#BP2015 I Liberanti

Dal carcere al teatro e al cinema

Pubblicato il 08/02/2015 / di / ateatro n. #BP2015 , 153

In principio c’è stato il teatro-carcere, vari gruppi, in tutt’Italia. Noi l’abbiamo fatto a Lauro di Nola, in un paesino sperduto dell’Avellinese. I detenuti quasi tutti napoletani, in regime di custodia attenuata, perché tossicodipendenti, quindi potevano usufruire di permessi premiali.
A partire dal 2000 la compagnia, “i liberanti” comincia a girare, partecipa a Scenario, ottiene una menzione a Ustica, va ai festival: Primavera dei teatri, Volterra, Santarcangelo. Partecipa ai progetti dei teatri cittadini: Petrolio al Mercadante di Napoli, la Soffitta di Bologna…
Poi cominciano i problemi, strutturali per il tipo di compagnia: risse, evasioni, coi relativi provvedimenti disciplinari. Restrizione della possibilità di girare, inaffidabilità, contratti saltati…Nel frattempo i detenuti uscivano dal carcere, e si poneva il problema del post. Che fare per non farli tornare a delinquere, e quindi di nuovo in galera? Per tenerli agganciati al teatro, una maniglia verso la salvezza?

Fort Apasc

Fort Apasc

I primi film furono un’iniezione di entusiasmo: Sotto la stessa luna, I cinghiali di Portici, Fort Apasc, davano la sensazione che aver fatto tanto teatro poteva essere utile a qualcosa. Gomorra portò a Cannes tanti che non avrebbero mai creduto possibile una cosa del genere. Poi arrivò a Napoli Abel Ferrara, i Bronx producevano, e tutti a Venezia. Red Carpet. Poi Gorbaciof, di Incerti. Poi L’Intervallo, di Di Costanzo.
Il cinema cominciò ad essere un problema, troppi soldi tutti assieme, troppo narcisismo difficile da gestire. Alcuni hanno continuato a fare teatro, altri hanno deciso di puntare decisamente sulla fabbrica dei sogni. Ancora a teatro, Chiove di Saponaro, Desurrezione, K.O., La tempesta di De Rosa, due anni di tournèe con il Mercadante.
La doppia opzione di chi ha deciso di fare del suo essere stato in galera un vessillo da esibire, e chi invece preferisce che sia dimenticato. Le riflessioni dall’interno sul nuovo mondo, la fiducia-sfiducia nel cambiamento, la “salvezza”, sono state trascritte in Sangue amaro pubblicato dall’Ancora del Mediterraneo




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