Teatro-video-tecnologie

Dal catalogo di Riccione TTV 2004 expanded theatre

Pubblicato il 16/05/2004 / di / ateatro n. 069

CONFERENZE E DIBATTITI
Negli ultimi anni sono proliferati in tutt’Italia momenti di discussione pubblica e laboratori aperti sulle tematiche innescate dai nuovi linguaggi tecnologici in relazione al teatro. Se a Parigi l’’italianissimo Emanuele Quinz organizzava per l’’associazione Anomos, Les nouvelles écritures scéniques al Centre Pompidou (Ottobre 2003) con una particolare attenzione a Le théâtre dans la sphère du numérique con Franck Bauchard, Béatrice Picon-Vallin, Christopher Balme, Florence Laly e Ludovic Fouquet, in Italia il Cimes di Bologna proponeva una giornata di incontri e proiezioni su Lo schermo e lo spazio (Novembre 2003) a cura di Gerardo Guccini e Guglielmo Pescatore sul legame tra il cinema delle origini, il video e il teatro (da Fregoli a René Clair; da Josef Svoboda, a Luca Ronconi, allo Squat Theatre), con interventi di Michele Canosa, Franco Brambilla, Paolo Rosa e Valentina Valentini.

L’Accademia di Belle Arti di Macerata, che ha attivato recentemente l’insegnamento di Video e teatro, ha ospitato invece quattro incontri (maggio 2003) sulla documentazione videoteatrale (a cura di Silvana Vassallo e Giacomo Verde) con Stefano Franceschetti e Cristiano Carloni e Nico Garrone; il Politeama di Cascina (Pisa) ha ospitato il convegno Teatro, educazione, innovazione con un modulo laboratoriale per insegnanti su Teatro e nuove tecnologie coordinato da Andreina Di Brino, con interventi di Luigi Ceragioli, Renzo Boldrini, Stefano Laffi, Giacomo Verde.

Giornate dell’Etica-Teatro e nuove tecnologie
(Castiglioncello, 2-5 dicembre 2003).
A Castiglioncello (Livorno) Alessio Pizzech e Massimo Paganelli per Armunia hanno ideato e organizzato le Giornate dell’etica coinvolgendo alcuni tra i più importanti gruppi della Toscana che lavorano con le nuove tecnologie, video e interattive. I gruppi hanno presentato spettacoli creati o ri-creati per un pubblico giovane e giovanissimo e hanno offerto spunti di riflessione tecno-estetica. Gli spettacoli in questione erano: Storie mandaliche 2.0 di Zonegemma; lo spettacolo sfrutta efficacemente le potenzialità della scrittura ipertestuale e delle immagini in animazione FlashMx mentre la narrazione è modificata sul momento dalle scelte della platea in corrispondenza di ogni bivio iper-narrativo; CCC (children cheering carpet) del Teatro di Piazza e d Occasione ideato da Davide Venturini con la collaborazione di Francesco Gandi, Martin Von Gunten, Paola Beltrame, Rossano Monti; si tratta di uno spazio di «gioco teatrale condiviso» composto da un tappeto interattivo, un videoproiettore e sensori invisibili posti a terra; il movimento di uno o più persone all’interno del tappeto genera suoni e immagini che sono l’armamentario di un racconto di viaggio in Giappone tra i colori e le forme di un giardino Zen. Sogni (parte V de Il migliore dei mondi possibili, vincitore del premio Ubu 2003) di Roberto Castello-Aldes: “Spettacolo come un piccolo trattato di etica applicata” (R.Castello). Dg Hamelin di Renzo Boldrini e Giacomo Verde per Giallo Mare Minimalteatro, ovvero una tecno-rilettura della fiaba del pifferaio magico tra avidi cyberarchitetti, autostrade informatiche ed eroici piccoli hacker. Possiamo ricordare alcuni temi e alcune parole chiave dei vivaci dibattiti animati dalla presenza del musicologo Carlo Serra, dell’antropologa Paola Bora, della studiosa di drammaturgia contemporanea Concetta D’Angeli e del filosofo Maurizio Iacono: si è parlato della necessità di un’abitudine non banale al tecnologico (pratico e immaginativo), della necessità di sviluppare un “agire comunicativo” (regolato da norme) e del rischio di un “troppo pieno” (drammaturgico e tecnologico), che non lasci spazio alla possibilità di un intervento creativo del pubblico. Se il ruolo dell’artista è quello di “innescare processi” (creativi, comportamentali, sociali) solo in parte prevedibili, l’opera d’arte diventa un oper/azione aperta e un viaggio collettivo di cui non si conosce la destinazione. L’artista deve creare le condizioni più adatte per un’esperienza, intima e comune, riflessiva e socializzante che sia da un lato di gioco ma anche di codici, di segni, di spazi, di nuove e immateriali architetture; un’esperienza collettiva e condivisa di emozione sensoriale, di contemplazione estetica, di concentrazione interiore, di interrogazione etica ma anche di azione e competizione. Attraverso l’opera si deve sviluppare un’esperienza di interazione consapevole giocata su un’attitudine al riconoscimento, alla memorizzazione, alla concentrazione. La struttura drammaturgica si trasforma e il racconto diventa un pretesto, un avviso per gli utenti, una guida un po’ invadente o un “libretto di istruzioni per il computer,” oppure un’architettura ipertestuale, complessa e ramificata dove la storia è solo uno dei tasselli di un’infinità di storie possibili. In epoca di digitale nasce una nuova “oralità” in cui il tecno-rapsodo «attiva con il pubblico un coinvolgimento dove tanto il bambino quanto l’adulto sono perfettamente consapevoli di partecipare a un gioco di verità giocato sull’emozionante confine del credere e del non credere» (Iacono).

