Le recensioni di ateatro: Come due gocce d’’acqua di Alessandro Benvenuti e Ugo Chiti

Dalle Case del Popolo

Pubblicato il 26/03/2006 / di / ateatro n. 097

Alessandro Benvenuti lavora in teatro da oltre trent’anni ed è attore, regista e produttore di tutti i suoi spettacoli. Li cura come figli, impregnandoli del suo cinico umorismo pontassievese.

Come due gocce d’acqua è la sintesi di tutti i personaggi da lui portati in scena finora, tra palco e grande schermo. Da Smith e la panchina sensibile a Ivo il tardivo, passando naturalmente attraverso l’’interminabile saga della famiglia Gori, stoppata proprio quest’’anno con un addio definitivo. Lo spettacolo portato in scena al Verdi a metà marzo ha visto esibirsi una strana coppia, messa nero su bianco dal dialetto calabrese di Gianni Pellegrino e dal silenzio di un Benvenuti più irritabile che mai. Due tecnici di scena, impegnati tra un impianto di luci e uno sfondo in cartone da tirare su, nascondono entrambi un segreto inconfessabile. Saranno i fantasmi del tempo e le bugie di ritorno a farli parlare. Un thriller, insomma. Dove lo spettatore si gode lo spettacolo di due anime agli antipodi, pericolose e arroganti, che hanno passato la vita a scappare, alla ricerca di una speranza di riscatto.
Come due gocce d’acqua gioca sulla interpretazione ambigua del divario socioculturale tra nord e sud Italia, meravigliando tutti con una morale affatto scontata: la vera distanza sta dentro, è sottostante, invisibile, e proprio per questo esiste, c’’è. Non sono corporatura, lingua, livello culturale o carattere a tenere distanti i due addetti alle luci, ma la loro incapacità di comunicare. E perdonare. Benvenuti torna ancora una volta a riflettere con furbizia sui luoghi comuni e i limiti che affossano la quotidianità e le persone. I suoi personaggi sono pieni di ferite e paure ma appaiono scanzonati, brillanti, buffi. Combattenti. Dopo lo scemo del villaggio, l’’amante incompreso, l’’amico del bar dalla parlata sguaiata, ecco il ruolo di un padre divorato dal dolore, che al dolore reagisce col sarcasmo. La pelle di tutti questi soggetti nasconde emarginazione, solitudine, parole.
Nel suo ultimo disco Ivano Fossati canta “di così poco si contenta la natura umana, come quella dei pesci sul fondo che stanno a guardare…”. E così sembra cantare anche il teatro del regista toscano, dove i protagonisti stanno a guardare la vita che scorre, afferrandone solo pochi frammenti. Eppure lo slancio del non arrendersi li rende dignitosi e adorabili, vivi. Benvenuti torna a riflettere sulle sfaccettature dell’’animo umano tra una umiliazione e una risata, valorizzando le imperfezioni di ognuno con il rispetto di chi viene da una piccola città di provincia, ha conosciuto da vicino “la gente semplice” e non riesce a montarsi la testa.
La scena è forte dell’’ambientazione stessa della storia: si entra in sala e il sipario è già tirato su, le quinte fanno da scenografia. Nessuna musica, solo qualche nota ad accompagnare gli ultimi istanti. La sterzata drammatica finale annacqua un po’’ la credibilità del confronto sanguigno tra i due, appesantendo inutilmente quello che per due terzi procede come un esilarante duello tra due leoni arruffati. La collaborazione con Ugo Chiti si sente: dentro al testo c’è tutta la filosofia toscana dell’’autodifesa ironica, aggressiva, che si fa perdonare dallo spettatore grazie alla brillantezza, ma al tempo stesso lo infastidisce con la sua arietta di sottile supponenza. Il teatro Verdi di Pisa ospita per l’’ennesima volta uno dei suoi artisti preferiti, che quasi sempre riesce a fare il pienone. A maggio Benvenuti tornerà a Pisa con Me medesimo, ideato e scritto per il cantautore livornese Bobo Rondelli. Che poi però non si è sentito di interpretarlo e ha lasciato tutto in mano al compagno fiorentino. Ancora una storia che parla del dolore di vivere, del difficile confronto con gli altri, di alcoolismo. Il protagonista si chiama Cencio, soprannome probabilmente rubato dalla realtà di qualche Casa del Popolo ma anche simbolo di abbattimento, straccio da dare in terra. Un altro testo comico-poetico per raccontare l’’insostenibile fragilità dell’essere.

Scritto e diretto da Alessandro Benvenuti e Ugo Chiti
Con Alessandro Benvenuti e Gianni Pellegrino
Teatro Verdi di Pisa, dal 17 al 19 Marzo

Sara_Ficocelli

2006-03-26T00:00:00




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