Indennità o indeGNità di discontinuità?

Il nuovo Decreto Legge su Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo

Pubblicato il 09/12/2023 / di / ateatro n. 189

Il settore dello spettacolo ha bisogno di una vera riforma strutturale e capillare?
Certamente sì.
Per adeguarsi alle direttive europee.
Per creare quell’humus che impedisca al sistema stesso di collassare su sé stesso nell’immediato futuro.

E’ del 15 luglio del 2022 l’introduzione della legge 106, recante delega al governo per il riordino delle disposizioni di legge in materia di spettacolo. Un riordino del settore che, tra le altre cose, prevedeva l’istituzione della cosiddetta indennità di discontinuità permanente, da rendere attuabile (o meglio attuativa) entro 24 mesi attraverso i ministeri di competenza di Cultura e Lavoro.
Una proposta, quella dell’indennità di discontinuità, fortemente voluta dai lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo per rispondere alle esigenze del riconoscimento della natura discontinua del lavoro nel settore: come in Francia, in Spagna, in Belgio, in Germania e in molti altri paesi europei, è stato chiesto al Governo di investire su un adeguamento non solo economico ma giuridico della propria identità professionale.
La legge dichiarava in breve che i periodi non contrattualizzati dei soggetti che operano nel settore non siano da considerarsi stati di inoccupazione bensì di lavoro non retribuito, poiché comprensivi dello svolgimento di tutta una serie di attività (prove, investimenti di tempo e denaro per la definizione di progetti propri o altrui, formazione, studio della memoria tanto per fare degli esempi), che andrebbero riconosciute e monetizzate: un vero e proprio cambiamento di senso applicato al concetto di lavoro, atteso e auspicato da molto tempo.
Purtroppo per noi, però, il nuovo governo esecutivo ha stravolto l’impianto teorico di definizione dell’indennità come precedentemente proposta e l’ha trasformata in un banale e inutile sostegno economico, quasi un bonus una tantum, tradendo così lo scopo primigenio, pensato ed elaborato attraverso un lungo e complesso processo di confronto fra tutte le associazioni e i movimenti di categoria del settore, sindacati compresi.
Approvato quindi in via definitiva il 27 novembre 2023, lasciando inascoltati i pareri contrari palesati durante ben 78 audizioni in Commissione congiunta Cultura e Lavoro, possiamo dichiarare che il decreto legge sul Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo n. 175 del 30 novembre 2023 sia ormai una realtà, un’amara realtà, sbandierata in maniera propagandistica dal nostro Ministero della Cultura come una soluzione rivoluzionaria e/o importantissimo sostegno al nostro lavoro.

Ci troviamo tra le mani una misura peggiorativa rispetto a quelle già esistenti: criteri di accesso incoerenti, tempi di erogazione inadeguati, fondi insufficienti data la platea dei richiedenti – allargata inspiegabilmente in fase attuativa a soggetti che nulla hanno a che vedere con i comparti direttamente legati alla filiera del processo creativo -, incumulabilità con altre misure di sostegno al reddito che escluderà molto probabilmente tutta quella fetta di lavoratori autonomi che con l’abrogazione dell’Alas, prevista con questa manovra, non potranno nemmeno accedervi.
E i cui costi ricadranno anche su chi non ne potrà beneficiare, con un aggravio non solo per i datori di lavoro ma anche per i lavoratori e le lavoratrici.
Il Governo è andato avanti senza ascoltare, ignorando in modo offensivo le parti sociali, le associazioni di categoria, gli attivisti che da tutti gli ambiti dello spettacolo e da tutte le posizioni hanno a voce unica chiesto il ritiro immediato della misura.
Ora, quale coesione interna del settore possa effettivamente generare questo scontro tra le parti in atto, che è corretto definire un autentico conflitto politico, ancora non lo sappiamo.
Chi si muove e lavora in questo “ecosistema spettacolo” dovrebbe sentire la necessità di unirsi per affermare la propria autorità, la propria identità e palesare apertamente la propria indignazione. Ma sappiamo bene come il coinvolgimento dei singoli su temi quali i diritti e la rappresentanza non sia per niente scontato e forse anche su questa generale, incomprensibile tendenza bisognerebbe molto seriamente riflettere.

Immaginare i prossimi passi per dimostrare di non essersi rassegnati alla stortura che ci è stata imposta non è facile: è notizia del 6 dicembre uno scambio tra sindacati e il ministro Sangiuliano sulla possibilità di continuare un confronto sul tema indennità che, dopo la pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”, sembra piuttosto inutile nell’immediato.
E’stata inoltre creata dal Coordinamento Discontinuità, gruppo che riunisce forse per la prima volta numerosissimi soggetti che da sempre si occupano di diritti dei lavoratorX dello spettacolo, una petizione on line ad hoc su Change.
Molti e molte tra noi vivranno nei prossimi giorni un disagio nel realizzare quanto realmente è successo, causato nella maggior parte dei casi per non essersi in precedenza informati a dovere, nonostante l’enorme e volontario sforzo attivato in tal senso.
Per immaginare tutta una serie di riforme strutturali e sistemiche non rimandabili, per definire una volta per tutte le figure professionali e investirle di riconoscibilità è necessario che queste figure, questi lavoratorX, sostengano concretamente il processo in atto non solo osservandolo o peggio ignorandolo, ma aderendo consapevolmente ai suoi legittimi principi.
Lo sappiamo bene che per operare cambiamenti veri servono le persone.
Senza le persone non andremo da nessuna parte.

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