Ma sono solo canzonette? O è inspirational porn?

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo e il comunicato di Al.Di.Qua.Artists

Pubblicato il 15/02/2025 / di / ateatro n. 202

Durante la terza serata del Festival di Sanremo 2025, giovedì 13 febbraio 2025, è stata presentata una performance del Teatro Patologico. Fondato e diretto dal regista Dario D’Ambrosi, il progetto coinvolge persone con disabilità fisiche e psichiche nel mondo del teatro, utilizzando l’arte come strumento terapeutico e di inclusione sociale.
Su suggerimento di Leonardo Pieraccioni, il lavoro di D’Ambrosi e dei suoi attori è stato scelto per lanciare un messaggio di inclusione nei confronti di chi soffre di disagio psichico e per mostrare l’efficacia del teatro di interazione sociale e di comunità.

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

<em>Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute</em> di Marco Paolini, Renato Sarti e Barbara Apuzzo

Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute di Marco Paolini, Renato Sarti e Barbara Apuzzo

Sono sempre più numerose le realtà che in Italia lavorano in questo ambito, con significativi risultati sia sul piano sociale sia su quello estetico, con significative ricadute politiche. Basti pensare al lavoro di Chiara Bersani, o di compagnie come il Teatro La Ribalta di Bolzano o Animali Celesti di Alessandro Garzella (attivo anche al Teatro Stalla di Verdello). Per non parlare del rapporto artistico e umano tra Pippo Delbono e Bobò, di Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute, il testo di Marco Paolini sullo sterminio nazista dei disabili, recentemente riportato in scena da Renato Sarti con una straordinaria Barbara Apuzzo, o del percorso di Diana Anselmo, performer non udente che ha partecipato al Danae Festival, che esplora la relazione tra corpo, suono e linguaggio, sperimentando forme espressive che superano la comunicazione verbale tradizionale. Sono ormai numerose le esperienze di spettacoli, compagnie, teatri, festival, che mettono al centro il tema dell’accessibilità e della percezione sensoriale.

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Il frammento visivo che il Teatro Patologico ha portato sul palco del Teatro Ariston solleva qualche interrogativo sulla natura e sul senso dell’inclusione nel mondo dello spettacolo. Il rischio è considerare la disabilità in modo paternalistico. Il punto non è ovviamente se queste persone possano o meno fare teatro – perché possono farlo, e in molti casi lo fanno in modo straordinario e con risultati indiscutibili sul versante del loro benesseree e della loro consapevolezza – ma come vengano coinvolte in un’esperienza artistica autentica e non siano semplici elementi di una messinscena che enfatizza una condizione di disagio senza offrire una autentica possibilità di espressione. E viene da chiedersi quale effetto possa avere esibire esperienze di questo genere, senza alcuna reale mediazione, su una platea di decine di milioni di persone.
L’esibizione, estrapolata dal contesto in cui si è sviluppata e dal rapporto organico con il pubblico, rischia di trasformare le persone con disabilità in strumenti di una narrazione che finisce per ridurli a simboli della loro condizione e dunque paradossalmente per rafforzare le dinamiche di esclusione che vorrebbe contrastare. Produce forse commozione e pietà, e magari una narrazione edificante che consola chi guarda e lancia un messaggio genericamente buonista, senza cambiare nulla.

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Diversi commenti sui social hanno parlato di una esposizione grottesca e ridicolizzante della disabilità. Come utile elemento di discussione, pubblichiamo il comunucato di Al.Di.Qua.Artists – Alternative Disability Quality Artists, associazione italiana di categoria di artiste e artisti con disabilità (attualmente in residenza a BASE Milano).

Giovedì 13 febbraio si è svolta la terza serata del Festival di Sanremo e l’articolata, complessa, ampia e stratificata comunità di persone con disabilità italiana ha visto sgretolarsi in diretta Rai anni di discussioni e lotte sul diritto ad autodeterminarsi, sulla qualità della rappresentazione delle proprie vite, sul linguaggio oppressivo e sulla prospettiva abilista.

