Il teatrino dell’io [3: drammaturgia elementare]

Un manuale di sopravvivenza su Internet, un romanzo di formazione a puntate

Pubblicato il 29/09/2010 / di / ateatro n. 130

Con ogni probabilità, il rito iniziatico a cui sto partecipando era cominciato qualche tempo prima che leggessi sullo schermo quella scritta accattivante e innocua – “Sign up now!”, “Join-in” o addirittura “Join us now!” – che mi invita ad aderire, a iscrivermi subito. Diventare dei “nostri” è così facile.
Forse sto seguendo il consiglio di un amico che mi ha spiegato che non costa nulla e regala tantissimo in cambio. Forse mi è arrivata una mail: quella mia amica non vede l’ora di incontrarmi proprio lì, in rete. Forse ho scoperto che l’hanno già fatto molti di quelli che conosco: dunque è di moda e non posso restare indietro. Forse ho letto qualcosa su una rivista o su internet, che mi ha spiegato perché dovevo farlo, e come farlo.
Con ogni probabilità, il rito iniziatico non si è ancora concluso. La nostra conversazione è appena cominciata. Le due parole magiche non sono sufficienti. Dopo aver accettato il mio nome (che dev’essere unico, solo mio) e la mia parola chiave, Lui – chiunque sia – prosegue l’interrogatorio. Se voglio entrare nel cerchio magico, se voglio essere anche io dei “nostri”, devo rispondere ad altre domande: probabilmente l’indirizzo, la data di nascita (sembrerò un vecchio, in quel paese di adolescenti?), il sesso (sembrerò il solito maschio attempato e arrapato?), la mia situazione sentimentale (sono single? oppure fidanzato?, no, no, sposato… ma a Lui che cosa gliene frega?). Il dialogo può proseguire a lungo, secondo un copione predeterminato, videata dopo videata. Se qualcun altro – una persona vera, incontrata per la strada o al bar – mi facesse tutte queste domande, di certo mi insospettirei. Mi chiederei subito: “E’ uno sbirro?”, oppure “Che cosa vuole vendermi?”. E insomma, “A che cosa gli servono tutte queste informazioni su di me?”.
Ma Lui sta facendo tutte queste domande per aiutarmi meglio, questo è sottinteso. E poi, se non rispondo alle domande non avrò questa possibilità. E’ vero, all’inizio sembra un verbale d’interrogatorio, con i dati anagrafici e lo stato civile, ma pian piano può diventare più personale: Lui vuol conoscere i miei hobby, gli sport che pratico, il gruppo musicale, le canzoni, l’attore o il film preferiti, i marchi che amo, dove mi piace andare in vacanza…
Se una delle mie riposte non è soddisfacente – che so, un codice di avviamento postale di 4 cifre invece delle regolamentari 5 – Lui subito si blocca, mi rimprovera (di solito con una bella scritta rossa!), mi segnala l’errore e mi invita a correggere. Se non rettifico, oppure se non gli dico tutto quello che vuole sapere, la cerimonia si interrompe. Niente cerchio magico…

Naturalmente posso mentire, e molti lo fanno. Di sicuro mento anch’io, almeno una volta: quando alla fine della nostra conversazione Lui mi chiede se ho letto e se sottoscrivo tutte le condizioni contrattuali che mi propone, e se le accetto. Non leggerò certo tutte quelle pagine fitte fitte, un contratto stilato nella lingua indecifrabile degli avvocati, che minaccia processi in tribunali lontanissimi. Quello che mi importa è ottenere subito tutti i privilegi (gratuiti) che Lui mi ha promesso. Dunque accetto: ho letto e sottoscrivo, mi iscrivo. Lui sarà contento. Però ho mentito. Di sicuro tra tutte le clausole del contratto che ho appena sottoscritto, ce ne dev’essere una che intima che a Lui non si può mentire, pena l’esclusione dal cerchio magico. Ci sono appena entrato, e già non sono degno. Ma evidentemente questo è un peccato veniale: è la menzogna con cui mi sottometto alla Sua volontà.

Oliviero_Ponte_di_Pino

2010-09-29T00:00:00




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