggiante,
# 0,61% alle Residenze,
# 0,14% all’Osservatorio dello spettacolo,
# 0,008% a Comitati e commissioni.

Il Codice dello Spettacolo

Novembre 2017. La firma del presidente Mattarella sul Codice dello Spettacolo

Per lo spettacolo dal vivo, il 2025 si apre come il 2024, che si era aperto come il 2023, che si era aperto come il 2022, che si era aperto come il 2021, che si era aperto come il 2020, che si era aperto come il 2019, che si era aperto come il 2018: si attendono i Decreti Attuativi del Codice dello Spettacolo, approvato in via definitiva nel novembre 2017 (Ateatro ha dedicato alla vicenda decine di articoli).
Nella primavera del 2024, dopo mesi di consultazioni e contrattazioni, il Codice dello Spettaclo pareva in dirittutra d’arrivo. Invece, malgrado l’impegno del sottosegretario Mazzi (che ci aveva anche messo la faccia), il provvedimento è di nuovo scomparso dall’orizzonte.

Restano così irrisolte tutte le problematiche che il Codice dello Spettacolo prometteva di risolvere, a cominciare dal tema del lavoro.
Ma del lavoro nel settore dello spettacolo, parleremo al Teatro Fontana di Milano nel pomeriggio del 12 febbraio 2025 (stay tuned!).

IL LINK
Il lavoro nello spettacolo dal vivo su ateatro

Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025

Per non concludere

Attraverso i cinque continenti, negli anni a venire, verrà ingaggiata una lotta senza quartiere tra la violenza e la parola. È vero che le possibilità di vittoria della prima sono mille volte superiori a quelle della seconda. Ma ho sempre pensato che se chi spera nella condizione umana è un pazzo, chi dispera degli eventi è un vile. E ormai l’unico motivo d’onore sarà ingaggiare quella formidabile scommessa che deciderà una buona volta se le parole sono più forti delle pallottole.
(Albert Camus, 30 novembre 1946, in Questa lotta vi riguarda. Corrispondenze per “Combat”, Giunti, 2018, pp. 508-509)