La storia può ancora insegnarci a fare la rivoluzione?

Ottantanove di Frosini/Timpano chiude Romaeuropa Festival 2021

Pubblicato il 02/12/2021 / di / ateatro n. 180

A chiudere l’edizione del 2021 del Romaeuropa Festival 2021 è andato in scena Ottantanove di Frosini/Timpano, dal 17 al 21 novembre presso il Teatro India di Roma.
In uno spazio scenico ingombrato da tre grandi bandiere che, appese al graticcio, giacciono molli, stanche, parzialmente accartocciate in terra, fanno il loro ingresso Elvira Frosini e Daniele Timpano.
Non proferiscono parola ma interrogano il pubblico con lo sguardo. I colori delle bandiere sono subito familiari: bianco, rosso, blu. Il silenzio è tale che quando Marco Cavalcoli, seduto in platea, interviene lamentandosi dell’attesa, qualcuno dal pubblico tenta di zittirlo, ottenendo l’effetto opposto: inizia così una provocatoria invettiva contro i temi caldi del nostro tempo (tra cui l’identità di genere), seguita da un excursus sulle grandi rivoluzioni che hanno caratterizzato la Storia dell’umanità: la riforma protestante, la rivoluzione francese, quella comunista e le proteste del Sessantotto.
Giunto sul palco, Cavalcoli porta con sé una delle reliquie rimaste della grandi lotte: una piccola pianta grassa, un pallido ricordo degli alberi della libertà della Rivoluzione Francese.
Il racconto diviene allora uno scambio ben calibrato fra i tre attori, che in un percorso tutto tornanti e svolte impreviste investigano come le rivoluzioni abbiano portato allo sviluppo di uno dei concetti fondanti della Storia occidentale: la democrazia. Ottantanove è la chiave che li guida in questa indagine, anzi le chiavi, poiché particolare attenzione viene posta al 1789, anno in cui prende piede, attraverso la presa della Bastiglia, quella che viene considerata la rivoluzione per antonomasia; e al 1989, la Caduta del Muro di Berlino.
La scrittura spavalda e ironica travolge lo spettatore, scatena un riso spesso feroce e poco consolatorio. Resta coerente nonostante il suo sfrangiarsi in numerose direzioni. Il racconto non tocca solo contraddizioni, stereotipi e miti del mondo che è stato, ma getta anche uno sguardo lucido sulla realtà italiana, vista attraverso la lente del rapporto tra Italia e Francia, oggi amanti e domani acerrime rivali (non bastano le dispute sulla Gioconda o sul Tricolore, anche la Marsigliese sembrerebbe essere un plagio). In quest’ottica l’opera prosegue ed sviluppa la riflessione sulla Storia cadaverica d’Italia, oggetto privilegiato di studio da parte di Frosini/Timpano.
Il trio, con perfetta intesa, riesce a convogliare una grande energia che tiene il ritmo dello spettacolo sempre incalzante, sostenuto da una gran quantità di materiali strappati all’oblio grazie a uno sforzo non banale di ricerca e recupero. Molta della produzione culturale che ha visto la luce negli anni della Rivoluzione o che vi si è ispirata – tra cui numerosi testi teatrali e una serie tv della RAI sui giacobini – è andata dimenticata nel tempo oppure ha subito una sistematica rimozione, con pochissime eccezioni (come il citato Marat/Sade di Peter Weiss). Questi materiali recuperati, attraverso la viva voce degli attori sconcertano per attualità e forza.
Non si può che domandarsi quanto il fissare la Storia in un libro abbia disinnescato la sua potenza rivoluzionaria: infatti nel mirino finisce anche la celebre Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, che ha rappresentato per generazioni una fonte inconfutabile di verità assolute.
Emerge il ritratto di un’Italia colta da una “dignitosa impotenza”, che porta a lamentarsi ordinatamente sui social e a constatare la deriva della società con distacco: «Scendiamo in piazza a vedere quelli che scendono in piazza?»). Chi prova il desiderio di agire avverte immediatamente la vergogna nel parlare della necessità rivoluzione. Eppure vi è una luce in fondo a questo spettacolo, che di certo aiuta quantomeno a non dimenticare e a ridare valore alla memoria, una luce che si manifesta con un ultimo, luminosissimo flash dei fari che colgono gli attori in posa plastica, in abiti d’epoca. Allora forse sì, qualcosa da dire la Rivoluzione Francese l’ha ancora.

Ottantanove: Marco Cavalcoli con Frosini/Timpano

Ottantanove
drammaturgia e regia Elvira Frosini e Daniele Timpano
con la collaborazione artistica di David Lescot
con Marco Cavalcoli, Elvira Frosini, Daniele Timpano
disegno luci Omar Scala
assistenza alla regia e collaborazione artistica Francesca Blancato
scene e costumi Marta Montevecchi
musiche originali e progetto sonoro di Lorenzo Danesin
organizzazione Laura Belloni
elettricista Marco Guarrera
fonico Lorenzo Danesin
coordinamento tecnico dell’allestimento Marco Serafino Cecchi
assistente all’allestimento Giulia Giardi
cura della produzione Francesca Bettalli e Camilla Borraccino
ufficio stampa Cristina Roncucci
foto Ilaria Scarpa
video documentazione Lorenzo Letizia e Emiliano Martina
immagine del manifesto di Valentina Pastorino
produzione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Kataklisma teatro e Teatro di Roma – Teatro Nazionale
residenze artistiche Istituto Italiano di Cultura Parigi, Città delle 100 Scale Festival
un ringraziamento a Compagnie du Kaïros – France
vincitore della Menzione Speciale Franco Quadri nell’ambito del Premio Riccione 2019
corealizzazione Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Romaeuropa Festival 2021




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