EVENTI VIDEOTEATRALI
Michele Sambin al Festival Invideo (Milano, novembre 2003)
Il Festival Invideo 2003 ha dedicato una retrospettiva all’artista padovano Michele Sambin. Musicista e artista visivo completo, Sambin ha contraddistinto fino a oggi il suo straordinario percorso sulla base di un continuo e fecondo attraversamento di linguaggi: pittura, musica, cinema, video, con travasi e innesti originali dagli uni agli altri. Sin dagli anni Settanta l’artista creava delle performance sonore a partire dall’immagine impressa sul videonastro che diventava così partitura, mentre con il videoloop creava eventi performativi potenzialmente infiniti. L’orientamento estetico ispirato al rapporto immagine-suono per le videoinstallazioni e le performance oltre che l’esperienza di musicista, si riveleranno fondamentali nella definizione della nuova composizione scenica degli anni Ottanta: non rinunciando alla musicalità e alle tecnologie audiovisive Sambin da solo o con il Tam teatromusica, ha continuato a privilegiare ideologicamente il tempo reale e la condivisione di procedimento, l’arte dal vivo e il rapporto diretto con lo spettatore. Il percorso più attuale (con l’ensemble Tam/Oikos/East Rodeo) riporta l’artista in scena con alcuni spettacoli storici come Se San Sebastiano sapesse, solo per violoncello e frecce del 1984. Ma il solo diventa oggi a vent’anni di distanza, una moltitudine: corpi, strumenti e linguaggi si alternano, si sommano e interagiscono tra loro con musica, video e pittura digitale. Sambin sta lavorando anche a Tableau sonnant, letteralmente quadro che suona (giocando sull’assonanza tra vivant e sonnant e sull’ossimoro sinestetico di una superficie inanimata, pittorica che prende suono, animandosi). l’artista li definisce «una nuova forma per il teatro (…) i corpi, la musica, il video, la pittura digitale producono un inestricabile sistema di segni capace di generare visioni emotive». I tableau sonnant hanno breve durata dai 5 ai 15 minuti e sono costruiti rigorosamente live: «E’ strano, pur utilizzando mezzi che facilmente porterebbero ad una registrazione dell’evento, a me piace utilizzare la tecnologia soprattutto per amplificare le possibilità del qui e ora tipico del rito teatrale. Ripensando al mio percorso, vedo che c è un progressivo abbandono dei supporti di memoria per attivare, aiutato dalla tecnologia, il gioco diretto con la memoria soggettiva dello spettatore».
www.tamteatro.it

