Senza parole
Cinque domande a Giovanni Guerrieri
Come nasce l’idea di questo Orfeo senza parole?
Lo spettacolo nasce dall’idea dei Maggi, i maggi della tradizione popolare, il tema del canto propiziatorio, poi è diventato tutta un’altra cosa, il mito di Orfeo; non abbiamo puntato sullo sguardo ma sul respiro. Questo Orfeo lo definisco un esperimento estremo sulla sospensione; il tema è la rappresentazione del dolore senza la retorica del pianto, ma è un esperimento pur sempre sulle nostre corde, c’è il comico anche se la dimensione del dramma prende il sopravvento. Il comico non risolve mai, è sempre sospeso. La tematica tragica è dichiarata sin dal principio, e non c’è un’evoluzione, o un capovolgimento di alcun tipo.
Questo Orfeo è anche un po’ Amleto che rinuncia al lamento, al “pianto rituale”…
Come anche negli altri spettacoli ci sono i riferimenti, le citazioni, negli altri spettacoli erano evidenti, mostrati, propagandati come nel Riccardo III, o nell’Otello, qua direi che sono più interiorizzati, quasi “metabolizzati”. Orfeo è anche Amleto nella misura di un dolore che non si può mostrare: si possono mostrare, come dice Amleto, le mille retoriche del dolore, i pianti, i sospiri, i gemiti. Il problema a teatro è come esprimerlo. Alcuni spettatori hanno avuto una reazione particolare: non si aspettavano da noi, che proveniamo dal teatro comico, qualcosa di così estremo e non lo hanno accettato. Ma questo spettacolo forse vuole essere proprio una svolta rispetto al nostro modo di lavorare.
Il Faust e Il teatrino di San Ranieri.
C’era l’idea di lavorare su altri temi, andare a scavare nella storia e Pauperis Oratorium Christi è un po’ questo; c’è il Faust-Gesù, l’angelo e il diavolo, l’iconografia medioevale, un po’ blasfemo, dilatato, sospeso, al contrario di questo Orfeo, partiva in maniera tragica e finiva nel comico, io evocavo il diavolo e il diavolo entrava. Ma il diavolo era o’malamente interpretato da Enzo Illiano che è napoletano e poi sketch comici. Quindi l’inizio pseudotragico viene comunque ribaltato.Nell’Orfeo si inzia così e si finisce così. Dal tragico al tragico. Non c’è un tentativo di spiazzare rispetto a una scelta formale. Per il Festival di Santarcangelo avevamo proposto Il teatrino di San Ranieri, uno spettacolo itinerante, un teatrino che si trasformava, molto “energetico”, noi eravamo una specie di Armata Brancaleone che parlava con linguaggio medioevale, mentre si percorreva una sorta di Via Crucis col santo pisano. San Ranieri è un santo guerriero, guerrafondaio e quindi c’è un “mescolone” tra santità e guerra; il santo che sarebbe riuscito ad “aprire le acque” per portare i pisani in Terrasanta!, te tu te l’immagini i pisani in Terrasanta?
Marmocchio con Carlo Monni nel ruolo di Geppetto.
Lo abbiamo rappresentato nello scorso agosto alla Cava Borrella in Garfagnana sopra Vagli. Tutto è nato per caso. Noi per il giugno pisano si rappresentava una farsa di strada sugli anarchici. C’erano dei luoghi deputati dove si raccontava questo episodio mai esistito, mai avvenuto della preparazione di un attentato. Rispetto all’attentato del Bresci la variante era che c’era un gruppo di anarchici pisani piuttosto disastrati che cerca di fare un attentato al re che poi alla fine risulta una cosa paradossale. Gli organizzatori di questa manifestazione alla Cava Borrella ci chiamarono per farcelo rappresentare. Il caso puro. Noi si andò il primo maggio dell’anno scorso a vedere la cava e francamente non era possibile. Invece da lì, per simpatia reciproca, ci chiesero di proporre un’altra cosa, è nata così l’idea del Marmocchio, il marmocchietto, il burattino di marmo. Con la collaborazione fondamentale della banda che suonava musiche alla Goran Bregovich, abbiamo creato un bel clima.
Tu facevi il narratore in scena …
E il tutore del Monni. Mi sarebbe garbato anche fare qualcos’altro anche dal punto di vista della funzionabilità dello spettacolo, con qualcuno che aveva sott’occhio sempre tutta quanta l’organizzazione. Il Monni si dimenticava la parte, mi guardava durante lo spettacolo e mi diceva sottovoce: “Allora, che devo dì?”. Tutto ‘osì….
Anna_Maria_Monteverdi
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