#BP2013 #ValoreCultura Oltre la buona manuntenzione ma attenti alle cattive pratiche

Il valore della contemporaneità

Pubblicato il 30/10/2013 / di / ateatro n. #BP2013_ValoreCultura , 145

In presenza di una riduzione delle risorse che ormai ha fatto precipitare gli investimenti nello spettacolo dal vivo a circa un terzo rispetto al 1985 occorrerà ottimizzazione delle risorse attraverso una ridistribuzione delle stesse secondo criteri e parametri che vadano a premiare la qualità dei progetti, la continuità istituzionale e aziendale, la virtuosità delle gestioni amministrative, la partecipazione reale del pubblico.
Il dato storico è importante solo se ad esso si accompagna un progetto capace anche e soprattutto di rinnovare e di “innovare”, compreso il necessario coinvolgimento di nuove esperienze artistiche, siano esse  attori, registi, autori ecc.
Nei provvedimenti attuativi è necessario qualcosa in più della buona manutenzione e della difesa dell’esistente. La crisi delle risorse impone di far nascere delle strategie nuove e di fare delle scelte. Non è più condivisibile il concetto che l’automatismo cieco (quindi incapace di leggere ed esprimere pareri) è pur sempre più equo della discrezionalità, e quindi, per questo, meno pericoloso per la politica.
Vi è assoluta necessità in futuro di leggere e interpretare i risultati mettendo a disposizione del sistema strumenti di valutazione molto autorevoli e competenti, in modo da poter avviare finalmente una “cultura del risultato”.
Alle istituzioni pubbliche si dovrà accedere partecipando a bandi che siano in grado di valutare i soggetti partecipanti secondo la qualità dei progetti presentati e le esperienze compiute in precedenza. E non per chiamata, che è sempre il risultato di un gioco politico che non sempre va a premiare il merito, la professionalità e le competenze. E con incarichi che non vadano oltre i due mandati in modo che la discontinuità favorisca una maggiore circolazione delle idee e delle strategie.
I giovani si aiutano ridisegnando i percorsi di accesso, garantendo che se c’è energia creativa e talento nel loro lavoro essi possono trovare ascolto e “vetrina”. Garantiamo quindi non un generico e consolatorio sostegno ‘ex lege’ che di fatto mantiene la loro emarginazione dalle platee e dai percorsi importanti, ma delle occasioni permanenti a cui destinare risorse purché prioritariamente emergano progetti e intenzioni convincenti. Saranno le “residenze” ad avviare un percorso virtuoso? Ho molti dubbi in proposito.
Mi sembra ancora una volta una piccola via di fuga attraverso la quale si tende a “consolare” più che a investire, la solita compensazione che la politica mette in campo per alleggerire le proprie responsabilità. Occorre un impegno più concreto, una sorta di ” invito in qualche modo vincolante” per gli enti e le istituzioni e, perché no, le imprese private, a investire in questa direzione. Proviamo a immaginare!
L’esperienza del teatro Valle, oltre ogni legittimo richiamo al ripristino della legalità (che va interpretato in positivo come una sorta di approdo ad una soluzione istituzionale che non mortifichi, ma anzi esalti i contenuti raggiunti in questi anni  garantendo  continuità e prospettiva), quella esperienza, dicevo, deve insegnare che laddove si accendono “luoghi” dove l’espressione e la creatività possono entrare in gioco senza dover passare dagli schemi tradizionali, qualcosa accade e si apre immediatamente e con entusiasmo una prospettiva e un futuro. Di questo hanno bisogno le giovani generazioni, le nuove realtà creative di oggi, che esprimono in questi anni la stessa esigenza, le stesse necessità che avvertimmo noi, quaranta anni fa, dando vita alle prime cooperative teatrali, dove c’era, è vero, una componente politica e ideologica che oggi appare molto sullo sfondo, ma i bisogni sono oggi come allora sempre gli stessi e la ricerca di un nuovo modo e di forme nuove è la motivazione prima di ogni approccio al teatro come alla altre forme espressive.
Solo in questo modo potremmo favorire un ricambio generazionale necessario a introdurre nel nostro teatro la “contemporaneità” che oggi è scarsamente presente, nei linguaggi espressivi, nella scrittura e quindi nel rapporto con il pubblico.
Questi percorsi hanno bisogno di approcci meno complicati con la burocrazia e con il sistema delle regole, la cui legittimazione appare molto spesso come lo strumento attraverso il quale la politica si libera dei doveri di decidere e scegliere.
Credo infine che il ruolo un po’ marginale e a tratti residuale che viene assegnato alla impresa teatrale privata sia ingeneroso e non corrisponda all’impegno e al rischio economico del sistema.
In termini di occupazione, di servizio al pubblico, di capacità di diffusione dello spettacolo in tutto il territorio nazionale, nelle grandi città come nelle periferie di tutte le nostre regioni, in molti casi di reclutamento di nuovi artisti e autori il lavoro dell’impresa privata merita maggiore attenzione “politica”, meno diffidenza e meno sospetti. L’inquinamento e le “male pratiche” esistono ovunque. E ovunque sono leggibili. Basta davvero volerlo, con coraggio, senza ipocrisia.

Roberto_Toni

2013-10-22T00:00:00




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