L’ETI oggi: un ente inutile?
da Retroscena: il sistema teatrale italiano nell'era Berlusconi in "Hystrio" 1/2004
Tutti sapete che, ma non guasta ricordare, nel 1942 viene costituito lEnte Teatrale Italiano per la cultura popolare, con lo scopo di promuovere ´lincremento delle attività teatrali e di pubblico spettacolo nel quadro delle direttive fissate dal Ministero della Cultura Popolareª. Dal dopoguerra e fino ai primi anni Settanta arriva a gestire fino a 180 sale, acquisisce la proprietà dei teatri della Pergola a Firenze, e del Valle di Roma, dove opera con gestione diretta anche al Teatro Quirino, come a Bologna, al Duse. Significativa la sua presenza anche a Napoli, con il San Ferdinando e a Bari, con il Piccinni. Le trasformazioni del sistema teatrale italiano negli anni Settanta danno uno scossone anche allente: lazione crescente e congiunta di compagnie, soprattutto cooperative e enti locali (che spesso riprendono la gestione diretta delle sale), la nascita dei circuiti teatrali territoriali, le prime decise politiche regionali a sostegno del settore, determinano una crescita vertiginosa dellattività, mettendo in crisi la stessa funzione dellEti, che rischia di finire fra i cosiddetti “enti inutili”. Ma, mentre tutto il teatro italiano si aspettava una legge organica per il settore (prevista entro il 1979 con decreto), ´nel 1978 il legislatore citiamo dal sito ufficiale dellEti – prendendo atto del radicale cambiamento del teatro italiano, con la Legge n. 836 del 14.12.1978 riforma lEnte, con lo scopo di “promuovere nel quadro delle direttive emanate dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo, lincremento e la diffusione delle attività teatrali e di pubblico spettacolo nel territorio nazionale e allestero”‘. Cosa cambia? Non si chiede più allEti di gestire direttamente i teatri (fatta eccezione per quelli di proprietà e in uso), ma di svolgere una funzione di “coordinamento” della distribuzione e soprattutto di operare in collaborazione con i circuiti regionali; inoltre di ´svolgere attività di promozione, programmazione e, ove occorra, gestione diretta dei teatri nel Mezzogiorno e nelle isole’; e ancora scambi con lestero e documentazione. Le forze nuove del teatro italiano sono consapevoli che i compiti individuati sono quanto meno vaghi, ma prevale la convinzione che si definiranno in corso dopera, anche perché la riforma prevede ´un consiglio di amministrazione composto da 21 membri nominati dal Ministro del Turismo e dello Spettacolo e si configura come un vero “parlamento del teatro nazionale”, in cui siedono rappresentati degli enti fondatori, delle categorie teatrali, dei sindacati, delle regioni’. Insomma si pensa di praticare con successo quello che allora si chiamava “entrismo”, e pochi anni dopo “pratica consociativa”. LEnte opererà adeguando un po i metodi, lattività distributiva resterà di fatto prevalente, ma attuata attraverso forme di convenzione con enti locali e circuiti, e la scelta delle compagnie si adeguerà quel tanto necessario. Ma è proprio limpostazione “rappresentativa” che porterà al commissariamento.
Dal commissario straordinario a un “golpe” legalizzato
´Nel 1993 leggiamo ancora nel sito Eti – a seguito dellabrogazione, attraverso referendum, della legge istitutiva del Ministero del Turismo e dello Spettacolo (Decreto Presidenziale n. 175 del 5.6.1993) le funzioni del soppresso Ministero vengono trasferite in parte alle Regioni, in parte alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (
) Vengono sciolti gli organi statutari dellEnte e nominato un commissario straordinario’. Il Decreto n. 394, infatti, considera incompatibile lappartenenza agli organi dellEnte unattività professionale che pregiudichi limparzialità. LEti commissariato, paradossalmente, riesce in qualche misura a voltare pagina, naturalmente sempre come braccio esecutivo del ministero. Con la presidenza di Renzo Tian e la direzione di Giovanna Marinelli lattività, che già negli anni a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e primi Novanta aveva dimostrato segni di una sensibilità nuova, si sposta più decisamente verso la promozione, ovvero il sostegno della aree “deboli” (ricerca, ragazzi, drammaturgia), progetti speciali per il Sud, rapporti internazionali, progetti speciali di formazione, protocolli di intesa e altro. La programmazione delle sale resta tuttavia limpegno prevalente in termini di bilancio, anche se innovazioni sostanziali possono essere colte nella gestione della Pergola e del Valle, ad esempio. » certo che lEti torna a essere un punto di riferimento del sistema e della sua evoluzione. Negli anni del centro sinistra (cioè dal 1996 alla primavera del 2001) il mondo teatrale nel suo complesso, a