Il sistema teatrale milanese

L'incontro del 16 novembre 2005

Pubblicato il 19/11/2005 / di / ateatro n. 091

Il finanziamento del Comune di Milano ai 14 teatri convenzionati nel triennio 2003-2005 è stato di 3milioni 919 mila euro a cui, nel 2005, si sono aggiunti 841mila euro straordinari per ulteriori attività di spettacolo e 830mila euro per contributi alla ristrutturazione delle sedi; in totale 5milioni 790mila euro. Per discutere del “perché”, “a chi” e “come” sono stati utilizzati questi oltre 11miliardi di vecchie lire, il Comune di Milano-Cultura Spettacolo-Turismo e l’’Università Bocconi, in collaborazione con l’AGIS lombarda, hanno convocato il 16 novembre 2005 operatori, critici e studenti a Palazzo Marino.
In apertura l’assessore alla cultura di Milano, Stefano Zecchi, ha sostenuto il “principio della reciprocità della responsabilità” fra Comune e soggetti convenzionati, sollecitando da parte dell’Ente Locale il coraggio culturale di decidere, coordinando le “differenziazioni”. Nel successivo dibattito, in cui sono intervenuti tutti i rappresentanti delle strutture convenzionate, è mancato un approfondimento sul tema delle “differenze” (istituzionali e fra i diversi soggetti), a rimarcare un sistema di facciata che non è riuscito in questo triennio a sviluppare né relazioni verticali comuni con l’Ente Locale, né soprattutto relazioni orizzontali fra i teatri e le compagnie convenzionate.
I 14 soggetti convenzionati si suddividono in 8 teatri di produzione con convenzione triennale (Franco Parenti, Teatridithalia, CRT, Buratto, Filodrammatici, Carcano, Elsinor e Litta) e 1 con convenzione annuale (Out Off) a cui dal 2005 si è aggiunto il Teatro Libero, ed in 1 compagnia con convenzione triennale (Gli Incamminati) e 3 con convenzione annuale (Gianni Cosetta Colla, Grupporiani e Quelli di Grock). La distinzione non è solo formale, ma incide fortemente sulle modalità di determinazione e di erogazione del contributo, poiché i soggetti con convenzione triennale ricevono un acconto pari all’85% del contributo storico percepito, mentre a quelli con convenzione annuale il contributo è determinato ed erogato a consuntivo delle attività sulla base di una griglia di valutazione. Detta griglia si articola in 4 aree di valutazione a cui corrisponde un punteggio (Qualità artistica fino a 20 punti, Qualità percepita e servizi aggiuntivi fino a 20 punti, Qualità degli impatti e indotti sul territorio fino a 10 punti, Qualità gestionale fino a 50 punti). Il sistema milanese delle convenzioni fa dunque perno soprattutto su due fattori: la “storicità” e la “capacità d’impresa”.
Il dibattito ha alternato legittime posizioni storicistiche a qualche spunto di riflessione critica sul “cosa fa” e “come sta” nel panorama teatrale milanese un soggetto storico. Quali relazioni costruisce con il nuovo che si affaccia e quali dinamiche di promozione dei nuovi soggetti mette in campo, utilizzando proprio il punto di forza della propria storia per favorire il ricambio (non solo generazionale) degli artisti, degli operatori, del pubblico. La storicità non può esentare dalla contemporaneità, né giustificare acriticità sul presente, ma può e deve invece rappresentare un’ulteriore assunzione di responsabilità da parte di quei teatri e di quelle compagnie che hanno fatto la storia del teatro milanese ed hanno dimostrato nel lungo periodo capacità artistiche, organizzative e solidità d’impresa. A chi, se non a loro, possono guardare le nuove generazioni del teatro e a chi, se non a loro, l’Ente Locale deve poter chiedere un “servizio” in favore dei nuovi talenti? Si potrebbe così dare anche una più concreta e coerente motivazione al legittimo vantaggio di cui godono nel sistema milanese e, ancora di più, evitare a tanti nuovi artisti ed organizzatori di disperdersi in piccoli e deboli soggetti che stentano a sopravvivere e a relazionarsi con i teatri e le compagnie maggiori. Potrebbe questa logica di sistema rispondere ai dubbi del direttore del settore spettacolo del Comune di Milano, Massimo Accarisi, sugli effetti della rigidità del reference system? O governare il diffondersi di rassegne e festival (oltre 30) e di stagioni di teatro per l’infanzia (23) non tutte fondate su progetti a lungo termine ed a rischio di episodicità, come è risultato dalla illustrazione del Sistema Milano fatta da Lory Dall’Ombra?
