Il travolgente circo femminista delle Josianes vola sulla Martesana

Josianes ou l’Art de la résistance in prima italiana al Fuori Asse Festival 2022

Pubblicato il 17/09/2022 / di / ateatro n. 186

Il retropalco di Josianes ou l’Art de la résistance alla Martesana per Fuori Asse (ph. Alessandro Villa)

Un condominio a due piani si affaccia sull’Anfiteatro Martesana, l’intonaco giallo e le persiane grigio chiaro sono ancora incassate. Davanti a “Chez Josianes”, il ristorantino al piano terra, dondola una lavagnetta che recita: “Chiuso per dolori mestruali”.
Dietro la palazzina tra impalcature, corde e moschettoni penzolano le Josianes, le ragazze del collettivo femminile scelto per l’evento di chiusura del Fuori Asse Festival 2022, organizzato da Quattrox4 in collaborazione con Cascina Martesana e Heracles Gymnasium.
Obiettivo della tre giorni, nata in seno al progetto Oltre la cerchia! Circo e oltre, è di presentare spettacoli di circo contemporaneo in forma del tutto gratuita, provando a coinvolgere un pubblico variegato per età, cultura, generazioni e speranze.
“Questa è la storia di una francese, di una belga, di un’argentina e di un’americana”, un’abat-jour affacciata al secondo piano dà il via allo spettacolo che si presenta sin da subito come una fusione divertita tra alto e basso, terra e aria, danza e acrobatica aerea, ironia e impegno.
Le quattro autrici e interpreti, Clara Perpignan (in sostituzione di: Maria del Mar Reyes), Una Bennett, Betty Mansion e Julia Spiesser, provengono da percorsi differenti, coreutici e circensi. Due di loro (Bennet e Perpignan) sono diplomate presso la prestigiosa École Nationale de Cirque di Montreal. “Siamo state delle privilegiate”, raccontano in un momento di pausa durante le prove, “la scuola è molto costosa e i corsi finiscono per essere frequentati quasi esclusivamente da bianchi e ricchi”. Mansion e Spiesser, entrambe danzatrici e coreografe, acconsentono, estendendo al loro settore il discorso delle compagne.
Se la formazione artistica è differente, una forte coscienza politica accomuna il gruppo. L’idea di costituirsi in un collettivo nasce dal desiderio di evidenziare il proprio status di autrici e di creare dei ruoli capaci di raccontare il femminile senza mediazioni. “Avevamo bisogno di ritagliarci il nostro spazio di libertà”, afferma Spiesser, e sottolinea il desiderio condiviso di utilizzare il linguaggio del circo come strumento di resistenza, per rivendicare ideali e battaglie coraggiosamente sospese tra humor e atletismo.
“Quando dico cose complicate, nessuno mi prende sul serio”, grida Bennet mentre esegue il suo numero di corda. Il pubblico la segue con il fiato sospeso ed è con lei quando ribadisce con forza il suo diritto al dissenso. Storie private e collettive si intrecciano nel corso della pièce, intramezzata da momenti danzati, semplici ma coinvolgenti. Swing francesi e flamencos rendono il tappeto sonoro sempre scherzoso, la voce di una radiolina recante estratti di pubblicità e Tg nazionali, coniuga al presente le atmosfere retrò: “In Italia l’iter legislativo che portò all’approvazione della riforma dei reati in materia di violenza sessuale ha abbracciato l’arco di ben cinque legislature”. Tutto vero.
La presenza di questi inserti, adattati per la prima volta a un pubblico italiano, preoccupano le interpreti che, prima di entrare in scena, si interrogano sulla qualità delle loro traduzioni: “Lo spettacolo è in francese, inglese e spagnolo”, raccontano, “ma per questa occasione abbiamo scelto di tradurre alcune parti in italiano. Per noi è fondamentale che il messaggio politico sia perfettamente comprensibile”. La risposta del pubblico sembra non lasciare spazio ai dubbi ma, come sempre, più ancora delle parole sono i corpi delle artiste a incarnare con maggior efficacia i propositi dello spettacolo.

Josianes ou l’Art de la résistance alla Martesana per Fuori Asse (ph. Alessandro Villa)

Josianes ou l’Art de la résistance alla Martesana per Fuori Asse (ph. Alessandro Villa)

L’immagine di apertura della sequenza finale, con le ragazze in piedi sul tetto dell’edificio, diventa istantaneamente manifesto di una sorellanza universale stagliata tra le ultime luci del tramonto.
Una sequenza di danza verticale, eseguita sulla facciata della palazzina, stempera la tensione; per Spiesser la vertical dance è il terreno su cui tutte le loro differenze finiscono per incontrarsi: la sospensione aerea e i movimenti sinuosi delle braccia si combinano alla forza di addome e gambe, l’unione di circo e danza si celebra a svariati metri da terra.
Intrepide e spericolate, le artiste chiudono il loro spettacolo intonando Canción sin miedo, inno femminista contro la violenza e i soprusi:

“Hoy a las mujeres nos quitan la calma / a noi donne oggi tolgono la calma
Nos sembraron miedo, / hanno seminato paura,
Nos crecieron alas. / ci sono cresciute ali.”

L’anfiteatro esplode in applausi sentiti, le protagoniste si affrettano a fare gli inchini per poi indossare dei grembiuloni fiorati e iniziare a offrire limonate e abitini vintage al pubblico che si appresta a lasciare gli spalti.
Il patto tra scena e spettatore può dirsi riuscito, le artiste sono ora delle creature familiari: lo dice la qualità dei veloci dialoghi che intercorrono tra una bibita fresca e l’altra. Disinvolte e sorridenti le Josianes hanno conquistato il loro primo pubblico italiano.

Per la riuscita dello spettacolo, una parte non indifferente di merito va riconosciuta al gruppo organizzatore, Quattrox4 in primis, che da anni investe sulla formazione del pubblico, in particolare quello dei quartieri fuori dal centro di Milano. Insieme a Heracles Gymnasium e Cascina Martesana, Quattrox4 ha lavorato al bando Milano è viva nei quartieri, per valorizzare la ‘vitalità’ senza appiattire l’essenza dei municipi periferici.
La profondità della ricerca degli artisti circensi di oggi, insieme all’innata capacità di coinvolgimento del linguaggio della tradizione, ha fatto tutto il resto: unire il popolare all’autoriale e rendere la proposta artistica un “fatto sociale totale” (Mauss, 2002). Questo l’obiettivo di Fuori Asse: creare un festival che sia un “dono”, da intendersi in un’accezione del tutto priva della concezione utilitaristica che la società dei consumi ha attribuito al termine. «Il dono», scrive Marco Aime introducendo il Saggio sul dono di Marcel Mauss (1924) nella sua ultima versione (Einaudi, 2002), «implica una forte dose di libertà». «Il dono», continua citando Guy Nicolas, «sta al mercato come la festa sta alla vita quotidiana, il lusso all’utile, il sacro al profano». Verrebbe da aggiungere: come il circo sta al teatro.




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