Carlo Conti con Ezio Bosso (2016)

Carlo Conti con Ezio Bosso (2016)

A prendere parola con questo comunicato è Al.Di.Qua.Artists – Alternative Disability Quality Artists, associazione italiana di categoria di artiste e artisti con disabilità. Siamo persone accomunate dall’essere lavoratrici e lavoratori dell’arte e dello spettacolo con disabilità fisiche, motorie, sensoriali, visibili, invisibili, collocate nello spettro della neurodivergenza. Da queste posizioni molteplici e sfaccettate viviamo la nostra vita da cittadine e quindi anche da spettatrici Rai.
Ciò che è accaduto giovedì non è stato un fulmine a ciel sereno ma l’occhio di un ciclone, anticipato nelle giornate precedenti da piogge che da lievi si sono fatte insistenti. La prima serata ha portato una piacevole pioggerella primaverile. L’edizione 2025 del Festival si è infatti aperta con il doveroso e rispettoso omaggio al musicista Ezio Bosso venuto a mancare nel 2020 e giustamente ricordato per la sua professionalità internazionalmente riconosciuta.

Sammy Basso e Jovanotti

Il secondo giorno la pioggia si è fatta decisamente più disturbante. È stato un evento atmosferico con acquazzone e vento molesto quello dedicato al ricordo di Sammy Basso, attivista con disabilità morto nel 2024. Se di Ezio Bosso abbiamo sentito la musica, di Sammy Basso c’è stata concessa solamente una foto di spalle in braccio a Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, mentre non veniva ricordato per le sue competenze e il suo lavoro da divulgatore e attivista, ma come persona che amava la vita nonostante tutto, era sempre in braccio a Jovanotti, pesava come una mela, la gente impazziva per lui, ci ha insegnato tante cose. Un ritratto generico, approssimativo, violento per l’annullamento della persona a favore di un iperattenzione sulla peculiarità del corpo.
Dopo due serate in cui persone vive e abili ricordavano professionisti morti e disabili, pensavamo che le autrici e gli autori del programma si sarebbero fermati considerando esaurito il loro momento disabilità nel festival, tecnicamente inspirational porn, invece no.
Da persone vive in dialogo con persone altrettanto vive, vorremmo adottare la buona pratica di chiamare per nome le nostre interlocutrici. Con questo comunicato ci stiamo rivolgendo solo ed esclusivamente a chi firma la settantacinquesima edizione del Festival di Sanremo: chiamiamo in causa il direttore artistico Carlo Conti e le autrici e gli autori Mario D’Amico, Emanuele Giovannini, Ludovico Gullifa, Lavinia Iannarilli, Giancarlo Leone, Ivana Sabatini, Walter Santillo e Leopoldo Siano. A voi chiediamo conto delle scelte tematiche, lessicali, di regia e di tempistica messe in atto per la costruzione del momento dedicato alla compagnia romana Teatro Patologico.
Dopo due serate in cui per la quota disabili (termine che utilizziamo con dichiarato tono provocatorio) sono state scelte persone decedute, quindi raccontate da altre persone, anche il terzo giorno Carlo Conti, pur invitando una compagnia costituita da persone con disabilità, Teatro Patologico, decide di dare la parola al regista, l’unico normativamente abile e quindi avente diritto di essere presentato per nome, Dario D’Ambrosio, con le seguenti parole:

Una persona molto forte, una persona straordinaria (…) un attore e un regista che ha messo il suo talento e la sua vita al servizio di chi soffre di disabilità fisiche e psichiche.

Se le autrici e gli autori del Festival di Sanremo fossero aggiornati sul ricco dibattito che si agita intorno alle tematiche legate alla rappresentazione delle persone con disabilità, non avrebbero bisogno di noi per capire l’effetto disastroso di questa apertura sugli immaginari collettivi. Nei concitati tempi televisivi questa introduzione stabilisce la rigida cornice che recinterà l’intero intervento di Teatro Patologico: le persone abili e di talento con straordinaria (quindi eccezionale, non dovuta, fuori dall’ordinario) forza (connessa all’idea di fatica, peso, sforzo e sacrificio) si mettono al servizio (definendo con precisione una gerarchia che da questi termini ne esce rafforzata invece che discussa) di chi “soffre” di disabilità fisiche e psichiche. Risulta quindi chiara la formazione di due soggetti: da un lato una persona di cui viene fatto nome e cognome e che viene raccontata come ricca di talento, professionalità, forza, personalità fuori dall’ordinario, spirito di abnegazione e generosità; dall’altro un unico macro soggetto, ovvero un gruppo di esseri umani senza nome, cognome, caratteristiche personali, talenti specifici, competenze innate o acquisite, ma tutte accomunate dalla sofferenza della disabilità. Perché in questo Sanremo 2025 per la disabilità (termine utilizzato in maniera talmente vaga e inafferrabile da perdere senso) si soffre e si muore.
Fine!

