#coronavirus 1 | Dopo la sospensione degli spettacoli, il teatro italiano chiede lo stato di crisi

Con il comunicato di C.Re.S.Co e la lettera di AGIS e Federvivo al Ministro Franceschini

Pubblicato il 24/02/2020 / di / ateatro n. 171

Francesco Alberici, protagonista di Chi ha ucciso mio padre dal testo di Edouard Louis

Il primo festival a sospendere l’attività all’improvviso è stato Vie Festival. Anche se nelle città sede della rassegna il temibile virus non era ancora arrivato, la direzione della manifestazione nella serata di domenica 23 marzo ha stilato uno di quei comunicati che un ufficio stampa non vorebbe mai spedire:

“In seguito all’ordinanza emanata oggi dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e dal Ministro della Salute Roberto Speranza per contrastare la diffusione del Coronavirus, la direzione di Emilia Romagna Teatro Fondazione comunica l’annullamento degli appuntamenti della XV edizione di VIE Festival in programma da lunedì 24 febbraio a domenica 1 marzo in tutte le sue sedi.”

Nel frattempo diversi teatri milanesi avevano rinunciato ad aprire il sipario per la replica della domenica pomeriggio, ancora prima dell’ufficializzazione dell’ordinanza ministeriale (arrivata alle 19.30). Se ne è lamentato su Facebook Fioravante Cozzaglio, direttore del Teatro Carcano:

“Io trovo sconcertante che si obbedisca a un’ordinanza non ancora emessa, ma solo annunciata. Cade ogni tentativo di dare una logica giuridica ai nostri comportamenti”.

La lapide della colonna infame, attualmente al Castello Sforzesco di Milano: “Qui dove si apre questo spiazzo / sorgeva un tempo la bottega di barbiere di / Gian Giacomo Mora / che, con la complicità di Guglielmo Piazza commissario di pubblica sanità / e di altri scellerati, nell’infuriare più atroce della peste / aspergendo di qua e di là unguenti mortali / procurò atroce fine a molte persone. / Entrambi giudicati nemici della Patria / il Senato decretò che / issati su un carro / e dapprima morsi con tenaglie roventi / e amputati della mano destra / avessero poi rotte le ossa con la ruota / e intrecciati alla ruota fossero, trascorse sei ore, scannati / quindi inceneriti / E perché nulla restasse d’uomini così delittuosi / stabilì la confisca dei beni / le ceneri disperse nel fiume. / A perenne memoria dei fatti lo stesso Senato comandò / che questa casa, officina del delitto / venisse rasa al suolo / con divieto di mai ricostruirla / e che si ergesse una colonna da chiamarsi infame. / Gira al largo di qua buon cittadino / se non vuoi da questo triste suolo infame / essere contaminato. 1630 alle Calende di Agosto”

Tra i protagonisti dei Promessi sposi e della rivisitazione teatrale di Giovanni Testori, c’è la pestilenza che decima la popolazione della Milano seicentesca (la vicenda su “The Guardian”: Perché la fuga di Shakespeare dalla peste ha cambiato il teatro). Domenica pomeriggio Andrée Ruth Shammah ha cercato in tutti i modi di portare in scena il suo allestimento dei Promessi sposi alla prova, ma non c’è stato niente da fare:

“In sala quando è arrivata la notizia dell’imminente chiusura di tutti i luoghi di cultura, il pubblico ha cominciato a dare segni di intolleranza, accusando il teatro di irresponsabilità. Mi sono chiesta: cos’è che spaventa tanto? Cosa ha generato il panico? La tosse, la propagazione del virus?” (Valeria Cerabolini, “Che errore chiudere i teatri. Sono il pilastro di una civiltà”, in “la Repubblica”, 24 gennaio 2020).

La scelta dei teatri milanesi è stata imitata dai teatri di altre Regioni. Nel tardo pomeriggio è arrivata l’ordinanza del Ministero della Salute, d’intesa con Regione Lombardia, che prevede fino al 1° marzo

la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.

