L’acquisizione del Teatro Carcano per la sua conservazione a spazio teatrale

Una storia milanese

Pubblicato il 27/10/2004 / di / ateatro n. #BP2004 , 075

Quale teatrante non vorrebbe che lo spazio che occupa, la casa in cui dimora non fosse sua? Non tanto per smania di possesso quanto per poter dire “nessuno potrà mai obbligami a uscire, nessuno potrà mai espropriarmi dello spazio fisico nel quale si svolge il mio lavoro”.

Purtroppo non a tutti è dato realizzare questo sogno. Noi ci annoveriamo fra quei pochi fortunati. Ma per poter dare un quadro completo bisogna fare qualche passo indietro.
Nella primavera del 1997 viene costituita quella che ancora oggi è la società di gestione del Teatro Carcano. Inizialmente lo scopo della società era esclusivamente produttivo.
Nell’estate di quell’anno viene messa in liquidazione la precedente società di gestione del Carcano e il liquidatore decide, per condurre al meglio quello che si sarebbe trasformato in un Fallimento, di procedere a un affitto di ramo d’azienda della gestione della sala che la nostra società si aggiudica per un importo vicino al miliardo delle vecchie lire a valere sino allo scadere del contratto di locazione nel settembre del 2000.
Un investimento così rilevante partiva dalla fondata speranza che, avendo ereditato attraverso tale operazione il contratto di locazione, fosse possibile arrivare a un equo accordo di rinnovo dello stesso per altri dodici anni.
Purtroppo alcune azioni di disturbo da parte di terzi e del mercato immobiliare in sconsiderata crescita, hanno indotto la proprietà ad alzare il tiro al termine della locazione. La trattativa è stata durissima e si è conclusa nel giugno del 2000 con un accordo molto oneroso se lo si fosse considerato nel suo mero aspetto locativo (un canone annuo di 600 milioni di vecchie lire). “Fortunatamente” quel contratto di affitto conteneva un’ipotesi che probabilmente la proprietà considerava assolutamente irrealizzabile: un’opzione all’acquisto (per ragioni di convenienza fiscale dei promittenti venditori) non dell’immobile, ma della S.P.A. che come unico cespite possedeva per l’appunto il Teatro Carcano.
Uno dei motivi di ostacolo alla realizzazione dell’operazione di acquisto nasceva da una marcata sottovalutazione della nostra impresa a livello ministeriale. Il decreto 490/99 (Forlenza), pur garantendo una notevole regolarità dei meccanismi di erogazione dei contributi, aveva “ingessato” il sistema negando ogni possibilità di miglioramento sino al termine dell’anno 2002.
Per dirla più semplicemente, stante il livello di contributi allora in vigore non sarebbe stata possibile una seria ipotesi economico/finanziaria a sostegno della gestione futura dello stabile.
Pertanto sin dal settembre del 2000 si iniziò a lavorare per la creazione di una Fondazione che acquisisse i fondi necessari all’acquisto. Fondazione alla quale avrebbe partecipato anche la nostra società che avrebbe ceduto il diritto a condizione di condurre l’impresa per almeno i successivi dodici anni.
Purtroppo quell’ipotesi si rivelò impraticabile in quanto non vi fu l’unanime accordo dei tre Enti Pubblici (Regione – Provincia – Comune) a partecipare alla Fondazione in sede di costituzione e dopo quasi due anni di incontri, valutazioni, pronunciamenti e assicurazioni a vario titolo questa strada venne abbandonata.
Confesso che lo scoramento fu notevole, ma ci rimboccammo le maniche e cominciammo a pensare all’ipotesi più remota e a osare l’inosabile: riuscire ad acquistare l’immobile in proprio.
Nel frattempo si era a metà del 2003 e la situazione economico/patrimoniale della società, anche se sempre al limite delle risorse disponibili, ci metteva in grado di tentare di portare a buon fine l’operazione. La finanziabilità della quota parte bancaria non eccede mai, in operazioni del genere, l’80% del totale importo. L’importo totale necessario eccedeva di poco i 3.700.000 euro.
Con quella cifra si sarebbero acquistate per intero le azioni della S.P.A. proprietaria dello spazio immobiliare.
L’obiettivo era quindi di reperire almeno il 20% delle risorse necessarie per un importo che si sarebbe aggirato intorno ai 750.000 euro. Di questa somma la nostra società, ai sensi del patto di futuro acquisto aveva già anticipato 232.000 euro si trattava di trovarne altri 520.000. Operazione non semplice, dal momento che, come è noto, i teatranti non hanno grandi patrimoni alle spalle e rivolgersi a operatori immobiliari sarebbe stato inutile se non nei termini di una cessione che avrebbe configurato una mera speculazione da parte nostra e da parte del contraente. Speculazione che ovviamente non avevamo alcuna intenzione di fare.
Mentre l’operazione di convincimento di alcuni colleghi (alcuni sono rimasti e altri si sono persi per strada) continuava (si sarebbe poi conclusa al limite del tempo concesso) operativamente provvedevamo a istruire una pratica di leaseback. In questa forma di leasing da poco ammessa dalla legge la figura del venditore e dell’acquirente dell’immobile coincidono. Si tratta praticamente di una forma che viene usata per ridare liquidità alle imprese e rimandare a medio termine la restituzione del denaro attraverso l’affitto di uno specifico bene (che non necessariamente è immobiliare). L’aspetto negativo di una simile procedura consiste nell’espropriazione del bene che viene “realmente” venduto alla società finanziaria. Nel caso di insolvenza non sono neanche necessarie pratiche espropriative tipiche dei beni vincolati da ipoteca di primo grado. In altre parole: se le cose vanno storte sei espropriato ancora prima di accorgertene. Ed è un pensiero poco piacevole.
Ma quello che ha reso impossibile proseguire su quella strada è stata la plusvalenza che si sarebbe generata dalla vendita dell’immobile. L’esborso necessario sarebbe stato di circa 660.000 euro che andavano ad aggiungersi ai 750.000 euro per i canoni anticipati. Nel frattempo avevamo sì raccolto questa somma, ma non era ipotizzabile che i 10 soci attingessero ad altre riserve personali avendo impegnato tutto quanto era nelle loro disponibilità..
L’ipotesi è stata quindi scartata alla fine del mese di ottobre del 2003. Il patto sarebbe scaduto, senza alcuna proroga il 31 dicembre successivo. Non ci siamo fermati neanche allora. Abbiamo cominciato, pur con enorme ritardo a bussare alla porta di molte banche sondando la possibilità di ottenere un mutuo ipotecario a lungo termine e sul filo di lana il presidente della Banca Popolare di Milano ha dimostrato un profondo interessamento a tutta la questione valutandola soprattutto dal punto di vista della sua convenienza culturale. E ha preso la migliore decisione possibile: lo spazio di fronte alla Crocetta doveva rimanere un Teatro.
Ma tecnicamente l’operazione non è stata semplice.
In sequenza:
– costituzione di una s.r.l. partecipata oltre che dalla società di gestione del teatro Carcano (che detiene la quota di maggioranza relativa) da altri dieci soci di cui sette già facenti capo al Teatro Carcano e altri tre esterni. Per dovere di riservatezza non dirò i loro nomi, ma sono tutti operatori dello spettacolo e posso quindi assicurare che è esclusa ogni brama speculativa nella loro adesione.
– apporto, proporzionalmente alle quote possedute da ognuno, di un capitale finanziario per 774.000 euro rappresentante il 20% del bene da acquistare;
– erogazione di un finanziamento ponte con tasso di scoperto di conto corrente (anche se inferiore ai tassi in uso, comunque di una certa onerosità) valido sino al 15 luglio dell’anno successivo per poter permettere le seguenti operazioni;
– acquisto da parte della New Company delle azioni in possesso dei soci della S.p.A. con facoltà di controllo del 100% del suo capitale (16 gennaio 2004)
– inizio della procedura di fusione fra la N.C. e la S.p.A. per incorporazione della seconda nella prima. Tutte le procedure di apporto immobiliare dello stabile “Teatro Carcano” alla nuova società compresa la correzione di alcune lacune catastali risalendo il primo atto di apporto all’anno 1928.
– subentro nel rapporto locatizio della N.C. nei confronti della società di gestione. Tale rapporto si concretizza, dal punto di vista dell’onerosità del canone da corrispondere in una somma che si aggira intorno ai 300.000 euro annui. Comunque di grandissimo peso per l’economia di un’azienda teatrale.
– l’ultimazione del processo di fusione (effetto 30 giugno 2004)

