The scissors are on the right or on the left?

Le Buone Pratiche 2: relazioni & interventi

Pubblicato il 11/11/2005 / di / ateatro n. #BP2005 , 091

Il teatro è una biblioteca pubblica

“La Tragedia Endogonidia è un ampio progetto di ricapitolazione del teatro. In un’’epoca in cui proprio il teatro, e le sue leggi di finzione e di retorica, è utilizzato dalla politica e dalla società per fini persuasivi (un riferimento alle ronconiane fatiche olimpiche?), la Societas Raffaello Sanzio sente il bisogno di ripensare questa forma della espressione umana, per ritrovare la forza della sua specificità.”

Così è possibile leggere nel foglio di sala dello spettacolo M.#10 MARSEILLE presentato dalla Societas Raffaello Sanzio al Festival delle Colline Torinesi.

Anche a Torino e in Piemonte il teatro, e la cultura in generale, sono troppo spesso utilizzati “dalla politica e dalla società per fini persuasivi”.

Sui giornali torinesi è possibile cogliere da qualche mese frammenti di una discussione, tutta interna alle segrete stanze, tra assessori, vecchi e nuovi, della regione, della provincia e del comune di Torino.

Ma quello di cui si avverte la necessità è un dibattito pubblico approfondito sulle politiche culturali degli enti locali e sullo stesso concetto di “politica culturale”.

“Un ente pubblico non è tenuto ad elaborare una propria concezione della cultura, bensì a riferirsi alla cultura così come essa vive e agisce e si manifesta nella società civile, ovviamente al fine di amplificare la risonanza di ciò che già esiste e offrire opportunità di attuazione alle forze di ciò che ancora non esiste ma urge e spinge nelle esigenze collettive”, scriveva nel maggio del 1977 l’’assessore alla cultura del Comune di Torino Giorgio Balmas, mettendo anche in evidenza la antinomia tra una concezione della cultura come continuità che “insiste sulla necessità di salvaguardare e trasmettere, anche attraverso le istituzioni esistenti, un patrimonio rinnovabile ma non alienabile, di beni formali e sostanziali” e una concezione della cultura come aggregazione “che privilegia gli aspetti innovativi, non solo nei contenuti ma anche nelle forme (e quindi l’emersione dal basso di nuove interpretazioni della cultura, intesa soprattutto come legame comunitario, come potere aggregante)”.

Ma di tutto questo non c’è traccia nei programmi delle varie giunte, come non c’è traccia di una qualche preoccupazione sui temi di fondo dell’etica del pluralismo culturale e del principio dell’autonomia della cultura (del quale si è spesso fatto strame a Torino e dintorni).

Né dell’etica della trasparenza.
A quando un rapporto annuo, da parte dei vari assessori alla cultura, sui progetti culturali finanziati rispetto a quelli presentati?

Né del rapporto tra cultura e democrazia.

La preoccupazione maggiore sembra essere quella di stabilire una qualche improbabile relazione tra cultura e turismo, tra cultura e “diversificazione della economia piemontese” (sic!).

Di “etica del pluralismo culturale” ebbe a parlare uno dei convenuti a BP1.
Io mi permisi di aggiungere, ad un decalogo tutto da scrivere:
1. il principio dell’autonomia della cultura
2. l’etica della trasparenza
3. il teatro come bene comune, pubblico, collettivo

ora potremmo continuare con:

1. non usate il teatro (e la cultura) a fini persuasivi
2. il teatro è uno strumento di democrazia
3. il teatro è uno strumento per ricostruire una democrazia
4. il teatro è un servizio pubblico e un valore democratico
5. il teatro è una biblioteca pubblica

mi fermo perché siamo già a nove!

È possibile che i libri del teatro (gli spettacoli) siano dati a titolo gratuito?
I libri delle biblioteche pubbliche qualcuno propone siano prestati a pagamento.
Il dio mercato anche nelle biblioteche pubbliche secondo i vari bolkestein-frankestein?
Il teatro, malgrado le più rosee previsioni (“non vi è più una pubblica necessità che nutra il teatro”, massimo bontempelli 1926), continua a percorrere i sentieri del mondo, una singolare invariante rispetto ai sistemi sociali ed economici e ai nuovi media.
Ma se il maremoto che sta sconvolgendo il mondo intero provocherà, come sembra, una gigantesca ridistribuzione del reddito, i paesi occidentali saranno sempre più poveri (non saranno le guerre dei bush e dei blair a fermare questo processo).
Ma la povertà non è un problema, è la soluzione sostiene Majid Rahnema (povertà in dizionario dello sviluppo” a cura di wolfgangs sachs oppure in Quando la povertà diventa miseria, Einaudi 2005)

«Cos’è, in realtà, la povertà? Una costruzione dello spirito, un concetto, un vocabolo? Uno stile di vita, la manifestazione di una mancanza, una forma di sofferenza? Si contrappone alla miseria o ne è un sinonimo? Rappresenta un limite arbitrario stabilito dagli esperti per distinguere i poveri dai non poveri o, ancora, è una delle frontiere che separano i comuni mortali dai santi?»

il teatro povero diventerà una necessità e allo stesso tempo “la soluzione” ai problemi del teatro, se di teatro civile e necessario abbiamo bisogno e non di pseudoteatro, utile solo alla politica e alla società per fini persuasivi.
Un teatro povero come una biblioteca pubblica nel quale i libri da comprare sono scelti dal direttore della biblioteca e non dagli assessori, il solo tipo di biblioteca nel quale sia permesso far pagare non un biglietto ma un piccolo ticket, come d’altra già avviene.
Per chiudere: The scissors are on the right or on the left?
Ha cominciato in Piemonte il neo assessore regionale alla cultura, Gianni Oliva, a mostrare la sua collezione di forbici (di sinistra senza scioperi), poi sono seguite le minacce delle finanziarie, forbici anche esse (di destra e quindi con scioperi).
Non è chiaro che cosa ci sia dietro, ad esempio, le forbici “oliva”.
Che sia solo lo strumento necessario per una ridistribuzione delle risorse a favore dei propri clientes?

Mercenasco, 11 novembre 2005

Alfredo_Tradardi

2005-11-11T00:00:00




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