Oltre ai teatri, chiusi per una settimana anche musei, scuole, università, pub, discoteche. Annullati anche gli eventi sportivi. Bar chiusi dopo le sei del pomeriggio: è evidente che il coronavirus apprezza l’happy hour.
Il sindaco della capitale dell’aperitivo aumentato, Giuseppe Sala, ha dettato la linea: “Non consigliamo ai milanesi di restare a casa, ma di ridurre la socialità”. Senza socialità, ci dobbiamo accontentare dei social.
Per tutta la giornata di lunedì è stato uno stillicidio di messaggi che annunciavano la chiusura di questo o di quel teatro: come nella Londra di Shakespeare, quando la peste devastava Londra, e le arene venivano sprangate una dopo l’altra…
Nel frattempo altri festival (non solo teatrali) chiudevano o rinviavano la programmazione: è successo alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, posticipata al 4-7 maggio (era prevista per il 30 marzo-2 aprile). E si discute della sospensione o del rinvio del Salone del Mobile e del Fuorisalone, il grande attrattore della capitale del design e della moda.
La chiusura dei teatri e delle manifestazioni culturali rischia di provocare un grave danno, prima di tutto a livello economico, per un settore in crisi cronica e regolato dai requisiti del FUS: diventerà molto difficile raggiungere i minimi di repliche, di numero di spettatori e di giornate lavorative, quando i teatri sono obbligati a osservare una quaresima che rischia di prolungarsi.
Nel frattempo il mondo dello spettacolo prova a reagire: c’è chi chiede di dirottare il 12 milioni richiesti dall’Eliseo ai teatri e alle compagnie penalizzati dalla chiusura, c’è chi si affida alle trattative (e alla benevolenza) dei dirigenti del MiBACT, e chi – come C.Re.S.Co – chiede di dichiarare lo stato di crisi per il settore:

C.Re.S.Co – coordinamento delle realtà della scena contemporanea condivide e sostiene le azioni adottate dal Governo per il contenimento del Codiv-19.
Guidati dal medesimo spirito collaborativo, il coordinamento segnala, tuttavia, lo stato di impasse davanti al quale è venuto improvvisamente a trovarsi l’intero comparto dello spettacolo dal vivo, che trova nella mobilità e nella veicolazione di aggregazione due dei suoi valori fondativi.
La cancellazione ufficiale delle repliche nelle regioni del nord con conseguente annullamento di tournée per compagnie di tutto il territorio nazionale, la ragionevole defezione delle matinée da parte delle scuole anche nelle regioni al momento non ancora direttamente coinvolte, l’annullamento di festival e di attività di laboratorio, la mobilità bloccata per molti artisti con conseguente blocco dell’attività produttiva, tutto questo comporta un ingente danno economico (mancate entrate da sbigliettamento e da tournée) e normativo (giornate lavorative, giornate recitative, oneri).
Per questo motivo il direttivo di C.Re.S.Co, ha scritto, nel corso della giornata odierna, una lettera al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, on. Dario Franceschini, una lettera ufficiale in cui chiede che venga ufficialmente dichiarato lo “stato di crisi” dell’intero settore spettacolo dal vivo, stanziando fin da ora adeguate risorse economiche per un corretto svolgimento della progettualità culturale 2020. Nella lettera è stato inoltre richiesto che siano adottati provvedimenti normativi per evitare qualsiasi penalizzazione nei confronti dei soggetti finanziati dal FUS ai fini della rendicontazione del contributo pubblico, e che allo stesso fine siano allertate le Regioni e gli Enti Locali.

Anche AGIS e Federvivo, in una lettera inviata al Ministro Dario Franceschini, hanno chiesto l’apertura di uno “stato di crisi”: condividendo “animati da un grande senso di responsabilità, ogni decisione a tutela della salute dei cittadini, AGIS e Federvivo non possono esimersi dal sottolineare le gravissime difficoltà che già in questa fase sta subendo l’intero comparto. Il blocco di ogni attività di spettacolo nelle regioni del Nord Italia sta generando infatti un impatto economico estremamente negativo, tanto per il crollo dei ricavi da bigliettazione quanto per la drastica riduzione delle paghe degli addetti del settore.
Per questa serie di ragioni AGIS e Federvivo ribadiscono la necessità di un intervento urgente a favore del settore, con lo stanziamento di adeguate risorse e con l’adozione diprovvedimenti normativi che evitino qualsiasi penalizzazione nei confronti dei soggetti finanziati dal FUS. AGIS e Federvivo ribadiscono la piena disponibilità ad ogni tipo di interlocuzione con il Governo nella certezza che si potranno individuare soluzioni che contengano l’impatto negativo sulle imprese di spettacolo.”

Ma la chiusura dei luoghi di spettacolo comporta anche un danno sociale. Come ha spiegato una sconsolata Andrée Ruth Shammah,

“non ci restano che i giardini. Ma le persone non si avvicineranno alle persone. Camnmineranno solitarie e chiuse nelle loro paure. La musica e il teatro sono i punti fermi di una civiltà. Se chbiudono, io non ho più niente”.