Non si vive, non si lavora, non ci si innamora, non si coltivano passioni, non si fa sesso, non si nuota, non si cammina in montagna. Si nasce, si soffre, si muore.
Si fanno soffrire i familiari!

Dopo aver presentato l’unica persona della compagnia degna di nome, cognome e umanizzazione, si è scelto di utilizzare il restante tempo a disposizione non per presentare le persone in scena, ma per parlare delle sofferenze dei loro familiari. Di nuovo: i soggetti, i protagonisti della storia non sono le persone disabili, ma quelle abili che le circondano.
La questione della tremenda solitudine in cui le persone disabili – NOI, siamo NOI le prime persone di cui si deve parlare – e i nostri nuclei familiari vengono lasciate dallo Stato è una questione serissima che riguarda proprio le scelte di quella politica di cui il direttore artistico Carlo Conti ha dichiarato di non volersi occupare. Se non c’è l’interesse ad approfondire gli spinosi e costanti tagli al terzo settore, le disparità economiche regionali e di classe sociale, le carenze sanitarie e di collocamento mirato, l’assenza strutturale dei progetti di vita indipendente e dei finanziamenti per l’assistenza ad personam…se non ci si vuole sporcare le mani con la politica allora che si abbia l’accortezza di non azzardarsi nemmeno a sfiorare con superficialità tematiche importantissime che determinano la qualità della vita, e talvolta la vita stessa, delle persone disabili del nostro problematico Bel Paese.
Gentili autori e autrici del Festival di Sanremo, Gentile direttore artistico, la retorica scritta malamente genera fraintendimenti e se fatta con superficialità dal Teatro Ariston in prima serata quei fraintendimenti possono mettere radici e diventare pericolosi.
Giovedì sera, a causa della vostra carenza di studio sull’abilismo, probabilmente dovuta all’assenza di confronto con la comunità di riferimento, che c’è, è viva e sa benissimo come vuole essere rappresentata, avete trascinato il discorso collettivo sulla narrazione delle persone disabili indietro di trent’anni. Ora voi vedrete le vostre fatture saldate e tornerete ad occuparvi di costume e società mentre Noi, che non riusciamo a vedere riconosciute le nostre professionalità, noi a cui l’attuale Governo Meloni ad oggi non ha rinnovato l’unico bando che finanziava la circuitazione in Italia di artisti con disabilità, noi che ci battiamo per la professionalizzazione delle artiste con disabilità, che reclamiamo percorsi di alta formazione accessibili e immaginari più complessi, Noi restiamo qui, senza sussidi né potenza mediatica, a fare i conti con le macerie che voi avete generato con il vostro uragano disimpegnato e violento.
Non basta rappresentare la disabilità sul palco dell’Ariston per pareggiare i conti, serve capire come farlo, serve rilanciare le rappresentazioni, serve interrogarsi con le soggettività di riferimento. Serve chiamare per nome queste soggettività, perché sono identità mutevoli e sfaccettate che strabordano i confini delle diagnosi. Non vogliamo dare spettacolo, alcune di noi fanno spettacolo per professione. Il buon cuore e le buone intenzioni non coprono i diritti che ci mancano. Il pietismo non ci dà la forza che voi dite di ricevere da noi.

Non siamo sale per le vostre vite, non siamo solo condimento, siamo vite.
Al.Di.Qua.Artists
14/02/2025

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025

Il Teatro Patologico al Festival di Sanremo il 13 febbraio 2025




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