Il sistema milanese delle convenzioni è un sistema negoziato in cui un ruolo importante è svolto dall’Agis lombarda, strategico interlocutore, che in questi ultimi anni di impoverimento del ruolo della politica ha cercato di conservare le posizioni acquisite non riuscendo a interloquire sul “futuro” del sistema. Da ciò quella che Sisto Dalla Palma ha definito la “marginalità e crisi di identità” del teatro, schiacciato da una forbice sempre più divaricata (ed unica in Europa per ampiezza) dei livelli dei compensi agli artisti e, di conseguenza, dei sussidi pubblici alle strutture di produzione e di programmazione. La questione non riveste il livello di finanziamento del Comune di Milano alla Scala (oltre 6milioni e 700mila euro) o al Piccolo (oltre 4milioni e 350mila euro), quanto piuttosto il divario fra le due eccellenze milanesi a livello nazionale ed internazionale, i 14 soggetti convenzionati (a cui sono destinati circa 1milione e 300mila euro) e le “altre” attività teatrali (a cui vanno 873mila euro). Con tutte le approssimazioni della statistica, fatto 100 il valore dei finanziamenti al sistema delle convenzioni teatrali, il Piccolo vale 335, la Scala 515 e le “altre” attività solo 67. Pur ribadendo che Milano rappresenta una eccellenza nel sistema italiano, ben più disarticolato e penalizzante, non si può non ragionare su questo tipo di divario ed imputare anche ad esso la stanchezza di alcune strutture storiche, ma ancora di più un sistema autoreferenziale che stenta a costruire prospettive di futuro.
La Bocconi ha presentato una ricerca sui “numeri, la fisionomia e le tendenze dei teatri milanesi convenzionati dal 2002 ad oggi”, curata da Anna Merlo che la ha presentata sacrificando all’incontro quel poco di voce che la raucedine le aveva riservato per la mattinata. Dai dati emerge un complesso di imprese che se nel 2002 presentava ancora punte dell’81% dei propri ricavi derivanti da contributi pubblici, ha saputo nel 2004 ricondurre i propri bilanci entro limiti più congrui e sobri (la punta massima è scesa al 62%), grazie ad una maggiore incidenza delle entrate non caratteristiche. Nel biennio 2003-2004 i costi sono rappresentati da un minimo del 48% ad un massimo del 96% da personale e spese di produzione, dal 6% al 30% dalle spese generali, dal 6% al 9% dalla promozione e dal 2% per oneri finanziari (rispetto a quest’ultimo dato viene in mente la capacità dei teatri di farsi finanziare dai propri creditori). Anche i prezzi medi praticati oscillano fortemente da 3,76 a 18,63 euro, ma va rilevato come vi sia correlazione debole fra occupancy dei teatri (media delle presenze sui posti vendibili) e livello di prezzo: alla fascia più bassa corrisponde un’occupancy del 50% ed a quella più alta del 45%. Più marcata è invece la correlazione con i generi teatrali: se la prosa classica registra un’occupancy media del 40%, il teatro contemporaneo e di ricerca raggiunge il 55% (il 64% del teatro per l’infanzia risponde a logiche promozionali ed organizzative del pubblico scolastico non paragonabili). Si conferma anche a Milano una tendenza più generale del pubblico teatrale italiano, che premia con le proprie scelte i generi e la qualità delle proposte piuttosto che mere politiche di prezzo e che fra i generi è maggiormente interessato alla prosa contemporanea e di ricerca. Sorge spontanea la domanda: riusciranno questi dati, ormai consolidati e univoci nell’indicare la propensione al consumo teatrale, ad influenzare le politiche culturali di settore? Il ricambio generazionale (non solo anagraficamente parlando) del pubblico, degli artisti, degli autori, dei quadri dirigenti, pure invocato come necessità indifferibile da Fiorenzo Grassi, ha bisogno di politiche che assumano questo obiettivo come prioritario rispetto a tutti gi altri. Solo il finanziamento pubblico ed una politica negoziata con il teatro possono lavorare per la domanda del futuro e la sostenibilità del sistema sta proprio nella sua capacità di costruire un futuro (di opportunità prima che di garanzie) per la storicità quanto per il nuovo che si esprime e per quello che si potrà formare.
La lunga giornata si è conclusa con una tavola rotonda coordinata dall’’assessore Zecchi a cui hanno partecipato Antonio Calbi, Renato Palazzi e Ugo Volli.

Franco_D’Ippolito

2005-11-19T00:00:00




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