AGGIORNAMENTI

Giro d’affari gel igienizzanti mani: +827%

Salone del mobile rinviato 16-21 giugno 2020

Anna Bandettini su repubblica.it: Coronavirus: il teatro italiano ha già perso 10 milioni di euro

Davide Turrini su ilfattoquotidiano.it: Coronavirus, l’industria del cinema in “stato di crisi”: stop forzato di 850 sale. Chiesto a Franceschini intervento urgente: Uno stop forzato di circa 850 sale, quindi oltre 1800 schermi, che significa quasi il 50% del totale nazionale in meno rispetto al solito.
Cinema chiusi vuole però anche dire cancellazione e rinvio, a data da destinarsi, di numerosi film in uscita il 27 febbraio e il 5 marzo prossimi, tra cui il nuovo titolo di Carlo Verdone – Si vive una volta sola – e il Volevo nascondermi di Giorgi Diritti con Elio Germano nella parte del pittore Ligabue. “Il blocco di ogni attività di spettacolo nelle regioni del Nord Italia sta generando infatti un impatto economico estremamente negativo, tanto per il crollo dei ricavi da bigliettazione quanto per la drastica riduzione delle paghe degli addetti del settore”, spiega in una nota ufficiale Agis, l’associazione che rappresenta gli imprenditori nei settori dell’esercizio cinematografico e delle attività, pubbliche e private, teatrali e degli spettacoli dal vivo.

L’intervista di Filippo Fonsatti (Federvivo) su agi.it: Il coronavirus fa saltare 7.400 spettacoli in una settimana. Persi 10,1 milioni
“Abbiamo elaborato una stima, che ci pare cauta, basata su dati Siae, che indica una perdita in questa settimana di 10,1 milioni di euro al botteghino e la cancellazione di 7.400 spettacoli”. Sono i dati sulle conseguenze dell’emergenza Covid-19 sul mondo del teatro forniti all’AGI da Filippo Fonsatti, direttore del Teatro Stabile di Torino e presidente di Federvivo, la federazione che all’interno dell’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) racchiude tutti i comparti dello spettacolo dal vivo.
“La situazione – dichiara Fonsatti – è abbastanza drammatica. Le regioni del Nord Italia interessate al contagio e quindi alle ordinanze co-firmate dal ministro della Salute e dai governatori da sole rappresentano ben più della metà del mercato dello spettacolo dal vivo. La ricaduta è quindi numericamente molto significativa”. Un impatto negativo, spiega il presidente di Federvivo, che non riguarda solo le aree interessate ai provvedimenti di chiusura delle strutture, perché l’emergenza “è molto più ampia rispetto ai confini geografici delle regioni del Nord”.
“Ci sono due fattori da considerare”, prosegue Fonsatti. Il primo è che “i teatri delle regioni interessate in questo periodo ospitano tantissime produzioni e compagnie provenienti dal Centro e dal Sud. Faccio due esempi: a Torino questa settimana sarebbe andato in scena in un teatro Massimo Popolizio con ‘Un nemico del popolo’ e in un altro Ascanio Celestini con ‘Radio clandestina’, due spettacoli che arrivano dal Lazio. A Milano invece c’è un ‘Antigone’ del Teatro Stabile di Catania”. In secondo luogo “c’è una complicazione” dovuta allo stop previsto dai decreti legislativi a gite scolastiche e visite didattiche. “Stiamo cercando di capire se fino all’8 o al 15 marzo”. In ogni caso “tutte le scolaresche non potranno visitare i luoghi di spettacolo ben oltre le ordinanze che ad oggi vietano le attività teatrali, fino a sabato o domenica prossimi, al 29 febbraio o primo marzo”. “Questo significa – spiega ancora il presidente di Federvivo – che tutti i settori educational delle grandi istituzioni, dalla Scala in giù, ed anche e soprattutto tutti i soggetti, come compagnie, centri di produzione, si vedono sostanzialmente azzerare l’attività per un periodo ancora più lungo di quello che ha colpito gli altri teatri. La situazione è un bollettino di guerra”.
