#MilanoCORTEmporanea | Uovo, il festival si è messo in pausa

Umberto Angelini spiega perché è nato il festival del contemporaneo performativo milanese e perché si è preso una pausa

Pubblicato il 26/04/2016 / di / ateatro n. 158 , MilanoContemporanea , MilanoCORTEmporanea , Passioni e saperi

UOVO

Cos’è

UOVO è un’organizzazione indipendente che organizza varie attività fra cui il festival omonimo. Nasce nel 2003 con base a 11849972_1480510528930841_1676554986_aMilano ma con uno staff mobile che funge da “antenna” in altre città europee (Londra, Amsterdam, Berlino, Parigi), dove si sono realizzate collaborazioni e eventi Uovo all’estero.
Il nucleo fondatore è formato da professionisti provenienti dal teatro, a cui successivamente si sono affiancate figure provenienti da moda, design e architettura, sempre con uno sguardo internazionale che ha portato di frequente lo staff a muoversi per il mondo.
Oltre al Festival, Uovo organizza eventi, struttura progetti e porta avanti da alcuni anni in parallelo il festival Uovo Kids.

 

 

Mission

Uovo nasce per riflettere sull’identità della città contemporanea, nel nostro caso, Milano, raccontandola attraverso gli strumenti della performing arts e ricomponendo quella che si percepiva come una frattura: cosa fosse il contemporaneo, come lo percepisse la città, come potessero entrare in contatto da una parte gli artisti che se ne occupavano e dall’altra il grande pubblico, anche non teatrale.
Si trattava di una necessità artistica forte e che si andava affermando in Europa. In questo senso, quella di Uovo era anche l’espressione di una generazione artistica che però si dava una mission anche organizzativa operando nella città e ripensando la città.

 

 

Genere prevalente

uovokids15_479Teatro e danza, ma fin da subito la direzione all’interno di questi ambiti è stata quella dell’elemento visivo e del movimento corporeo, performativo, entrambi declinati in vari modi: il primo festival é stato per esempio una mostra di arte contemporanea dentro il Superstudiopiù durante la settimana del Salone. Anche la parte musicale è presente, sempre in commistione ad altre discipline e con suggestioni inconsuete.

 

 

Cos’è innovativo?

uovo Meticciare l’arte contemporanea con l’arte teatrale. Fino alla settimana edizione del festival abbiamo utilizzato solo luoghi non teatrali ma che anzi fossero riconoscibili dal pubblico di arte, moda e design. Le linee base nello sviluppo di ogni edizione erano infatti due: luoghi e pubblico.
In tema di luoghi, cercavamo di colmare il vuoto progettuale che non si trovava nelle periferie ma in pieno centro città, dialogando con le istituzioni pubbliche ma mantenendo un ruolo indipendente. Ci interessavano i grandi luoghi simbolici del contemporaneo (Triennale, Teatro Versace, PAC, Superstudiopiù, IED) per il cortocircuito che si creava fra l’identità di quei luoghi e le istanze portate da Uovo.
In tema di pubblico, l’utilizzo di questi spazi creava una promiscuità del pubblico perché si portava tutt’altra tipologia di spettatore ad assistere alla programmazione: volutamente il festival era organizzato durante il Salone in Tortona e con una modalità di evento insolita, presentando per la prima volta in Italia artisti famosi o sconosciuti, ma all’interno di un progetto riconoscibile e che si cercava di rendere il più possibile condiviso sia col pubblico sia con quel territorio.
A causa di questa commistione continua, Uovo non ha mai fatto parte di un’area artistica definita e questo, forse, fa anche sì che, per esempio, ottengano premi e riconoscimenti artisti promossi e prodotti da Uovo ma non il festival stesso: il suo continuo cambiamento non l’ha reso parte del sistema e lo stesso chiamarsi Uovo, alla sua fondazione, era un modo per affermare un’identità altra e un’originalità richiamata anche dalla grafica.
Il codice colore bianco fin dal 2003 veniva dal design, in controtendenza con l’iconografia classica del teatro, aggiungendo un elemento di ironia e di volontà di non prendersi sul serio che potesse avvicinare il pubblico, insieme ad azioni come gli spot in metropolitana, che all’epoca erano assolutamente inusuali per lo spettacolo dal vivo. Scegliere codici e strumenti di comunicazione più affini alla cultura creativa contemporanea piuttosto che all’estetica teatrale italiana.

 

 

Business model

Il nucleo fondatore si era dato come regola il fatto di non avere in Uovo l’unico luogo di lavoro, non solo per non appesantirne la struttura iniziale ma perché nei primi anni fossero continui i contatti e le commistioni con altri mondi e altre realtà. Successivamente, si è sentita la necessità di strutturarsi con un ufficio stabile e si è deciso di pensare Uovo come una palestra per giovani professionisti, arrivati tramite stage e rimasti con contratti di lungo periodo, di cui si incentivava comunque la collaborazione con altre realtà e l’uscita/rientro per continuare a meticciare esperienze e competenze.
10483506_1525152871038955_214074224_nLa struttura è rimasta fortemente indipendente sfruttando il suo linguaggio nuovo per trovare partenariati col settore privato della moda, del design e dell’arte contemporanea. Il primo contributo pubblico ministeriale arriva dopo 5 anni con diecimila euro, mentre Regione Lombardia e Comune di Milano sostengono Uovo fin dall’inizio, ma mantenendo sempre negli anni una proporzione per la quale più del 50% continua a provenire dai privati. In tal senso il ruolo di Fondazione Cariplo è stato strategico.
L’organizzazione ha sempre avuto una duplice anima, producendo il festival e gli eventi ma anche facendo consulenza di altre produzioni che a loro volta potevano a quel punto rappresentare una fonte di entrata autonoma dal contributo pubblico.
Grande è stato da subito il dialogo col mondo della moda, sempre cercando nell’azienda non un semplice sponsor ma un interlocutore per realizzare una progettualità artistica che altrimenti non si sarebbe riusciti a realizzare; inoltre, si è cercato di portare all’interno delle dinamiche commerciali di queste aziende delle progettualità culturali, come gli spot di Freddy e gli eventi per Nike realizzati da artisti.