LIBRI-RIVISTE E SITI WEB
Il panorama editoriale relativo al rapporto tra tecnologie e teatro si è notevolmente sviluppato in Italia in questi ultimi due anni. La richiesta di manualistica da parte delle Università, delle Accademie di Belle Arti e dei sempre più numerosi Dams e MultiDams, ha fatto sì che alcune case editrici specializzate (Carocci, Nistri-Lischi, Ets, Titivillus, Marsilio) proponessero titoli di grande interesse per insegnamenti multidisciplinari (tra cinema, video e teatro). Antonio Pizzo ha dato alle stampe Teatro e mondo digitale (Marsilio, 2003), su teatro e computer science, proponendo un excursus «storico» su registi e opere teatrali legati all’interattività e al web. Pizzo prende l’avvio, oltre che da studi specialistici di matrice anglosassone, dal brillante lavoro teorico di Janet Murray (Hamlet on the Holodeck, clamorosamente ancora inedito in Italia) e propone un importante percorso di ricerca intorno alla drammaturgia procedurale e all’attore artificiale. Tra gli spettacoli analizzati nel dettaglio, il più illuminante esempio di teatro interattivo, The Adding Machine di Mark Reaney che utilizzava un ambiente virtuale (VED-Virtual Environment Driver). Per Carocci è uscito quest’anno il volume di Maia Borelli e Nicola Savarese Te@tri nella rete, con uno sguardo molto allargato su tutte le possibilità di contatto del teatro con le tecnologie on line e off line: dal videoteatro al videodocumentario teatrale al film ispirato al teatro, alle tecno performance. Silvana Vassallo e Andreina Di Brino hanno curato il volume degli atti del convegno tenutosi a Pisa alcuni anni fa Mediamorfosi. Arte tra azione e contemplazione (Ets, 2004), con fondamentali materiali di studio e approfondimento su installazioni, ambienti e performance interattive nonché interventi di natura critico-estetica (Gilardi, Studio Azzurro, Canali, Verde, Camurri, Boyle, Lischi, Longo). In libreria per Garzanti (settembre 2004) Le arti multimediali digitali di Andrea Balzola-Anna Maria Monteverdi, con saggi di numerosi artisti e critici; un’ampia sezione è dedicata ai «precusorsi» della scena-immagine e alle scenografie virtuali. l’intento è quello di ricostruire una storia del multimediale a partire da Wagner e dall’utopia dell’Opera d’Arte Totale e offrire approfondimenti sugli indirizzi estetici che, a partire dal digitale, hanno segnato la nuova produzione artistica. Allargando questa breve rassegna anche a riviste specializzate, cartacee o on line, ricordiamo l’intervista al collettivo statunitense Critical Art Ensemble, punto di riferimento dell’attivismo politico digitale mondiale fatta da Alessandro Ludovico, esperto di media e di e-sound, su «Neural» 2003 (www.neural.org). «The streets are dead, they are dead capital!»: questo uno dei loro più famosi slogan. E nel mondo della rete, dei flussi informatici che si sono trasferiti i nuovi poteri economici, e quello sarà dunque il futuro luogo della protesta ed il teatro della nuova disobbedienza civile, il luogo di un rekonmbinant, digital, e tactical theatre. Tematica ripresa ideologicamente da numerosi collettivi di hacker art tra cui l’Electronic Disturbance Theatre di Ricardo Dominguez, strordinaria miscellanea di attacco mediatico e teatro politico diffuso nelle maglie della rete grazie al sito www.the thing.org. Una sua intervista è presente nell’opera-video Reality Hacker di Candida Tv (scaricabile su www.ngvision.org).
Il trimestrale «Hystrio» ha dedicato uno speciale a Teatro e nuovi media (settembre 2003) con numerosi contributi di critici (Balzola, Monteverdi, Pizzo) e di artisti (Mario Canali, Paolo Rosa, Giacomo Verde). ateatro.it di Oliviero Ponte di Pino (che andrà in libreria con Il meglio di ateatro 2001-2003 per la casa editrice Il principe costante) ha incrementato in questi due anni la sezione di «Teatro e Nuovi Media» (tnm) con approfondimenti sull’opera di Robert Lepage, Peter Sellars, Dumb Type, Fura dels Baus, Steve Dixon, Big Art Group, Michele Sambin, Roberto Paci Dalò, Motus, Teatrino Clandestino. Tra i saggi ricordiamo quello di Luigi Colagreco che ricostruisce la doppia scena tra cinema e teatro di Leopoldo Fregoli mentre Erica Magris mette a confronto Voyage, l’ultimo spettacolo hi-tech del collettivo giapponese Dumb Type, con Le derniér caravanserrail del Théâtre du Soleil sulla tragedia dei profughi, e traduce il testo inedito di B.Picon-Vallin Le avanguardie teatrali e le tecnologie del loro tempo

