Le recensioni di “ateatro”: Quando l’uomo principale è una donna

di Jan Fabre con Lisbeth Gruwez

Pubblicato il 14/06/2004 / di / ateatro n. 070

È tornato il disturbatore, l’’artista panico, l’’esteta onnivoro. Jan Fabre, sciamanico e rigorosamente premorale, questa volta dà la scalata alle contraddizioni delle identità sessuali con un progetto registico e coreografico raffinatissimo, in collaborazione con le invenzioni sonore di Maarten Van Cauwenberghe e il talento performativo di Lisbeth Gruwez.

Nella scenografia essenziale, costituita unicamente da una ventina di bottiglie d’olio sospese, con il collo rivolto verso il basso, e da un carrello con tutto il necessario per la preparazione di un cocktail, si situa una delle chiavi del genio creativo di Fabre. Un’invenzione che non ha bisogno di costose sovrastrutture (conosciamo, per altro, le sontuose apparecchiature di altri suoi lavori, non solo teatrali) ma riesce, se lo vuole, a farne a meno, e a ridurre lo spettacolo a un’idea e un’interpretazione.
Su questa scena, dunque, si muove la protagonista dell’assolo per danzatrice. Il suo corpo ambiguo, fasciato in un completo maschile, risuona di uno strano acciottolio. È la donna primordiale, l’alchimista intrepido, efficacemente munito di attributi – tre biglie – che entrano ed escono dal suo cache-sex.
L’uomo, principio solare, è inscindibile dalla sua componente femminile, se non altro perché in tempo pre-natale ogni uomo è necessariamente parte della donna (così Hendrik Tratsaert). Ma Fabre è troppo raffinato per ignorare come, nella prospettiva teologica giudaico-cristiana, è la donna discendere dall’uomo, previo sradicamento di una costola. In un gioco di riflessi si costruisce, così, un mosaico colto, profondamente evocativo ma non inutilmente intellettualistico. L’ironia corrosiva dell’artista belga, infatti, fa da contrappunto a tutta l’ardimentosa architettura concettuale con un risultato che, anche formalmente, è ineccepibile e che è godibile anche dal punto di vista semplicemente estetico.

L’olio, intanto, si versa goccia a goccia formando cerchi perfetti e scandendo il tempo.
Lisbeth Gruwez compie la sua corsa in diagonale attraverso gli strati dell’identità, frammenta con lieta disinvoltura lacci e barriere che, dopo il suo passaggio, sarebbe davvero difficile ricomporre. Si libera dei vestiti e degli attributi (che rotolano miseramente ai confini della scena) e, completamente nuda, complice una striscia di nastro nero che “censura” i suoi capezzoli, tende più che mai all’imperfettibile.
Il traguardo di questo viaggio, però, prevede una forma di corruzione. L’androgino rappresenta lo stato di perfezione che è proprio solo di Dio, la sua disgregazione è necessaria: la scissione tra i poli, maschile e femminile, da cui discende la proliferazione della vita.
La complessa coreografia in cui si dibatte – è il caso di dirlo – l’androgino, sembra imposta da una necessità arcaica sintetizzata dall’olio, che permea ogni passaggio, e dal cocktail al cui confezionamento attende la danzatrice. Qualcosa di oscuro ad ogni nuovo assaggio la informa che «Ancora non basta». Non è ancora abbastanza lo slancio e il salto da fare è lungo.
Ogni volta la Gruwez si addentra in una dimensione più frenetica. L’olio, antico e mediterraneo simbolo di vita, la guida in un ulteriore stato della materia dove la sua fisicità si amplifica diventando un’espressione di energia pura.
È un’oliva a segnare il compimento della ricerca, partorita (au pied de la lettre) dalla donna, ecco la separazione, ecco il maschile, irrisorio ma indispensabile contributo seminale, ecco la vita.

Quando l’uomo principale è una donna
regia e scenografia: Jan Fabre
coreografia: Jan Fabre, Lisbeth Gruwez
interprete: Lisbeth Gruwez
assistenza alla regia e drammaturgia: Miet Martens
musica: Maarten Van Cauwenberghe
musica supplementare: Domenico Modugno, “Nel blu dipinto di blu (Volare)”
luci: Jan Fabre, Pieter Troch – costumi: Daphne Kitschen
coordinazione tecnica: Gert Vanderauwera, Pietre Troch
responsabile di produzione: Mark Geurden
produzione: Troubleyn (Anversa, Belgio) in coproduzione con Théâtre de La Ville (Parigi, Francia), deSingel (Anversa, Belgio) con il supporto del Festival Iberoamericano de Teatro de Bogotà
Nell’ambito di Fabbrica Europa XI edizione
Stazione Leopolda, Firenze, 15-16 maggio 2004

Pietro_Gaglianò

2004-06-14T00:00:00




Tag: Jan Fabre (12)


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