Ballare con Pasolini

Davidson di Michela Lucenti chiude il lungo anno pasoliniano

Pubblicato il 18/01/2023 / di / ateatro n. 189

Il tango di Anna Magnani in Mamma Roma, l’hully gully sotto l’insegna del Bar Las Vegas, il valzer nel finale di Salò: nella poetica di Pasolini il ballo ha un ruolo cruciale e «Sai ballare?» è una domanda che rimbalza da una pellicola all’altra. Goffo e spesso acerbo, il corpo di chi balla è partecipe di una dimensione rituale, una cerimonia tutta laica giocata al confine con l’età adulta e non limitata alla sola filmografia: balla il cuore «ruvido e disordinato» della Meglio gioventù ed è tra una pista da ballo e l’altra che si muovono gli animaleschi protagonisti di Una vita violenta.

Uccellacci e uccellini (1966)

La situazione si fa più complessa se dal ballo ci si sposta alla danza, legata a una dimensione musicale (più che corporea) nelle Suites furlane e mai concretamente indagata come possibilità espressiva. Unica eccezione: Vivo e Coscienza, testo incompiuto di una coreografia probabilmente destinata a Maurice Béjart, recuperato dalla critica di danza Marinella Guatterini e sapientemente messo in scena dal coreografo Luca Veggenti nel 2013.
Di quest’opera e, più in generale, della relazione che il mondo della coreografia italiana contemporanea ha saputo instaurare con la parola poetica di Pier Paolo Pasolini, si è parlato in occasione di “P.P.P. in danza”, ultimo tra i molti appuntamenti organizzati dal Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna in occasione del centenario dalla nascita del poeta.

La locandina di “P.P.P. in danza. La coreografia italiana contemporanea e l’eredità vivente di Pasolini”

La tavola rotonda guidata da Elena Cervellati ed Elisa Guzzo Vaccarino ha consentito di tracciare una panoramica su una relazione complessa, spesso vincolata alla celebrazione di ricorrenze o a commissioni speciali.
Non fa eccezione il 2022 appena trascorso, inaugurato dai lavori di Francesca Foscarini e Monica Casadei e chiuso dal recentissimo debutto di Vita morte e miracoli di Laura Corradi e da Davidson, il nuovo spettacolo di Michela Lucenti.
Ispirato alla sceneggiatura del Padre selvaggio, il film mai realizzato sul giovane liberiano Davidson ‘Ngibuini (1962), e interpretato da Maurizio Camilli e Confident Frank, Davidson è un dialogo a due voci che mescola linguaggi diversi.
Neon colorati e fiori di pampas segnano il perimetro della scena, occupata soltanto da due banchi di scuola. I banchi, ponte e barriera tra i due personaggi, faranno da cornice a tutto lo spettacolo fino a perdere di senso e rendere indistinti i ruoli di maestro e allievo che caratterizzano la sceneggiatura. Il tappeto sonoro è costituito da rap e poesie che plasmano i movimenti, più morbidi e vicini alla contact improvisation quando a parlare è Maurizio Camilli, dinamici e vicini alla street dance quando Confident Frank, nel ruolo di Davidson, si prende la scena.
I corpi dei due artisti sono i veri protagonisti dello spettacolo. I loro colori, la tensione nei momenti di lotta, la sospensione quando i fiori della scenografia cospargono il palco di una polvere sottilissima, riportano alla pura essenza della carne l’intera drammaturgia. Non è un caso se è proprio “CARNE” il titolo scelto per la rassegna curata da Lucenti per ERT-Emilia Romagna Teatri, «un titolo-manifesto», si legge nel programma, «un appello a radicare il pensiero umano nella presenza e nella consapevolezza del peso e del valore della fisicità». Di azioni fisiche eloquenti, d’altronde, è costruito l’intero vocabolario di Michela Lucenti, che dai tempi del gruppo l’Impasto fino alla fondazione del Balletto Civile, si è sforzata di fare del corpo uno strumento di comunicazione con il pubblico. Carnale è anche il legame che unisce la danza di Lucenti alla parola di Pasolini e che, ricalcando la visione pasoliniana del ballo come rito di passaggio verso l’età adulta, enfatizza il percorso di formazione dello spettacolo e del suo interprete principale: Confident Frank.

Confident Frank in Davidson (2022)

Figlio della cultura hip-hop modenese, Frank si è formato nella sala ballo del centro Happen di Modena, dove ha studiato Hit Dem Folk (una derivazione contemporanea dello stile hip hop) con il maestro Justin Ofori Sei e ha incontrato Lucenti nel 2021. Dalla partecipazione ai progetti corali 10 Di/Versi (2021) e Tell me a story al recente debutto da protagonista, Balletto Civile ha accompagnato il percorso di crescita di un artista «dall’intelligenza coreografica eccezionale», raccontano Lucenti e Camilli che in Davidson ne hanno forgiato le parole (Camilli) e i movimenti (Lucenti).
L’antica credenza che vuole scritto nel nome il proprio destino sembra fare tutto il resto: Frank è un danzatore sicuro di sé, specie nei momenti in cui si prende la scena esprimendosi attraverso il linguaggio più vicino al suo background. La fotografia di questo talento in divenire dà forza allo spettacolo e finisce per aderire coerentemente alla “Profezia” pasoliniana che consegna al finale la storia dei tanti Alì dagli Occhi Azzurri e delle loro lotte «per insegnare a essere liberi».

 

Davidson
liberamente tratto dalla sceneggiatura Il Padre Selvaggio di Pier Paolo Pasolini
concept e drammaturgia Maurizio Camilli
coreografia Michela Lucenti
con Maurizio Camilli e Confident Frank
disegno luci Vincenzo De Angelis
disegno sonoro Andrea Gianessi
assistente alla regia Ambra Chiarello
assistente alla coreografia Francesco Collavino
collaborazione produttiva Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Balletto Civile
con il sostegno di Ater Circuito e ICK Amsterdam
si ringrazia Spazio Happen, Balletto Civile, Alessandro Berti
nell’ambito di CARNE focus di drammaturgia fisica
nell’ambito del progetto “Come devi immaginarmi” dedicato a Pier Paolo Pasolini

 




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