La perdita stimata di 10,1 milioni di euro al botteghino e la cancellazione di 7.400 spettacoli riguarda la settimana in corso, fino a domenica 1 marzo. Le ordinanze sono state emesse da tutte le grandi regioni del Nord, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia, dalla Liguria alla Lombardia e all’Emilia Romagna. L’impatto economico oggi sembra circoscritto, ma “ciò che preoccupa – dice Fonsatti – è la prospettiva”, la “proiezione nel medio e lungo periodo, fino alla fine della stagione”. Ci sarà comunque una ricaduta negativa sul settore “anche in assenza di una proroga”. Un intervento pubblico è auspicabile.
“Occorrerà immediatamente, dopo la cessazione delle ordinanze, ripartire con una campagna di sensibilizzazione per rassicurare l’opinione pubblica in merito al fatto che i teatri e i luoghi di cultura in generale non presentino alcun rischio per gli spettatori”. A pagare le spese della crisi potrebbero essere soprattutto gli artisti e i tecnici. “La ricaduta – continua il presidente di Federvivo – è sicuramente grave sulle sulle imprese e sulle compagnie, sulle istituzioni grandi e piccole, ma è gravissima sui lavoratori. Non essendoci in questo comparto la cassa integrazione, rischiamo veramente che i costi più alti vengano pagati dagli artisti e dai tecnici impegnati nelle produzioni. La preoccupazione riguarda il comparto nel suo insieme, la tenuta delle contabilità aziendali ma anche e soprattutto della qualità della vita e del sostentamento degli artisti”.
Come rimedio allo stop delle attività non sempre una nuova programmazione degli spettacoli può bastare. “In alcuni casi non è possibile perché le sale teatrali sono programmate fino all’estate – dice ancora all’AGI – ‘Un nemico del popolo’ non potrà essere ripreso perché abbiamo il Carignano programmato fino a fine luglio. Lo spettacolo di Celestini siamo riusciti a riprogrammarlo nella prima settimana di giugno. Lo sforzo è quello di salvare il salvabile, ma in molti casi non sarà possibile, perché spesso gli altri sono occupati in altre produzioni. Mettiamo in conto che in appello a fine stagione mancheranno parecchi borderò, quindi parecchie giornate lavorative, oneri, spettatori, incassi che non potranno essere rendicontati e che potranno penalizzare anche i soggetti interessati ai fini della assegnazione consuntiva del Fus”. Dunque, “oltre al danno materiale immediato, con mancato fatturato, si aggiunge l’eventuale potenziale penalizzazione ai fini della rendicontazione Fus”.
Ieri, con una una lettera inviata al Ministro dei beni culturali Dario Franceschini, Agis e Federvivo hanno chiesto l’apertura di uno stato di crisi per il settore. “Auspichiamo – dice Fonsatti – che il ministro individui risorse integrative rispetto a quelle del Fus già stanziate nel 2020. Trattandosi di una situazione di crisi ci attendiamo che l’intero comparto non venga messo in ginocchio e che il governo faccia la sua parte”.

