La grammatica bambina della felicità

Il ballo del qua di Abbondanza-Bertoni al festival Inequilibrio

Pubblicato il 08/05/2012 / di / ateatro n. 140

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In questo spettacolo non è previsto un pubblico di bambini.
(dal programma di sala)

Il ballo del qua è il nuovo spettacolo di danza diretto dalla compagnia Abbondanza-Bertoni a conclusione del progetto triennale Bambini e interpretato da bimbi e ragazzini di varie età che ha debuttato a Rovereto ed è stato uno degli eventi-novità del festival Inequilibrio di Castiglioncello edizione 2012, fortemente voluto dal suo direttore, Andrea Nanni.
Lo spettacolo non ha nulla a che fare con il teatro-ragazzi né con le canzoncine e le mossette della canzone di Al Bano e Romina (non c’entra niente Il ballo del qua qua…). “Qua” è una coordinata di spazio-tempo, una indicazione di vita, come a dire “non andiamo più in là, teniamoci caro quello che abbiamo qui e ora”.
Dicono gli autori:

Dopo tre anni di lavoro con un gruppo di bambini ci siamo spinti oltre, mossi dalle potenzialità che abbiamo trovato in loro e dal desiderio che un’opera artistica possa “parlare” al mondo degli adulti anche attraverso corpi bambini. 

Il mondo dell’infanzia ha molte cose da dirci, e l’opportunità che il teatro rappresenta per parlare alla gente, può offrire a questi bambini l’occasione per scoprire e far scoprire un senso diverso da assegnare al mondo. Parole e azioni che diventano una sorpresa per noi adulti, un po’ consegnati alla nostra rassegnazione, che li vediamo come i rappresentanti del futuro, giudicando la loro giovinezza un’età di transito e per questo incapaci di accorgerci che la loro età contiene già ben scritta la potenzialità rivoluzionaria del futuro. Questo è, per noi, un progetto prezioso, come i bambini chiamati a realizzarlo, ma è anche ambizioso, dotato di una nota trasgressiva di cui la cultura ha bisogno, e intimamente legato al territorio: il teatro è inseparabile dalla comunità, è un evento pubblico, un fondamento della comune vita civile. Dei bambini ci piace l’irresistibile attrazione per il gioco. E’ nel gioco e grazie ad esso che si può essere intensamente vivi, ridere, vergognarsi, ma osare. Gioco è, per i bambini, il loro non saper stare fermi, é la preziosità, le bugie, la vita che scorre, l’essere meravigliosamente inopportuni, sacri con la coscienza dell’innocenza priva di pregiudizi, é il loro salvarci dalla serietà della vita.


Lo spettacolo nasce dalla spontaneità dei giovani allievi amorevolmente guidati da Abbondanza-Bertoni. Il metodo, l’apprendimento, il (non) racconto, la forma coreografica ha avuto una conclusione perfetta nella naturalezza di espressione e di movimenti dei bambini che, fortificati dalla mano dei loro maestri, hanno regalato al pubblico del Festival immagini non artefatte bensì piene d’incanto e di grazia, grondanti valore simbolico.
Il ballo del qua è uno dei risultati più felici di questa estate festivaliera. Sette bambini in scena (4 maschi e 3 femmine: Tobia Abbondanza, Jacopo Bertoldini, Naima Fiumara, Matilde Laezza, Emily Manica, Federico Petrolli, Francesco Petrolli) si sono inventati una grammatica di gesti, passi, scambi, salti, smorfie, sguardi, giochi e danza in una cornice bianco-latte come la loro innocenza. Ci raccontano un mondo al di qua della fiaba, senza Alice e il Cappellaio matto, senza intrusioni di personaggi dei cartoni. Danzano per noi, leggeri come piume per insegnare ai grandi come guardare la realtà. La loro è una grammatica dello stupore per un volo di uccello, è il gesto candido di imitarne lo sbattere delle ali e provare il gracchiare di un corvo, è la grammatica dell’amore, dell’aiutarsi, del condividere la tristezza e la gioia. Del farsi stretti stretti per scacciare via brutti pensieri, del tenersi la mano per dare calore, dell’infilarsi nella grotta e uscirne coraggiosi. Le loro sono le forme primitivissime della felicità, della crescita, della spensieratezza ma anche della paura del buio e dell’orizzonte. In equilibrio su una gamba, a piroetta, saltando la corda o gettandosi a terra rotolando ci fanno sprofondare in quel passato bambino di cui siamo dimenticati ma che è ancora parte di noi che siamo qua, ovvero lontani da là. I bimbi ci offrono un prezioso abbecedario che sgorga in modo così spontaneo dai loro piccoli corpi tanto da desiderare tutti di guardare, come loro, con occhi non ancora esposti alle radiazioni di una civiltà non immacolata. Uno spettacolo di cui rimangono impressi talmente tanti quadri (il bimbo che ride perché sa che tra poco il rumore dello scoppio del temporale ci farà saltare dalla sedia; la smorfia del compagno che fa scattare una risata non prevista) che vorremmo ritrovarli non solo a teatro ma ogni giorno, nella vita quotidiana. Qua, appunto.

Anna_Maria_Monteverdi

2012-05-08T00:00:00




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