partire dalla necessità di chiudere una gestione “commissariata” che durava ormai da troppi anni, si aspettava una riforma generale dellEti, in collegamento con la revisione delle competenze fra Stato e Regioni e i nuovi assetti normativi attesi per il settore. SullEti del resto avevano puntato molto i ministri Veltroni e Melandri, tanto che il progetto legge di ispirazione governativa sul teatro di prosa (approvato nel 99 dalla Camera), ne prevedeva (contro il parere negativo di quasi tutto il teatro italiano, e forse anche contro il buon senso), lautorevole trasformazione in un organismo cardine dellordinamento ipotizzato: il Centro Nazionale per il Teatro. Ma le cose sono andate in modo molto diverso. Il primo atto del governo Berlusconi è la nomina a commissario di un “mito” del teatro italiano, limpresario Lucio Ardenzi (scomparso dopo pochi mesi): lautorevolezza del personaggio è fuori discussione, ma la scelta rappresenta una presa di distanza molto forte rispetto alle linee degli ultimi anni. Ma soprattutto, listituzione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che esercita vigilanza sullente, consente per decreto lapprovazione di un nuovo statuto, che si verificherà nel marzo 2002. Il nuovo governo esercita una facoltà cui il precedente aveva rinunciato in previsione della futura legge. Un po come nel 78, la storia si ripete: quando ci si aspetta un disegno normativo organico, che guarda caso dovrebbe rafforzare il ruolo delle regioni, lEti viene riformato (e tutto il resto può attendere). E questa volta cosa resta e cosa cambia? Lunica sostanziale novità sembrerebbe lallargamento al settore della danza, nella definizione delle funzioni; appare però anche il termine “tradizione”, e con toni un po troppo espliciti per un articolo generale, lindicazione di accordi con le emittenti televisive. Resta naturalmente confermata la funzione di braccio esecutivo del ministero, anzi, è rafforzata. Le innovazioni più significative riguardano infatti le modalità operative e la composizione del consiglio di amministrazione, tutto scelto dal Ministero, che dura in carica tre anni, è composto dal presidente e quattro membri, ´individuati tra personalità di elevata professionalità, con particolare riguardo ai settori di attività dellEnte e con comprovate capacità organizzative e amministrative’ e ´eventuali interessi personali e diretti relativi allo svolgimento di attività imprenditoriali ed artistiche nellambito del teatro e della danza costituiscono elemento di incompatibilità con le funzioni di consigliere’ (art. 11 dello statuto). Forse perché il passaggio da 21 a 4 oltre al presidente (e tutti nominati dal Ministero) è davvero repentino, si sente la necessità di affiancare due organismi allargati consultivi: una Consulta territoriale e una Consulta tecnico-artistica (art. 13). Da un lato si conferma lesclusione della gestione “attiva” dei settori interessati, dallaltro se ne prevede la consultazione anche ´per supportare lattività di osservatorio dellente stesso’. Questi organismi sono impossibili da comporre se non in termini verticistici. Potremmo sbagliarci, ma su questo punto crediamo che la nuova gestione dellEti sia (forzatamente ma comunque) inadempiente: sul sito non troviamo traccia della formazione e composizione di queste “consulte”, se non con riferimento a una “commissione danza”, intesa come parte di quella “tecnico artistica” (che ha in effetti collaborato a progettare i primi passi dellEnte a favore di questa disciplina). Sappiamo che anche al teatro “di innovazione” è stato chiesto di mandare propri rappresentanti per collaborare a gestire i primi interventi concreti per il settore, e che lassociazione ha optato per indicare degli esperti (che hanno in effetti collaborato a dividere una torta molto magra). E’ ormai passato un anno e mezzo dalla “riforma” e dovremmo essere in grado di dare le prime informazioni e valutazioni delloperato dellEnte, presieduto da Domenico Galdieri (operatore di vasta esperienza e competenza, attivo in particolare nellarea dellimpresariato privato, come il suo predecessore), affiancato da 4 consiglieri e da un direttore generale, Angela Spocci, precedentemente del tutto estranea agli ambienti operativi del teatro di prosa. Difficile però cogliere vere e proprie linee programmatiche (solo convinte perorazioni sulla funzione delle “belle arti” nel mondo). Del resto non potrebbe forse essere diversamente, visto che lente si trova di fronte ai brillanti ossimori del ministro Urbani: ´valorizzare la tutela delle tradizioni teatrali nazionali, popolari e locali, promuovendo il rinnovamento dei linguaggi artistici, la valorizzazione delle lingue dialettali e linterdisciplinarietà delle arti’).