– sottoscrizione del mutuo con iscrizione di ipoteca a favore di B.P.M. e contestuale estinzione del finanziamento ponte e del pegno sulle quote della N.C.
– pagamenti per oltre 50.000 euro, a fronte di spese bancarie, somme dovute allo Stato in termini di imposte e registrazioni, onorari notarili e professionali

Descritta in maniera così lineare sembra di una facilità disarmante. Ma il processo è durato oltre un anno e non è mai stato lasciato nelle sole esclusive mani dei professionisti, ma seguito, ideato e concretizzato con grandissimo sforzo e sapienza dallo staff direttivo del Teatro Carcano.
E’stata una grande vittoria della ragione, una grande vittoria degli sforzi di alcuni operatori dello spettacolo, sforzi che durano da oltre otto anni e che dureranno per i prossimi venti (durata del mutuo).
Non abbiamo avuto dagli Enti Locali l’appoggio che ci aspettavamo. Ne sono dispiaciuta. Ma spero che in un futuro questo appoggio si concretizzi in altre forme.
Spero di essere stata sintetica e chiara e di aver illlustrato nei suoi passaggi fondamentali una “buona pratica teatrale”.
Vorrei chiudere considerando che, come in qualsiasi impresa che l’uomo inizia, la perseveranza e l’impegno che in essa si trasfondono è fondamentale per la sua riuscita, ma che senza un pizzico di favore del Caso (Fato, Destino, Fortuna, chiamatelo come volete) nulla può andare a buon fine. Noi dobbiamo ringraziare anche questa astratta Entità che governa le nostre vite e che ci ha fatto incontrare le persone giuste.
Grazie per l’attenzione.

Nicoletta Rizzato
Amministratore unico della F.M.N. s.r.l.
Società di gestione del Teatro Carcano

Milano 2 novembre 2004

Nicoletta_Rizzato

2004-11-02T00:00:00




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