 

 

Qual è il pubblico di Uovo?

Quello della città nel suo senso più largo, andandolo letteralmente a cercare in luoghi che frequentava e amava ma non uovokids15_125avevano nulla a che fare col teatro. Si è creata una grande affiliazione a Uovo, che continua tutt’ora e che dimostra un attaccamento a un tipo di progetto e fruizione dello spettacolo. Ci viene riconosciuta una unicità, un’altra capacità di visione.
Per esempio, non c’è mai stato infatti il classico confronto/dibattito con i critici, che risultava complicato da gestire nella grande città perché il movimento del pubblico è diverso: si sono realizzati invece incontri subito dopo lo spettacolo condotti o da artisti che vedevano lo spettacolo quella sera per la prima volta, oppure dagli stessi abitanti del quartiere, cercando di sottolineare in maniera provocatoria quanto i festival spesso fossero distanti dalla realtà che li ospita.

 

 

Quanto conta Milano?

Uovo è una piccola realtà indipendente che ha svolto di fatto il ruolo di una grande istituzione: è nata per Milano e a Milano ha dato negli anni degli eventi unici, come per esempio il Cremaster Cycle di Matthew Barney o le presenze di Romeo Castellucci e Jerome Bel.
Era un festival disegnato sulla città nella sua vocazione e che nel crescere è stato chiamato anche in altri luoghi ma ciò non toglie che si era dato come obiettivo la città di Milano perché è sempre stata la città più aperta al contemporaneo e alla dimensione internazionale, anche quando le istituzioni andavano in altra direzione.
L’atteggiamento comunque non è mai stato ostile ma si è cercato del dialogo, in particolare con due istituzioni, Triennale e Fondazione Cariplo e, negli ultimi anni, anche il Teatro Franco Parenti.

 

Cos’è il contemporaneo per Uovo?

Che cos’è una realtà indipendente nel sistema istituzionale? Non può essere fino in fondo parte della strategia delle istituzioni: l’indipendente riesce a diventare anche grande all’estero, ma è sempre disturbante in Italia. Gli incrementi dei fondi ministeriali sono sempre stati minimi malgrado gli altissimi punteggi di qualità. C’è un rafforzamento delle realtà istituzionali a discapito delle novità in una logica puramente conservativa. Per questo diventa sempre più necessario che i giovani entrino nelle istituzioni, per cambiarle da dentro.
In una vocazione di mission sulla città, la partnership con il Teatro Franco Parenti di alcuni anni fa si poneva proprio la domanda: “cosa significa avere un teatro a Milano?”. Il ragionamento di Uovo allora non era “spazi da occupare” ma “uno spazio da restituire in altra luce”, e riassume alla fine la linea di questi tredici anni di festival.

 

… e adesso che il festival ha deciso di mettersi “in pausa”?

Il venire meno di Uovo toglie una lente di ingrandimento di fenomeni percepiti e percepibili non evidenti euovokids15_391 anche delle contraddizioni/potenzialità della Milano contemporanea. Viene meno una capacità di parlare con un certo mondo della città, che è quello a cui si rivolgono per esempio Fondazione Prada e Trussardi.
Uovo è stato una palestra formativa per giovani artisti e organizzatori e un luogo di riconoscimento per gli spettatori: le reazioni di questi mesi non vedono prevalere la rabbia o la protesta, ma un sentimento individuale in cui viene meno un punto di riferimento ed è bello vedere come Uovo rappresenti storie e ricordi personali per il suo pubblico e i suoi collaboratori.
Dopo tredici anni ci siamo chiesti: ma siamo necessari? Forse proprio come nel 2003, Uovo sente la necessità di uscire dall’omologazione culturale che riguarda oggi anche il campo della sperimentazione.
UovoKids è stata un’altra avventura, un modo per interrogarsi su nuovi scenari.
La riflessione sull’infanzia nel contemporaneo è fondamentale in una società che usa continuamente termini come sicurezza, protezione, controllo, categorie dell’infanzia per leggere ed interpretare l’età adulta. Ora l’infanzia sembra non mancare mai nei programmi internazionali… .
Oggi ci fermiamo per capire i fenomeni che stiamo vivendo, ci poniamo fuori dal nostro tempo proprio per poterlo vedere e capire: una volontà di ripensarsi che manca a molte istituzioni che non possono che ripetere se stesse.

 

Grazie a Umberto Angelini.

Intervista a cura di Cristina Carlini

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