Under 28 | Realtà virtuali o virtuale virtuoso?

Segnale d’allarme – La mia battaglia VR di Fanny & Alexander con Elio Germano

Pubblicato il 16/04/2021 / di / ateatro n. 177

Come supplire alla mancanza dell’evento in “presenza”?
Spettacoli online, survey digitali, podcast, incontri da remoto con i professionisti del settore.
Molti si sono reinventati attraverso questi canali digitali, dove però rimane indelebile il dubbio dell’assenza, in chi pubblica i contenuti come in chi li guarda.
Qualcuno tuttavia è riuscito a fare un passo più avanti, o piuttosto in una direzione diversa: ricreare la “presenza” in uno spazio virtuale.
La mia battaglia di Elio Germano e Chiara Lagani debutta a teatro nel febbraio del 2018 e nel 2021 Einaudi ne ha pubblicato il libro scritto a quattro mani dai due autori, mentre Segnale d’allarme – La mia battaglia VR – trasposizione virtuale dello spettacolo con la regia dello stesso Germano e di Omar Rashid – è stato prodotto nel 2019.
Prima dunque che si creasse la necessità di ripensare le performance in un formato streaming, un gruppo di teatranti hanno avuto l’idea di posizionare nella prima fila dello Spazio Tondelli di Riccione una telecamera con visione a 360°.
Il risultato?
Mesi dopo, mentre le sale teatrali rimanevano chiuse, il palcoscenico del Tondelli è stato il solo a cui gli spettatori avessero accesso – un accesso virtuale, che restituisce però l’atmosfera di brusii e di attese di un auditorium pieno di persone, dando la possibilità di rigirarsi tra i dialoghi dell’unico attore in scena con il pubblico di un’unica sera.

Segnale d’allarme – La mia battaglia VR – uno spettacolo in video, non un video dello spettacolo – ha continuato a girare e a venir distribuito in tutta Italia, insieme a un gruppo di operatori specializzati addetti alla cura dei visori e a spiegarne il funzionamento.
Quest’opera teatrale – che sviluppa dialogicamente e attualizza alcune delle tesi più controverse dell’omonimo testo hitleriano Main Kampf, si inserisce sulla scia di un percorso più ampio che a pieno titolo potremmo definire politico. La compagnia Fanny & Alexander – di cui la drammaturga Chiara Lagani è cofondatrice – fin dal 2007 ha avviato una attenta riflessione sul rapporto tra retorica e comunità, sulla pericolosità implicita in una comunicazione politica. Spettacoli come Him, Alla Nazione e Discorso Grigio per esempio ritraggono personaggi più o meno fittizi, e per certi aspetti fortemente caricaturali, in una situazione di accentramento del potere. Non a caso Elio Germano ha deciso di proporre questa collaborazione alla drammaturga proprio in seguito alla visione di Him, che porta sulla scena una sorta di Piccolo Hitler sul modello della scultura di M. Cattelan.

I meccanismi mentali attivati all’interno di Segnale d’allarme – La mia battaglia VR sono sono controversi e a volte sorprendenti. Elio Germano cerca di mettere in evidenza come, anche all’interno delle più insospettabili società democratiche, quando si parla di sopravvivenza si giunga su un terreno ambiguo, tendenzialmente intollerante e facile da manipolare. Chi siamo noi e chi siano gli altri, chi sia la nazione, chi debba essere preservato – si trasformano in domande che generano confusione e ostilità, domande che però – come ci ha dimostrato la deriva globale di questi ultimi anni verso governi “populisti” o fortemente autoritari – si fanno sempre più pressanti. Tutti crediamo di conoscere la nostra risposta, finché non ci accorgiamo che forse non abbiamo saputo riconoscere la domanda. La dinamica di dialogo costante tra attore e pubblico è dunque un aspetto fondamentale all’interno dell’impianto registico dello spettacolo, e in questo senso assistere a una versione pre-registrata sottrae sicuramente qualcosa. Di certo viene meno la possibilità di partecipare attivamente al confronto e allo stesso modo viene meno la speranza che questo dialogo si concluda diversamente.

Un’occasione di vedere  Segnale d’allarme – La mia battaglia VR  si è riproposta quest’autunno durante il Mercurio Festival, che lo aveva programmato all’interno del Cinema Vittorio De Seta dei Cantieri Culturali della Zisa di Palermo. Qui – rispettando tutte le norme del distanziamento sociale – la sala ha accolto un centinaio di persone per ripetere alcuni gesti usuali e altri inconsueti, tutti a distanza, tutti insieme. Inizialmente si percepiva tra gli spettatori una certa diffidenza verso questa sorta di delicatissime maschere da sci, bisogna infatti maneggiarli con cautela e rispettare le indicazioni d’uso affinché i visori funzionino correttamente e l’esperienza risulti immersiva. Tutto sommato però basta poco, con un po’ di pazienza e di attenzione in più e ci si ritrova all’interno di un’altra dimensione, dove scritte e pulsanti fluttuano tranquillamente nello spazio circostante, in attesa di un vostro movimento di interazione.
Così per qualche secondo ci si trasforma in un cursore digitale, guidato dalla voce dell’operatore è dunque lo spettatore stesso a dare inizio allo spettacolo, che lo riporterà seduto in poltrona, la poltrona della prima fila dello Spazio Tondelli di Riccione.

Cos’è che ci manca di più del teatro? Alcuni risponderebbero il silenzio condiviso, altri il formicolio delle orecchie che accompagna gli applausi e le risate, qualcuno forse ricorderebbe quello strano effetto per cui nella concentrazione della sala per un poco ci scordiamo di noi stessi.
Non c’è dubbio che tra la presenza tout court e la presenza virtuale rimanga uno scarto, semplicemente incolmabile per quanto possa sembrare piccolo. Questa esperienza di smart watching – come la definiscono sul sito dello spettacolo – riesce però a restituire alcune delle sensazioni di cui chi ama il teatro ha più nostalgia.




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