Corpi femminili in movimento a Danae Festival

Gli assoli di Ola Maciejewska, Federica Tardito e Alessandra Cristiani

Pubblicato il 31/10/2022 / di / ateatro n. 186

Danaefestival, 24° anno, a cura di Teatro delle Moire, in diversi spazi della città di Milano, inizia con una settimana intensa e in particolare con due scatti classici, due omaggi profondi e sentiti pur in mondi e immaginari lontani.

Ola Maciejewska, Loie Fuller: une recherche a Danae Festival (ph. Michela Savino)

Ola Maciejewska, Loie Fuller: une recherche a Danae Festival (ph. Michela Savino)

La serata di apertura vede al teatro Out Off di Milano nello sfondo di una cripta greca la visione onirica della danzatrice polacca Ola Maciejewska. Si ispira a Loie Fuller, una innovatrice di fine Ottocento che ha introdotto elementi plastici nei suoi balletti. Tra essi, stoffe, veli e strascichi che amplificano magnificamente il movimento. La performance, scrive Ola nei suoi appunti di regia, esamina i limiti dell’agire umano in relazione a un oggetto in continuo vorticoso movimento. Loie Fuller: une recherche presenta due esercizi, il primo in nero e il secondo in giallo. Ispirato dalla relazione tra lo scultore, strumento umano, e la scultura, forma plastica che continua a esistere oltre l’uomo, lo spettacolo ha la forma di un esperimento scientifico. È un corpo umano che custodisce e genera il muoversi dell’artefatto che la Fuller chiamò a suo tempo “abito da ballo”. Si genera una relazione continua nell’atto dello scolpire. Una danza essenziale inizia da uno spiegamento sul palcoscenico di un’ampia gonna di tre metri di diametro, composta con precisione chirurgica, che prima diviene tappeto e soglia, e poi uno strumento musicale nel suo fruscio e opera dinamica nella scansione dello spazio. Siamo di fronte a una scultura viva.
Ola con furore muove il telo, ci si veste e sveste. È l’incedere gotico di una dama nella sala di un castello o il fiore dell’orchidea nero. Procede poi a un cambio di stoffa, prende un tessuto giallo e oltre a entrare in un altro suono del frusciare, si trasforma in un trionfo primaverile, una farfalla, in altri fiori. Ola vive una relazione fisica con la forma che continua a generare. La performance, che ha debuttato in Olanda nel 2011, continua a essere riproposta con successo. A Milano l’artista ha passato un lungo pomeriggio tra negozi di stoffe milanesi, per toccare con mano i tessuti e assaporare il rumore della seta, il fruscio del rasone o del poliestere, per contattare venditori e fornitori e creare con una stoffa italiana pregiata altre e nuove materie da muovere. I costumi – per così dire – della performance sono di Jolanta Maciejewska e la produzione di Tent Rotterdam, 2011 con Zeebelt Theater.

Altra ispirazione, Cechov: Sonja di Federica Tardito e Aldo Rendina della omonima compagnia è uno studio che i due artisti torinesi perseguono da diversi anni, lei in scena e lui in regia, che la custodisce e la sostiene, costruendo live un tappeto sonoro attento, gradevole, mai casuale.

Federica Tardito in Sonja (ph. Michela Di Savino)

È un lavoro di grande rigore, di estrema precisione, con una Sonia tenerissima che fa innamorare, una poesia incarnata nel corpo. Laddove Ola Maciejewska proponeva la poesia di un oggetto, il velo intorno a sé, qui una minuta figura in cappotto scuro va verso la vita, le piccole gambe e le altissime braccia, gli occhi sgranati. Una tensione continua, fulminea, piena di scatti, ascese e sospiri, un ritmo di corse e pause, molto armonioso. Le atmosfere di Ivanov rievocate da pochi oggetti, dai rumori lontani dei larghi paesaggi sconfinati. Sonia incarna altri archetipi, donne sopraffatte che continuano in realtà a essere romantiche sognatrici, basta l’eco di un passo a evocare distanze.
L’artista polacca riabitava con freddezza un luogo: qui si aggiunge il languore per qualcosa di passato, che irrimediabilmente non c’è più. Federica Tardito ripercorre tutte le fasi di una storia d’amore senza sbocco e inserisce fiocchi di quella follia leggera che talvolta ci prende quando vogliamo amare.

Alessandra Cristiani al Danae Festival (ph. Michela di Savino)

Nella prima settimana di Danae questi due ritratti si affiancano agli omaggi di Alessandra Cristiani, che si espone e quasi sacrifica sé stessa, nei ritratti di tre artisti contemporanei, Schiele, Bacon, Rodin. Nelle sue performance propone una “dislocazione” che porti un altro sentire. Il pubblico è assiepato intorno a un corpo nudo e potente, uno sguardo penetrante, una sfida al suo corpo che la Cristiani continua a costruire. C’è un tormento sacro nel suo essere fredda, algida, in balia di suoni evocativi e allo stesso tempo di quella stanza che, complice la notte e le vetrate alte, assume le sembianze di un luogo privato, intimo. E’ un rito di passaggio per entrare in un fenomeno di creazione, nella potenza del gesto di Alessandra, in un darsi senza remore: ci fa attraversare una soglia, unisce una tensione data dal semplice applicarsi al sentire, al fermarsi nella sospensione del muscolo che si ritira, del corpo che si piega sulla scia della luce e della musica che plasmano la stanza. Sono tre affondi, tre piccoli gioielli di osservazione e di discreta preghiera, perché riesca ancora a esprimersi e agire nella contorsione del fare arte.

Danaefestival.com fino al 6 novembre 2022