Contributi ordinari davvero straordinari
E’ dobbligo riferire di una situazione finanziaria molto grave che sarebbe dovuta ad un errore nelle scritture di bilancio delle precedenti gestioni (gli abbonamenti dei teatri sarebbero stati imputati secondo criteri “di cassa”, anziché “di competenza”) e allincidenza del costo del personale. Non entriamo nel merito se non ricordando che lEti ha percepito i seguenti contributi: 2001 – Contributi ordinari: 9.037.995,73 euro. 2002 – Contributi ordinari: 10.296.224,00 euro (con un incremento pari al 13,9%), oltre a contributi “extra Fus” (finalizzati) di 2.817.211,00 euro. 2003 – Contributi ordinari 9.474.000,00 euro (questo non significa che i contributi siano stati ridotti, perché non si può ancora risalire agli straordinari Fus e extra Fus per lanno in corso). A nostro parere questa dotazione è molto alta rispetto allattività che lEnte sviluppa, e che sta anzi riducendo; il problema contabile sollevato dovrebbe essere noto da un po (perlomeno dalla chiusura di bilancio dellesercizio 2001), e la soluzione non può passare attraverso eventuali incrementi contributivi, ma da una revisione generale della gestione (come farebbe doverosamente qualunque privato), se non si vuole rischiare di tamponare la falla per ripresentarla al prossimo cambio di governo, o di direzione. Dal punto di vista dei teatri direttamente gestiti, si è potenziata ´la permanenza di alcune fra le più importanti compagnie di tradizione (al Quirino si è ottenuto un incremento del pubblico e degli incassi del 27%)’ (Galdieri sul “Giornale dello Spettacolo” del 14/11/2003). Il Valle non ha visto confermata la linea fortemente innovativa impressa da Tian-Marinelli e non ha trovato una sua strada (anche se si sottolinea limportanza delle presenze internazionali): forse per questo il Teatro di Roma vorrebbe gestirlo (dichiarazioni di Albertazzi e Forlenza). ´Lattenzione alle compagnie di ricerca’ ha portato a una convenzione con il Teatro Vascello (stabile di innovazione): dove in effetti cè di tutto di più, con, pare, risultati piuttosto soddisfacenti. Il sostegno alla danza è partito lentamente e in scala ridotta (programmazione in 9 località con 11 compagnie, che verranno alternate nei prossimi anni, oltre a gala inaugurale, presenze allestero e ospitalità internazionali, sostegno a poche manifestazioni già esistenti). Gli interventi nel campo della formazione si sono spostati (come da indicazioni ministeriali), verso lAccademia dArte Drammatica “Silvio dAmico” (ma ci sembra di capire che risentono molto delle difficoltà finanziarie). Per quanto riguarda il sostegno allinnovazione, al teatro ragazzi, allattività dei circuiti e ai diversi ambiti compatibili con le funzioni dellente, lEti ha emanato un documento Criteri per la concessione di contributi (anno 2003). I contenuti e i metodi illustrati nella prima parte (incluso il criterio del “bando”), potrebbero essere interessanti, in quanto orientati a una valutazione di specifici progetti. La seconda parte però, annulla i presupposti, indicando requisiti di ammissione che riproducono quasi alla lettera quello che già chiede il ministero ai soggetti in questione e configurando nella sostanza queste collaborazioni come finanziamenti aggiuntivi a quelli già assegnati.
In effetti riteniamo che, senza una propria progettualità autonoma, lEti non potrà recuperare una funzione originale e “utile” al sistema. Anche per quanto riguarda il Sud, non siamo stati in grado di individuare linee precise (da quando si è chiusa lesperienza delle aree disagiate). Ma il vero problema è che lentità del finanziamento che lEti destina a questi contributi è irrisoria e temiamo che non ci sia da stare allegri per il futuro (sempre che limpostazione venga confermata). Non ci resta in conclusione che dare atto di una “voce” partita dallinterrogazione di un consigliere regionale della Toscana e che occupa molto i quotidiani fiorentini: le difficoltà finanziarie porterebbero a mettere in vendita il gioiello di famiglia, la Pergola. Per quanto smentita, la voce desta autentiche preoccupazioni perché, forse non a caso, una delle novità dello statuto riguarda proprio questa materia. Articolo 3, “Teatri di proprietà o in gestione dellEnte”: ´I teatri attualmente di proprietà o in gestione dellEnte potranno essere dal consiglio di amministrazione dellEnte progressivamente dismessi (…)’. Non sappiamo se augurarci un intervento del Comune di Firenze e della Regione Toscana, o se questo vorrebbe solo dire scaricare sugli enti locali i costi dellimmobile, e di una gestione troppo costosa. Oppure se auspicare un passo indietro deciso, di 25 anni, e chiedersi se non sia il caso di valutare una per una con obbiettività le funzioni dellEnte, come le assolve e quanto costano, se sono nazionali o locali, se altri potrebbero assumerle e così via, e, forse, arrivare alle conclusioni che è meglio rimettere in circolo mezzi e energie e sciogliere, con cinque lustri di ritardo, un ente “inutile” e forse anche dannoso.
Mimma_Gallina
2004-01-13T00:00:00
Tag: Ente Teatrale Italiano (38), ETI (40)
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