DOCUMENT’AZIONI
Per questa sezione ho scelto tre opere autoprodotte o legate a istituzioni formative universitarie, a mio avviso significative della attuale direzione di ricerca foto-video teatrale.
Marco Santarelli aveva già documentato in maniera del tutto originale il viaggio dello spettacolo Resistence del Living Theatre a Beirut, costruendo una doppia e simultanea visione di esterno e interno, del teatro e del contesto storico e geografico qui e ora. Ed è ancora Marco Santarelli/Continuum Doppler a proporre Nozze di Antigone (2004), una speciale document’azione video dallo spettacolo interpretato da Veronica Cruciani e tratto da un testo di Ascanio Celestini.

Muovendosi senza tregua intorno alla giovane Antigone in un estenuante long shot l’occhio-macchina fa un corpo a corpo con l’attrice, svelandosi con l’ombra e il fiato e partecipando emotivamente del suo racconto (http://www.elettropedia.org/doppler/).
Tra gli esempi di videodocumentazione legati ad un ambito di formazione universitaria, è senz’altro da segnalare il video Larvae/L’avare (2004) sul backstage dello spettacolo L’avaro di Gabriele Lavia e realizzato da alcuni giovani laureati e specializzandi del Corso di Laurea in Cinema Musica e Teatro dell’Università di Pisa (Chiara Martina, Domenico Zazzara e Gianluca Paoletti).

Se la tipologia del teatro prescelta ci distanzia forse da quella ricerca che maggiormente apprezziamo (lasciando aperta però, la spinosa questione dei rapporti tra Università e Istituzioni Teatrali ufficiali…) riscontriamo nel lavoro video una serie di pregi tra i quali senz’altro la cura dell’immagine, la scelta di inquadrature da punti di vista insoliti, con prospettive sghembe e sottinsù e scorci della scenografia, ed un sapiente ritmo di montaggio (con la supervisione di Gabriele Coassin). Le interviste agli interpreti (straordinario Andy Luotto dentro la scena, fuori della scena; dentro il personaggio-fuori del personaggio!) si affiancano alle sonanti interpretazioni di Lavia che impartisce la «lezione del grande attore». Infine, l’opera foto-animata di Stefano Lanzardo che ha seguito per molti anni l’Institutet för Scenkonst di Göteborg, diventandone fotografo ufficiale (sono sue molte delle fotografie in bianco e nero nel volume Pietre di guado di Ingmar Lindh, fondatore nel 1971 del gruppo svedese). Lanzardo ha realizzato nell’aprile 2004, in occasione dell’intenso spettacolo da Pasolini Tra verità e menzogna e desiderio dei Teatri del Vento diretti da Magdalena Pietruska e Roger Rolin dell’Institutet, una lunghissima serie di scatti successivi a fotocamera fissa su treppiedi, in previsione di una loro trasformazione-simulazione in immagini-movimento. L’operazione cerca di restituire un contesto e il processo artistico (il laboratorio di creazione dello spettacolo a partire dai materiali attoriali, di improvvisazione e di codificazione). Il programma usato è Transmove (Transition Movement), un programma di Slide Show Move Maker. Il principio è quello della transizione da un immagine a un altra. La caratteristica dell’opera di Lanzardo è la scelta di una transizione più fluida, minima, quasi immediata, in cui la fotografia sembra camminare, muoversi nello spazio, e cogliere non solo l’’attimo «pungente» ma anche quello immediatamente precedente, preparatorio e ricco di tensione e quello successivo, di «stasi dinamica».

Anna_Maria_Monteverdi

2004-05-16T00:00:00




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