Pesci volanti, Lambrettwist e rose blu

Il varietà musical-teatrale dedicato a Pierluigi Torre

Pubblicato il 07/07/2014 / di / ateatro n. 150

«Ma perché non è bello vedere le cose che gli altri non vedono?» chiede al padre il piccolo Pierluigi Torre, mentre scruta nel mare di Vieste alla ricerca del pesce volante che ha avvistato, capace fin da bambino di vedere ciò che ancora non c’è, veggenza di genio e di creativo matematico. Lo spettacolo di Roberta Torre, nipote del celebre ingegnere a cui la scrittrice e regista ha dedicato l’omonimo libro dal titolo Il colore è una variabile dell’infinito (Baldini&Castoldi 2014), è costruito attraverso la drammaturgia e i testi di Renata Molinari con le canzoni musicate da Massimiliano Pace, artefice delle musiche dell’Aida, andata in scena con la regia della Torre, lo scorso febbraio al Biondo di Palermo.
L’impianto scenico realizzato da Valentina Tescari esibisce una macchina scenica bianca con appesa una giostrina da culla, vi è una elica e le ali perfino, vari oggettini volanti, uno schiacciamosche, come quelli esibiti in Sud Side Stori lungometraggio musicale della regista datato 2000, ma questa volta la paletta assassina è paiettata di blu. L’incipit musicale evoca un’atmosfera sognante, da orchestrina guidata da un piano giocattolo e dal parlottare di formule di Paolo Rossi, che giganteggia sulla scena con la sua intonazione clownesca sulle note di formule algoritmiche. L’attore esce continuamente dal suo personaggio per conversare con il pubblico abbattendo la quarta parete. Lo schermo trasparente e consueto che si frappone però tra pubblico e attori, inaugurato dal lavoro teatrale tratto dalla Ciociara di Ruccello, prodotto dal Bellini di Napoli nel 2011, qui è legato a un enorme abaco e si lascia attraversare, eliminando la precedente irrisolta soluzione comunicativa.

Il colore è una variabile dell'infinito di Roberta Torre

Il colore è una variabile dell’infinito di Roberta Torre

Chi è e cosa ha fatto Pierluigi Torre? L’ingegnere e nonno della regista è stato l’inventore di macchine che sono legate a mondi ultraterreni: legati alla velocità come la Lambretta; esibiti attraverso la metafora del volo con idrovolanti e scatole nere; comprendenti un contesto metafisico ed eterno come la formula per la creazione di una rosa blu. Scene e luci bianche esordiscono accompagnate da pareti ora grigie ora animate da proiezioni di filmati originali, che ritraggono l’ingegner Torre. L’evocazione di acqua o del rosso fuoco della guerra, quindi di una esplosione nucleare, genera la caduta di piume, calcinacci leggeri e surreali come la vita del protagonista.
La produzione del CRT di Milano con la collaborazione del Triennale Design Museum è supportata d’altro canto dalle immaginifiche luci di A.J. Weissbard «lighting designer, artista ed educatore», che ha lavorato anche con Bob Wilson e Peter Stein. La coreografia di un Lambrettwist eseguita con dovizia dall’ottima Camilla Barbarito, dalle attrici Giuditta Jesu e Aurora Falcone che nello spettacolo interpreta anche la madre di Pierluigi. Su una scenografia ruotante che viene introdotta dal fondale – metaforico antro per attraversare il passato o forse l’Aldilà – si colloca come una visione filmica sulla scena. Fluttuante, ironico è il colorato pescetto telecomandato che scodinzola la codina percorrendo il palcoscenico teneramente indisturbato, realizzato da Carlo Berti, come tutti i personaggi riceverà gli applausi del pubblico nel finale.
Un vortice viene proiettato sul fondale, girando su se stesso, esso connota la firma della regista Roberta Torre: topos narrativo ed espediente comunicativo, esso mette in contatto con altri mondi atemporali o collocati al di là – come nel caso dell’oltretomba festaiolo descritto nel suo cinema valga per tutti l’esemplificativa girandola che appare nella suddivisione delle scene in Tano da morire, o il mandala riprodotto negli occhiali dei protagonisti del suo più recente Riccardo III teatrale – dell’umana conoscenza, sono introdotti da un consueto e metaforico candy cane galvanizzato e roteante. L’ebbrezza dell’inedita strumentazione cinematografica attraversa le pareti minimaliste eppure animate del palcoscenico e così capita che scendano dall’alto microfoni perché si realizzi un romantico duetto. Esso sembra spalancarsi per accogliere la proiezione di un documentario in bianco e nero. Videoanimazioni realizzate da Valeria Palermo proiettano un cinematografo che ben descrive la nonna Albertina, interpretata dalla Barbarito e l’originale tratto da documenti e filmati di famiglia in cui lei subisce il fascino del cinema e viene ripresa, ritratta al mare, mentre timidamente si schermisce con un ombrellino in spiaggia.

Di questo spettacolo si attende (speriamo!) una versione cinematografica, già intuibile e a tratti dichiarata, dalla costruzione della trasposizione teatrale del romanzo. Intanto da dicembre avrà inizio la tournèe invernale dello spettacolo. Una lettiga che presenta una struttura con quattro ruote da bicicletta ma con ali ed elica per volare ospita un fiabesco racconto, trainata dal gigante aiutante Rocco Castrocielo sembra animarsi e sussurrare: «Plana silenzioso nel denso muro di latte, un raggio di sole trafigge il bianco posandosi sulla sua punta, il vento si riscalda, la nebbia si dirada, blu…».




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InformazioniVincenza Di Vita

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