Roberta Capozucca e Marilena Pirrelli su “Il Sole-24 Ore”: La cultura chiusa ai tempi del coronavirus
Mentre continua a crescere il numero di contagi, le conseguenze del DL 23 febbraio 2020 n. 6 (e le successive integrazioni del MIUR e delle Regioni) iniziano a pesare sulle organizzazioni culturali di tutto il territorio. Tra le misure urgenti da applicare per limitare la diffusione del Coronavirus, il decreto adottato dal Consiglio dei Ministri prevede la chiusura forzata dei Musei fino al 1° marzo e la sospensione della prossima edizione della domenica gratuita nei circa 455 musei, parchi archeologici statali e siti comunali sparsi per l’Italia prevista per il 1° marzo, l’iniziativa reintrodotta dal ministro Franceschini in maniera stabile neanche un mese fa e che dalla sua introduzione nel 2014 ha portato nei musei statali oltre 17 milioni di visitatori. Una chiusura senza precedenti, che si prefigge di limitare occasioni di aggregazioni ma che peserà direttamente sul settore in particolare sulle sette regioni italiane che ad oggi sono state ora incaricate di chiudere i musei e applicare varie restrizioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Si sta parlando di 133 tra musei, parchi archeologici, abbazie, chiese templi chiusi, di cui 75 a pagamento che nel 2018 hanno registrato l’ingresso di oltre 8 milioni di visitatori e 30,8 milioni di euro di introiti lordi.
E che il turismo culturale prima del coronavirus avesse preso la giusta china lo dimostrano anche i dati presentati nei giorni scorsi dal Ciset: nel 2018 la spesa internazionale del turismo culturale ha sfiorato i 16 miliardi di euro e pesa per il 58% del totale delle entrate registrate in Italia, con un incremento del 2%, più contenuto rispetto al +8,3% del 2017. Alla cifra totale vanno comunque aggiunti 1,8 miliardi di spesa dei turisti del ‘paesaggio culturale’ ovvero gli interessati all’enogastronomia, alla ruralità e alla natura. Nel 2018 le province di Roma, Venezia, Milano, Firenze e Napoli hanno attratto oltre il 46% delle entrate totali per turismo internazionale, di cui Colosseo, Pompei, Uffizi e Accademia a Firenze e Castel Sant’Angelo pesano quasi il 60% degli introiti. Ora però che nella top dei 30 siti statali più visitati sono chiusi il Cenacolo e Brera a Milano, Venaria Reale, Museo delle Antichità Egizie e Musei Reali a Torino, il Museo Archeologico e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Palazzo Ducale a Mantova e il Castello Scaligero, le Grotte di Catullo e il Museo Archeologico a Sirmione, il Museo storico del Castello di Miramare a Trieste, cosa accadrà? Il bilancio si potrà fare solo a emergenza rientrata quando la cultura tornerà ad aprire le sue porte.
Non solo le istituzioni statali hanno chiuso: a Milano gli spazi di Pirelli HangarBicocca sono temporaneamente chiusi, stessa cosa per la Fondazione Prada . A Torino è rinviata al Castello di Rivoli la mostra sulla «The Sigg Collection of Contemporary».
Un grido di allarme arriva dalle imprese culturali attraverso Federculture che chiede al ministro Dario Franceschini di convocare le parti coinvolte per interventi urgenti. «Gli effetti dell’allarme provocato dal diffondersi del contagio del Coronavirus nel nostro Paese si stanno abbattendo con particolare gravità sull’intero settore della cultura» scrive il presidente Andrea Cancellato. «Le filiere della cultura e dello spettacolo subiscono in questi giorni danni provenienti contemporaneamente da diverse direzioni. Dalle chiusure precauzionali, ai timori diffusi di trovarsi in luoghi pubblici, alla sostanziale paralisi del turismo interno oltre che quello internazionale, deriva il rischio di piegare un comparto essenziale non solo per nostra economia ma per la nostra stessa qualità della vita». Insomma la chiusura per le imprese culturali si sta rivelando una vera e propria calamità che potrebbe produrre danni strutturali in un ambito che registra già livelli precari di sostenibilità. Per questo Federculture chiede al ministro: «che vada affrontata anche questa parte della crisi che il sistema Italia sta attraversando, con interventi urgenti di contenimento dei suoi effetti a breve e medio termine, e chiede di convocare le parti coinvolte per esaminare le possibili misure da adottare, anche in termini di adeguata comunicazione, e unire alla doverosa attività di prevenzione le azioni necessarie per ridurre l’impatto che la situazione sta avendo sulle aziende e le istituzioni della cultura».
Teatri
Il Piccolo Teatro ha annullato le sue repliche comprese le recite pomeridiane fino a nuova comunicazione da parte degli Organismi preposti. Alla Scala di Milano annullate, dopo la prima di sabato scorso, le repliche del «Turco in Italia» e de «Il Trovatore ». A Venezia il programma della Fenice sospeso: «pensiamo di ricalendarizzare le manifestazioni nei prossimi mesi, per rendere agli spettatori quel che hanno perso provvisoriamente”. Lo dice il soprintendente del teatro La Fenice, Fortunato Ortombina. “Non possiamo rinunciare – ha spiegato – alla Nona di Beethoven, che per noi è l’appuntamento principe dei 250 anni dalla nascita”. Quanto invece agli eventi forzatamente cancellati per il Carnevale, in particolare l’Elisir d’Amore di Donizetti, Ortombina ha detto che “gli spettatori hanno diritto al rimborso del biglietto, con le modalità già previste e che si possono richiedere sul sito o alla biglietteria”.
Primo bilancio
I dati certi e allarmanti arrivano da Federturismo secondo cui solo per il mese di febbraio le perdite si aggirerebbero intorno ai 5 miliardi di euro. Tra gite scolastiche annullate con rimborsi per causa di forza maggiore, settimane bianche saltate e stranieri spaventati dall’Italia in parziale quarantena, alberghi e agenzie di viaggio calcolano danni enormi. E già si aspettano un crollo delle prenotazioni per i ponti pasquali e primaverili. L’Associazione veneziana degli albergatori dopo la chiusura anticipata del Carnevale stima un 40% di disdette, mentre a Milano si parla di un 30% di cancellazioni per lunedì 24 e martedì 25 e un 15% per il weekend. Ma soffre pure la Sicilia che chiede alla Regione di proclamare lo “stato di calamità” e sostenere economicamente le imprese del settore. Intanto già cinque Paesi, dall’Irlanda a Israele passando per Montenegro, Macedonia e Serbia, hanno sconsigliato ai propri cittadini di venire in Italia.
(….)

 

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